Nel giro di due giorni
l’Amministrazione comunale leccese è passata da una sentenza del Tar, che
restituiva al centrodestra la sua iniziale maggioranza consiliare (17 seggi),
al “contrordine” del Consiglio di Stato che ha sospeso la sentenza, in attesa
del pronunciamento definitivo che avverrà presumibilmente a breve, lasciando per
ora al “suo” posto l’attuale maggioranza di centrosinistra.
Ma davvero finirà l’altalena? Una
cosa è l’augurio, un’altra la realtà delle cose e dei comportamenti. Alla
sentenza del Tar, che azzoppava il Sindaco, qualche consigliere di centrodestra
era già disposto a fargli da stampella. Lo abbiamo letto sui giornali.
Intanto va detto subito, forte e
chiaro, che il pasticcio è stato provocato dal cosiddetto voto disgiunto. E’,
questo, per dirla con Paolo Villaggio, una delle più grandi cagate che si possano ideare e fare. Chi
lo ha ideato è il solito furbastro legislatore italiano, che, pur di
imbrogliare le cose più semplici, è capace di inventarsi mostruose assurdità.
L’elettore che ricorre al voto disgiunto è evidente che non sa votare. Il voto
è sempre uno, non può essere che ontologicamente uno. Come posso votare due
volte, una pro e l’altra contro? Sarebbe come se in una partita Juventus-Inter
un tifoso tifi per entrambe le squadre. Si dirà: ma si vota per cose diverse.
No, si vota per una sola cosa: il governo cittadino. Che non è un mostro a due
teste. Se io voglio che governi il centrodestra voto i suoi uomini come facenti
parte di un blocco unico, aventi ruoli diversi; e lo stesso vale se voglio al
governo il centrosinistra. L’assemblaggio, pezzi di destra più pezzi di
sinistra, in politica non funziona.
Non ci fosse stato il voto
disgiunto, Lecce avrebbe oggi un’Amministrazione senza problemi di “confini”. Dal
giorno dopo il ballottaggio, che vedeva prevalere Salvemini su Giliberti, non
si fa invece che pensare a carte bollate e ad avvocati.
Mi chiedo: dov’è la bontà del
voto disgiunto? Ovvio che lo stesso discorso vale a parti invertite. Non vivo
la realtà politico-amministrativa leccese; ne parlo perché le questioni
politiche mi appassionano. Non parlo perciò per spirito di appartenenza, anche
perché faccio fatica a capire chi nel consesso cittadino leccese di oggi sono i
“miei”. Li conosco così poco! Una volta i miei, senza virgolette, li
riconoscevo anche fossero all’altro capo dell’Italia.
Il voto disgiunto è come andare
nello stesso tempo a scirocco e a tramontana ed è altamente diseducativo. Esso,
infatti, abitua l’elettore al trasformismo politico, principio di doppiezza e
di superficialità, tipico dei politici. I quali, probabilmente, nei loro vizi
vogliono coinvolgere gli elettori, secondo l’abitudine tipica di certi
mascalzoni che, per eliminare la distanza dalle persone perbene, coinvolgono
quanti ne capitano a tiro nei loro loschi affari. E così tutti mascalzoni,
nessun mascalzone. Non voglio dire che tutti i politici sono mascalzoni, dico
solo che tra di essi c’è una mentalità diffusa di poter fare tutto e il
contrario di tutto pur di raggiungere un qualche obiettivo, che si commisura
allo spessore di ciascuno.
Nella recente legge elettorale
nazionale, detta Rosatellum, secondo
ormai il gusto invalso delle trovate nugatorie anche per le cose serie, approvata
alla Camera, ci sono nefandezze di forma e di sostanza, come da tanti
evidenziato, ma non c’è il voto disgiunto. E questa, cosa buona è. Vi figurate
se la maggioranza degli elettori votasse nel proporzionale in un modo e nel
maggioritario (uninominale) in un altro? Ve l’immaginate il casino?
L’Amministrazione leccese rischia
di avere un lungo periodo di incertezze, anche se, come è auspicabile, il
Consiglio di Stato trova il tempo e il modo per mettere punto all’assegnazione
definitiva dei seggi, magari confermandone la maggioranza a Salvemini.
La situazione che si è venuta a
determinare è piuttosto confusa, potrebbe vedere l’opposizione di centrodestra
confrontarsi-incontrarsi per un verso con la maggioranza di centrosinistra e
per un altro, al suo interno, con se stessa. Un saggio lo ha già dato con la
questione del filobus, che, a quanto pare, il centrodestra non vuole più di
quanto non lo voglia il centrosinistra.
Ad elezioni anticipate non vuole
andare nessuno; meno degli altri quelli del centrodestra, che hanno bisogno di
tempo per fare chiarezza tra di loro e ricompattarsi su programmi e
organigrammi nuovi. Per questo hanno bisogno di tempo e di occasioni per
ritrovarsi. Da questo punto di vista la situazione amministrativa di tirare a
campare in prospettiva potrebbe giovare di più al centrodestra.
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