mercoledì 2 marzo 2022

Putin e la cecità del potere

Ho sempre pensato che chi detiene il potere politico, si tratti di potere democratico o di potere autocratico, tanto peggio per quest’ultimo, dovrebbe farsi continue docce di normale socialità, di umanità, andare uomo tra gli uomini per vedere che cosa c’è in giro e rinfrescarsi le idee. Si accorgerebbe della vita reale in tutte le sue declinazioni. Lo stare chiuso nel mondo delle pratiche politiche quotidiane comporta inevitabilmente il formarsi di una visione falsa, limitata, distorta della realtà. Una realtà astrattizzata. È importante vedere che al di fuori del Palazzo ci sono persone che lavorano, bambini che giocano, ragazzi che vanno a scuola, adulti che sono in giro per il disbrigo di faccende quotidiane, che vanno a fare la spesa, che si recano in banca o all’ufficio postale, che ci sono malati, ospedali, ricoveri, bambini che nascono, anziani che muoiono. Questo pensiero mi è tornato a mente in questi ultimi giorni vedendo in televisione il volto di Putin, inespressivo nella sua piattezza di pietra scolpita. L’autocrate russo, chiuso nel suo mondo, lontano persino dai suoi collaboratori, ha pensato di scatenare una guerra contro l’Ucraina, un paese fratello, una repubblica sovrana, una volta facente parte dell’Urss, al pari di tante altre. Così, quasi per un progetto in un concorso di idee, si è messo a ridisegnare la carta geografica. La Russia si prende le due provincie separatiste del Donbass, Lugansk e Donetsk, e siccome occorre stabilire una continuità territoriale con la Crimea, già annessa qualche anno fa, si annette pure il corridoio che collega i due territori, fino a togliere all’Ucraina l’affaccio al Mare d’Azov, e già che ci siamo pure Odessa per privare l’Ucraina di ogni affaccio al Mar Nero e incapsularla nella sua prigione, a cui vorrebbe dare la condizione di stato neutrale. Ma uno stato del genere può essere considerato neutrale o è piuttosto neutralizzato? Ha detto il presidente ucraino Zelenski che Putin ha occhi ma non ha sguardo. Appunto, è la cecità del potere chiuso in se stesso, ignaro di quanto si muove sulla faccia della terra, di quanto si è mosso nello specifico negli ultimi trentuno anni, dal 1991, da quando l’Ucraina, in seguito allo sfaldamento dell’Urss, è diventata un paese sovrano, una repubblica indipendente. In tale condizione l’Ucraina è libera di chiedere di entrare nell’Europa Unita e nella Nato, come già hanno fatto tante altre repubbliche sorelle dell’ex Urss. È il diritto internazionale che lo consente. Per impedire che ciò avvenisse Putin ha incominciato a tirar fuori una serie di “ragioni” che appaiono più quelle del lupo nei confronti dell’agnello della famosa favola di Fedro che autentiche ragionevolezze. In un primo momento ha detto che deve aiutare le due provincie separatiste del Donbass a ricongiungersi alla Russia, data la loro appartenenza etnica alla madrepatria, successivamente ha cercato di delegittimare in radice l’Ucraina, considerandola, calpestando la storia che dice altro, un’espressione geografica inventata da Lenin; e infine, sfacciatamente, a rivendicare tutta la parte costiera dell’Ucraina meridionale. Putin ha in pratica posto, anzi riproposto, l’annosa questione se uno stato deve subire modifiche al suo territorio con la politica o con la guerra. In difetto di plausibili ragioni per farlo con la politica Putin ha scelto la guerra, mettendosi contro il mondo intero, chi più come i paesi occidentali, Europa e America, e chi meno come quelli orientali, come la Cina e l’India. Ma si può dire che la condanna è stata unanime, si pensi al Giappone e all’Australia, al punto da far sembrare Putin un paria, una sorta di nuovo Hitler, un reietto da eliminare al più presto dalla scena del mondo. A questo punto, qualunque sarà la soluzione, se si vuole evitare un aggravarsi della situazione, col rischio di un coinvolgimento di altri paesi e dunque una guerra mondiale, l’Ucraina ne uscirà ridimensionata ulteriormente sul piano territoriale. Impensabile che la Russia, che fa una guerra per acquistare, possa invece perdere quel che già aveva. L’Ucraina perderà sicuramente in maniera definitiva le due provincie del Donbass e la Crimea. Cosa avrà in cambio è difficile dirlo. Potrebbe entrare nell’Unione Europea, non nella Nato, data la sua neutralità. Un contentino che lascerebbe aperta la situazione a chissà quali altri sviluppi. E Putin? Ancor più difficile è ipotizzare la sua sorte dopo il disastro di questa guerra. Il dissenso in Russia, in questi ultimi giorni, è cresciuto, nonostante l’informazione nascosta e falsata sui fatti che stanno accadendo, non solo a livello di opinione pubblica – migliaia sono gli arresti per le proteste contro la guerra – ma anche sul fronte del potere economico. I cosiddetti oligarchi, a causa delle sanzioni economiche, stanno perdendo capitali consistenti e più di uno incomincia ad esprimere apertamente la sua contrarietà. È destino dei ciechi – e Putin lo è – andare prima o poi a sbattere.

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