domenica 30 settembre 2012

Monti, il vero antipolitico è lui



A “Otto e Mezzo” di Lilly Gruber (La Sette di lunedì, 24 settembre) D’Alema, incalzato anche dal giornalista Dimilano de l’Espresso, ha detto quello che pensa del “destino” di Mario Monti. Il pensiero di D’Alema in genere vela e disvela. Il D’Alema che svela: Mario Monti è Capo del governo perché così ha voluto il Pd; lo stesso Giorgio Napolitano è Presidente della Repubblica perché così ha voluto il Pd; Monti dopo le elezioni della primavera 2013 può benissimo fare il ministro in un governo Bersani, come è accaduto per altri tecnici portati al governo, esempio Ciampi; la soluzione ottimale è sempre l’unione tra politica e competenza tecnica, coi tecnici competenti, Ciampi, Padoa Schioppa, Monti, di sostegno alla politica. A parte la millantata onnipotenza del Pd, le altre parole sono da sottoscrivere, specialmente le ultime. Ma Monti non è né Ciampi né Padoa Schioppa, non accetterà mai di stare un passo indietro rispetto ad altri, specialmente se politici, sempre per quella raccomandazione della mamma: figlio, guardati dalla politica! I sondaggi sembrano dargli ragione, mentre il Pd, che è il partito maggiore, è sul 25 %, il suo governo viaggia su oltre il 50 %, il doppio. Come può il più debole trasportare il più forte? Ed ecco il D’Alema che vela: pensa ma non dice che sta cercando nei depositi del Pci le scarpe ferrate di Togliatti, quelle che il segretario comunista avrebbe voluto usare per prendere a calci in culo De Gasperi. 
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Il Ministro della Pubblica Istruzione Francesco Profumo – tecnico, mai per gabbo! – ha detto che occorre rivedere l’ora di religione a scuola, perché ormai l’Italia è un paese multietnico e perciò non si può impartire un insegnamento religioso soltanto; ma è necessario mettere tutti i ragazzi nelle condizioni di usufruire di un proprio diritto. Ed ha aggiunto, per buona misura, che occorre anche integrare lo studio della geografia con la concreta conoscenza delle realtà di provenienza di tanti nuovi cittadini “italiani” attraverso di loro. Metto le virgolette, perché fino a prova contraria in casa mia mi posso permettere di avere più rispetto di me stesso che il dovermi conformare alle minchiate di questi neoilluministi con le pile scariche. Vorrei ricordare a questo signor ministro che quando ero emigrante a Berna, capitale della democraticissima Svizzera e non del Congo di Lumumba, con tutto il rispetto, e frequentavo la scuola pubblica, io con altri ragazzi italiani e svizzeri di religione cattolica il giovedì mattina entravamo alla seconda ora perché la prima era di religione protestante. Non si capisce perché mai si debba privare gli italiani in casa loro di un diritto solo perché qua e là nelle classi ci sono ragazzi che possono essere esonerati o raggruppati per una lezione della propria religione o nella stessa scuola o in altra. Quanto alla geografia, da anni ormai disciplina negletta, sarebbe veramente ridicolo ridurla a sapere da quale parte del mondo arriva il compagno di banco.
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“Sono senatore a vita e non mi candido”. Così Monti sembra aver tagliato la testa al toro su ipotesi di scesa in campo. Ma poi, solo qualche ora dopo, da New York, giovedì 27 settembre, ha fatto sapere che lui, se proprio proprio glielo chiedono, il sacrificio di un Monti bis lo farebbe. Ecco! Esattamente come volevasi dimostrare. Non c’è nulla in Italia di più definitivo del provvisorio. In politica, poi, è un classico, come dimostrano gli ultimi tecnici chiamati a far politica. Lo stesso Giolitti, tecnico anche lui, finì per dare l’impronta a tutto un periodo che i manuali di storia titolano “età giolittiana” e durò, entrando ed uscendo dal governo, per più di vent’anni. Le reazioni all’affermazione americana di Monti sono state le più varie e scontate. Bersani e Renzi sono contrari. Berlusconi è attendista. Casini l’ha sparata: Monti dovrebbe rimanere al governo in servizio permanente effettivo. Facile la spiegazione. Bersani – e/o Renzi – è contrario perché spera di essere lui il nuovo premier; Berlusconi è attendista perché tra Monti e Bersani preferisce Monti; e Casini, che ha poco da sperare, tra Bersani, Berlusconi e Monti, è per Monti in secula seculorum.
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Ora Monti è un’insidia. Lo è per il centrodestra. C’è un modo, infatti, per risolvere la questione: Monti potrebbe candidarsi col centrosinistra, escluso che lo possa fare col centrodestra. Solo così né Bersani né altri nel centrosinistra avrebbero niente da dire. Salvo che la sinistra di Vendola non starebbe al gioco. Poco male per le elezioni, che il centrosinistra con Monti candidato potrebbe vincere anche senza Vendola, ma assai male dopo. Il punto sarebbe la durata. Un governo con una personalità come Monti, poco credibile dopo la scelta di candidarsi con una delle due parti, sarebbe nella tenaglia del centrodestra e della sinistra più radicale. In una situazione del genere decisiva sarebbe l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, il solo, come già è accaduto con Napolitano, in grado di tenere in vita un governo di per sé debole e combattuto. Ma chi sarà il nuovo Capo dello Stato? Lo saprebbe D’Alema, che è magna pars di un partito, il Pd, che può tutto quello che vuole.
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Il vero nemico numero uno della politica è proprio Monti. Cresce il fronte che lo vuole nuovamente a Palazzo Chigi. Lo stesso Marchionne è favorevole. Tutti quelli che sono contro gli attuali politici stanno dalla sua parte. Il Paese sta scivolando verso una sorta di tecnocrazia in cui il popolo non si sa che parte abbia. I politici sono indegni, i sindacati non sono credibili e non sufficientemente forti per imporsi. C’è un difetto di rappresentanza politica che incomincia a preoccupare. Se il popolo si accorge di essere stato abbandonato potrebbe pensare a soluzioni diverse. Le prove le sta facendo coi lavoratori dell’Alcoa e dell’Ilva. Perché dovrebbe votare se poi il suo voto non conta niente? Se poi il governo torna nelle mani di tecnici che continueranno a governare secondo gli ordini europei e non secondo le esigenze del popolo? I politici alla Casini non si rendono conto di spingere il Paese verso il baratro. Se la promessa manna della crescita non sarà tangibile nel 2013, in Italia potrebbero accadere cose molto brutte.   
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Ecco, la rappresentazione plastica delle due Italie. Una, quella dei Marchionne e dei Luca Cordero di Montezemolo, che vogliono un Monti bis, perché grande interlocutore, rassicurante, dei poteri forti internazionali della finanza; l’altra, quella del Presidente della Confindustria Giorgio Squinzi e dei sindacati più sensibili e determinati a difesa del mondo della produzione e del lavoro, Camusso e Landini, che invocano governi politici calibrati sui problemi concreti dell’economia. Squinzi ha lanciato un grido d’allarme: stiamo morendo di fisco, mettendo in rilievo l’insostenibilità italiana del 57 % di pressione fiscale contro il 37 % della Germania, primo nostro competitor industriale. Il mondo della produzione si lega a quello del consumo e perciò delle famiglie. In Italia le aziende hanno difficoltà a produrre, ma ancora di più ne hanno a vendere i loro prodotti, che i cittadini, sempre per l’eccessiva pressione fiscale e per la disoccupazione, non possono più acquistare.
Fino a quando il popolo italiano dipende dai sinedri mondiali della finanza? E’ necessario che la buona politica si riappropri del governo. In questo momento il popolo italiano non voti più per la destra o per la sinistra, ma per chi garantisce un buon governo, forte e stabile.

domenica 23 settembre 2012

Monti e il limite dei ragionieri



Quello che sta succedendo in Italia ha dell’incredibile. A Taranto i giudici vogliono chiudere l’Ilva, quasi fosse un forno a legna che non ha il filtro al comignolo e annerisce il bucato della vicina di casa, mentre il governo assiste impotente; in Sardegna si vuole chiudere l’Alcoa, quasi fosse un piccolo chiosco che non sta in regola col canone di occupazione di suolo pubblico, mentre il governo assiste impotente. Invece si tratta di cose terribilmente serie. Nel primo caso perché la grande acciaieria, la più grande d’Europa, inquina; nel secondo, perché la fabbrica di alluminio ha bisogno di molta energia e non può pagarla al prezzo imposto dall’Enel. Dunque acciaio e alluminio rischiano di scomparire dall’Italia, provocando disastri economici e sociali senza che ci sia una sola autorità in grado di intervenire. Eugenio Scalfari, che, quando deve essere contro Berlusconi e amici, non ha limiti ai suoi livori, ha dichiarato nel corso della trasmissione “Otto e mezzo” di lunedì, 17 settembre, che Monti non può fare nulla, che non ha gli strumenti per intervenire. Sarà! Ma mi ricorda una frase scritta in esergo in una testata giornalistica cattolica: quando si vuol fare qualcosa si trova il mezzo, quando non la si vuol fare si cerca una scusa. Monti è non è il capo del governo? Se sì, allora dovrebbe trovare il modo per risolvere i due spinosissimi casi dell’Ilva e dell’Alcoa. Se no, se ne vada, e venga pure chi in un modo o nell’altro certi problemi di così vitale importanza li risolve.
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Lo spread è sceso al livello di 340 punti. Insomma, bisogna dire che lo tsounami ha raggiunto il punto limite fino a bagnare appena appena i piedi di Monti. Ma non cessa l’onda lunga che è caduta sugli italiani, i quali continuano ad avere problemi seri di lavoro e di un reddito dignitoso. Vuol dire che la partita che gioca Monti è diversa da quella che gioca il popolo italiano. Lui vede la luce. Gli italiano non vedono, sono al buio. Il costo della vita continua ad aumentare, mentre i consumi calano. Monti dice di essere impegnato a trovare il modo per non aumentare l’Iva, che se accadesse sarebbe davvero il colpo di grazia per commercianti e consumatori. Gli esperti di economia – quanti ce ne sono! Chi avrebbe mai immaginato che ce ne fossero tanti! – mettono in risalto la discrepanza tra l’ottimismo contenuto di Monti e il pessimismo giustificato degli italiani. Siamo appena usciti dall’estate e scoppole tremende ci attendono: luce, gas, imu, assicurazioni, canone rai, bollo auto, mentre la benzina, ormai attestata intorno ai due Euro al litro, scoraggia anche la passeggiata al mare la domenica. Avessimo almeno i fichi secchi di una volta per fare Natale!
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Intanto il morbo infuria. Dopo lo scandalo del Pd (Pionati), della Lega (Belsito), della Margherita (Lusi), della Regione Lombardia (Formigoni), ecco quello della Regione Lazio (Fiorito). Tutti a vivere da nababbi col denaro pubblico. A vederli, tutti sembrano scoppiare di salute, quasi a rappresentare un mondo di pancia, un campionario della stessa famiglia. Ad eccezione del segaligno Formigoni, gli altri sono davvero personaggi che sembrano usciti dalle tele di Botero. Non si capisce perché di fronte a tanta schifezza, denunciata con forza perfino dalla chiesa (Mons. Bagnasco), non si leva la voce forte né di Monti né di Napolitano. La gente, che è veramente nauseata di tanto lordume, pensa che le voci autorevoli dell’uno e dell’altro tacciono per convenienza, non volendo irritare i politici, dai quali dipende la baracca messa in piedi circa un anno fa. Ma, se chi dovrebbe intervenire con la forza della sua autorevolezza, in mancanza di autorità, non lo fa, chi può mettere fine all’insulso spettacolo? Grillo ormai non fa né caldo né freddo e dopo le elezioni farà la stessa fine degli altri, perché l’uomo è ciò che mangia, diceva il filosofo tedesco Feuerbach. E lui si sta avvicinando troppo alla pappa politica come la gatta al lardo.
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Monti col suo seguito di tecnici si è incontrato con Marchionne ed Elkann. Amministratore delegato e presidente della Fiat. Ha detto la Fornero alla vigilia dell’appuntamento che Marchionne deve chiarire i piani della Fiat. E che deve chiarire? La Fiat è stata chiara: non ci sono più le condizioni per realizzare il progetto “Fabbrica Italia”. Monti dovrebbe dimostrare che le condizioni ci sono e se non ci sono che si possono creare; dopo di che la Fiat potrebbe rivedere i suoi piani. Ma, come si può pretendere da un’azienda di mantenere le promesse fatte se il mantenerle potrebbe costare la crisi dell’azienda stessa? Marchionne ha detto che la Fiat in Italia resta perché è riuscita a far soldi in America. Il che vuol dire che in America guadagna e in Italia perde. Ma fino a quando è possibile simile masochismo nazionalista? Si dice: ma la Fiat in passato ha avuto tanto dallo Stato! Vero, ma tutte le aziende automobilistiche d’Europa sono state aiutate dai loro rispettivi governi. Qui non si tratta di irriconoscenza, ma di impossibilità a mantenere gli impegni, pena il fallimento. E lasciamo perdere quel Della Valle, che a furia di fare scarpe, pensa di fargliele anche a chi ne ha già tante da permettersi di pigliarlo a calci in culo milioni di volte, ogni volta con scarpe diverse. E lasciamo perdere pure quel fallimentare di De Benedetti, autentico becchino di aziende, che ora fa il professore d’industria sul “Sole 24 ore”. Agnelli vivo, tutti ad ossequiarlo; Agnelli morto, è come Ettore steso mentre perfino i Tersite si prendono il gusto di pungerlo.
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Il Governo e la Fiat si sono incontrati a Palazzo Chigi, cinque ore di colloqui per non combinare nulla. La Fiat si è impegnata a investire in Italia quando è in condizioni di farlo; il Governo si è impegnato ad aiutarla ad avere le condizioni quando è in grado di farlo. Ergo, sarebbe stato meglio se non si fossero incontrati. La fuga delle industrie italiane dove le porta il profitto continua, è ormai un processo di impoverimento del Paese, che il governo non è in grado di arginare. Monti dice che la ripresa ci sarà nel 2013, un anno – aggiunge – che comunque sarà di sacrifici. Dove lui veda la fine della crisi non si capisce, tranne che non faccia il furbo e sotto la pioggia che cade torrenziale è tranquillo perché sa che prima o poi smette. Bella previsione! Bisogna vedere come sarà il resto di tempo sotto la pioggia e come sarà il Paese dopo. Se l’attesa è la ricetta tanto valeva andare subito al voto, un governo pur che fosse, in grado di attendere e nel frattempo litigare, ci sarebbe stato. La televisione ha mostrato Elkan, Monti e Marchionne che posavano davanti ad una Panda rossa e Marchionne che con gesto imperioso ha invitato Monti a scostarsi per non nascondere lo stemma della Fiat. Un gesto davvero poco elegante, che rivela il disprezzo che l’amministratore delegato della Fiat ha per i governanti italiani e per chi ne fa le veci, come Monti appunto. 

domenica 16 settembre 2012

Monti e la mentalità di cui è figlio



Ha scritto Romano Prodi nel suo domenicale sul “Messaggero” del 9 settembre che Il tunnel è lungo ma il treno si è mosso. Ci è capitato di riconoscere a Prodi qualche attestato non di intelligenza e competenza, cose che non si discutono, ma di onestà e soprattutto di libertà critica nei confronti del governo Monti; e dunque ora non vogliamo rimangiarci niente: quel che è digerito, digerito. Sostiene l’ex Presidente del Consiglio che ormai la crisi dura da quattro anni e la soluzione non è ancora arrivata, superando le più pessimistiche previsioni. Ora la danno finita fra tre anni, quattro e tre sette, quanto il numero delle bibliche vacche magre. Ma, sebbene l’uscita dal tunnel sia ancora di là da apparire alle viste, a parere di Prodi il treno si è mosso. Nihil novi. Il treno si era già mosso, ma era un treno locale, di quelli che si fermano perfino nei casolari di campagna. Allora, perché Prodi lo ha detto? I tempi delle elezioni stringono e al tavolo di chi decide i giocatori  incominciano a calare gli assi. C’è un pericoloso concerto per un Monti bis, con l’intento di continuare la suggestione Monti e sanare con le elezioni l’eversione costituzionale e politica di un governo questa volta votato dalla gente. Napolitano ha detto che vigilerà sul dopo Monti. E come? Non sta già per scadere il suo mandato o la sua è la minaccia per quei pochi giorni che gli restano di riconfermargli l’incarico? Pallide le reazioni dei politici, confusi e annichiliti dalla solita mentalità fratricida, di guerra civile continua, gli uni contro gli altri e all’interno di ciascuno una parte contro l’altra, un leader contro l’altro, un giovane contro un vecchio. Un giovane più sgangherato del vecchio.
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E’ la mentalità dei politici italiani che bisognerebbe cambiare! Essi sono sempre in disaccordo e contro; intendono l’amministrazione della cosa pubblica come una spartizione di potere e chi è all’opposizione la intende come un giuramento sull’altare degli avi di far cadere il governo. Per cui qualunque cosa un governo faccia i suoi oppositori sono sempre contro. E se pure fa qualcosa di buono si è ancor più velenosamente contro; e se qualcosa di buono lo ha già fatto, quello che gli succede l’annulla prima che si vedano gli effetti benefici. E’ la mentalità di considerare il confronto politico come una guerra civile. Le cose che ha fatto Monti le avrebbe potute fare qualsiasi governo, alcune addirittura erano state già fatte – vedi la riforma delle pensioni fatta da Maroni e cancellata da Prodi –, ma l’opposizione non glielo avrebbe mai concesso, non per convinta negatività dell’iniziativa ma per strumentalità politica. E’ il modo di intendere la democrazia, più in generale la politica, che non va in questo paese. Una mentalità deleteria, nefasta, che porta tutti a dare in testa al leader, per indebolirlo, delegittimarlo, sconfiggerlo, eliminarlo. Lo si vede all’interno dei partiti. Nel Pd, un leader votato come Bersani, che, per statuto, dovrebbe essere il naturale candidato premier, è contestato fin dal giorno dopo ed oggi il centrosinistra, che avrebbe bisogno di compattezza, forza, solidità, per garantire un governo che governi, invece è diviso, incerto, sbandato; rischia nuove spaccature. Contro simile mentalità né Monti né Napolitano dicono niente. E mica son fessi! L’uno è figlio e l’altro padre di ciò che quella mentalità ha prodotto: il governo Monti, appunto!  
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Mercoledì, 12 settembre: la Consulta tedesca si è pronunciata in favore del fondo salva-stati. Grida di giubilo per la vittoria. Ma è veramente una vittoria? Evidentemente no, perché se è vero che il principio non poteva non essere riconosciuto è vero anche che la Consulta ha posto una condizione: il contributo della Germania non può superare 190 miliardi di Euro e qualsiasi aumento dovrà passare dal Parlamento. C’è inoltre che i giudici della Consulta dovranno pronunciarsi sul piano Draghi per la Bce di acquistare titoli dai paesi in difficoltà in maniera illimitata. Questo piano, secondo un eurodeputato tedesco, avrebbe cambiato il quadro dei rapporti tra gli stati membri dell’Europa e la Bce. La Germania, a questo punto, potrebbe anche rivedere il suo rapporto con la Banca centrale europea. Sta di fatto che la notizia dell’approvazione del fondo ha fatto volare le borse e ridotto lo spread a poco più di 360 punti. Draghi, non Monti, oggi è il vero difensore dell’Euro e dei paesi in difficoltà, Italia compresa.
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Monti, intanto, torna sullo Statuto dei Lavoratori ed irrita i sindacati. Ha detto che la colpa per come oggi si trovano i lavoratori è anche dello Statuto e dei sindacalisti che per anni hanno preteso di farlo applicare in maniera eccessivamente anti-azienda. Questo il succo della sua accusa, a cui prontamente hanno risposto i leader sindacali. Il ruolo di castigamatti va sempre più ritagliandosi sull’uomo della Bocconi e della Commissione europea. Non è che a volte non dica la verità o il giusto, a seconda del rapporto che ognuno ha con queste categorie, ma sbaglia quando insiste su alcuni target e non ne vede altri. Questa mania di far grandeggiare se stesso sminuendo gli altri è tipica del professore. La crisi che ha investito il mondo non è colpa né dello Statuto dei lavoratori né dei sindacati, è la risultante di molti fattori nazionali e internazionali, soprattutto internazionali. I nazionali sono riconducibili alla mancanza di una classe dirigente, non solo politica, adeguata, che si è persa dietro piccinerie, ruberie varie e favorerie diffuse da becero populismo (tangenterie, favorerie, pensioni di invalidità regalate, stipendi altrettanto regalati, spese inutili e via sperperando il denaro pubblico). Quelle internazionali sono riconducibili all’irruzione selvaggia e sregolata sui mercati di bestie da giungla come Cina, India, Coree, e via orientaleggiando). In altre epoca – è mia convinzione e la ribadisco – si sarebbe già fatto ricorso da un pezzo ad una guerra, che oggi è assolutamente improponibile. Dalla crisi certamente usciremo, ma solo dopo che avremo saputo prendere le misure per una situazione, alla quale non eravamo preparati. E qui le colpe vanno anche alle classi dirigenti di tanti altri paesi del cosiddetto Occidente, Usa compresi.
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E a proposito di mentalità dei politici italiani! Michele Ainis, uno dei più brillanti e acuti politologi oggi in Italia, ha scritto sul “Corriere della Sera” di venerdì, 14 settembre, La lunga notte di una riforma, che va a finire che anche la riforma elettorale la deve fare il governo tecnico di Monti. Gli si può dare torto? Nient’affatto. Grazie, Professore, per averci dato un esempio lampante di come si è finiti in Italia nelle mani di Monti. I politici non vogliono imparare la lezione e continuano a dimostrarsi incapaci di svolgere il proprio compito. Sulla legge elettorale continuano a scannarsi ogni giorno, finché Napolitano non perde la pazienza e trova un escamotage giuridico per dare a Monti il compito di farla. Allora, come tanti debosciati suonati, i politici daranno la loro approvazione non alla legge, che probabilmente non condivideranno, come non hanno condiviso tante altre cose pur approvandole, ma al governo con un voto di fiducia. Ecco la prova che Monti finirà per succedere a se stesso, a dispetto di politica e democrazia, vilipese e svuotate di ogni contenuto.

domenica 9 settembre 2012

Monti, suggestione o eversione?



Lo ha ricordato Paolo Cirino Pomicino, già Ministro del Bilancio nel VI Governo Andreotti (1989-92), nella trasmissione In onda di lunedì, 3 settembre, su “La 7”. Guido Carli, Presidente di Confindustria, Governatore della Banca d’Italia e Ministro del Tesoro negli ultimi due governi Andreotti, diceva che i governi tecnici sono una suggestione o un’eversione. Detta da Guido Carli e ripetuta da Cirino Pomicino, due uomini doc della prima repubblica, ha un significato ben più importante delle esangui critiche che vengono rivolte al governo Monti dagli uomini della seconda moribonda repubblica. I quali dicono di essere a favore, ma vanno verso la sua liquidazione.
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Ci risiamo! Monti torna a vedere l’uscita dalla crisi. “La ripresa è dentro di noi” ha detto in un’intervista rilasciata il 5 settembre a “Telenorba” in occasione dell’inaugurazione della Fiera del Levante; “non si vede nei numeri – ha precisato – ma c’è”. E’ proverbiale che se una cosa c’è ma non si vede altro non è che un trucco. E la verità è che Monti gioca a burlarsi del popolo italiano, facendogli capire un giorno che ormai siamo per uscire dalla crisi e quello successivo che siamo in guerra. Lo scrittore Edoardo Nesi, commentando l’ottimismo di Monti, ha detto che “la ripresa sta dentro di lui, non dentro di noi”. Il che conferma, a voler essere buoni, il pensiero di Carli: Monti oscilla tra la suggestione e l’eversione, ossia fra l’inganno di una positività che non c’è (suggestione) e la negatività usata come ricatto (eversione).
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Monti davvero come “Rai Storia”, che ripropone a distanza di qualche settimana, stessi servizi e stessi filmati. Ha detto, parlando all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole agli eurodeputati del Ppe (Partito popolare europeo), alla presenza del Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, che l’euro invece di aggregare l’Europa rischia di disgregarla a causa dei partiti e dei parlamenti. L’accusa, ancora una volta, è indirizzata alla politica, perché è di tutta evidenza che i partiti e i parlamenti sono espressioni politiche. Che cosa vorrebbe Monti, che si sciogliessero i partiti e si chiudessero i parlamenti? Non sarebbe un’idea del tutto negativa in presenza di una caricatura di partiti e di una finzione di parlamenti. Ma – come si dice? – anche l’occhio vuole la sua parte: partiti e parlamenti, sotto la dittatura dell’euro, non servono a niente, ma è importante che ci siano, che si facciano almeno vedere. Sarebbe davvero pericoloso eliminarli anche formalmente. Allora non sarebbero più partiti e parlamenti a minacciare l’euro, ma i popoli. Con la differenza che i popoli non minacciano, agiscono!
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Ora ci vogliono far credere che l’assistenza sanitaria con la creazione dei poliambulatori in funzione 24 ore su 24 sia migliore di quella finora offertaci, che come ognuno ha potuto constatare e constata è un’assistenza da cani. Salvo che uno non abbia soldi e per farsi le analisi ed ogni altra indagine diagnostica in strutture private, non provveda di suo. Dico io, come si può pensare di migliorare un servizio quando la preoccupazione è di renderlo meno costoso? Non si è sempre detto che come spendi mangi? Non vale evidentemente per l’assistenza sanitaria, che, portata alla sua fase estrema e conclusiva, fa risparmiare all’ente pubblico ogni costo, in morte sopraggiunta dell’assistito. Altro che eutanasia! Andiamo al concreto. In alcuni paesi, e fra questi Taurisano, paese in cui vivo, già c’è una forma di poliambulatorio, che non è aperto 24 ore su 24, ma in orario stabilito. Nelle ore di apertura il cittadino che ha bisogno trova sempre un medico, che a volte non è il suo, oppure per una ricetta trova delle impiegate, che peraltro non hanno nessun titolo. Pare questa forma di assistenza migliore di quella di prima, di quando i vari medici erano distribuiti in vari punti del paese, ognuno col suo ambulatorio? Uno degli aspetti più delicati per un cittadino che abbia bisogno di assistenza sanitaria è la privacy. Mi spiega il ministro della salute che tipo di privacy garantisce il suo poliambulatorio 24 ore su 24, che per essere raggiunto c’è chi fa anche due-tre Km., coi medici che a turno se ne vanno per cazzi loro, lasciando un collega a far fronte a decine e decine di pazienti chiusi in una sala d’attesa di pochi metri quadrati? E se un cittadino non vuol far sapere i fatti suoi ad un medico chicchessia – e dico chicche ssia, come ripeteva Totò – a chi si deve rivolgere? Misteri d’Italia!
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L’attesa conferenza stampa di Mario Draghi, Presidente della Bce (Banca centrale europea), dopo il Board di giovedì, 6 settembre, con la comunicazione che la sua linea sull’acquisto illimitato dei titoli di Stato dei vari membri della Comunità era passata col solo voto contrario della tedesca Bundesbank, ha fatto volare le borse e abbassare lo spread. Una bella vittoria contro gli speculatori finanziari. La cancelliera Merkel si è smarcata dal suo connazionale Presidente della Bundesbank e ha dichiarato che la Bce ha operato entro i limiti del suo mandato. Ha esultato Mario Monti! Anche Napolitano in mattinata da Venezia, dove era andato a visitare la Biennale di Architettura e il Festival del Cinema, aveva espresso fiducia in Draghi. Ma, attenzione, succede sempre così. Per chi festeggia, qualcun altro brontola. Che la Merkel si sia affrettata a dirsi d’accordo con Draghi non significa che il problema non si pone. L’Europa rischia parecchio su questo. Intanto sulla questione deve ancora esprimersi la Consulta tedesca; ma se pure la linea Draghi dovesse passare e diventare operativa, i controlli da parte degli ispettori europei sui paesi “aiutati” dagli acquisti dei loro titoli sarebbero più serrati e fiscali. Non è un bel segnale quando certe decisioni vengono prese a maggioranza. Si dirà: ma in fondo la Bundesbank è sola. Sissignori, ma la Bundesbank non è la Banca del Lussemburgo! E i tedeschi, anche quando sono soli, sono già troppi.  
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“Breve e strano” così Monti ha definito il suo governo davanti alla platea del Petruzzelli a Bari all’inaugurazione della 76ª Fiera del Levante. Come al solito si è autoincensato ed ha incensato i suoi “pochi” ministri. Ha detto proprio “pochi”. Ha tenuto ad insistere sui provvedimenti radicali del suo governo, provvedimenti che, non essendo stati fatti negli anni passati e dunque nel corso degli anni, ha dovuto farli lui in pochissimo tempo. Ma, quando ha citato questi provvedimenti, non è mancata la delusione e diciamo pure la stizza contenuta dei presenti. Sentite, sentite: cambio di mentalità del Sud. A suo dire, lui ha fatto il provvedimento radicale di cambiare la mentalità del Sud. Ma si può dire una minchiata simile? Si può cambiare la mentalità di un popolo per decreto, per legge, non so… Come si sarebbe tradotto il provvedimento? Ma Monti non è fesso, sa quel che dice; sa, per esempio, che la mentalità del Sud o del Nord, non si può cambiare. E allora ha già la pezza a colore, se gli effetti del suo governo saranno modesti o non saranno, la colpa non è sua, è del Sud che non è capace di cambiare mentalità. Ogni tanto le telecamere riprendevano il pubblico di parlamentari, sindaci, amministratori, militari, imprenditori. Militari a parte, che sanno controllarsi, gli altri chiacchieravano fra di loro, telefonavano, ridevano, alcuni addirittura sbadigliavano. Sparagnini gli applausi. Diciamo che gli è andata bene!

domenica 2 settembre 2012

Monti, che la Madonna lo accompagni!



La benzina ha superato i due euro al litro. In nessun paese d’Europa è così cara e corre tanto, il costo intendo. Il prezzo della benzina è strategico, con lei inevitabilmente aumenta tutto, s’impenna il costo della vita. I cittadini si vedono ridurre le magre entrate da salari, stipendi e pensioni – chi ce l’ha! – mentre tutto aumenta. Ma quelli del governo non sembrano preoccuparsene, come se la cosa non riguardasse i loro obiettivi, che sono di tranquillizzare i mercati e l’Europa. Monti qualche mese fa chiamò Enrico Bondi, l’esperto di fallimenti e tagli alla spesa, e gli affidò l’incarico della cosiddetta spending review. Mi raccomando: tosa gli italiani come si deve, ma non dire che lo fai per necessità, piuttosto per il loro bene. Ma ancora una volta a pagare i costi dell’operazione sono i cittadini. Essi, per esempio, dovrebbero accontentarsi di una sanità da pidocchiosi; se volessero la sanità di cui godevano fino a qualche mese fa dovrebbero pagarsela di tasca propria. Si vorrebbe eliminare il medico di base dopo aver eliminato il nome della medicina; sarebbe da regime sovietico: il cittadino non avrebbe più un medico ed un farmaco di fiducia; non essere comunista non sarebbe più una scelta ma un lusso. Chi non avesse possibilità economiche diventerebbe di fatto comunista. Il malato non potrebbe più pensare al suo medico, che non ci sarebbe più, ma dovrebbe affidarsi al kolchoz sanitario. Ma a me quel medico che mi vedo arrivare al capezzale non piace, ho avuto qualche problema con lui; finisce che peggioro.
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Il governo parla di crescita, ma i ministri come tanti ubriachi dicono una cosa la sera e la smentiscono la mattina. Monti ha iniziato la settimana 27 agosto – 1 settembre andando a trovare prima il Presidente Napolitano e poi il Papa Benedetto XVI. Superfluo chiedersi con chi dei due si è confessato. Probabilmente Monti e Napolitano si saranno accordati su che cosa chiedere prima a Ratzinger e poi alla Merkel. La diarchia Monti-Napolitano è decisamente tesa all’abbattimento del debito pubblico. Lo ha confermato Monti, ma per questo non bastano le restrizioni attraverso le tasse e la spending review, occorrono almeno due leggi nell’immediato: quella sulla corruzione e quella elettorale. Sull’una e sull’altra si chiacchiera come a Bisanzio. I partiti o quel che resta di essi si scannano ogni giorno in una rissa incredibile, in cui chi più grida e insulta ha ragione. Sono tutti fascisti e antifascisti. Una grottesca riproposizione della guerra civile si combatte ogni giorno con trasversalità ovvero interscambialità di ruoli. Bersani si offende se Grillo dice che li seppellirà vivi; e invece dovrebbe essere contento che almeno li considera vivi, mentre Di Pietro, non più tardi di qualche mese fa suo alleato, li considera zombie, morti che camminano. Apparentemente la materia del contendere è se nella riforma elettorale si deve reintrodurre il voto di preferenza (PdL) o il collegio uninominale (Pd), in realtà non sanno essi stessi che fare, dove andare e con chi andare. Il ritorno di Berlusconi blocca qualsiasi ipotesi di accordo sulla legge anticorruzione, che, se fatta, potrebbe incoraggiare gli stranieri ad investire in Italia. Così, almeno, si spera.
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Appare sempre più chiaro che l’élite politica del paese si sta allontanando sempre più dalla classe politica e dai luoghi della politica. Quel che fa Napolitano e Monti è una cosa, quello che fanno Alfano, Bersani, Casini, Vendola e Di Pietro è un’altra. Fra l’una e l’altra non c’è passaggio, non c’è incontro, non c’è comunicazione. Monti non sembra minimamente preoccuparsi degli accordi o dei disaccordi dei politici. Più i partiti litigano e più si consolida la centralità sua nel sistema ormai pseudodemocratico italiano. Il centrodestra non ha più un leader e neppure una coalizione. Berlusconi sembrava avesse saggiamente mollato, e invece è sconsideratamente ritornato. Non c’è più la Lega, non c’è più la leadership attendibile degli alleati dell’ex An. E mentre nel PdL c’è chi spera in una Italienische grosse Koalition La Russa ed ex camerati preferiscono una Italienische kleine Opposition, che significa spaccatura nel centrodestra con la rifondazione di An o del Msi. Nel centrosinistra è peggio. Bersani, che dovrebbe essere, per statuto, il capo della coalizione, è continuamente contestato. Renzi da una parte e Vendola dall’altra minacciano candidature alle primarie. L’alleanza con Vendola nell’immediato preelettorale e con Casini nel mediato postelettorale sconcerta l’universo della sinistra e del centrosinistra. Se le cose continuano così gli italiani o s’incazzano di brutto – la prospettiva non ci piace ma la preferiamo – o vanno nei santuari mariani perché la Madonna ci conservi a lungo Mario Monti.
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Gli italiani intanto rubano di tutto per mangiare. Tombini di ghisa, oggetti funebri di ottone, fili di rame. Strade, cimiteri, ferrovie, centrali elettriche sono obiettivi sensibili. I ladri rischiano di rimanere fulminati, ma chi sta morendo di fame corre lo stesso il rischio. A Taranto gli operai dell’Ilva tra il lavoro inquinante e la disoccupazione all’aria pulita scelgono il lavoro; nella miniera di Carbosulcis in Sardegna i minatori tra il lavoro inquinante e la disoccupazione all’aria aperta scelgono il lavoro. Hanno occupato la miniera a 400 metri di profondità. Monti e i suoi ministri non sanno che dire, sono estranei a qualsiasi soluzione, non si pongono neppure il problema. Corrono tutti in soccorso di Napolitano, che, con la questione della trattativa Stato-mafia sta vivendo un brutto imbarazzante momento. Mai visto tanta gente correre in aiuto del Presidente della Repubblica: Monti, la Cancellieri, la Severino, i capi del Pdl, del Pd, dell’Udc. Ma chi ricatta Napolitano, chi lo vuole mettere nei guai? Possibile che siano solo i quattro giornalisti del “Fatto quotidiano” e qualche coraggiosissimo intellettuale, tipo Zagrebelsky e Floris d’Arcais? La verità è che chi strepita per Napolitano come le oche del Campidoglio è un bugiardo, un fottuto mentitore. E Napolitano fa male a chiamare in soccorso gli italiani che amano la democrazia. E chi è di parere diverso dal suo, non la ama? Le cose incominciano ad inacidirsi.
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Questa poi! Monti ha scritto sul “Corriere della Sera” del 1° settembre, un necrologio del Cardinale Carlo Maria Martini, già Arcivescovo di Milano, morto venerdì, 31 agosto. A leggerlo pensi che Monti sia stato il suo confidente privilegiato. Che si vedessero tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera, come l’assunzione di una medicina. Ma quando mai? Evidente che millanta. “Serberò per sempre la memoria, l’impronta e l’emozione degli incontri con il cardinale Martini, delle conversazioni con lui sull’educazione dei giovani, sui difficili momenti più volte vissuti dall’Italia negli ultimi trent’anni, sui ruoli della società civile e della comunità politica, sul valore dell’Europa unita, sull’impegno incessante necessario per avanzare verso quell’obiettivo, sulla forza d’animo che occorre per riprendersi dopo le inevitabili battute d’arresto. Poche persone, desidero riconoscerlo in questo momento, hanno influenzato i miei orientamenti e le mie scelte come Carlo Maria Martini”. Francamente lo facevo più serio, Monti. Si è intruppato tra la moltitudine di quelli che quando muore una persona importante ricordano aneddoti, fatti e frequentazioni a volte esagerati a volte inventati. I morti non smentiscono.