domenica 29 gennaio 2012

Monti e il difetto della democrazia

Il governo Monti riceve i complimenti dei vertici europei, di Obama e del Financial Times. Dice il giornale inglese: Monti si carica sulle spalle l’Europa. I suoi provvedimenti sono giusti ed efficaci. Ma il Paese Italia è in subbuglio. Le affermazioni obligées, come quelle che si fanno nel mondo politico e diplomatico, valgono quel che valgono, ossia niente. E lo dimostrano gli scioperi e le manifestazioni che hanno caratterizzato i dieci giorni 19-29 gennaio, col morto di Asti di martedì, 24: un autotrasportatore manifestante travolto da un tir che non voleva fermarsi al blocco, arresti e denunce. Lo sciopero dei trasporti ha messo in ginocchio il paese. Lo stato di agitazione a tutt’oggi – domenica, 29 gennaio – non è ancora cessato. Questo e non le parole dei politici e dei diplomatici conta.
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Giuliano Ferrara, nei suoi cinque minuti di “Radio Londra” di lunedì, 23 gennaio, si meraviglia – ma la meraviglia probabilmente è retorica – che gli italiani, che hanno digerito la riforma delle pensioni, con allungamenti di lavoro di anni, ora mettono sottosopra il paese, per molto meno. Molto meno? Ferrara si sbaglia. Finché si è trattato di dover lavorare qualche anno in più, ci sono stati bofonchi, ma ora che si tratta del pane si passa ai “forconi”. Dalle parti nostre si diceva che “scoppia la guerra canina / quando manca l’olio e la farina”. Gli italiani si trovano oggi in queste condizioni. Monti ha fatto i conti. Gli dicono bravo gli europei e gli americani. Ma l’oste con cui doveva fare i conti era il popolo italiano. E questo non ci sta.
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Intanto continuano i mielisti della grande stampa carta-video nostrana ad incensare Monti e chi lo sostiene. Pierluigi Battista riconosce che Berlusconi rispondendo no a Bossi, che vorrebbe far cadere il governo Monti, ha fatto una scelta importante e giusta e così conclude il suo fondo sul “Corriere della Sera” di venerdì, 27, “Le spine e la spina”: «Gli avversari di Berlusconi dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo. Potrebbero seguire l’esempio dello stesso Monti: che infatti si rifiuta di liquidare sprezzantemente l’esperienza del governo che l’ha preceduto». Si dice che le parole di più sono del maligno. Battista ne ha usata una, vistosamente di più, l’avverbio “sprezzantemente”. Non si capisce perché Monti, che ha bisogno dell’appoggio di Berlusconi, dovrebbe “liquidare sprezzantemente” la di lui esperienza governativa. Battista tradisce il suo precedente antiberlusconismo, quando, di concerto con tutto il Corsera, dava addosso a Berlusconi. Ora la musica è cambiata. Non una “mezza cartuccia”, come l’ha chiamato Bossi, è Berlusconi, ma uno “statista intero”. In summa Berlusconi, con Monti al governo, si sta riabilitando agli occhi di un potente soggetto “di pressione” come il Corsera. E questo fa piacere per l’uomo, ma preoccupa per il partito e lo schieramento di centro-destra, che si ritroverebbe con lui punto e daccapo.
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Il Paese è sempre più un Dr. Jekyll e un Mr. Hyde. Se per un verso si ribella ai provvedimenti del governo Monti – in fondo i calci in bocca li prendono i cittadini – per un altro cresce il consenso dell’opinione pubblica, creata e veicolata dalla stampa. Giuliano Ferrara (“Radio Londra” di venerdì, 27 gennaio) riconosce che qualcosa di buono i Professori la stanno facendo; non dice più ironicamente il Preside per indicare Monti, ne parla con rispetto. Io credo che la cura Monti, se effetti avrà, li avrà fra qualche tempo. Ora vedo solo molta propaganda. Onestamente non capisco quali benefici in termini di sviluppo e di crescita avrà il Paese dalle cosiddette esemplificazioni: certificazioni on line, compresi esami all’Università; diffusione in Rete dei dati in possesso delle amministrazioni; iter più snelli per creare imprese; controllo elettronico della documentazione per concorrere agli appalti pubblici; panifici aperti anche di domenica. Una gran quantità di cose di normalissima amministrazione, che, a tutt’oggi, nonostante l’adozione dei computer in tutte le amministrazioni, non erano state fatte. Sì, ma non vedo il nesso con la crescita. Vedo piuttosto che in Italia per diventare eroe è sufficiente compiere il proprio dovere e che una normalissima azione diventa un’impresa epica. Certo, se la morte di un pensionato è trasmessa subito a tutti gli uffici competenti – come si dovrebbe normalmente fare – non ci saranno più parenti dello scomparso a percepire la pensione indebitamente per anni. Ma questo può giustificare l’ottimismo di quanti credono che ora le cose funzioneranno meglio? Non sono gli stessi uomini di prima? Quanto ai panifici in produzione anche la domenica, non so quali e quanti posti di lavoro potrebbero venir fuori, a parte la comodità di poter comprare il pane fresco anche di festa. Mi viene d’immaginarmi davanti ad una farmacia e ad un panificio ed ho bisogno di medicine e di pane, vedo aperti l’una e l’altro, stanno entrambi in attesa che io entri, ma – ahimè! – non ho i soldi. Ecco, il punto sono i soldi!
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Monti agita il Paese prima dell’uso, come si fa con la schiuma da barba. Basta per superare la crisi? Tutti ci auguriamo di sì, ma gli auguri non sono ragionamenti e calcoli. Intanto monta sempre di più l’antipolitica. Chi ha sempre avuto riserve per la democrazia dovrebbe essere contento che finalmente è chiaro a tutti che un governo “tecnico”, senza opposizione e col favore della stampa, si propone come migliore dei governi “politici”. E tuttavia c’è poco da essere contenti, primo perché potrebbe riemergere la vocazione alla mandria che hanno gli italiani; secondo, perché un governo del genere non è la fisiologia, ma la patologia del Paese. Gli atteggiamenti autoritari assunti dal governo in occasione delle manifestazioni e dei disordini degli ultimi dieci giorni confermano che la democrazia in Italia è cosa “aliena”. Ve l’immaginate le reazioni dei partiti di opposizione e dei sindacati in presenza di un governo che allerta i prefetti per ripristinare l’ordine? Succederebbe l’ira di Dio. Con Monti al governo, non è successo niente. Contro Berlusconi – lo abbiamo registrato per anni – quotidiane condanne dell’opposizione politica, della stampa, del mondo dello spettacolo, della magistratura, dei sindacati, della Confindustria, della Chiesa. Oggi il Paese legale è come anestetizzato. Ma dopo l’anestesia – si sa – vengono i dolori!
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Perfino sul fronte delle carceri assistiamo ad un’inedita edizione del Nabucco, ad una specie di coro nazionale. Tutti dicono che ci sono troppi carcerati nelle carceri, che la loro condizione è disumana, che lo Stato italiano non fa una bella figura e che perciò bisogna aprire le carceri e lasciare liberi i condannati. Nessuno fa un ragionamento più semplice: i carcerati stanno stretti? Bene, si aumenti il numero delle carceri. Invece si dice: si riduca il numero dei carcerati, come se si trattasse di persone recluse senza motivo. Nessuno obietta. Non il centrodestra, da sempre sensibile al problema dell’ordine pubblico; non il centrosinistra, che per cultura è vicino al mondo che soffre ma che aspira a sfatare che l’ordine sia esclusivo della destra. Perciò: tutti a casa. Ma per quanto? Chi esce dal carcere non ha un lavoro, spesso non ha una casa, non sa come vivere. Per lui, stare fuori dal carcere è un problema come lo stare dentro per altri aspetti. Perciò, per potervi rientrare, deve delinquere. Così fa, e tempo un paio d’anni e di nuovo le carceri sono strapiene! E’ già accaduto. Non mi pare che un Paese del genere – Monti o non Monti, Berlusconi o non Berlusconi – sia rimediabile. Ma anche qui fa riflettere il fatto che Monti può fare quel che un altro non potrebbe. La ragione è che mentre nessuno ha oggi interesse ad opporsi a Monti; contro un politico si forma sempre un concerto di soggetti, a volte anche interni, che si scatena per trarre un qualche vantaggio elettorale. In Italia non si fa neppure la cosa più scontata e normale a causa della strumentalizzazione politica. C’è un difetto di democrazia; c’è che la democrazia, in Italia, è di per sé un difetto.
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Una prova dell’incredibile democrazia italiana? Politici o tecnici che siano, parlano sempre come se altri fossero responsabili delle paradossali condizioni in cui versiamo. Giorgio Napolitano dice: il posto di lavoro non deve essere un privilegio. A chi lo dice? Il Ministro della Giustizia Paola Severino dice: il grado di civiltà di una nazione si vede in come sono trattati i reclusi. A chi lo dice? Il Ministro della Salute Renato Balduzzi dice: gli ospedali psichiatrici giudiziari, ex manicomi criminali, sono una vergogna. A chi lo dice? Il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti dice: in Italia non possiamo permetterci tre gradi di giudizio per ogni lite. A chi lo dice? Mi ricordo di Sandro Pertini, che, incazzato come una bestia, chiese dov’erano i soccorsi ai terremotati in Irpinia nel novembre del 1980. Allora caddero il Prefetto di Avellino e il Ministro dell’Interno Virginio Rognoni. La democrazia italiana per parlare parla, continua a parlare; ma a chi?

domenica 22 gennaio 2012

Monti, tra Default e De Falchi

Venerdì, 20 gennaio, è stata una giornata particolarmente faticosa per il governo Monti: il giorno delle liberalizzazioni. Le cronache parlano di un Consiglio dei Ministri durato diverse ore. Poi, come ormai è consuetudine, il governo si è presentato per la conferenza stampa e di lì il capo del governo Mario Monti è andato in televisione, a “Otto e mezzo” di Lilly Gruber su “La 7”. Il Professore non vuole scontentare nessuno. Dopo “Porta a Porta” di Bruno Vespa (Rai Uno) e “Che tempo che fa” di Fabio Fazio (Rai Tre), ecco la Gruber. Ha fatto il giro, salvo che non me ne sia sfuggita qualcun’altra. Ha spiegato che con questo decreto – ora nessuno più protesta per i decreti! – ha fatto due cose; la terza, le esemplificazioni, la farà la settimana prossima. Incomincio a pensare che hanno ragione quelli che dicono “tecnici, un cazzo; questo governo è politico!”. Monti ha detto che con le liberalizzazioni ha liberato gli italiani dalle “tasse occulte”, che i più forti facevano pagare ai più deboli. Come trovata, chapeau! Ma far passare l’idea che il luminare della medicina o il principe del foro siano gli esattori delle “tasse occulte” in danno dei medici e degli avvocati più giovani, francamente è cosa truffaldina. Monti sa che non è così. Da che mondo è mondo è libero quel mercato che consente a chi più e meglio fa più e meglio guadagni. Ho l’impressione che il liberalizzatore Monti operi in un altro “mercato”, quello delle chiacchiere.

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Il Day after dei giornali, a parte quelli dell’opposizione (il Giornale, Libero, La Padania) è tutto un trionfo per Monti. Bersani, che se pungi con lo spillo non gli cavi nemmeno una goccia di sangue, tanto è avvilito, ha detto che il suo partito è con Monti “senza se e senza ma”, ma neppure senza tacere le proprie idee. Raglia! Meglio Berlusconi, che realisticamente dice: Monti non sta facendo nulla, ma in assenza di alternative è giusto che continui. Non è vero, però, che Monti non stia facendo nulla. Vediamo. Le liberalizzazioni riguardano alcuni settori molto importanti, i cui esiti verranno a distanza; altre avranno esiti più immediati. Ma, per fare una valutazione complessiva occorre aspettare. L’autorità sui trasporti con la separazione dalla rete della società che offre il servizio, interessa le autostrade e le ferrovie va bene; ma a quando i risultati dell’operazione? Sui taxi pare che il governo abbia davvero “sciallato”, col sottoporre il controllo delle licenze all’autorità dei trasporti e con la facoltà dei sindaci di aumentare il numero delle licenze. Per la separazione tra Eni, che fornisce il gas, e Snam che gestisce la rete distributiva, vale quanto detto per i trasporti. Una mezza patacca per le farmacie: cinquemila in più non sembra una grande cosa, ma l’abbassamento a tremila abitanti per l’istituzione di una farmacia può essere importante; magari con l’obbligo di dotarle tutte di personale regolarmente qualificato e assunto con l’art. 18 in pugno. Per i professionisti, non sembra gran cosa l’abbreviazione del periodo del tirocinio: sei mesi all’università e dodici in uno studio; più che l’abolizione delle tariffe minime e massime è il preventivo il vero inghippo. Non si può ridurre una prestazione professionale di un avvocato o di un ingegnere ad un muro da intonacare. Su assicurazioni e banche la giungla è completa. Fumo negli occhi sembrano le società semplificate. 500 notai in più, poi, sembra proprio una pidocchiata. Sui carburanti si vedrà! La liberalizzazione del prezzo istituita qualche anno fa doveva abbassarne il costo, vediamo tutti come è andata a finire. Altro che Beauty contest! Sulle frequenze televisive c’è stato un no contest, per ora!
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Impressioni, viziate anche da pregiudizio e pessimismo. Lo dico con onestà. Conosco gli italiani e già da domani scatteranno i sotterfugi, gli aggiustamenti, i raggiri per depotenziare le “bombe” di Monti. Il fatto più curioso è che in Italia spesso si fa passare per rivoluzione una cosa normalissima, come per eroe uno che ha semplicemente fatto il suo dovere. Si può chiamare rivoluzione l’abbassamento del numero di abitanti per concedere una farmacia ai comuni? Si può chiamare rivoluzione un aumento del numero dei notai di cinquecento unità in un paese in cui ci sono più laureati in giurisprudenza di tutta l’Europa messa assieme? E’ rivoluzione stabilire i tempi dei concorsi o della verifica della pianta organica di una professione? Ebbene, in Italia sì. E forse in questa incapacità di gestire la normalità che sta il male dell’Italia.
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Penso, per esempio, alla tragedia della “Costa Concordia” e mi faccio qualche domanda. La prima, lo sapevano o non lo sapevano le autorità della compagnia e quelle portuali che le navi da crociera erano aduse a fare il cosiddetto inchino sfiorando quasi la costa, quando per regolamento dovevano passare almeno ad una distanza di cinque miglia? Seconda, e se lo sapevano perché non lo hanno impedito con richiami e ammonizioni? La terza, hanno mai fatto su quella nave una simulazione di naufragio per constatare l’efficacia degli ordini e dei mezzi, l’organizzazione degli uomini e la funzionalità delle cose? Ecco, se da ora in poi su queste navi si faranno le cose normalissime che ho poc’anzi detto, sarebbe una rivoluzione. Ma, allora, capisco Monti che considera rivoluzioni le sue liberalizzazioni-banalità. Quel che non capisco è come facciano gli stranieri a considerarle tali, a meno che per un certo bon ton non fanno buon viso a cattivo gioco non potendo fare sempre buon…riso, come nella storica circostanza di Sarkozy-Merkel.
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L’Italia oscilla sempre tra normalità tradita e rivoluzione mancata, tra un Default (fallimento) e un De Falchi (boria), il comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, quello che ha superato Totò di “uomini o caporali”. Quel suo urlare tutto il suo potere ad un povero Schettino, il comandante della “Costa Concordia”, annichilito per quanto era accaduto alla sua nave, dà l’esatta idea dell’italiano medio. Chissà quanti avrebbero voluto essere loro i De Falchi e urlare: “qui comando io, vada a bordo, cazzo!” e alternare “cazzo” con “Cristo”. Purtroppo non c’è De Falchi che tenga ai Default accaduti e urlare in maniera tronfia e volgare, a petto gonfio come una rana fedriana, è masturbazione freudiana. Chissà perché mi viene di associare Monti a Schettino e deputati e senatori a De Falchi. Chissà! Spero che Monti non faccia la fine di Schettino; ma – ahimè! – i politici la figura di De Falchi non smettono di farla mai.

domenica 15 gennaio 2012

Monti, il "Corsera" e un...Malincomico risveglio

A conferma del gran lavoro degli spianatori della strada su cui viaggia Mario Monti il “Corriere della Sera” apre il suo numero di lunedì, 9 gennaio, con un editoriale di Ernesto Galli della Loggia, dal titolo che vale più del contenuto: «Svolta necessaria. Nostalgie inutili», con l’occhiello «Modi del governo e ruolo dei partiti». Si sa che i titoli non li mettono gli autori e che spesso i titolisti enfatizzano i contenuti, quando addirittura non li stravolgono. Non è il caso del Corsera. Ma chi ha seguito i precedenti editoriali di Galli della Loggia sul tema non può non accorgersi che questo ha tutta l’aria di una committenza e che a farla non può essere stato che il direttore Ferruccio de Bortoli, il burgravio di uno dei poteri più forti d’Italia. Galli della Loggia, che evidentemente deve guadagnare bei soldini coi suoi articoli, nei suoi precedenti interventi sull’operazione Napolitano-Monti, pur con molto tatto e rispetto nei confronti del Presidente della Repubblica, non ha mancato di sottolineare come il governo Monti non trova “costituzionalità”, quanto meno formale, anche se, a rigore, non è incostituzionale. Ora ci dice che questo governo dovrebbe “prender sul serio «l’emergenza» - cioè la [sua] vera ragion d’essere e la vera legittimazione – per farne uno strumento di rinnovamento dell’azione e quindi dell’immagine dell’esecutivo”. Fin qui nihil novi, ma continua: “Se Monti riuscisse in tutto ciò, egli segnerebbe un punto di non ritorno. La maggioranza dell’opinione pubblica, infatti, non sarebbe più disposta a ripiombare nel passato, a essere governata come è stata governata fino al novembre dell’anno scorso. Non sarebbe più disposta, in particolare, a sopportare governi di coalizione: governi fisiologicamente divisi sulle cose da fare, lottizzati in feudi partitici, intimiditi dai sindacati e dalle lobby di ogni genere, vittime sempre di veti incrociati. Come per l’appunto sono stati più o meno tutti i governi della seconda Repubblica (ma anche la prima non scherzava). Non sarebbe più disposta, infine, a essere governata da un personale politico da decenni inamovibile, logorato, popolato di mezze calzette”. E qui, invece, siamo proprio nel delirio. Un altro sforzo e Galli della Loggia sarebbe arrivato alla buonanima di Benito Mussolini o a qualche suo emulo.
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Da quanto dice Galli della Loggia, infatti, in Italia bisognerebbe, sulla scia del governo Monti, trasformare un governo tecnico d’emergenza in un governo politico di normalità democratica. “Con Mario Monti – conclude – gli italiani hanno già in qualche modo iniziato a prendere confidenza con una leadership di tipo nuovo, democratica ma forte, che mira diritto allo scopo. Un’analoga indicazione, verso lo stesso tipo di leadership, viene da tempo dall’azione innovativa e dalla figura popolarissima del presidente Napolitano”. Insomma Galli della Loggia ipotizza la trasformazione del popolo italiano in una sorta di soggetto politico napolitanizzato, quale un dittatore solo potrebbe invocare e desiderare «Ein Volk, ein Reich, ein Führer». Sarebbe bello che Sartori, che a lui si alterna sulle colonne del “Corriere della Sera”, dicesse quel che davvero pensa di simili stravaganze. Dimentica un particolare Galli della Loggia, che il “grazioso” silenzio di chi dovrebbe parlare, fin qui osservato, la calcolata accondiscendenza dei più grossi partiti politici, gli editoriali su committenza, i massicci imbonimenti dei media, non sono eternabili, sono anch’essi “necessità” dell’emergenza. Se così non fosse, infatti, saremmo avviati verso una dittatura, accettata, come tutte le dittature agli inizi, come la soluzione attesa di tutti i mali. Ma che cazzo dice Galli della Loggia? Dove stanno i ministri fulmini di guerra del governo Monti, se si tratta di quattro stagionati funzionari di ministeri, furbi banchieri e vecchi cattedratici, che per età superano di gran lunga i ministri del governo Berlusconi? E come fa a definire un personale politico, sia di maggioranza che di opposizione, “da decenni inamovibile, logorato, popolato di mezze calzette”? Ma si rende conto il professore che in questi ultimi vent’anni quel personale politico, di cui lui parla, è cambiato almeno al settanta per cento? O lui è rimasto mentalmente a Giulio Andreotti e a Oscar Luigi Scalfaro? Quanto alle mezze calzette, in Italia – si sa – basta arrivare al successo in qualche settore per diventare ipso facto una mezza calzetta per chi di quel successo è invidioso.
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Purtroppo per i Galli della Loggia a votare saranno i lavoratori che non hanno lavoro o l’hanno perso, i giovani esclusi a vita dalle professioni, i pensionati che fanno la fame, i cittadini in genere che non hanno i soldi per vivere con un minimo di decoro. Questi elettori, sbagliando, secondo me, altrettanto e per altro verso rispetto a Galli della Loggia, identificheranno i loro guai con Mario Monti e i suoi ministri. Poi, sono d’accordo che quel che resta dell’invincibile armata della politica deve riflettere sul da farsi e cercare di correggere certi comportamenti che hanno contribuito a portare gli italiani a questa disgraziatissima situazione.
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Intanto registriamo il primo caduto dell’impresa Monti. E’ il sottosegretario alla presidenza del consiglio Carlo Malinconico, il quale non sapeva che a pagargli nel 2007 il conto di un lussuosissimo albergo all’Argentario era stato l’imprenditore Piscicelli, quello delle grasse risate quando seppe del terremoto de L’Aquila, gongolando alle importanti commesse di ricostruzione. Più che Malinconico il caso è Malincomico! Malinconico come Scaiola, che non sapeva che parte del costo reale del suo appartamento romano con vista sul Colosseo gliel’avevano pagato quelli della cricca. L’uno e l’altro non sapevano! Pensate un po’ in che mani siamo capitati: ministri che comprano case e non sanno chi gliele paga, che mangiano, dormono e sbafano e non sanno chi paga il conto. E poi parliamo di riforme! L’unica vera autentica riforma sarebbe – se mai fosse possibile – un trapianto generalizzato di cervello a tanti figli di puttana, che hanno la faccia tosta di presentarsi come probi e puliti (Malinconico) e all’occorrenza il mal di pancia (Scaiola). Ma pare che si preannunci un effetto domino nel governo; si parla anche di un caso Filippo Patroni Griffi, Ministro per la Pubblica Amministrazione, che avrebbe acquistato una casa dall’Inps dieci volte meno di quello che vale. Non è proprio Scaiola ma neppure San Francesco d’Assisi!
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Al vertice di Berlino con Angela Merkel, mercoledì, 11 gennaio, Monti ha detto testualmente e poi ripetuto in conferenza stampa, a riprova di parole pesate e soppesate: “l’Europa non deve più temere che l’Italia possa essere una fonte di contagio nella crisi dell’Euro”. La dignità dell’Italia è a singhiozzo? Oggi c’è e ieri non c’era? Per me francamente il linguaggio usato da Monti non è da Presidente del Consiglio, ma da presuntuoso studentello, da più bravo della classe, che tiene a dire che i compiti come li ha fatti lui non li ha fatti nessun altro. Insomma, siamo passati da un Berlusconi, che ci faceva un po’ vergognare di certe sue mattane, ad un Monti che ci fa deprimere con le sue mene del più bravo di tutti. Un Presidente del Consiglio non dovrebbe mai dimenticare, specialmente quando rappresenta il suo Paese all’estero, di essere il rappresentante del suo Paese, totalmente inteso, sia in senso spaziale che temporale, come dire del suo passato, del suo presente e del suo futuro.
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Spianatori – si diceva all’inizio – e spianatori sono stati i due verdetti che hanno caratterizzato la settimana politica: la bocciatura del referendum per abrogare il porcellum e la bocciatura della richiesta d’arresto dell’ex sottosegretario di Berlusconi Cosentino. Come al solito Di Pietro non le manda a dire. E’ rozzo e forse anche volgare, come ha detto una nota della Presidenza della Repubblica, ma quasi sempre ha ragione. La Consulta ha dichiarato inammissibili i due quesiti referendari “per fare un piacere a Napolitano”. Piacere o non piacere a Napolitano, di certo i due verdetti sono in funzione del governo Monti, che certamente sarebbe stato squassato dall’accoglimento del referendum o dall’arresto di Cosentino. Non per nulla i saggi nostri avi latini dicevano Quieta non movere.
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A dissestare il cammino al governo Monti ci pensano purtroppo le agenzie di rating, che venerdì, 13 gennaio, hanno retrocesso l’Italia alla serie B, che non è l’iniziale di Berlusconi, da cui l’Italia sembrava essere risalita, ma la posizione finanziaria di chi non garantisce il pagamento dei debiti. Berlusconi, che pure dovrebbe essere egoisticamente contento di dimostrare all’Italia e al mondo che il disastro finanziario del Paese non era colpa sua, salva Monti e dà la colpa ai suoi storici avversari europei Sarkozy e Merkel, che non vogliono creare una Banca a difesa dell’Euro. Sarà che il Signore lo condannerà all’inferno per i bunga-bunga, ma se nel paradiso c’è un patrimonio da amministrare, metterà da parte tutto e lo affiderà a lui, dopo averlo ca…stato, ovvero reso casto. Si capisce!

domenica 8 gennaio 2012

Monti che t'aspetti e Prodi che non t'aspetti

Monti interpreta a meraviglia il ruolo che Napolitano ha ritagliato per lui. Non poteva essere che così. Dal primissimo momento in cui è salito in groppa al cavallo più riottoso che abbia avuto l’Italia dalla seconda guerra mondiale in poi non ha fatto altro che parlare di grandissimi pericoli, di disastri alle porte, di precipizi, di burroni, per aggiungere subito dopo che grazie a lui tutto è stato evitato. Intanto quel disgraziatissimo spread che, imperante Berlusconi, andava su e giù quota cinquecento, col grande strepito mediatico di Annibale alle porte degli antiberlusconiani, con Monti si è stabilizzato ben oltre i cinquecento punti, accettato come cosa normale da non temere nella maniera più assoluta, quasi fosse temperatura di stagione.
Che Monti non fosse quel professore duro e puro che si è voluto accreditare si sospettava. Più volte chiamato da Berlusconi ad entrare nel suo governo e addirittura a presiedere un governo di centrodestra si è rifiutato. Per non portarla alla lunga, Monti è uno di centrosinistra, che sta bene attento a non contaminarsi. Il suo comportamento attuale è in linea col suo essere un professore certamente, ma di centrosinistra. La sua patria è sì l’Italia, ma l’Italia di centrosinistra. Nulla da dire, per carità; uno può essere di dove cazzo vuole. Ma non dica patria e basta, perché non è vero; la sua patria non è quella di chi crede veramente ad una patria senza aggettivazioni politiche. Avrebbe potuto salvare la patria forse meglio presiedendo un governo politico di centrodestra o misto tecnico-politico; ha preferito servire la sua patria di centrosinistra. Qualcosa ne ricaverà!
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Le misure adottate da questo governo – lo dicono tutti , anche gli stessi ministri – renderanno la vita difficile a molti italiani, ad altri la renderanno impossibile. La differenza tra un tecnico ed un politico sta nel fato che il tecnico neppure si accorge che ci sono italiani con grosse difficoltà o nell’impossibilità di vivere, mentre il politico lo sa. La reazione del Paese, dei cittadini che sono senza lavoro, che non hanno da mantenere la famiglia, che non hanno da assicurare un minimo di sopravvivenza ai propri figli, è scontata. E’ accaduto tante volte, per non saperlo. Un vecchio proverbio salentino dice “Scoppia a querra canina / quannu manca l’oju e lla farina”. Siamo molto vicini, atteso che olio e farina potrebbero diventare non metafora di estrema povertà, come si poteva concepire fino agli inizi del Novecento, ma concreta fisica condizione, di non avere il pane ed una croce di olio da metterci sopra. Le minacce, le bombe, le pallottole, le scritte sui muri contro Equitalia sono un’eloquente dichiarazione di guerra. Aumenteranno nel 2012 per un verso i furti, le rapine, i sequestri, le violenze; per un altro si ricorrerà ad ogni forma di azione delittuosa, compresa quella principe della stampa e della diffusione di soldi falsi, e non solo di soldi. Qui non si tratta di considerare buone o cattive le misure adottate dal governo, ma di considerarle alla luce delle risposte del Paese. Quanto effettivamente costerà questa crisi all’Italia, in termini non solo economici e finanziari, ma anche politici, morali, di ordine pubblico, di delinquenza e di criminalità?
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Alla luce di quanto stiamo vedendo, ossia in presenza di un vuoto politico abissale, un governo politico con qualche tecnico ai ministeri chiave, economici e sociali, avrebbe sicuramente risposto meglio alla circostanza. Non si capisce davvero che fa un prefetto al ministero degli interni, un generale al ministero della difesa, un avvocato al ministero di giustizia, un ambasciatore al ministero degli esteri; e si potrebbe continuare. Sospesa o non sospesa la democrazia – sarà il tempo a dirlo – di sicuro è stata sospesa la politica. I signori che occupano i suddetti ministeri, non facendo politica, come non la stanno facendo, sono costretti ad esercizi chiamiamoli tecnici. Potrebbero avere la bontà di dire agli italiani che cosa in realtà stanno facendo? Napolitano sarà stato bravo ad escogitare la trovata Monti più professori e tecnici, ma non ha considerato che sospendere la politica all’interno del paese è poco male, ma sospenderla anche all’esterno è esiziale. Tanto più in un momento in cui il Mediterraneo ribolle di problemi come non mai e l’Italia è al centro senza purtroppo saper dove andare o che fare. In situazioni simili stare al centro significa prendere schiaffi e scoppole da tutti.
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Ecco allora il Prodi che non t’aspetti. L’ex presidente del consiglio ed ex presidente della commissione europea non ha accolto con favore l’operazione Napolitano-Monti. Pur in uno stile stitico, con parole che escono dalla bocca come palloncini di chewing gum scoppiati, ha avanzato delle riserve. Intervistato sulla questione libica, domenica 1° gennaio su Rai Storia, ha detto delle cose davvero interessanti, che hanno dato l’idea più esatta di quello che è, un professore, ma anche un analista politico tanto perspicace quanto privilegiato. Partiamo dalla Libia, questione che s’intreccia con l’aggressione politica e finanziaria all’Italia. Ha detto che tutti nel mondo se la sono presa con l’Italia perché noi abbiamo sdoganato Gheddafi fin dal 2003. Si è assunto la responsabilità di essere stato lui il primo ad avviare lo sdoganamento, che a lui sembrava giusto. Poi, su quella scia, ha continuato Berlusconi. Ovviamente con uno stile diverso; più istituzionale e paludato quello di Prodi, più pacchiano e teatrale quello di Berlusconi. Ma la politica filolibica dei nostri governi era giusta e purtroppo ha destato l’invidia di tutti gli altri. Da Prodi abbiamo saputo finalmente chi ci spingeva e ci spinge per farci cadere nel burrone e perché. Ma ha detto anche altre cose assai importanti. Per esempio, che Gheddafi è stato aggredito dopo che ha rinunciato al nucleare; che probabilmente se non avesse rinunciato si sarebbero ben guardati dall’aggredirlo. Cosa – ha commentato Prodi – di estrema gravità, perché ora nessuno rinuncia più al nucleare sapendosi poi disarmato di fronte alle aggressioni degli altri, citando i casi specifici di Iran e Corea del Nord. Ad un dato punto è passato ad attaccare l’assenza dell’Italia dalla politica internazionale. Oggi l’Italia è completamente assente e non fa nulla per dare un contributo alla soluzione della questione libica dopo Gheddafi. “Possibile – si è chiesto – che noi dobbiamo trovare i soldi solo per fare la guerra?”. Già, che sta facendo ora l’Italia per la Libia? Prodi, non solo ha difeso la politica estera italiana che da sempre è attenta e sensibile ai problemi del Mediterraneo e alle questioni del Medio Oriente, ma ha denunciato l’attuale assenza dell’Italia in un momento così importante e delicato. Ecco, questo Prodi, con tutte le sue stitichezze, è preferibile al Monti guascone, che pensa di essere non già un Cincinnato ma un Marco Furio Camillo.

domenica 1 gennaio 2012

Monti come Quisling e Tremonti "sa-tutto"

Ha detto il presidente del Consiglio Monti nella sua conferenza stampa di giovedì, 29 dicembre, che eravamo sull’orlo di un burrone e che da dietro ci spingevano per farci cadere e che noi abbiamo puntato i piedi e siamo riusciti a non cadere. Sarà vero? Incomincio ad avere dei dubbi sulla compostezza del Professore, che Giuliano Ferrara chiama Preside e che un “Panorama” di qualche settimana fa chiamava il Supplente. C’è una qualche vanteria in quel che dice, che poco s’accorda con l’immagine grave di persona saggia e prudente, anche se usa il noi, plurale maiestatis o in rappresentanza di tutti gli italiani. Ma il punto è un altro. Si può sapere chi sono i malvagi che volevano buttarci nel burrone e perché? Non li conosciamo e Monti non ce li dice. Soggetti generici e plurali: i mercati, gli speculatori. La cosa ricorda i “cristiani” degli incendi di Nerone o gli “ebrei” di Hitler. Responsabili, insomma, a prescindere; non per colpe accertate.
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Ce li spiega l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti. In una sua lettera al “Corriere della Sera” di venerdì, 30 dicembre, dice che il malvagio che voleva spingerci di sotto era/è il “debito pubblico”, ma che fino al ciglio del burrone siamo arrivati da soli, coi nostri piedi. “Con il passaggio dall’agricoltura all’industria, dalle campagne alle città, da Sud a Nord, con colossali migrazioni di massa, l’Italia – ha spiegato Tremonti “sa tutto” – entrava nella modernità. [e] il costo sociale della modernizzazione così in atto nel nostro Paese fu, a partire dalla prima metà degli anni Settanta, finanziato con spesa pubblica fatta in deficit”. Secondo Tremonti questa politica in principio era “illuminata”. Essa “degenerò negli anni successivi, prima incrociando la grande inflazione che, facendo lievitare i tassi di interesse, costrinse l’Italia a indebitarsi per pagare gli interessi sul suo debito; poi ancora incrociando e alimentando la corruzione politica, […]: più si spendeva a debito, più voti si prendevano; peggio si spendeva, più preferenze si prendevano. E’ così che fu firmata una cambiale col diavolo. E’ così che fu aperta la fabbrica del debito pubblico. E’ così che la democrazia italiana degenerò in «democrazia del deficit»” (Siamo tutti in guerra contro il debito). Tremonti, con la sua saccenteria, per lo meno ci dice chi sono stati i malvagi che ci volevano/vogliono spingere nel burrone: i politici di quegli anni e i ladri che ne hanno approfittato, ladri – sia chiaro – che vanno dai grandi industriali e imprenditori ai piccoli falsi invalidi della porta accanto. Ma forse sarebbe più giusto dire, parafrasando lo scrittore americano Hemingway del “Per chi suona la campana”: non chiedere chi sia stato il ladro, lo sei stato anche tu.
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Il quotidiano statunitense Wall Street Journal del 30 dicembre ha rivelato, in un ampio servizio di due pagine e tre reporter, che ad indurre il Presidente Napolitano a far dimettere Berlusconi sia stata la cancelliera tedesca Angela Merkel. La quale, in una telefonata del 20 ottobre, avrebbe chiesto a Napolitano che per recuperare credibilità e salvare l’Euro sarebbe stato opportuno sostituire il presidente del consiglio in carica. Alla notizia, tutto come da democratica sceneggiatura: il centrodestra, allarmato, ha chiesto che il Quirinale smentisse; il centrosinistra, non fottendosene più un cazzo della dignità nazionale, ha fatto spallucce; il governo tedesco ha trovato esatte le smentite del Quirinale. E tutto va bene, madama la marchesa, anzi, la cancelliera! Ora, che ci aspettavamo, che il Quirinale confermasse? Che scoppiasse la terza guerra mondiale? Via, era scontato! Ma se per salvare i buoni rapporti diplomatici occorre stare al gioco, non così per chi non fa parte della diplomazia. Senza dare credito assoluto al giornale americano, non si può escludere in assoluto e senza la necessità di ipotizzare le reali parole usate al telefono dalla signora Merkel, che la sostituzione di Berlusconi sia avvenuta per le pressioni internazionali, magari anche di Merkel più che di Sarkozy, non molto simpatico al nostro Napolitano. Prima delle rivelazioni del giornale statunitense poteva essere un sospetto, ora non è la certezza, ma qualcosa sufficiente a mettere una lapide sulla nostra dignità nazionale. Monti, a questo punto, sarebbe il Quisling della situazione.
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Chi era Quisling? Di nome si chiamava Vidkun ed era norvegese (1887-1945). Fondò un partito filonazista, come ce n’erano tanti in Europa dopo gli esempi dell’Italia e della Germania. Quando la Germania occupò il suo paese, lui formò un governo filonazista e governò per conto di Hitler. Da quel momento si diede del “quisling” ad ogni capo di governo di quei paesi occupati dai nazisti; successivamente il termine ha significato collaborazionista. Ora, nessuno lo ammette ma tutti sanno che tutti i Paesi dell’Unione Europea sono a sovranità limitata; limitatissima quei Paesi, come l’Italia, che non hanno la forza dei Paesi egemoni, come Germania e Francia. Dobbiamo, finalmente, metterci l’animo in pace: d’ora in poi la nostra politica la fanno i partner europei più potenti e la nostra classe politica la scelgono loro. Dobbiamo collaborare o no? Dunque perché scandalizzarci se siamo dei collaborazionisti? Un dubbio: se Monti è un Quisling, Napolitano che cos’è? Mah!