domenica 15 ottobre 2017

Amministrazione a Lecce tra sentenze e sospensioni




Nel giro di due giorni l’Amministrazione comunale leccese è passata da una sentenza del Tar, che restituiva al centrodestra la sua iniziale maggioranza consiliare (17 seggi), al “contrordine” del Consiglio di Stato che ha sospeso la sentenza, in attesa del pronunciamento definitivo che avverrà presumibilmente a breve, lasciando per ora al “suo” posto l’attuale maggioranza di centrosinistra.
Ma davvero finirà l’altalena? Una cosa è l’augurio, un’altra la realtà delle cose e dei comportamenti. Alla sentenza del Tar, che azzoppava il Sindaco, qualche consigliere di centrodestra era già disposto a fargli da stampella. Lo abbiamo letto sui giornali.
Intanto va detto subito, forte e chiaro, che il pasticcio è stato provocato dal cosiddetto voto disgiunto. E’, questo, per dirla con Paolo Villaggio, una delle più grandi cagate che si possano ideare e fare. Chi lo ha ideato è il solito furbastro legislatore italiano, che, pur di imbrogliare le cose più semplici, è capace di inventarsi mostruose assurdità. L’elettore che ricorre al voto disgiunto è evidente che non sa votare. Il voto è sempre uno, non può essere che ontologicamente uno. Come posso votare due volte, una pro e l’altra contro? Sarebbe come se in una partita Juventus-Inter un tifoso tifi per entrambe le squadre. Si dirà: ma si vota per cose diverse. No, si vota per una sola cosa: il governo cittadino. Che non è un mostro a due teste. Se io voglio che governi il centrodestra voto i suoi uomini come facenti parte di un blocco unico, aventi ruoli diversi; e lo stesso vale se voglio al governo il centrosinistra. L’assemblaggio, pezzi di destra più pezzi di sinistra, in politica non funziona.
Non ci fosse stato il voto disgiunto, Lecce avrebbe oggi un’Amministrazione senza problemi di “confini”. Dal giorno dopo il ballottaggio, che vedeva prevalere Salvemini su Giliberti, non si fa invece che pensare a carte bollate e ad avvocati.  
Mi chiedo: dov’è la bontà del voto disgiunto? Ovvio che lo stesso discorso vale a parti invertite. Non vivo la realtà politico-amministrativa leccese; ne parlo perché le questioni politiche mi appassionano. Non parlo perciò per spirito di appartenenza, anche perché faccio fatica a capire chi nel consesso cittadino leccese di oggi sono i “miei”. Li conosco così poco! Una volta i miei, senza virgolette, li riconoscevo anche fossero all’altro capo dell’Italia.
Il voto disgiunto è come andare nello stesso tempo a scirocco e a tramontana ed è altamente diseducativo. Esso, infatti, abitua l’elettore al trasformismo politico, principio di doppiezza e di superficialità, tipico dei politici. I quali, probabilmente, nei loro vizi vogliono coinvolgere gli elettori, secondo l’abitudine tipica di certi mascalzoni che, per eliminare la distanza dalle persone perbene, coinvolgono quanti ne capitano a tiro nei loro loschi affari. E così tutti mascalzoni, nessun mascalzone. Non voglio dire che tutti i politici sono mascalzoni, dico solo che tra di essi c’è una mentalità diffusa di poter fare tutto e il contrario di tutto pur di raggiungere un qualche obiettivo, che si commisura allo spessore di ciascuno.
Nella recente legge elettorale nazionale, detta Rosatellum, secondo ormai il gusto invalso delle trovate nugatorie anche per le cose serie, approvata alla Camera, ci sono nefandezze di forma e di sostanza, come da tanti evidenziato, ma non c’è il voto disgiunto. E questa, cosa buona è. Vi figurate se la maggioranza degli elettori votasse nel proporzionale in un modo e nel maggioritario (uninominale) in un altro? Ve l’immaginate il casino?
L’Amministrazione leccese rischia di avere un lungo periodo di incertezze, anche se, come è auspicabile, il Consiglio di Stato trova il tempo e il modo per mettere punto all’assegnazione definitiva dei seggi, magari confermandone la maggioranza a Salvemini.
La situazione che si è venuta a determinare è piuttosto confusa, potrebbe vedere l’opposizione di centrodestra confrontarsi-incontrarsi per un verso con la maggioranza di centrosinistra e per un altro, al suo interno, con se stessa. Un saggio lo ha già dato con la questione del filobus, che, a quanto pare, il centrodestra non vuole più di quanto non lo voglia il centrosinistra.
Ad elezioni anticipate non vuole andare nessuno; meno degli altri quelli del centrodestra, che hanno bisogno di tempo per fare chiarezza tra di loro e ricompattarsi su programmi e organigrammi nuovi. Per questo hanno bisogno di tempo e di occasioni per ritrovarsi. Da questo punto di vista la situazione amministrativa di tirare a campare in prospettiva potrebbe giovare di più al centrodestra.