Ho fatto un sogno. Non alla
Martin Luther King, nel senso di massimo desiderio cui si aspira. Il mio è
stato un sogno vero, fatto mentre dormivo, in piena regola e già mentre lo
facevo ero cosciente della sua stravaganza. Ora racconto.
In Italia siamo alle prese col
toto-presidente. Napolitano ha detto che le sue dimissioni sono imminenti.
Napolitano è uomo d’onore, per dirla con Shakespeare.
La condizione in cui ci troviamo
è del tutto inedita in Italia, come inedita è stata la riconferma di Napolitano
al Quirinale giusto due anni fa. Inedita perché Napolitano potrebbe pure
continuare ad oltranza, come si fa coi calci di rigore, se la partita dovesse finire
in parità.
Trovare un presidente non è
facile, non perché manchino i candidati. Mi sovviene Dante del sesto del
Purgatorio a proposito di Firenze, che ormai è tornata ad essere capitale
d’Italia: «Molti rifiutan lo comune incarco; / ma il popol tuo solicito
risponde / sanza chiamare, e grida: I’ mi sobbarco!». Sabino Cassese alla
Grüber, che gli chiedeva se avrebbe accettato la candidatura, rispose che quando
si tratta di “comune incarco” non bisogna mai proporsi a nulla ma che non
bisogna mai sottrarsi a nulla. Chiara l’antifona.
L’idea è stravagante! Consiste
nell’offrire a Papa Francesco la
Presidenza della Repubblica Italiana. Chi legge penserà ad
una boutade. Anche l’idea delle
dimissioni di un papa poteva essere considerata una boutade; e invece è accaduto. Non lo è. Spiego perché, difficoltà
oggettive di realizzare la stravaganza a parte, sarebbe una buona
soluzione.
Papa Francesco ama fare il
politico, il diplomatico, stare sempre alla ribalta, la più ampia e la più alta
possibile. Come i politici, ama il protagonismo, l’esibizionismo, la scena, l’applauso.
Come i politici è contraddittorio: ora dice una cosa, ora un’altra, a seconda
dell’uditorio, col vantaggio di non doversi mai correggere; come invece fanno i
politici: volevo dire che…, sono stato frainteso. Un papa non vuole dire, dice;
non può essere frainteso.
Ha rifiutato gli appartamenti
pontifici perché li ritiene piccoli per la sua ipertrofica considerazione di
sé, convinto che sono gli uomini a rendere piccole le cose grandi e grandi le
cose piccole. Santa Marta, grazie a lui, è assurta a grandezza planetaria.
Cerca sempre il plauso dei molti
e, avendo capito, che il plauso dei molti nasce dall’inimicizia dei pochi,
specialmente se potenti o tali considerati, continuamente bacchetta questi
ultimi. Per un potente che colpisce, migliaia di deboli in Piazza San Pietro lo
osannano.
Di recente ha parlato di quindici
piaghe della Curia, che non è come parlare di astrattezze: si guardava attorno
e vedeva nei cardinali e nei vescovi che lo attorniavano i portatori di queste
piaghe. I malcapitati si guardavano alle accuse del Papa come allo specchio.
Alcuni si sono risentiti, soprattutto quelli che, dichiarandosi favorevoli a
lui, pensavano di mettersi al riparo dai suoi attacchi. Papa Francesco li ha
spiazzati.
Non so quante potrebbero essere
le piaghe della politica italiana. Ma uno che le metta in mostra, che non sia il
solito Marco Travaglio o la solita Milena Gabanelli, starebbe proprio a
fagiuolo.
Ci sarebbe Renzi che,
somigliandogli come figlio al padre, potrebbe fargli ombra e creargli fastidi.
Ma Renzi sta al governo e lui, Presidente Francesco, starebbe al Quirinale. Non
avrebbero modo di pestarsi i piedi. E poi chi ha detto che Renzi non potrebbe
diventare papa? In fondo quando Bergoglio era cardinale Renzi faceva le medie. Col
mantra delle “medie” Renzi è diventato capo del governo. Non si sa mai.
Con Papa Francesco alla
Presidenza della Repubblica sarebbe anche un felice ritorno di un papa alla sua
sede usurpata, dopo 145 anni. E questa non sarebbe l’ultima soddisfazione di
Papa Francesco: aver riportato un papa al Quirinale.
L’ostacolo più difficile sarebbe
di natura giuridica: come potrebbe un capo di stato diventare capo di un altro
stato? Potrebbe essere capo di due stati? Decisamente no. Ma qui siamo in
presenza di uno Stato, quello del Vaticano, che ha una sua eccezionalità.
Dunque potrebbe accadere. Anzi potrebbe accadere perfino che Francesco
continuasse ad essere Papa mentre fa il Presidente della Repubblica. Una sorta
di teocrazia che non riuscì nemmeno a Bonifacio VIII nel 1300.
Né mancano altri felici risultati
ove la stravaganza si concretizzasse. Per esempio: uno stato teocratico non
avvicinerebbe il cristianesimo all’Islam? E il duplice ruolo di Papa Francesco
non potrebbe tirar fuori dalla naftalina Papa Benedetto, l’Emerito, a cui si
potrebbe dare il titolo di Co-papa?
A Riflettere, i vantaggi di una
presidenza della repubblica di Papa Francesco, che peraltro è di origini
italiane, sarebbero tanti, tanti i previsti, tanti i prevedibili, tanto gli
imprevisti. Con l’aiuto del Signore chissà quanti altri benefici potremmo
avere, non ultimo quello di bonificare la politica italiana e restituirla alla
sua naturale funzione. E questo è proprio il sogno alla Martin Luther King,
raggiungimento di un obiettivo utopico.
Ma mentre Papa Francesco a
Montecitorio, davanti al Parlamento in seduta plenaria, diceva: «E ricordatevi:
il Signore perdona, io no» e i parlamentari tutti si spellavano le mani per gli
applausi, un soprassalto. La sveglia non finiva più di suonare.