sabato 19 marzo 2022

Quanti bambini in Ucraina!

Non saranno sfuggiti a nessuno in questi giorni di disastri di guerra in Ucraina i tanti bambini tra i profughi che cercavano di scappare o soltanto di mettersi al riparo dai missili e dalle bombe dei russi. Alcuni sono nati addirittura nei rifugi, come la metropolitana di Kiev, a diversi metri sottoterra. Nel momento in cui scriviamo, 17 marzo, secondo l’Unicef, Oms, dal 24 febbraio, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, nel Paese sono stati almeno 4.300 i parti e oltre 80mila sarebbero i nascituri di qui a tre mesi. In braccio alle loro mamme o presi per mano ne abbiamo visti tanti di bambini che ci è venuto quasi di pensare ad una sorta di asilo diffuso. E ne abbiamo visti anche, purtroppo, di uccisi. Uno spettacolo che ha commosso: tutti ben vestiti coi loro peluche in mano e a volte con la gabbietta con dentro un cagnolino o un gattino. Ha fatto sicuramente impressione a noi italiani, che di bambini in giro ne vediamo sempre di meno. Per associazione di idee questi bambini ci hanno ricordato le parole del capo della chiesa ortodossa russa, Kirill 1°, il quale ha “benedetto” la guerra di Putin contro l’Occidente colpevole a suo dire del degrado morale, lo stesso che consente i gay pride e la propaganda indiretta contro le nascite. Così posta la questione, ovvero secondo la lettura di Kirill, la guerra appare come il tentativo di Putin di impedire che una regione come l’Ucraina sana, considerata come facente parte dello stesso popolo russo, cada nelle braccia dell’Occidente corrotto. Insomma la risposta dei costumi sani della Russia più tradizionale e profonda alla occidentalizzazione degenerante dell’Ucraina, che invece si sente Europa e dell’Unione Europea vorrebbe far parte. È questa una lettura che va oltre quella puramente territoriale e che dà alla guerra una ragione più “nobile” di quelle finora date dal signore del Cremlino, compresa quella di smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, motivi questi del tutto infondati. Non v’è dubbio che la guerra di Putin sia stata generata da ragioni di pura egemonia territoriale, secondo gli schemi classici di tutte le guerre da che mondo è mondo e che si pensava non dovessero più riproporsi dopo la seconda guerra mondiale. L’estensione ad est della Nato e dell’Unione Europea ha dimostrato non tanto una politica di potenza, come Putin è portato ad intendere e a temere, quanto il desiderio di molti popoli di vivere e organizzarsi nella libertà e nella democrazia. Il modello europeo fa gola a sempre più paesi dell’ex Urss e questo non poteva essere tollerato da chi ancora pensa e agisce come i vecchi zar: conquiste e spartizioni. Putin, che ha detto un sacco di fesserie sulle ragioni della guerra, fino a negare che si tratta di guerra, ha perfino riesumato qualche motivo sovietico, che sembrava morto e sepolto. La bandiera rossa con falce e martello e stella la si è vista sventolare su alcuni carri dell’armata russa in Ucraina. Ma torniamo ai bambini ucraini. I tanti che abbiamo visto non possono non averci fatto fare delle considerazioni. La prima è che l’Ucraina, che pure vorrebbe far parte dell’Europa con tutta la sua determinazione, ci fa capire che sul piano dei costumi forse non è ancora del tutto “europeizzata”. Nulla sappiamo di come la pensi per esempio sui problemi bioetici, posizioni, queste, cogenti per stare in Europa. Da quel che vediamo – i tanti bambini, come si diceva! – abbiamo l’impressione di un paese ancora legato alla tradizione, alla più sana delle tradizioni, non ancora contaminata dai costumi di assoluta libertà dei paesi europei. In materia non sarà vicinissima al Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill ma sicuramente è vicina a Papa Francesco, che condanna l’aborto e incoraggia le coppie a fare figli mentre sui gay si dichiara inadatto a giudicare. Fate e adottate bambini – ha detto di recente – anziché adottare animali, come cani e gatti. Si sa che da anni l’Ucraina voleva entrare a far parte dell’Europa e da anni senza essere respinta non è stata neppure accettata. Viene il sospetto che fra le tante condizioni poste per farne parte mancasse una rassicurante posizione sui problemi bioetici. Sappiamo quanto su questo tengano i paesi membri dell’Unione Europea. Se la Russia di Putin teme la libertà e la democrazia, l’Europa da parte sua teme le regole morali, specialmente in materia di sessualità, ed è per tutte le sregolatezze, che considera espressioni di normale libertà. Non v’è dubbio che la guerra allontani l’Ucraina dall’Europa se, come si teme, alla fine la Russia imporrà tra le condizioni di pace la neutralità del paese e dunque la sua non appartenenza né all’Unione Europea né alla Nato. Ma dalla guerra e dalla sofferenza di questo popolo emerge un’altra lezione, una tenuta etica straordinaria. La dimostrazione che ci si può sentire ed essere Europa pur coltivando costumi sani e tradizionali.

domenica 6 marzo 2022

Putin e l'Ucraina: una via per uscire

Dopo le prime scuse per giustificare l’attacco all’Ucraina – repubbliche separatiste del Donbass – Putin ha progressivamente gettato la maschera e ha detto che la vera ragione dell’aggressione all’Ucraina è di sentirsi accerchiato dalla Nato e che non poteva più tollerare che si ritrovasse con un altro paese Nato alle costole. Dunque attacco materiale all’Ucraina ma attacco politico, la vera sfida, all’Europa e alla Nato. Questo suo mostrare le carte dà ragione a chi dice e ripete che l’invasione dell’Ucraina è solo un primo passo e che altri ce ne saranno successivamente. E già si parla della Moldavia e più in là delle repubbliche baltiche della Lituania, dell’Estonia e della Lettonia, che però sono paesi Nato. Il suo sventolare minacce nucleari fa parte di questa sua strategia del terrore. Anche l’attacco – non certo per sbaglio – alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande dell’Ucraina, sei volte più grande di Chernobyl, ha lo scopo di abituare il mondo al pericolo atomico. L’impronunciabile è stato pronunciato. Come a voler far passare un messaggio: attenti, la prossima volta potrei “sbagliare” meglio, con inevitabili conseguenze nucleari in tutto il pianeta. In un’ottica del genere è pessimistico ma possibile che ad un’escalation nucleare prima o poi si arrivi. Perché, se dopo l’Ucraina e la Moldavia toccasse alle repubbliche baltiche, allora la risposta della Nato sarebbe inevitabile. A chi giova uno scenario simile? A nessuno, è evidente, ma le cose per come si stanno mettendo fanno temere che tanto possa accadere. Allora è urgente che si arrivi ad un confronto politico diretto tra Putin e la Nato, ovvero tra Putin e gli Stati Uniti d’America prima che altri passi falsi vengano compiuti senza possibilità di ritorno. A Putin la Nato deve necessariamente, arrivati a questo punto, riconoscere una qualche ragione e compiere qualche sacrificio, primo fra tutti riconoscere lo stato di neutralità dei paesi più vicini alla Russia. Non perché la Russia abbia ragione. Non ne ha di ragioni, perché il principio è che ogni Stato sovrano è libero di stare con chi vuole, ma nel pieno di una crisi che potrebbe trasformarsi in tragedia immane, è consigliabile tener conto della realtà del primum vivere; e la realtà oggi dice che continuando sulla strada della natizzazione (far parte della Nato) dei paesi vicini alla Russia si va incontro alla catastrofe. È di tutta evidenza che una soluzione del genere segnerebbe una sconfitta per la libertà dei popoli, un passo indietro dell’Europa e degli Stati Uniti, ma se l’alternativa è il disastro completo è necessario accettare una sconfitta più piccola per evitarne una più grande. La storia d’altronde non si ferma e ciò che non è possibile oggi potrebbe diventarlo domani, in mutate condizioni. La Russia ha avuto dirigenti politici diversi da Putin, penso a Gorbaciov. Non è detto che non ne debba avere altri, con cui poter stabilire rapporti diversi. Ieri era un conto, oggi è un conto, domani sarà un altro ancora. Si consideri inoltre che Putin ha agito in maniera brutale e minaccia di continuare sulla strada della brutalità perché è una persona sconfitta, disperata. Si sente umiliato e sente che la Russia stessa è umiliata da trent’anni di dissoluzioni e di avanzamento dei modelli liberaldemoctatici. L’Ucraina che chiede di entrare nell’Europa e nella Nato è come una figlia che lascia la sua casa, perché non ne condivide l’idea di convivenza. Quando Putin non riconosce all’Ucraina dignità di nazione questo vuol dire: tu non sei libera di lasciare la tua di nazione, che è la Grande Madre Russia. Già altre figlie se ne sono andate ed altre ancora minacciano di andarsene. Nasce da questo stato di frustrazione la rabbia di Putin e di fronte ad una simile rabbia, non potendo ragionare, diventa vitale accettare un qualche compromesso che eviti il peggio. Intanto sarebbe urgente che si avviassero veri negoziati per mettere fine allo stato di sofferenza di milioni di persone, alla distruzione di un paese che sta crollando sotto i bombardamenti di uno degli eserciti più grandi e più forti del mondo. Assistiamo, invece, ad un assurdo continuare in combattimenti che non portano che alla morte e alla distruzione senza possibilità alcuna che le sorti della contesa possano essere cambiate. Il popolo ucraino ha risposto in maniera eroica e basterebbe la sua prova di sacrificio per affermare con forza il suo diritto ad esistere come nazione libera e indipendente. Ma gli eroismi non possono durare all’infinito, specialmente quando non hanno prospettiva alcuna.

mercoledì 2 marzo 2022

Putin e la cecità del potere

Ho sempre pensato che chi detiene il potere politico, si tratti di potere democratico o di potere autocratico, tanto peggio per quest’ultimo, dovrebbe farsi continue docce di normale socialità, di umanità, andare uomo tra gli uomini per vedere che cosa c’è in giro e rinfrescarsi le idee. Si accorgerebbe della vita reale in tutte le sue declinazioni. Lo stare chiuso nel mondo delle pratiche politiche quotidiane comporta inevitabilmente il formarsi di una visione falsa, limitata, distorta della realtà. Una realtà astrattizzata. È importante vedere che al di fuori del Palazzo ci sono persone che lavorano, bambini che giocano, ragazzi che vanno a scuola, adulti che sono in giro per il disbrigo di faccende quotidiane, che vanno a fare la spesa, che si recano in banca o all’ufficio postale, che ci sono malati, ospedali, ricoveri, bambini che nascono, anziani che muoiono. Questo pensiero mi è tornato a mente in questi ultimi giorni vedendo in televisione il volto di Putin, inespressivo nella sua piattezza di pietra scolpita. L’autocrate russo, chiuso nel suo mondo, lontano persino dai suoi collaboratori, ha pensato di scatenare una guerra contro l’Ucraina, un paese fratello, una repubblica sovrana, una volta facente parte dell’Urss, al pari di tante altre. Così, quasi per un progetto in un concorso di idee, si è messo a ridisegnare la carta geografica. La Russia si prende le due provincie separatiste del Donbass, Lugansk e Donetsk, e siccome occorre stabilire una continuità territoriale con la Crimea, già annessa qualche anno fa, si annette pure il corridoio che collega i due territori, fino a togliere all’Ucraina l’affaccio al Mare d’Azov, e già che ci siamo pure Odessa per privare l’Ucraina di ogni affaccio al Mar Nero e incapsularla nella sua prigione, a cui vorrebbe dare la condizione di stato neutrale. Ma uno stato del genere può essere considerato neutrale o è piuttosto neutralizzato? Ha detto il presidente ucraino Zelenski che Putin ha occhi ma non ha sguardo. Appunto, è la cecità del potere chiuso in se stesso, ignaro di quanto si muove sulla faccia della terra, di quanto si è mosso nello specifico negli ultimi trentuno anni, dal 1991, da quando l’Ucraina, in seguito allo sfaldamento dell’Urss, è diventata un paese sovrano, una repubblica indipendente. In tale condizione l’Ucraina è libera di chiedere di entrare nell’Europa Unita e nella Nato, come già hanno fatto tante altre repubbliche sorelle dell’ex Urss. È il diritto internazionale che lo consente. Per impedire che ciò avvenisse Putin ha incominciato a tirar fuori una serie di “ragioni” che appaiono più quelle del lupo nei confronti dell’agnello della famosa favola di Fedro che autentiche ragionevolezze. In un primo momento ha detto che deve aiutare le due provincie separatiste del Donbass a ricongiungersi alla Russia, data la loro appartenenza etnica alla madrepatria, successivamente ha cercato di delegittimare in radice l’Ucraina, considerandola, calpestando la storia che dice altro, un’espressione geografica inventata da Lenin; e infine, sfacciatamente, a rivendicare tutta la parte costiera dell’Ucraina meridionale. Putin ha in pratica posto, anzi riproposto, l’annosa questione se uno stato deve subire modifiche al suo territorio con la politica o con la guerra. In difetto di plausibili ragioni per farlo con la politica Putin ha scelto la guerra, mettendosi contro il mondo intero, chi più come i paesi occidentali, Europa e America, e chi meno come quelli orientali, come la Cina e l’India. Ma si può dire che la condanna è stata unanime, si pensi al Giappone e all’Australia, al punto da far sembrare Putin un paria, una sorta di nuovo Hitler, un reietto da eliminare al più presto dalla scena del mondo. A questo punto, qualunque sarà la soluzione, se si vuole evitare un aggravarsi della situazione, col rischio di un coinvolgimento di altri paesi e dunque una guerra mondiale, l’Ucraina ne uscirà ridimensionata ulteriormente sul piano territoriale. Impensabile che la Russia, che fa una guerra per acquistare, possa invece perdere quel che già aveva. L’Ucraina perderà sicuramente in maniera definitiva le due provincie del Donbass e la Crimea. Cosa avrà in cambio è difficile dirlo. Potrebbe entrare nell’Unione Europea, non nella Nato, data la sua neutralità. Un contentino che lascerebbe aperta la situazione a chissà quali altri sviluppi. E Putin? Ancor più difficile è ipotizzare la sua sorte dopo il disastro di questa guerra. Il dissenso in Russia, in questi ultimi giorni, è cresciuto, nonostante l’informazione nascosta e falsata sui fatti che stanno accadendo, non solo a livello di opinione pubblica – migliaia sono gli arresti per le proteste contro la guerra – ma anche sul fronte del potere economico. I cosiddetti oligarchi, a causa delle sanzioni economiche, stanno perdendo capitali consistenti e più di uno incomincia ad esprimere apertamente la sua contrarietà. È destino dei ciechi – e Putin lo è – andare prima o poi a sbattere.