domenica 29 marzo 2020

I giorni del Coronavirus



Domenica, 15 marzo. Sono le Idi, Cesare muore pugnalato ai piedi della statua di Pompeo, in casa di Pompeo. Era il 44 a.C., 2063 anni fa. Non aveva voluto sentire i consigli dell’indovino: guardati dalle idi di marzo! C’è oggi nel mondo chi non vuole vedere il pericolo che corre la Terra coi suoi stravolgimenti climatici. Il potere è avvertito, come Cesare!

L’umanità oggi muore sotto gli attacchi del coronavirus, un nemico che non si vede. Così, viene di pensare in piena crisi epidemica. Abbiamo cambiato tutti le nostre abitudini. Io ora il caffè me lo devo preparare da solo alla moka. Non vado più al Caffè Italia, che è chiuso, e neppure passo dall’edicola per prendermi il giornale, che arriva tardi, e non mi va di aspettare; passo dopo. Scendere in piazza, però, scendo; il giro rituale me lo faccio e all’occorrenza mi fermo alla farmacia di Corso Vanini. Passo dal forno per il pane e torno, mi preparo il caffè e la colazione; poi le solite cose di casa, preparo il camino per la sera, mi metto al computer, mi guardo la posta elettronica, riprendo qualche scritto del giorno precedente; da qualche giorno passo il tempo a questo diario.

Niente appuntamenti quotidiani alla Caffetteria Max, niente sortite a Casarano per incontrarmi coi colleghi, niente a Galatina per il giornale, non a Lecce per spedirlo. Ho l’impressione che dovrò aspettare la scadenza del 25 marzo, quando cessano gli effetti del decreto ministeriale del 4, per prendere e spedire questo numero di “Presenza”, che giace già stampato da giovedì scorso. Mai “Presenza”, bell’e stampata, è stata ferma per tanto tempo.

Stamattina al Cimitero non c’era nessuno, un deserto. Perfino il fioraio se n’è rimasto a casa. Attaccato all’ingresso un cartello con le disposizioni della ditta appaltatrice dei servizi cimiteriali secondo le determinazioni del ministero contro il coronavirus.

In macchina sentivo dal giornale radio che la Germania ha stanziato 550 miliardi per fare fronte alla crisi; e ha avuto finora solo poche vittime! Noi, 25 miliardi; e siamo quasi a 1500 decessi. O la Germania mente sul numero dei contagiati e dei morti o noi siamo degli accattoni. 

Tra i tanti eventi annullati per il coronavirus c’è il Campionato Europeo di Poetry Slam, che si sarebbe dovuto tenere dal 19 al 21 marzo, con 30 poeti, 15 dj e 20 performer da tutto il mondo. Il 21 marzo ricorre l’annuale Giornata Mondiale della Poesia. Leggo in proposito su “La Lettura”, domenicale del “Corriere della Sera”, un commento di Simone Savogin, che è un poetry slammer, il quale invita a risarcirsi mettendo versi negli smartphone. La conclusione è da riportare: “Come ci riversiamo in supermercati iperaffollati, noncuranti degli ammonimenti dello Stato, per sfamare il nostro corpo e dando sfogo alla paura di morire di stenti, speriamo che presto ci si accorga un po’ tutti che per il bene comune, che è l’unica cosa che conta, il cibo della mente è altrettanto importante, se non di più, perché ci permette di farci forza, di dare forza ai medici che ci stanno salvando, di riempire questa società di bellezza e poesia”. 
M’intriga anche questa cosa della poetry slam, cioè gara di poesia, di cui non sapevo; ero rimasto alle tenzoni poetiche del Due-Trecento con Cecco Angiolieri, Dante e Forese Donati e ai poeti improvvisatori della fine dell’Ottocento, alla Giannina Milli, che fu amica di Cesira Pozzolini moglie del filosofo pedagogista di Galatina Pietro Siciliani.

Marco Tarchi da Firenze invia opinioni “eretiche” sul coronavirus. Mi è appena giunta la mail in cui è espresso il pensiero del Prof. Gilbert Deray dell’Ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi. Che io mi soffermi su queste posizioni contrarie al pensiero comune non significa che le condivida in toto, ma che in una situazione di gravissima crisi e di tante incertezze, ritengo che esse costituiscano comunque materia su cui riflettere. La testimonianza è in francese, la traduco in italiano.
In 30 anni, dal mio osservatorio ospedaliero, ho visto numerose crisi sanitarie: HIV, SARS, MERS, risorgenze della tubercolosi, batteri multiresistenti. Le abbiamo gestite nella calma e molto efficacemente. Nessuna ha dato luogo al panico attuale. Non ho mai visto un tale livello di preoccupazione per una malattia infettiva né per nessun’altra. Pertanto, io non sono preoccupato per le conseguenze mediche del coronavirus. Niente nelle cifre attuali sulla mortalità e la diffusione del virus giustifica il panico mondiale sanitario e soprattutto economico. Le misure prese sono idonee ed efficaci e permetteranno il controllo dell’epidemia. E’ già accaduto in Cina, focolaio iniziale e di gran lunga il più importante di questo agente infettivo, dove l’epidemia si sta estinguendo.
Il futuro prossimo dirà se mi sono sbagliato.
Sono preoccupato per la sparizione di maschere; non vorrei che quelle necessarie alla protezione del personale medico e delle persone a rischio, i nostri anziani e i già malati, in particolare i pazienti immunodepressi, vengano distribuite negli aeroporti, nei bar e nei centri commerciali, per nessuna utilità.
Sono preoccupato per la sparizione dei prodotti disinfettanti.
Sono preoccupato per la ressa ad acquistare carta igienica e scatole di riso e pasta.
Sono preoccupato per questo terrore che spinge a fare scorte oscene di beni alimentari in paesi dove il cibo è disponibile già in un’abbondanza oscena.
Sono preoccupato per i nostri anziani già soli e che non bisogna né vedere né toccare per paura di ucciderli. Essi moriranno prima, ma «solamente» di solitudine. Noi avevamo l’abitudine di non fare visita ai nostri genitori e ai nostri nonni se avevamo l’influenza, non per evitarli e per una durata illimitata, cosa questa assai diversa dal coronavirus.
Sono preoccupato che la nostra salute non diventi oggetto di comunicazione ostile e di scontri qualsiasi quando invece dovrebbe essere ragione fondamentale di confronto nelle riunioni.
Sono preoccupato che il nostro sistema sanitario, già in grande difficoltà, non vada fuori controllo per l’afflusso di malati ricoverati al minimo sintomo influenzale. Ci sarebbero allora tutte le altre malattie di cui non potremmo farci carico. Un infarto del miocardio, un’appendicite, queste sono delle urgenze sempre, il virus lo è raramente.
La copertura mediatica sul coronavirus è molto ansiogena e contribuisce allo smarrimento di ciascuno. Porta alla teoria del complotto, alle più assurde del genere: «ci nascondono qualcosa». Niente ci è oscuro, è impossibile nella medicina del numerico, dove la conoscenza scientifica è immediata e senza filtri.
Il coronavirus non uccide (quasi) che gli organismi già fragili. Sono preoccupato che questo minuscolo essere vivente non metta a nudo le fratture e le fragilità della nostra società. I morti che si conteranno allora a milioni saranno quelli dello scontro di individui nell’indifferenza totale dell’intera collettività”.
Uno scenario davvero apocalittico nel finale! Ma è vero che in Italia, per far posto ai malati da coronavirus, bisognosi di terapia intensiva, si stanno riducendo pericolosamente i posti per altri malati non meno gravi e bisognosi di cure più urgenti.   

Questa sera in piazza c’erano più cani che cristiani. L’edicola era già chiusa alle 18,00. Tra corso Umberto I e via Roma c’era una volante della Polizia e tre persone. Poi via, sono rimasti tre cani che giravano senza una meta. Uno mi ha ringhiato. Mi ha convinto più del vigile milite volontario ecc. ecc.. Me ne sono tornato a casa.

giovedì 26 marzo 2020

I giorni del Coronavirus



Sabato, 14 marzo.  Vedo in giardino, come mai m’era successo prima di questa stagione, molti millepiedi morti stecchiti, un po’ arcuati come se fossero stati colti dalla morte nello spasmo del dolore. Sicuramente è il caldo che ha caratterizzato l’inverno del 2020 che li fa morire. Ne ho visto uno che aveva trovato un buco nel quale infilarsi ma evidentemente era chiuso ed è rimasto morto mezzo di dentro e mezzo di fuori. Anche le limacce, poverine!, non fanno in tempo a mettersi al riparo che vengono aggredite da un’infinità di formichine che le uccidono e le lasciano lì a seccare al sole per poi trasportarsele poco alla volta nelle loro tane. Lunghe processioni di questi laboriosissimi insetti già sono apparse per terra come percorsi di pellegrinaggio. Sembra che le stagioni siano slittate di tre mesi. La natura si prende la rivincita sui calendari. E a pagare sono sempre le creature più deboli.

Noi siamo alle prese col coronavirus, ma la natura tutta è alle prese coi cambiamenti climatici e chissà che questa emergenza non sia dovuta anche, in qualche modo, alla stessa causa!

Il paese non mi sembra del tutto deserto. Sono andato in un supermercato per comprare qualcosa, tutto normale. Qualche mascherina, nient’altro. Ma era mattina presto. Sul più tardi all’Eurospin c’era la fila all’esterno.

Marco Tarchi, per scusarsi del ritardo con cui arriva il suo “Diorama”, regala ai suoi abbonati un’intervista di Alain de Benoist sul coronavirus. Si legge una cosa interessante, interessante perché a dirla non è uno qualsiasi, ma uno dei pensatori più autorevoli del mondo della destra di pensiero. Alla domanda se c’è da credere all’ipotesi del complotto, de Benoist risponde:

È incontestabile che in Cina esiste un solo laboratorio di alta sicurezza di tipo P4, specializzato nella ricerca sulle fonti virali e su eventuali armi batteriologiche, e che custodisce dunque germi estremamente patogeni. Si dà il fatto che quel laboratorio, creato con l’aiuto della Francia (da ciò la presenza di Bernard Cazeneuve alla sua inaugurazione, il 23 febbraio 2017), diretto dal professor Shi Zhengli, si trovi a Wuhan, ovvero nel luogo esatto dove è esplosa l’epidemia di covid-19. Se si tratta di una coincidenza, diciamo che è sfortunata”.

Insomma, sembra che il sospetto che qualcosa sia potuto venir fuori di lì non è del tutto infondato.

Leggo sul “Corriere della Sera” una bellissima metafora dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. Nevo ama l’Italia e gli Italiani, senza distinzione, uno dei pochi che non ne fa. “Sono preoccupato per i miei amici italiani. – scrive – Se potessi li inviterei a rifugiarsi tutti a casa mia… Ma non sono preoccupato per l’Italia. E’ più coraggiosa di qualunque minaccia. Più forte di qualunque virus. E alla fine di ogni dedalo di viuzze anguste – ormai l’ho imparato – si sbuca sempre in una piazza, dove si può respirare a pieni polmoni”. Speriamo che sia così, che dopo tante ristrettezze si riaprano i soliti nostri grandi spazi di “aria” e di “luce”. L’Italia questo ha trasmesso a tutti i popoli della Terra, con la sua arte, con la sua urbanistica, con la sua storia, con la sua natura.

Intanto i contagiati in Puglia sono 158 e i decessi sono arrivati a 7, ieri due, entrambi nel Leccese.

Una notizia buona: uno degli evasi più pericolosi dal carcere di Foggia, si è costituito. Ne restano ancora in giro altri quattro.

Paolo, il mio fruttivendolo ambulante, oggi è in ritardo. Perché? gli chiedo. “Eh, Professore, le persone comprano tanto ora ed io devo tornare a rifornirmi. Sono come impazzite. Io le rassicuro, gli dico che la frutta non finisce, ma non c’è niente da fare. Comprano e comprano, specialmente arance in questi ultimi tempi”.

Anche a Taurisano qualche esercente tiene le porte aperte del negozio con la radio a tutto volume a sentire i motivi più noti del nostro repertorio canzonettistico.

Torno a casa alle 18,30. Il paese, la sera, è pressoché spopolato, mentre di giorno la crisi si nota di meno. 

martedì 24 marzo 2020

I giorni del Coronavirus



Venerdì, 13 marzo. Un altro duro colpo all’Italia, da una francese. Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, carica già ricoperta da Mario Draghi, in una conferenza stampa tenuta ieri, ha detto testualmente: “Noi non siamo qui per chiudere gli spread”. Un colpo alle borse che crollavano e all’Italia, che nel volgere di poco tempo si vedeva salire lo spread. Qui non è più la pizza di Canale + ma un’autentica sberla. E’ intervenuto perfino il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per una garbata ma efficace protesta. La Lagarde si è poi in qualche modo corretta, ma la frittata l’aveva fatta. Una gaffe? Se è stata una gaffe, allora, ha detto Massimo Giannini, direttore di Radio Capital, dovrebbe essere mandata a casa.

Un altro calciatore, Gabbiadini della Sampdoria, è positivo al coronavirus. Sicuramente ce ne saranno altri nei prossimi giorni. Sul fronte coronavirus niente di nuovo, solo qualche bizzarria, come succede in queste circostanze. Ho l’impressione che a parte la chiusura dei bar e qualche mascherina in giro il resto scorra come prima. C’è meno gente in circolazione, questo sì, ma in buona sostanza non è cambiato molto, perfino i venditori ambulanti di frutta e verdura girano per il paese come sempre.

Il mio contadino, che di tanto in tanto chiamo per diserbare e fresare il giardino, non è voluto venire per paura del contagio. Gli ho detto che le attività agricole non sono vietate e non ci sono rischi, che, anzi, l’aria di campagna fa bene. Non c’è stato niente da fare.

Che sia bene rimanere a casa lo prova il fatto che eviti di essere insolentito da un vigile urbano, il quale dalla sua macchina e col suo altoparlante minaccia le persone a non fare assembramenti e ad andarsene a casa: “ora ve lo diciamo con le buone, poi passeremo ad applicare la legge”. Ma tu guarda il milite! Eravamo in due davanti all’edicola, dove ero andato a fare delle fotocopie. A lui sembrava un assembramento. Ce lo immaginiamo il ritorno del fascismo in Italia? Penso a quel vigile, pardon, a quel milite volontario per la sicurezza nazionale!

Bisogna dare atto, però, che dopo i due decreti governativi ci sono più forze dell’ordine sul territorio. E questo è un bene, salvo a non eccedere in comportamenti inurbani arroganti e aggressivi, come il su menzionato vigile milite ecc. ecc..

Ai balconi del palazzo ex Corina, ora di Francesco Damiano, capo dell’opposizione in Consiglio Comunale, in Piazza Castello, hanno steso un enorme striscione con su scritto “ANDRÁ TUTTO BENE”. Di fronte c’è il Palazzo Ducale con sul balcone la Quaremma del Sindaco Raffaele Stasi.  Due palazzi destinati a “fronteggiarsi”. Il palazzo ex Corina era di Filippo Lopez y Royo, il quale era sindaco di Taurisano ed era in lotta coi fratelli che abitavano di fronte nel Palazzo Ducale di famiglia.

Anche davanti ad alcune case ci sono piccoli cartelli con l’arcobaleno e la scritta “andrà tutto bene”. Non c’è che sperarlo!  Dappertutto sventolano tricolori.

Sera. In uno speciale “Chi l’ha visto” su Rai Tre sono state ricordate quattro – chiamiamole così – stravaganze di “stagione”. La prima è del premier britannico Boris Johnson, il quale ha ammonito i suoi concittadini a prepararsi a perdere prematuramente i loro cari. Ma tu guarda se un capo del governo si può rivolgere ai suoi connazionali con simili termini! Chi crede di essere, Churchill che prometteva lacrime e sangue pur di vincere Hitler? La seconda è la sparata di Vittorio Sgarbi, che ha detto che il coronavirus è una bufala, nient’altro che un’influenza come tante altre e ha chiamato teste di cazzo e capre quelli che insistono a spaventare la gente. La terza è dell’emittente francese Canal + sulla pizza al coronavirus, vomitevole manifestazione di volgarissima gallica antitalianità. La quarta, la manifestazione francese di Landerneau, con 3500 persone vestite da puffi che sfottevano e irridevano il coronavirus.
Queste quattro stravaganze offrono tutte qualche motivo di riflessione. La prima, quella di Johnson nasce dal fatto che si prevede che il coronavirus colpirà, come diceva l’altro giorno la Merkel, il 60 % della popolazione. Se tanto accade, lasciamo che accada – dice Johnson – si svilupperà nella popolazione l’ “immunità di gregge”. Che cos’è? “L’immunità di gregge è il meccanismo per cui, quando la maggior parte di una popolazione è immune nei confronti di un’infezione perché l’ha contratta o è stata vaccinata, l’agente patogeno non trova più soggetti da infettare rendendo protetti per via indiretta anche i pochi ancora a rischio”. Insomma, chi cojo cojo.
Sgarbi, come al solito, ha assunto una posizione che ora è soltanto sua ma che fino a ieri, precisiamo quando era la sola Cina ad avere a che fare col coronavirus, era ampiamente condivisa in Italia. Dopotutto i decessi finora in Italia non hanno raggiunto cifre preoccupanti, ogni anno muoiono molte persone di influenza o di polmonite, comunque di patologie di questo genere. Tranne a Bergamo, dove il coronavirus gareggia con l’Atalanta, la sua squadra di calcio, a chi più fa faville di…risultati.
La terza rimanda alla solita grandeur francese, che quando può unisce l’utile al dilettevole. La sua trovata della pizza è un chiaro attacco all’economia italiana, da sempre concorrente della francese. La trovata dei puffi, invece, sembra più sgarbiana, o forse un tentativo di esorcizzare la paura. Comunque sia, simili evenienze continuano a tenere nel dubbio e nell’incertezza tanta popolazione.
Io dico, semplicemente, che la decisione di lombardizzare tutto il Paese da parte del governo è nata dal ritorno in massa nel Sud di tanti nostri conterranei spaventati da quanto accadeva nel Nord. E, allora, avrà pensato Conte, se tanti possibili infetti dal Nord se ne vanno al Sud, il Sud diventa come il Nord. Più verosimilmente avrà tentato di frenare le fughe. 

E’ la paura che spesso ti fa cantare: canta che ti passa! I telegiornali ci mostrano scene di patriottismo incredibili. Dai balconi nelle grandi città suonano e cantano: l’Inno di Mameli, O bella ciao, Vincerò della Turandot, ma anche Azzurro e Il cielo è sempre più blu. Ma sembrano più voler esorcizzare il male della spettralità in cui oggi versano città e paesi in Italia che fare fede di ottimismo. Così come, per scongiurare l’aggravarsi dell’epidemia, l’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, è salito sul tetto del Duomo e ai piedi della Madonnina l’ha implorata a salvare Milano. Anche a Napoli si è invocato San Gennaro. Evviva il medioevo!

sabato 21 marzo 2020

I giorni del coronavirus 3



Martedì, 10 marzo. Torno a Galatina per dare gli ultimi ritocchi a “Presenza”. Per strada, ad un semaforo, fermo col rosso, guardo nello specchietto retrovisore; vedo un tale solo in macchina, aveva la mascherina sul volto e i guanti di lattice blu. C’è chi se ne frega del coronavirus, ma c’è anche chi pensa di averlo nella pochette.
All’Editrice si parla delle ultime disposizioni governative in materia di antivirus. Scarichiamo da Internet il modulo per l’autocertificazione da esibire alle autorità se ci fermano per strada; me ne prendo un po’ di copie. In pratica, prima di partire per una località esterna devi dotarti di due autocertificazioni, una per l’andata e l’altra per il ritorno. Per strada non mi ferma nessuno, ma c’erano pattuglie e posti di blocco.

Come impone il governo, i bar devono stare aperti dalle 6 alle 18. Il mio Caffè Italia chiude alle 18 per la prima volta nella sua lunga storia, dal 1932. I vigili con la mascherina sul viso girano il paese in macchina con l’altoparlante per comunicare ai cittadini le nuove disposizioni governative.

Nei negozi di maggiore frequentazione si entra a due per volta. Mi dicono che anche all’Eurospin si entra e si esce a gruppi di cinque per volta per evitare che alle casse si formino file e che cresca il rischio di contagio.

L’Amministrazione Comunale ha istituito il servizio a domicilio per le persone anziane, disabili o affette da particolari patologie in collaborazione con l’Associazione della Protezione Civile “Falchi del Salento” di Taurisano. Le persone interessate potranno ricevere la spesa e i prodotti farmaceutici su loro richiesta.

Mercoledì, 11 marzo. Mi ha fatto impressione stamattina vedere persone per strada con la mascherina. La portano quasi tutti gli esercenti e i commercianti. Alcuni la mascherina quando parlano se l’abbassano per farsi capire meglio, proprio quando dovrebbero averla sulla bocca. Roba da matti.
Non ci sono in giro venditori di frutta e verdura, pare che i vigili abbiano fatto delle multe.
Sono stato dal mio consulente per ritirare la mia cartellina fiscale; non mi hanno fatto salire su al primo piano a prendermela, me l’hanno scesa loro. E’ vietato – mi hanno detto. Bah, non so quanto vero!
Intanto le autorità continuano a dare messaggi contraddittori. Per un verso hanno creato uno stato di quarantena diffuso e per un altro rassicurano senza fondamento. Per esempio, non si trovano mascherine e loro invitano a dotarcene. Poi c’è sempre qualcuno che dice che la mascherina non serve a niente, basta tenersi a distanza.
I negozi di alimentari sono quasi tutti presi d’assalto. Stamattina nel negozio dove compro il latte gli scaffali erano semivuoti, e non si tratta di un supermercato tra i più importanti del paese. E le autorità che dicono? State tranquilli, i negozi di generi alimentari sono sempre aperti e ben forniti.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Tg2 delle 13,00 ha detto che il governo ha stanziato 25 mld di Euro per fare fronte alla crisi, 20 a debito, e che l’Europa si è dimostrata benevola nei nostri confronti. Anche l’opposizione è soddisfatta: Avete visto? – hanno detto Salvini e Meloni – il governo è venuto sulle nostre posizioni!

Intanto crescono i contagi e i morti, non solo in Italia. Le atmosfere mi ricordano la poesia di Arnaldo Fusinato “Le ultime ore di Venezia”: “il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca”, che i miei coetanei ricorderanno dai banchi delle Elementari. Il tricolore, che sventola dappertutto, su ringhiere, balconi e finestre, ha uno strano significato di bandiera bianca.

Continuano le rivolte nelle carceri, con morti e feriti, fra cui agenti della Polizia Penitenziaria. Le autorità fanno sapere che i morti, ben dodici, tutti detenuti, sono per overdose avendo abusato di farmaci e metadone dopo essersene appropriati. Si sarebbero “suicidati”. Tossicodipendenti incalliti in genere sanno fare buon uso del metadone. A Foggia sono evasi una settantina di detenuti, fra cui alcuni criminali pericolosi.

Sera – I telegiornali riportano la dichiarazione del direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus che ormai il coronavirus è pandemia.

Giuseppe Conte ha firmato un nuovo decreto più stringente, come anticipato un paio di giorni fa. Sospese tutte le attività commerciali al dettaglio, chiusi bar e ristoranti. Le aziende potranno continuare a lavorare ma ad alcune condizioni. Chiusi anche gli uffici pubblici, ad eccezione di poste e banche. Aperti farmacie e parafarmacie, tabaccai ed edicolanti, stamperie e poligrafici. Operativi anche gli artigiani, come idraulici e meccanici.

Domattina valuterò se ritirare “Presenza” che dovrebbe essere pronta. In fondo posso aspettare, il numero è di marzo-aprile. Sono stato preveggente a farlo doppio.

Giovedì, 12 marzo. Bar e negozi chiusi, come da Decreto del Presidente del Consiglio. E quelli, la cui apertura è consentita, in realtà hanno ridotto il tempo di apertura.

Il calciatore della Juventus Rugani è risultato positivo al coronavirus. Ne parlavano vicino all’edicola, ma era anche sulla prima pagina di tutti i giornali.

Telefono all’Editrice, il giornale sarebbe pronto domani. Vedremo. Ne approfitto per confezionare la spedizione degli scritti di don Roberto Muraglia per il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.

Sento dalla strada il mio fruttivendolo che col suo furgoncino carico di frutta e verdura chiama i clienti. Ma non era proibito?
Nelle farmacie si entra due per volta. Anche negli uffici postali si entra a numero limitato. Così mi è parso stamattina passando da Corso Vanini dove c’è l’Ufficio Postale.

Sera – Mi chiama una mia sorella da Berna. Vuole sapere come stiamo. Segue sempre Rai Uno e sa perfettamente come vanno le cose in Italia. Mi ha detto che anche lì in Svizzera accadono le stesse cose. Non si trova più disinfettante. Un medico le ha detto che può procurarselo strizzando un paio di limoni in un litro d’acqua, che è perfino meglio. Lei, che è presidente di un gruppo di persone, una specie di associazione di anziane e vedove, ha avuto l’ordine di sospendere qualsiasi attività sociale. Erano abituate a riunirsi a festeggiare compleanni e onomastici e a giocare a carte.

giovedì 19 marzo 2020

I giorni del Coronavirus 2



Domenica, 1 marzo. A quanto pare il “paziente zero”, cioè quello che avrebbe portato il coronavirus in Italia, sarebbe giunto da noi dalla Germania o dalla Francia. Non si capisce bene. Sta di fatto che il primo caso verificatosi è stato il 17 novembre in Cina. Da noi il virus avrebbe iniziato a circolare ben prima che il “paziente uno” si presentasse all’ospedale, il che è accaduto il 21 febbraio. Ma in Germania o in Francia, quando?

Mercoledì, 4 marzo. Le disposizioni delle autorità di non frequentare luoghi affollati noi le disattendiamo regolarmente. All’Università stamattina c’erano frotte di ragazzi, si muovevano come mandrie. In un bar di Casarano, mentre aspettavo un amico, una persona anziana diceva ad un’altra: stanno facendo un gran parlare di questo coronavirus, in fondo si tratta di una normale influenza. Ma guarda un po’ come cazzo recepisce le cose la gente!

Giovedì, 5 marzo. Intanto il Comune ha riempito i muri di manifesti per suggerire come comportarsi per evitare contagi secondo le disposizioni ministeriali. Per richiamare l’attenzione dei passanti ne sono stati incollati tre/quattro uno accanto all’altro, ricoprendo ampie superfici di muri.

Venerdì, 6 marzo. Mattinata a Galatina per iniziare il nuovo numero di “Presenza”, di marzo-aprile. Si respira un’aria di preoccupazione in tipografia. Ad Aradeo ci sono due positivi, un  parrucchiere e la moglie; un altro a Copertino, è un infermiere dell’ospedale. Un altro a Melendugno: un avvocato andato con la famiglia a Venezia per il carnevale, se n’è tornato infetto. Osservare le disposizioni delle autorità è difficile per un popolo anarchico e indisciplinato quale è l’italiano. Si consiglia di non salutarsi con la stretta di mano, ma lo si fa normalmente, salvo poi esorcizzare il gesto con una battuta. Sui social imperversano le barzellette, come quella del bambino che starnutisce e nel farlo nell’incavo del braccino fa il gesto dell’ombrello; o come quella di un altro bambino che si avvicina barcollando alla mamma ma appena sente che è tornato lo zio dalla Cina fa una giravolta e scappa via manco Mennea.

Sera. In edicola trovo un manualetto del “Corriere della Sera”: 50 domande sul Corona Virus. Gli esperti rispondono. E’ semplice e ben articolato, istruttivo e pratico.

Sabato, 7 marzo. Ore 9,15 – telefono al mio dottore, gli chiedo se è disponibile per una breve conversazione sul coronavirus, sì insomma, per un’intervista. Ci diamo appuntamento per le 10. Puntuale viene. Parliamo per una buona mezz’ora. Mi spiega come comportarsi se si avvertono sintomi sospetti: si telefona al proprio medico, che non viene a visitarti, ma per telefono ti fa il triage, ossia ti gestisce la fase sintomatica con farmaci e comportamenti indicati, se le cose peggiorano allora, sempre tramite il tuo medico, si fa intervenire il 118 per farti il tampone.

Il governo incomincia ad adottare provvedimenti seri, segna le zone rosse in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, dove ci sono focolai d’infezione, da e in quelle zone non si esce e non si entra.

Scoppiano rivolte nelle carceri. I detenuti protestano contro il divieto dei colloqui coi parenti. La rivolta coinvolge più di venti carceri, praticamente tutta l’Italia penitenziaria.

Domenica, 8 marzo. Incredibile! Davanti ad una caffetteria, a Taurisano, verso sera una cinquantina di giovani, maschi e femmine, sono addossati come sardine uno sull’altro in uno spazio non più ampio di otto-dieci metri; festeggiano la festa della donna e se ne fottono del coronavirus e del governo!

Lunedì, 9 marzo. Ai funerali di F.B., morto a 83 anni, non sono state date le condoglianze ai famigliari con la solita stretta di mano. C’era l’avviso sui manifesti. E’ il primo caso a Taurisano di esenzione per evitare affollamenti. Qualche giorno fa a S. Marco in Lamis, in provincia di Foggia, a causa proprio delle condoglianze ad un funerale sono rimaste contagiate un po’ di persone. Il morto – lo si è saputo dopo –  era positivo al coronavirus.

Sulle porte delle chiese i parroci hanno esposto l’avviso che per ottemperare alle disposizioni ministeriali il Vescovo ha sospeso le cerimonie religiose in tutta la diocesi.

Il governo, per arginare il ritorno di massa dei meridionali residenti nel Nord – ne sono arrivate migliaia – ha preso nuovi provvedimenti, ha nordizzato il Sud. Non ci sono più zone rosse ma tutta l’Italia è zona protetta, non ci si può spostare da un paese all’altro se non per comprovati motivi che devono essere di assoluta necessità.

In farmacia non ci sono mascherine.

La Cancelliera Merkel ha detto che l’epidemia contagierà il 60% della popolazione tedesca. Se così dovesse accadere, allora la situazione sarebbe davvero drammatica.

Cresce e si aggrava la rivolta nelle carceri. Si protesta anche per il sovraffollamento e si chiede l’indulto. Era prevedibile che quella del divieto dei colloqui era solo la causa scatenante.

martedì 17 marzo 2020

I giorni del Coronavirus 1




Domenica, 23 febbraio. A Milano da qualche giorno è arrivata un’epidemia dalla Cina, si tratta di un nuovo coronavirus, dello stesso ceppo della Sars (2002-03) e della Mers (2013).

Un tale, due giorni fa, sentendosi male con gravi difficoltà respiratorie, si è presentato al Pronto Soccorso di un ospedale milanese: ne era infetto senza saperlo.

In Italia due coniugi cinesi anziani, in visita nel nostro Paese per turismo, sono da giorni in terapia intensiva nella clinica dell’Istituto Spallanzani di Roma, infetti dal coronavirus, rischiano di morire.

Questo virus imperversa in Cina da qualche settimana o forse da mesi nella provincia dell’Hubei, che ha per capitale Wuhan, la città da dove l’epidemia è partita, ora tutta in quarantena coi suoi circa sessanta milioni di abitanti.
Si dice che il virus sia passato dal pipistrello al serpente, che in Cina è pasto abituale come da noi il pollo, e dal serpente all’uomo. Il virologo italiano Roberto Burioni dell’Università San Raffaele di Milano ne è certo. Ma c’è chi sospetta altro, per esempio che il virus sia stato “liberato” apposta o per errore in un qualche laboratorio di ricerca. Roba da film. 
E’ stato chiamato dall’OMS Covid-19 (Co per corona, vi  per virus, d per disease ‘malattia’ e 19 perché essa è emersa nel 2019).
Figurarsi da quanto tempo il virus era in circolazione e per le autorità cinesi era come se non esistesse! Oppure, come qualcuno sospetta, se ne sono state zitte, pensando di poterlo gestire senza molto clamore. Non c’è dubbio che se la malattia è nata nel 2019, i cinesi hanno dato l’allarme in forte colpevole ritardo.

Il 2 febbraio scorso l’Istituto Spallanzani di Roma poteva far sapere all’Italia e al mondo di aver isolato il virus. Quarti, noi italiani,  dopo cinesi, francesi e australiani.

Il governo italiano aveva già bloccato i viaggi per e dalla Cina alla fine di gennaio. A quanto pare il malcapitato nostro connazionale, detto “paziente uno”, si sarebbe incontrato con un amico che era stato in Cina e avrebbe contagiato quanti ne ha incontrati nei giorni successivi al suo rientro a Milano. Subito il contagio si è diffuso.

Le autorità consigliano di non frequentare luoghi affollati, di lavarsi spesso le mani e di non portarsele agli occhi, al naso e alla bocca.

Ma noi meridionali c’entriamo col coronavirus? Ci sentiamo sempre un’altra Italia, noi del Sud, nel bene e nel male.

Sabato, 29 febbraio. I contagi crescono e anche i morti. Dicono che muoiono soprattutto gli anziani che hanno patologie gravi pregresse; non morirebbero per il coronavirus ma col coronavirus. Siamo i soliti giocolieri di parole, esperti in “trufferie”, come le chiamava Manzoni. Autore, questo, che, insieme a Boccaccio, è citatissimo in questi giorni per via della peste, così ben narrata nei loro libri immortali. Le autorità evidentemente sdrammatizzano per non gettare il paese nel panico.

Intanto qui da noi, nel Salento, è come se nulla fosse. Le autorità dicono che non dobbiamo frequentare luoghi affollati, che dobbiamo stare ad una distanza di un metro l’uno dall’altro, ma intanto al bar ogni giorno siamo in cinque-sei intorno ad un tavolo a stretto contatto di gomito. Ci irroriamo reciprocamente di goccioline, sperando che non siano coronavirali o coronaviresche. Qui al Sud, la cosa, non la stiamo prendendo sul serio.