sabato 30 settembre 2017

In Germania ha vinto il "populismo"


In Germania il tanto vituperato “populismo” ha dato una lezione di democrazia. Contro alcune politiche di Angela Merkel, che pure è l’Angela Merkel, non è mica Matteo Renzi – non so se mi spiego – per esempio in tema di immigrazione e di matrimoni gay, quella parte del popolo più tradizionalista e conservatore ha espresso il suo malumore. Vogliamo chiamarlo populismo? Chiamiamolo. Fatto sta che lo ha fatto nell’unico modo consentito in democrazia: col voto.
Evviva, allora, il voto che concede opportunità politiche! Evviva i populisti che hanno saputo cogliere l’occasione!
Per la prima volta al Bundestag entrano un centinaio di parlamentari dell’estrema destra dell’Afd (Alternative für Deutschland).
“Si salvi chi può” pare essere il grido dei democratici puri e purissimi, tedeschi e non. Invece non è successo niente di allarmante. Prima di tutto è sbagliato associare questo nuovo partito ai nazisti. Farlo per propaganda è perdonabile; farlo per convinzione no. Il nazismo, con cui i tedeschi hanno saputo fare i conti molto meglio di quanto non abbiamo saputo fare noi italiani col fascismo, è qualcosa di completamente diverso per una lunga serie di motivi. Dice: hanno esaltato il comportamento dei soldati tedeschi nelle due guerre mondiali. E non hanno fatto bene? Per caso i tedeschi non si sono comportati da buoni soldati? I tedeschi sono abituati ad obbedire sia che facciano la guerra sia che facciano la pace. Esaltare la loro obbedienza e il loro coraggio è rafforzare la germanicità, quell’elemento di coesione che rende una moltitudine di uomini un popolo fiero di essere tale.
In Germania, come del resto in Italia, moltissimi tacciono in ossequio al politicamente corretto, ma non sono affatto d’accordo a sentir denigrare sistematicamente i propri connazionali dei periodi nazista e fascista. Dovremmo finirla di considerare quanto si fece in quegli anni, nel bene e nel male, opera del nazismo o del fascismo. Tutto fu fatto dal popolo tedesco in Germania, dal popolo italiano in Italia. Questo vale anche per oggi. Certo, allora si governava perseguendo dei fini, oggi si governa perseguendone altri. Il che dipende da numerosi fattori, storici soprattutto. Ma il fascismo in Italia e il nazismo in Germania furono opera del popolo italiano e del popolo tedesco in un particolare periodo della loro storia.
Gli allarmismi lasciano il tempo che trovano. Possiamo stare tutti “tranquilli”: un nuovo fascismo, se dovesse riproporsi sotto altro nome e sotto altre vesti, non chiederà permesso a nessuno per imporsi. La storia è fatta così, piaccia o non piaccia.
Ma torniamo al populismo, che, in Germania, ora vuole condizionare democraticamente la politica del governo stando all’opposizione.
E’ scontato che la Merkel farà un nuovo governo senza i socialdemocratici di Schulz, che hanno pagato il prezzo più alto in queste votazioni. Si sa che quando al governo ci sono due alleati, il più debole è destinato a soccombere. In passato era toccato ai liberali.
Farà un’altra Grosse Koalition con liberali e verdi e sarà giocoforza cambiare qualcosa nella politica immigratoria e aperta alle più audaci esperienze di nuove forme famigliari o pseudofamigliari, se non vorranno che i populisti si rafforzino ulteriormente.
Non sarà facile per la Cancelliera tedesca, perché i verdi rivendicheranno il timbro della loro presenza al governo. Si troverà tra l’incudine dei suoi alleati verdi e il martello dei suoi oppositori esterni dell’A-Fau-De. Dipenderà da chi la spunta. Se i verdi non riusciranno, come probabilmente non riusciranno, ad imporre la loro politica di aperture, faranno la fine dei socialdemocratici; si assottiglieranno alle prossime votazioni. Se riusciranno, il populismo, chiamiamolo così, diventerà sempre più forte; e la cura dimagrante la faranno i Cristiano-democratici.
Un altro problema per la Merkel è la contrapposizione di liberali, suoi alleati, e socialdemocratici, ora suoi oppositori. Specialmente in politica economica hanno visioni diverse. Ma non sarà facile per i socialdemocratici opporsi ad una politica, nella quale hanno avuto tanta parte negli anni passati.

Sembra velleitario, infine, quanto ha detto il nostro Gentiloni, a proposito di un ruolo di equilibrio che ora avrebbe l’Italia. L’Italia? Pensiamo ad equilibrare le nostre cose!    

domenica 24 settembre 2017

Il M5S potrebbe andare al potere, ma...


Verrebbe di dire, dopo dieci anni da che il Movimento 5 Stelle è per così dire in vita, che è destinato ad arrivare prima o poi al potere secondo i suoi piani. In verità è da ridere in gran parte dei suoi protagonisti e in quasi tutte le sue manifestazioni, ad incominciare da chi ha fatto del riso la sua professione, intendo Beppe Grillo, ai tanti comportamenti che ne hanno scandito le tappe. Ultima l’elezione, si fa per dire, di Luigi Di Maio, a leader del Movimento. Da ridere anche perché Beppe Grillo gabba che si mette da parte per fare il padre nobile. Toh, un altro che vuole fare il padre nobile! Alle prime difficoltà, torna a decidere lui, come ha già fatto. Esattamente come ha fatto e fa Berlusconi,
I greci inventarono, da quei grandi maestri di pensiero e di fantasia che erano, il dio Saturno, il quale regnava incontrastato sulla Terra, ma temendo che un suo figlio potesse spodestarlo, come aveva fatto lui con Urano suo padre, appena nati i figli li ingoiava. Il banchetto finì con Giove, che la madre Rea per salvarlo andò a partorirlo lontano, su un’isola, e lo tenne nascosto. Mitologia, si dirà. Ebbene sì, ma serve, serve; serve a capire tante cose della realtà quotidiana.
Perché sono del parere che prima o poi il M5S arriverà al potere? Perché nella storia a volte si creano delle valanghe politiche e sociali che rotolano giù e non è difficile indovinare che si fermano solo quando più giù non possono andare. Il non più giù di un movimento politico è il potere. Anche il fascismo fu sottovalutato. Anche Berlusconi lo è stato. Sappiamo che cosa è stato il fascismo e che cosa è stato il berlusconismo. Dunque il grillismo, che è una valanga, potrebbe andare al potere, contro tutti i tentativi di delegittimarlo, di irriderlo, di impedirglielo da parte degli altri. Ha una sua forza ed una ragione; non viene dal nulla, viene da quella parte della società antropologicamente cambiata e perciò non compresa dall’altra.
Fin dal suo apparire come forza politica di movimento – il vaffa day ne fu il battesimo – l’establishment della politica lo ha giudicato male; gli ha detto che non potrebbe mai avere una classe politica adeguata, che è un movimento di gente senza arte né parte, che sono tutti degli incapaci. L’ultima è dello scrittore Enrico Carofiglio, che li ha definiti una “agenzia di risentiti”.
Sembra che essi diano ragione a chi li critica. Di Maio dichiara che la sua professione è di giornalista pubblicista. Pur senza entrare nel merito, c’è che fare il giornalista pubblicista non è una professione, ma una co-attività professionale. Cioè uno fa l’architetto, il professore, il medico, il ragioniere, e contemporaneamente fa il giornalista pubblicista. Di giornalisti pubblicisti, che non hanno mai scritto un articolo e non sanno neppure come si scrive, è pieno l’elenco dell’Ordine. Per molti avere il tesserino è uno status symbol, niente di più; ne hanno fatto razzìa i politici. Questo non significa che di Maio non sia in grado di fare il presidente del consiglio o il segretario nazionale del movimento, ma solo che non ha una professione. Se è importante averla è un altro discorso!
Grillo, che per età appartiene alla nostra generazione e dunque ci conosce, ce l’ha coi giornalisti, con quelli veri non con quelli alla Di Maio, e ha detto che lui vorrebbe mangiarseli per il piacere di vomitarli. Da parte loro i giornalisti il difetto ce l’hanno più in basso del piloro e avrebbero difficoltà a liberarsi del Grillo dopo averlo mangiato.  
Battute a parte, c’è tra il grillismo e la cultura politica dell’establishment, di cui la stampa è interprete, una totale incomprensione. I grillini sono diversi, appartengono ad un tipo antropologico che non è più quello di venti-trenta anni fa. Non hanno la cultura storiografica, filosofica e letteraria di una volta. Queste materie sono state penalizzate, quando non addirittura smacchiate dalle programmazioni scolastiche. La scuola da cui sono usciti è quella dell’autonomia, dell’inglese, dell’azienda, del computer, della didattica modulare, in una parola dell’ignoranza di tutto ciò che costituiva la formazione scolastica di una volta. Utilizzano il web per fare politica, come una volta si usava il microfono in piazza o la penna; il ciclostile e il volantino. La rete per loro è tutto. Una volta si facevano le assemblee e si discuteva fino a picchiarsi. I loro congressi sembrano cose incomprensibili. Con poche decine di voti molti sono giunti a Montecitorio e a Palazzo Madama. Se poi è democrazia è un altro discorso. Contro i due milioni di elettori delle primarie del Pd, che hanno eletto Renzi, loro oppongono i circa trentottomila delle loro primarie che hanno eletto Di Maio; con la differenza che quelli di Renzi erano in carne ed ossa, quelli di Di Maio erano elettronici, volatili, eterei. Nel loro movimento non c’è dibattito, non c’è confronto, chi dissente è fuori. La loro strategia è il potere nelle loro esclusive mani. Ecco perché non cercano accordi e respingono proposte di intese con altri. Si potrebbe dire che il loro è un colpo di stato strisciante lungo un percorso ai margini delle istituzioni, verso la dittatura del partito unico. Si difendono dagli attacchi senza negare le accuse che vengono loro mosse, anzi le considerano i loro pregi, i loro meriti. Come potremmo governare bene – dicono – unendoci con chi non sa che governare male? Questo oppongono.
Lo Zeitgeist è dalla loro parte. Sono figli del loro tempo; e il loro tempo è dominato dalla comunicazione elettronica. Il loro è un elettorato, per lo più giovane, che non chiede di sapere, di conoscere, ha cieca fiducia in chi lo rappresenta; insegue il miraggio di una sorta di palingenesi politica, qualcosa che garantisce l’onestà, la pulizia, l’efficienza, la crescita, la giustizia. Gli elettori del M5S  hanno prosciugato il mare, che proverbialmente stava tra il dire e il fare.
Se dopo appena dieci anni il Movimento ha circa il 30 % degli elettori – la valanga, appunto – non può che continuare a crescere nei prossimi.  

Ma può funzionare la loro strategia? Oggi non è più di moda studiare gli scrittori di politica, ma se andiamo a vedere quel che dicevano ci accorgiamo che le categorie politiche, i comportamenti sono gli stessi, ieri come oggi. Un esempio? Benedetto Croce apriva così il suo saggio “Etica e politica”: “Chiunque, conducendo vita operosa, deve piegare altri a suoi collaboratori o è costretto a toglierseli d’accanto perché d’impaccio all’opera che esercita”.  Prima di far fuori Fico Grillo ha letto Croce? C’è da dubitarne. Ma il riferimento è importante per capire che al di là delle parole e dei mezzi, con cui i grillini potrebbero andare al potere, c’è la realtà con cui dovrebbero poi fare i conti. Una realtà, che, come la storia insegna, alla fine vince, piega le più forti resistenze e trasforma anche le più pure intenzioni nei più laidi risultati. E’ successo sempre. Perché non dovrebbe succedere ancora?

domenica 10 settembre 2017


Si avverte in Italia un’inquietante voglia di dividerci. Ogni circostanza è buona: sui migranti, sul fascismo, sul Nord leghista e sul Sud borbonico. Questioni, più che divisive, laceranti; riguardano il presente, il passato e il futuro del nostro Paese.
Partiamo dai migranti, dal presente che diventerà futuro. Non so se questo papa, che s’intitola a Francesco, sappia che le strade dell’inferno spesso sono lastricate da buone intenzioni. Dico non so, per dire, perché un papa fesso non è mai esistito, neppure quel Celestino V, oltraggiato da Bonifacio VIII e poi da Dante, che lo incolpa di essersi fatto oltraggiare. Né mi sembra una buona intenzione quella di trasformare l’Italia in un bordello multietnico. Di recente ha pontificato sullo jus soli perché il Parlamento italiano lo approvi al più presto. Non ha detto esplicitamente jus soli, ma che tutti gli esseri umani hanno diritto da subito alla nazionalità. Francesco parla per come sono i giorni, da un “buona sera” all’altro.
La nazionalità a tutti? E chi la nega? Il punto è perché dare la nazionalità italiana a chi nasce in Italia da mamma che s’ingravida in Africa o in Asia e viene a figliare da noi apposta per avere subito una serie di diritti che neppure gli italiani hanno in concreto. Ma non è tanto questione di diritti, che poi si traducono in beni e servizi materiali, quanto di questioni assai più complesse. Più etnie generano conflitti; il mondo ne è pieno. Qualche anno fa il politologo Giovanni Sartori scrisse un saggio sulla società multietnica, per dimostrarne i rischi, nazionali e sociali.
I sostenitori dell’accoglienza senza se e senza ma dicono che con la nazionalità da subito per i bambini che nascono in Italia si favorirebbe l’integrazione e si eviterebbe il terrorismo. Non erano forse cittadini francesi bene integrati i massacratori di Charlie Hebdo e del Bataclan? Non erano cittadini belgi ben integrati i terroristi dell’aeroporto di Bruxelles? Non erano cittadini spagnoli ben integrati i terroristi di Barcellona?
Mentre dunque con lo jus soli prepariamo un futuro di italiani tra di loro diversi e potenzialmente conflittuali, vengono tirate fuori vecchie storie, che, ove mai dovessero veramente raggiungere un certo livello di asprezza, aprirebbero stagioni da… libera Dio!
Nel Nord Italia, in Lombardia e nel Veneto, si terranno il 22 e il 23 di ottobre dei referendum per l’autonomia. E’ storia vecchia: i lombardo-veneti vogliono che i loro soldi vengano trattenuti nelle loro regioni e reclamano lo status di regione a statuto speciale, come la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta, il Trentino e il Friuli. E’ un brutto segnale che incuba processi pericolosi per la tenuta del Paese.
Nel frattempo si polemizza sulle tracce del fascismo, se cancellarle o meno, e si insiste a non voler fare onestamente i conti con lo stesso. Come se non ci fosse mai stata un’Italia fascista e un popolo entusiasta di essere fascista, si vorrebbe cancellare le tracce di quell’Italia e di quel popolo; si vorrebbe cancellare la memoria di tanti italiani. I quali hanno nei confronti del fascismo idee e valutazioni assai diverse da quelle degli onorevoli Fiano e Boldrini.  Il fascismo, lo si voglia o meno ammettere, è connaturato al popolo italiano; è fuoco coperto. Se ne teme il riattizzarsi. Ma piuttosto che combatterlo con politiche adeguate, con fatti tali da convincere che la democrazia è da preferire a qualsiasi forma di fascismo, lo fanno con minacce, con leggi ammazza-memoria, con la repressione del pensiero dissenziente, ovvero con altro; sì, si potrebbe dire con metodi “fascisti”.
E’ augurabile che si riapra un nuovo fronte fascismo-antifascismo? Assolutamente no, bisogna scongiurarlo; ma per questo è necessario che la smettano i professionisti dell’antifascismo di indignarsi per una strada intitolata ad un gerarca o per un monumento su cui si legge “Mussolini Dux”. Piaccia o non piaccia, ogni nazione ha diritto ad avere una memoria storica, assai meglio se condivisa, ma bene anche se reciprocamente rispettata.
L’altro fronte che si sta riaprendo, pericolosamente, è quello del Sud borbonico contro il Nord sabaudo, diversamente definito del Sud massacrato e del Nord massacratore. Sono persone irresponsabili a volerlo riaprire. L’ultimo libro di Pino Aprile è intitolato Carnefici, che è pura istigazione all’odio. Questi “patrioti” borbonici fuori tempo massimo mischiano verità storica con opportunità politiche, rivendicazionismi confusi e incapacità di vedere le cose con un minimo di realismo. Vogliono l’istituzione di una giornata della memoria delle vittime meridionali del processo risorgimentale e neppure sanno che nel novero di quelle vittime sono comprese quelle che caddero per difendere l’unità d’Italia, trucidate dai loro eroi briganti. Essi magnificano i briganti quali eroi in difesa della loro terra e della loro civiltà e chiamano guerra contadina quella che sicuramente aveva anche questo carattere ma che era fondamentalmente guerra politica aizzata da Francesco II e dal Papa e strumentalizzata da criminali incalliti e megalomani. Essi non sanno che i discendenti più credibili di quei loro eroi oggi sono i mafiosi, i camorristi e gli ndranghetisti.
Anche la camorra ebbe nel 1860 una parte nell’impresa garibaldina, ma non si può dire che essa abbia combattuto per l’Unità d’Italia. Anche la mafia ha avuto una parte nel 1943 alla “liberazione” dell’Italia, ma non si può dire per questo che la mafia abbia combattuto per la Repubblica Italiana.
Ci sono storici seri che analizzano in tutti gli aspetti, senza nulla tralasciare, sia i fatti storici, compresi quelli dell’unificazione italiana, sia i fenomeni criminali. Hanno dimostrato che la criminalità ha avuto sempre ruoli politici, specialmente quando ci sono state crisi gravi e ha trovato l’opportunità di intrecciare i suoi interessi con quelli del Paese. Si leggano sull’argomento i libri di Francesco Benigno e di Enzo Ciconte, per citarne alcuni.

Insistere su questioni così laceranti, come italiani di sangue e italiani di suolo, autonomisti e unitaristi, fascismo-antifascismo e sud borbonico-nord sabaudo, per calcoli politici, può eccitare gli animi esarcebati degli italiani, che, travagliati da gravissime crisi di trasformazione in atto e incerti sul futuro del Paese, potrebbero trovare sfogo in contrapposizioni false, ma terribilmente laceranti e rovinose.  

domenica 3 settembre 2017

Immigrazione: meriti e vanti


Il Ministro Minniti non ha retto alla tentazione di presentarsi al suo popolo come il salvatore della patria democratica e ha detto che sì, il suo modo di affrontare il problema degli immigrati appare un po’ deciso, ma che è stato costretto a tanto perché era in pericolo la tenuta democratica e sociale del paese. Come dire? A mali estremi, estremi rimedi. Non è stato dello stesso parere il suo collega in governo, il Ministro di Giustizia Orlando, il quale ha detto che non c’era nessun reale pericolo per la democrazia e che è sbagliato associare l’immigrazione alla sicurezza del paese. Ha ragione l’uno? Ha ragione l’altro? Ognuno ha colto un aspetto della politica: l’uno quello del fare, l’altro del sembrare.
Sta di fatto che se metodo fascista è stato quello di Minniti, come argutamente ha detto il comico Crozza, vuol dire che il fascismo si pone ancora come un buon rimedio contro il disordine e il rischio di cadere nel caos e nella paura. Il che dovrebbe far riflettere più di un santone democratico. Il fascismo, cosa buona è? Allora non dobbiamo lasciarlo tutto ai fascisti.
C’è solo da recriminare perché per tanto tempo si è detto che per frenare i flussi migratori non c’era nulla da fare, che non si poteva che accogliere quanti ne arrivavano nei nostri porti. Vorrei vedere che cosa hanno da dire ora tutti quei sapientoni e democraticoni che provocatoriamente chiedevano nel corso dei dibattiti televisivi ai loro interlocutori di destra che cosa avrebbero voluto fare al posto loro, per poi, evidentemente, gettargli in faccia il loro fascismo.
Le elezioni si avvicinano e come sempre è accaduto in Italia chi più può più s’impossessa dei cavalli di battaglia degli avversari. Non si poteva lasciare la questione dei migranti, con tutti i loro portati di insicurezza, prepotenze, violenze, stupri, sporcizie urbane varie, alla destra. Hanno ragione quelli che criticano Minniti. Lui ha fatto con i migranti una politica di destra.
A sua difesa non c’è tanto la ventilata reazione del paese, che, come tutte le cose ipotizzate, era pure probabile che ci fosse, ma la concreta presa d’atto che molti sindaci, non solo di destra, ma perfino di sinistra, si erano rifiutati di accogliere nei loro comuni gli immigrati che i prefetti inviavano. Di fronte a tanti rifiuti c’era poco da fare. Nella prima metà di luglio i flussi erano diventati piene, straripamenti, allagamenti, mentre da qualche tempo la magistratura siciliana aveva puntato l’attenzione su alcune Ong, che erano in collusione con gli scafisti.
Anche qui, a proposito delle Ong, perché la Boldrini, perché Grasso, perché tanti, piccoli e grandi personaggi dell’establishment, che tanto s’indignarono nei giorni dell’accusa alle Ong, non hanno detto più nulla, non hanno chiesto scusa ai magistrati siciliani in presenza di comprovate compromissioni di alcune Ong con gli scafisti?
L’antifascismo – si sa – in Italia è un mestiere; e se uno sa fare solo quello, non gli si può chiedere di fare altro. Perciò la Boldrini e Grasso continuino pure ad esercitare il loro mestiere; provvederà la realtà delle cose a dare le giuste risposte.
Questa realtà non dice affatto che per risolvere certi problemi occorre il fascismo. Siamo seri! Minniti si è mosso con decisione usando la legge e la sensibilità democratica. Ha detto: primo, il problema va affrontato in Libia e dunque facciamo gli opportuni accordi con le autorità libiche perché i migranti non lascino quel paese; le Ong non possono operare fuori da qualsiasi legge e dunque mettiamo un po’ d’ordine nelle pratiche di salvataggio e di trasporto degli immigrati; terzo, recuperiamo la collaborazione e la fiducia con i partner europei. Non mi pare affatto che tutto questo sia fascismo, salvo che per fascismo non si voglia intendere qualsiasi provvedimento finalizzato alla soluzione di un problema.
E’ vero, nessuno è uscito dal suo guscio per riconoscere che, contrariamente a quanto pensava, qualcosa si poteva fare e che qualcosa di importante era stato fatto. Ma gli stessi hanno incominciato ad accusare di fascismo un loro ministro e a sostenere che il problema immigrati non è stato risolto, è stato solo confinato in Libia, sottratto alla nostra vista. In Libia, dove gli immigrati sono trattenuti in condizioni disumane, tali che dovrebbero far vergognare chi in qualche modo è colpevole della situazione, ossia noi italiani, che, con gli accordi e con la legge, siamo riusciti a contenere il fenomeno. A sentire i Cacciari e i Manconi, che non sono mai propositivi, siamo responsabili di tutti i mali di cui soffrono i migranti.

Intanto il Pd di Minniti porta in saccoccia elettorale un successo che avrà il suo peso. Se poi è vera gloria lo si vedrà. Gli immigrati continuano ad arrivare in Italia, per ora di meno rispetto alla fiumana della prima metà di luglio. Ma per ora! Mettiamo pure in conto che la campagna elettorale, già in corso per la Sicilia, finirà con le politiche del 2018. Allora vedremo che cosa accadrà. C’è chi dice che il problema migranti durerà ancora per molti anni. Il fascismo o meglio lo pseudofascismo come mezzo per risolvere i problemi si può sempre rispolverarlo come si rispolverano gli strumenti di stagione.