lunedì 28 novembre 2011

Monti è lento e imbarazzante. La Merkel s'impressiona

Parafrasando il grande Eugenio Montale oggi, con la situazione che si è determinata, possiamo dire solo dove non andiamo, dove non vogliamo andare. Non tanto perché qualcuno ci impedisce di esprimerci in maniera positiva, ma perché i dubbi sono tutti dentro di noi. Né ci sono politici o tecnici che tengano. Siamo allo sbando totale.
Chi ha assistito al famoso incontro a tre a Strasburgo, giovedì, 24 novembre, tra Sarkozy, Merkel e Monti, non ha potuto fare a meno di rilevare la strana atmosfera che regnava quando parlava Monti. Sembrava un professore alle prime armi e due studenti perplessi e preoccupati di non capirlo.
La diplomazia – si sa – è l’arte di non dire mai quel che si pensa, ma solo quel che conviene. La Merkel ha trovato “impressionanti” le misure che Monti vuole adottare per l’Italia. Non so quale parola tedesca o inglese la Merkel abbia usato, ma in italiano impressionanti oscilla su significati diversi. Può aver voluto dire di non aver capito bene quel che Monti diceva, per cui più che essere d’accordo o convinta era impressionata. Può aver voluto dire che le misure di Monti sono incredibili, geniali, miracolose, portentose. Nel dubbio il Pdl ha chiesto che quelle misure Monti meglio avrebbe fatto a comunicarle prima al Parlamento; e che comunque farebbe bene a comunicarle al più presto. Se sono impressionanti, come dice la Merkel, è bene che vengano chiarite. Impressionanti può voler dire anche spaventose.
Si è parlato di irritazione francese per il rifiuto della Merkel di far acquistare dalla Banca Centrale Europea i titoli di Stato dei paesi in difficoltà. Monti si è schierato con la Merkel, perché sarebbe sbagliato andare a premiare proprio quei paesi meno virtuosi e perciò bisognosi d’aiuto. Meglio lasciare che la Bce decida autonomamente.
Monti, più che essere pago di essere stato ammesso al “direttorio”, si è detto del parere che tutti i membri dell’Unione devono avere pari trattamento. Ci vorrebbe un direttorio-assemblea. Molto bello, ma onestamente è poco praticabile quando nel consesso ci sono membri, membrini e membracci, ovvero straricchi, ricchi e squattrinati.
In Italia, i partiti dell’ex opposizione e la loro stampa sono come estasiati dal vedere anche il nostro Presidente del Consiglio stare tra quelli che contano; con ciò confermando come ormai l’Italia è una provincia periferica del nuovo sacro romano impero della nazione germanica. Hanno smesso di sentirsi offesi dai commissariamenti europei in epoca berlusconiana, dalla riduzione o perdita di sovranità; si sentono in stato euforico quando possono dire che Obama ci dà fiducia e che Sarkozy e la Merkel elogiano il nostro Monti. Quando aggiungeranno che tutto il mondo ce l’invidia?
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Intanto le borse continuano a precipitare e il famoso spread a salire. Non era colpa di Berlusconi! Solo degli ostinati nemici personali potevano pensarlo. Probabilmente anche i leader internazionali si erano stancati di questo nostro Presidente del Consiglio che ne aveva commesse di tutti i colori, che è irriverente, che straparla senza nessun rispetto degli altri; e perciò glielo hanno fatto pagare. Berlusconi era amico sincero di Gheddafi e di Putin. Invece, doveva solo far finta, come fanno gli altri. Ma, a ben riflettere, dalla situazione Berlusconi potrebbe trarre qualche vantaggio.
Acclarato che la causa del disastro finanziario cosmico non è sua e nemmeno del disastro nazionale, è stato un bene per lui essere messo da parte. Bossi, col suo solito modo tranciante di dire le cose, lo ha accusato di aver lasciato perché ricattato per le sue aziende. C’è del vero in quello che dice il Senatùr, ma non basta a spiegare le dimissioni del Cavaliere. Che poteva fare ormai se ogni giorno era uno stillicidio, un abbandono, una minaccia sibillina, un prendere le distanze, un consiglio, un avvertimento? Il centrodestra non è stato in grado di affrontare la situazione, anche perché in una condizione di assedio esterno, nazionale ed internazionale, giudiziario, politico, mediatico, e di disgregazione interna. Berlusconi ha dovuto lasciare, come ha dovuto lasciare la politica, come è stata sospesa la democrazia. Ci sarà da divertirsi quando i grand’uomini come Scaiola o Pisanu resteranno a casa, a scrivere le memorie.
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A sentirli i nostri leader c’è da invocare Beppe Grillo e Maurizio Crozza in tandem governativo. Fini dice che questo governo è politico, altro che tecnico. Bersani dice che il Pd non è più all’opposizione, ma in maggioranza. Non so se ha qualche ragione, sta di fatto che quel Monti, pure nominato commissario europeo dal primo governo Berlusconi, non ha mai voluto entrare o collaborare coi governi di centrodestra. Una ragione ci sarà.
Pdl, Pd e Udc s’incontrano a Palazzo Giustiniani – sede della massoneria oltre che al momento di Monti – per parlare di sottosegretari e negano di averlo fatto. Di Pietro dice che il suo partito non è interessato a spartizioni. Bossi dice che il governo fa schifo. Enrico Letta del Pd accetta a scatola chiusa i sottosegretari che vorrà Monti, come se fossero caramelle Sperlari. Insomma ognuno parla a ruota libera. Di questo passo come si può dire dove si va, dove si vuole andare? Non vorremmo andare verso il disastro di vederci decurtare i quattro soldi che prendiamo di stipendio o di pensione mentre il costo della vita aumenta vertiginosamente. Non vorremmo andare verso una situazione nella quale ci trovassimo senza sapere per colpa di chi. I tecnici, in Italia, sono come i chirurghi: se il povero disgraziato paziente muore sotto i ferri, loro non hanno colpa. I politici almeno non vengono ri-votati.
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La situazione è sconcertante ma non nuova. La commedia degli equivoci è in pieno svolgimento. Fino a qualche giorno fa, prima che il Parlamento desse la fiducia bulgara a Monti, tutti parlavano di governo tecnico, di impegno nazionale; si sottolineava la necessità che la politica facesse un passo indietro. Di colpo erano diventati tutti buonisti. Casini ripeteva come la canzone: chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scordiamoci il passato…con quel che segue. Oggi l’intero schieramento delle ex opposizioni – Pd, Udc, Fli, Idv – sostiene che il governo è politico, che non può essere che politico, perché fa politica. Che scoperta! Bersani vuol far passare l’idea che questo governo è di centrosinistra. La Lega, che è all’opposizione, l’unico partito ad aver scelto l’opposizione, spara a zero sul governo. E dall’altra parte che succede? Che accusano la Lega di remare contro l’Italia, di tradire il proprio paese. Ma per tutte le durate dei governi di centrodestra, che hanno fatto le opposizioni di centrosinistra? Hanno sparato a zero su Berlusconi, incuranti che colpendo Berlusconi colpivano l’Italia. Non hanno remato contro Bersani, Di Pietro, Casini e Fini? Incomincia a farsi strada l’idea che tutta questa caterva di irresponsabili commedianti andrebbe messa in quiescenza, a prescindere dall’età e dalla contribuzione. Meglio un danno oggi che il disastro domani, meglio che gli incapaci vadano in pensione che lasciarli in servizio.
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Monti ha promesso che il 5 dicembre vuoterà il sacco, dirà quali sono i sacrifici che ha promesso al popolo italiano. Lo attendono di sapere tutti: le banche, i mercati, gli euroalleati, gli italiani. Qualcosa l’ha lasciata intuire. Sarà reintrodotta l’Ici su nuove basi catastali. Forse ci sarà la patrimoniale, ma non si sa a quale soglia di livello. Una cosa è certa: sarà amara per tutti e specialmente per i più deboli. Un’altra cosa resta incerta: che fine farà l’Europa se veramente l’Euro dovesse collassare? Qua e là ho qualche mille lire a far da segnalibro.

domenica 20 novembre 2011

Monti: il governo di Dio

Ha avuto pazienza il Presidente Napolitano, alla fine è riuscito. Il cardinal Bagnasco la pazienza, invece, l’aveva persa; ma è riuscito pure lui nell’intento. Della serie: le vie del Signore sono infinite. Berlusconi, lo scostumato, lo sporcaccione, si è dimesso. Al suo posto il preannunciato Mario Monti, appena nominato senatore a vita, l’educatino, tutto mordi e tieni, che piace all’Europa.
Le sinistre hanno gioito. Pensano di aver vinto. E, in effetti, se il loro obiettivo era di far cadere il governo Berlusconi, sono riuscite. Con quali prospettive? Sono convinte che Monti farà lo stesso percorso di Ciampi. Marius totus noster est.
La democrazia è stata sospesa. Il processo politico, che stava portando il Paese verso il bipolarismo e il federalismo, pure. Chi dice che da questo momento nulla è come prima, iattanza a parte, ha ragione. Lo scenario politico è in movimento, tutto si disgrega e tutto si riaggrega, in maniera caotica, come le particelle lucreziane, dando vita a non si sa quanto durevoli soggetti politici.
In tutto questo i cittadini, piccoli elettori, non c’entrano; sono sudditi che seguono i loro grandi elettori. Per farsi un’idea di come le formazioni politiche cambiano senza nessuna partecipazione popolare si consideri che solo qualche anno fa Berlusconi aveva da un lato Casini e dall’altro Fini, e un po’ più a lato Bossi. Poi Berlusconi rimase solo con Fini e Bossi. Quindi solo con Bossi. Alla fine solo, alla ricerca di recuperare il possibile. S’è formato il cosiddetto Terzo Polo, con Casini, Fini e Rutelli; questo appena qualche anno fa stava col Pd. Si spera che dopo gli scannamenti di un anno fa Berlusconi si riappacifichi con Fini e magari anche con Casini e Rutelli. Ma che bella famiglia! Se La Russa e Matteoli non vogliono essere tagliati fuori devono rinnovare gli omaggi feudali all’inviso Fini. E gli elettori di centrodestra che fanno, con chi stanno, di chi si devono fidare, devono pure loro far pace coi casinisti, i finisti, i rutellisti? La politica si è feudalizzata, l’appartenenza si lega al feudatario non ad un partito, non ad una ideologia, non ad una visione della vita, non ad una scelta sociale. Ancora una volta la formazione più seria e credibile, ancorché inaccettabile per le pretese secessionistiche, è la Lega.
Il tradimento della politica ha sconvolto il sistema della rappresentanza ma anche della partecipazione. Il tradimento diffuso e generalizzato continua. Restano le promesse non mantenute, le posizioni abbandonate; in un campo, nell’altro e nell’altro ancora.
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Ma Berlusconi non diceva che l’alternativa al suo governo erano le elezioni? L’ha detto tante volte che, questa volta, non ha potuto smentirlo. E, allora, perché si è convinto a cedere; a rischio anche di vedere il suo schieramento scoppiare come una pentola a pressione senza sfiato? Semplice: perché l’economia italiana rischiava grosso. Mediaset, in un giorno, aveva perso in borsa il 12 %. Berlusconi, da uomo d’affari, anche spregiudicato, è uno che comanda al cuore; ma non alla tasca. Pier Silvio, il figlio, che parla per Mediaset, ha detto al “Corriere della Sera” del 19 novembre che il governo Monti è una “boccata d’ossigeno”. E volete che proprio il padre suo, che è nei cieli dell’azienda, gli impedisse di respirare?
Ora Berlusconi fa finta di minacciare: stacco la spina, Monti dura quanto voglio io e cazzate di questo genere, smentibili e smentite un minuto dopo averle dette. Bossi, in certe cose, riesce meglio di lui. La verità è che gli affari di Berlusconi e le nostalgie dei suoi avversari hanno affossato la democrazia; hanno riportato il Paese ai tempi dei governi balneari, quando le varie correnti della Democrazia Cristiana decidevano una tregua in famiglia e affidavano il governo d’Italia all’eunuco (politicamente, s’intende) di turno. Con la differenza che allora, in regime di proporzionale, era tutto normale. Con l’introduzione del maggioritario, anche se la Costituzione è rimasta immutata, le cose stanno diversamente. Se Berlusconi non fosse il signor “conflitto d’interessi” non si sarebbe mosso di una spanna dal voto anticipato.
Intendiamoci, il governo Berlusconi i problemi li ha avuti al suo interno, oltre a quelli esterni. In un’intervista alla “Gazzetta del Mezzogiorno” (19 novembre) Alfredo Mantovano, pur escludendo complotti europei, si è detto del parere che contro l’Italia e Berlusconi ci sono state congiunture politiche non proprio involontarie; ed ha ammesso che c’è stato all’interno dello schieramento un problema Tremonti. Raffaele Fitto, il giorno prima, aveva detto più o meno le stesse cose. Tremonti è della stessa pasta di Monti, evidentemente.
In buona sostanza il PdL, pur fra tanti contorcimenti, si è adeguato alla linea Alfano-Berlusconi, riconoscendo torti pregressi e nuove necessità. Tranne la Mussolini, la “faiassa”, che non ha sopportato i compiacimenti di Di Pietro, di Bersani, di Casini, di Rutelli e i sorrisini beffardi di Fini, ed ha votato contro. Altro dissidente (2 in tutto, dico due per esteso) è stato Scilipoti, il quale è sceso in campo col lutto al braccio. Va finire che lo strepitoso (da strepito) Scilipoti diventerà il simbolo dell’intera legislatura.
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Ma Mario Monti non aveva detto che due provvedimenti urgenti da fare erano la patrimoniale (indigesta alla destra) e la riforma delle pensioni (indigesta alla sinistra?). Lo ha detto, testimone Lilly Gruber ad un “Otto e mezzo” sulla Sette di qualche sera prima che venisse chiamato a formare il nuovo governo. Ora pare che non farà né una cosa né l’altra. No alla patrimoniale, sì alla reintroduzione dell’Ici.
E Berlusconi non aveva escluso la reintroduzione dell’Ici? Ora pare che è favorevole. Valli a capire questi tecnici che fanno i politici e questi politici che fanno i tecnici…dei cazzi propri. Va a finire che Monti farà pure un bel condono edilizio ed un bel condono fiscale nel tripudio di Bersani e compagni; e per sovrappiù – quando è festa è festa! – farà pure un bell’indulto e alleggerirà le carceri, nel tripudio, questa volta, di Pannella.
A sinistra gioiscono perché lo spread, da quando c’è Monti, è diminuito. Per la verità ce lo devono dire, perché, a seguirne l’andamento, resta un su e giù di poco. Ma se pure fosse vero, come interpretare il fenomeno, dato che ancora Monti non ha preso nessun provvedimento? Effetto placebo. L’acqua fresca, se uno l’assume convinto di assumere un potente farmaco, può fare lo stesso effetto del farmaco. Sì, ma se il malato è suggestionabile!
Vero è che Monti non può fare miracoli. O almeno, non più di uno. E quello lo ha già fatto, mandando a casa Berlusconi. Diciamo la verità; tutto questo casino lo si è fatto per far fuori Berlusconi.
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Viene il sospetto a leggere i nomi e i curricula dei nuovi ministri che il governo Monti sia stato formato di comune accordo tra Napolitano, che di burocratismo comunista se ne intende, e il cardinal Bagnasco, quello dell’aria pulita. Viene il sospetto che questo governo sia uscito dal Convegno di Todi, all'insegna di un rinnovato Deo lo vult.

domenica 13 novembre 2011

Oppositori di Berlusconi: traditori o mosche cocchiere?

In un “Porta a Porta” di qualche anno fa, subito dopo le elezioni vinte da Berlusconi, credo nel 2001, il comunista Oliviero Diliberto, ministro della giustizia nel precedente governo di centrosinistra, disse che compito dell’opposizione era di far cadere il governo. A distanza di qualche anno, dico l’altro giorno, subito dopo le annunciate dimissioni di Berlusconi, il comunista Massimo D’Alema ha ripetuto pari pari la teoria dilibertiana. Rivoltosi alla maggioranza di centrodestra ha detto: “Cerchiamo di mandarvi a casa, è il compito naturale di un’opposizione” (Corriere della Sera del 9 novembre).
Primo, non ritengo un’offesa dare del comunista a qualcuno; secondo, i comunisti, in Italia, sono tra i politici più coerenti. Va dato loro atto. Personalmente non li amo, ma li stimo.
Tanto premesso, mi chiedo: è proprio democratico ritenere che il compito naturale di un’opposizione è di far cadere il governo e mandare a casa la maggioranza? Confesso di non capire molto di democraterie e dunque quanto prima chiederò al mio amico On. Giacinto Urso, democristiano, per sessant’anni a diversi livelli politici e amministrativi, se sia proprio questo il compito di un’opposizione democratica. Io arrischio, da incompetente di democrazia quale sono, una mia opinione. Compito di chi sta in maggioranza o all’opposizione è di operare per il bene del paese. Se pure è legittimo che ognuno cerchi anche – dico anche – di operare per il bene della propria parte politica, dovrebbe trovare un limite naturale nel non far danno al paese. Di più: riconosco che chi è all’opposizione, per il ruolo piuttosto scomodo e, per un malinteso senso della politica, penalizzante, possa spingersi oltre, rasentare la soglia del danno pubblico, ma mai varcarla. Arrecare danni al proprio paese non è ammissibile, neppure al più limpido dei democratici.
Chi fa di tutto, anche di bruciare il paese, pur di far cadere il governo, come dice Diliberto, o di mandare a casa la maggioranza, come dice D’Alema, allora non fa l’interesse del paese, ma della propria parte. Sarò fascista, ma io stabilirei precisi confini, oltre i quali sarebbe tradimento, con quel che ne seguirebbe.

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Da tre anni e mezzo circa le opposizioni non hanno fatto altro che dire che Berlusconi non faceva niente, a parte le leggi ad personam; che stava portando il paese al baratro; che doveva fare un passo indietro; che non era degno di fare il Presidente del Consiglio; che i suoi comportamenti erano incostituzionali; che un Presidente del Consiglio non poteva essere il più indagato del suo paese; che per colpa sua tutto il mondo ci rideva dietro; che l’aggravarsi della crisi economica era colpa sua perché i mercati non credevano nelle possibilità dell’Italia di riprendersi; che solo con la sua uscita di scena il paese avrebbe riacquistato fiducia e credibilità. Siamo stati anche noi fieri e duri critici di taluni comportamenti di Berlusconi, separando, però, il grano politico delle riforme, fatte o solo tentate, dal loglio dei comportamenti indecenti ancorché privati.
Ora l’opposizione è riuscita nel suo “compito naturale” e ha fatto cadere il governo, non con un voto di sfiducia parlamentare ma tramando coi poteri politici, economici e finanziari dell’Europa, mostrando il nostro paese come la sentina di tutti i mali, arrivando a dire ai nostri amici-hostes europei che Berlusconi non era credibile con le sue manovre economico-finanziarie. Un po’ come faceva il comico napoletano Massimo Troisi in una esilarante scenetta della “smorfia”, in cui un povero disgraziato chiedeva grazie a San Gennaro mentre chi gli stava accanto suggeriva al Santo di non dargli retta, perché quello era un ubriacone e sfaccendato.
Bene, sia come sia, Berlusconi si è dimesso. Chi scrive si riconosce politicamente, sia pure solo in parte, nella maggioranza di centrodestra, ma spera che ora tutto si risolva per il meglio e se potesse fare qualcosa lo farebbe per il bene del paese, perfino se governato da Diliberto e D’Alema. Se la casa brucia, occorre spegnere l’incendio; c’è sempre tempo per colpire chi l’ha appiccato. Forse questo diverso rapporto col proprio paese è un discrimine tra chi è di destra e chi di sinistra, non so se contemplato qualche anno fa da Norberto Bobbio o da altri che si appassionarono all’argomento.
Finora quel che si vede è solo una grande confusione, coi diversi protagonisti che danno calci come “cavalli malecarni”. Perfino il Presidente della Repubblica Napolitano è entrato a gamba tesa e, prima ancora che Berlusconi formalizzasse le dimissioni, ha nominato senatore a vita Mario Monti; e ha fatto capire, prima ancora delle liturgiche consultazioni, di volergli affidare anche il compito di formare il nuovo governo. Della serie “rispetto della Costituzione”, di cui in questi anni si è fatto uso e abuso!

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Molti si chiedono che cosa sia lo “spread”. Il significato del termine è diventato più introvabile della figurina del “feroce saladino” dei nostri nonni e bisnonni. A me, che pure non sono un esperto, sembra di aver capito che è la differenza tra il tasso d’interesse dei titoli di stato dell’Italia e quelli della Germania, posti, questi ultimi, come riferimento di valore. Che significa in parole povere? Che date due botteghe, l’Italia e la Germania, l’Italia, non godendo della fiducia dei mercati, è costretta a vendere la sua merce, che è la stessa della bottega tedesca, a condizioni più vantaggiose per il cliente speculatore e più svantaggiose per sé; ossia, se la bottega italiana vende pane deve dare un chilo e mezzo mentre la bottega tedesca ne dà un chilo. Fuori dalla metafora della bottega e del pane, l’Italia vende i suoi titoli ad un tasso di interesse maggiore di quelli della Germania, indebitandosi di conseguenza sempre di più. Postilla chiarificatrice: se il tasso d’interesse dei titoli tedeschi è del 2 % (per ogni cento euro di titoli te ne restituisco centoventi), quello dei titoli italiani, per incontrare compratori, deve essere del 3, 4, 5, 6, 7 % (per ogni cento euro te ne restituisco centotrenta…quaranta…cinquanta…), secondo l’andamento del mercato, che è influenzato da una serie di fattori, non esclusi quelli della crisi politica interna del paese Italia.
Se le cose stanno così, gran parte della colpa per l’aggravarsi della crisi economico-finanziaria dell’Italia è delle opposizioni, il cui “compito naturale”, secondo la dottrina Diliberto-D’Alema, è di bruciare la casa pur di far uscire l’inquilino.
Il governo in Italia è caduto per volere degli apparati economico-finanziari dell’Europa, governati dal duo Francia-Germania, a cui gli italiani delle opposizioni politiche hanno dato una mano. Decidano loro se sono stati decisivi. Se lo sono stati, sono dei traditori. Se non lo sono stati, sono delle mosche cocchiere. Per me, la prima che ho detto.

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La canea offerta ieri sera, 12 novembre, nei pressi di Palazzo Grazioli, poi del Quirinale e infine di Palazzo Chigi, da parte di una folla urlante contro Berlusconi, che andava a formalizzare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, spontanea o orchestrata che fosse, non è stata soltanto vergognosa, ma assai preoccupante. Epifanizza ancora una volta il modo di essere degli italiani, cialtroni e vigliacchi. Alcuni comportamenti ed alcune infelici espressioni pubbliche di Berlusconi probabilmente la legittimano pure, ma ancor più la legittimano espressioni come quelle di chi, come Bersani, ha parlato del 12 novembre 2011 come del giorno della Liberazione. L’avesse detto Di Pietro, che non brilla certo di conoscenze lessicali e di competenze linguistiche, si potrebbe anche passarci sopra; ma l’ha detto uno che se pure non sa da dove deriva “canea” sa che esiste un dizionario della lingua. Il De Mauro – cito uno che è politicamente vicino al Bersani – dice: “fig., moltitudine di persone schiamazzanti; lo schiamazzo stesso, cagnara; estens., il clamore di critiche aspre e malevole; la canea dei critici e dei giornalisti”. Sarà per questo che amo di più i gatti.

domenica 6 novembre 2011

Alcune cosette su Berlusconi e gli italiani

Prima: gestire la fine. Altre volte Berlusconi ha dato l’impressione di essere finito; poi si è rialzato alla grande, raggiungendo livelli di consenso incredibili. Pensiamo a quelli della seconda metà del 2008, quando lui stesso disse che lo imbarazzavano. Ma, oggi, a differenza delle precedenti volte, c’è un dato che lo inchioda veramente alla fine: il contesto. Mentre in precedenti situazioni la crisi era nella sua leadership, contestata, a livello nazionale, da un avversario che lo avrebbe battuto, sia pure di misura, due volte, Romano Prodi, oggi non è solo la sua leadership in crisi, interna al suo stesso schieramento e nel Paese, ma è in crisi il Paese nel quadro di un’altra crisi, assai più vasta, che è quella europea e mondiale. Per lui non c’è possibilità alcuna. Concordo col direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli che la storia nei confronti di Berlusconi sarà meno ingenerosa della cronaca e sono perfino convinto che non tutto il male di cui soffre oggi il Paese sia da attribuire a lui; ma quando è necessario uscire di scena, anche se può esserlo definitivamente, di una sola cosa occorre preoccuparsi: gestire l’uscita per limitare i danni e per non perdere del tutto la dignità che la carica istituzionale ricoperta ti ha conferito. Se Berlusconi non lo ha capito, non gli torna d’onore.

Seconda: perdita di credibilità dell’Italia. E’ vero, l’Italia oggi è da ridere. Che lo abbia fatto il galletto francese Sarkozy è la prova provata. Un gesto irriguardoso trova sempre uno a compierlo, specialmente quando nasce da percezione condivisa. Ma chi ha reso ridicola l’Italia? Berlusconi, va bene; soprattutto coi suoi comportamenti, non solo privati, ma anche pubblici: dichiarazioni inopportune, a volte volgari; barzellette sguaiate; atteggiamenti goliardici; bugie vergognose e lesive delle istituzioni. Un insieme di comportamenti del tutto inopportuni per un Capo di Governo, che, lo sappia o non lo sappia, lo voglia o non lo voglia, rappresenta tutto un Paese anche quando è chiuso nel suo bagno. Ma non sono meno responsabili almeno altri quattro soggetti. Primo, la magistratura, che da vent’anni lo aggredisce con inchieste strumentali, fatte col solo fine di tenerlo in assedio e di sputtanarlo al cospetto del mondo, senza riuscire mai a condannarlo. Secondo, la stampa, che massicciamente, a parte quella berlusconiana, lo ha tenuto sotto pressione, delegittimandolo sistematicamente ed esponendolo al ludibrio nazionale ed internazionale. Altro che “metodo Boffo”; qui siamo in presenza di un’autentica crociata. Terzo, il mondo dello spettacolo, cinema teatro satira, che in genere riesce ad arrivare, attraverso quella che George Mosse chiama l’estetica della politica, opere che pensate per divertire lo spettatore veicolano meglio di altre messaggi politici penetranti, diffusivi e devastanti, al pubblico più vasto, così bombardato quotidianamente e ridotto ad una folla di replicanti con un’unica scheda in testa: liberarsi di Berlusconi a qualunque costo. Quarto, ultimo ma non ultimo, l’opposizione, la quale, nella più “bella” tradizione della sinistra italiana non esita a bruciare il Paese pur di colpire il nemico politico. Ha insistito col mantra del passo indietro per il bene del Paese; ma lei non ne ha fatto uno nemmeno a lato.

Terza: gli italiani sono razzisti di sé stessi. Berlusconi è il quarto Presidente del Consiglio italiano che finisce miseramente, in maniera incredibile in un Paese che si dice democratico e che pronuncia più la parola costituzione del vangelo. Dal 1978 ad oggi altri tre Presidenti del Consiglio sono finiti in un modo che dovrebbe far riflettere: Aldo Moro, trucidato dalle Brigate Rosse in circostanze mai del tutto chiarite; Bettino Craxi, morto nel gennaio del 2000 ad Hammamet in Tunisia, dopo sei anni di latitanza; Giulio Andreotti, condannato per mafia e salvato, non si sa quanto per “combine” politico-giudiziaria, dalla prescrizione. Ai tanti indignati per Berlusconi sembra cosa da niente questa? Sembra loro che quattro uomini politici del calibro dei su citati siano soltanto quattro casi singoli che nulla hanno a che fare col modo di essere del popolo italiano? Della sua democrazia? Che non abbiano influito per niente sulla perdita di credibilità internazionale dell’Italia? E’ vero, l’Italia è da ridere; ma è altrettanto vero che quando qualche politico italiano cerca di dimostrare il contrario, cerca di accreditare un’altra immagine, allora si scatena la solita sterminata canea degli aficionados dei Veltroni, dei Prodi, dei chierichetti della democrazia e della costituzione che nutrono per gli italiani, probabilmente senza saperlo, il più feroce e insieme nascosto razzismo. Sicché viva sempre ciò che fanno gli americani, i francesi, gli inglesi, gli altri insomma; ma se le stesse cose le fanno gli italiani, allora giù scherni, sberleffi e risate. Forza, indignati, il brodo è servito. Calatevi dentro, con tutti i vostri Grilli e Guzzanti!

Quarta: antiberlusconismo dello stomaco. C’è un dato dell’antiberlusconismo sul quale vale la pena di soffermarsi, ed è quello non specificamente riconducibile al cuore, ma allo stomaco. Non occorre avere molta perspicacia per accorgersi che gli alfieri e le masse dell’antiberlusconismo hanno trovato in questi anni una stessa sintonia, come forse mai prima. Capi, gregari e truppa hanno trovato nello stomaco il nutrimento del cuore. Ancor più dei comunisti, variamente denominati nelle loro sigle, tutti meritevoli di autentico rispetto, perché coerenti – gli unici in Italia insieme ai radicali! – i più esagitati contro Berlusconi e berlusconiani sono stati gli ex democristiani, che per cinquant’anni hanno mangiato saccheggiando le finanze dello Stato. In genere impiegati pubblici, che il posto di lavoro lo hanno ottenuto grazie alla loro militanza politica, alla loro appartenenza famigliare, alla loro amicizia con chi per arte sottile ha imparato a commettere ogni sorta di illegalità senza mai lasciare traccia di nulla. Falsi invalidi, pensionati grazie alla raccomandazione di questo o quel sottosegretario. Falsi braccianti agricoli, che, con la complicità dei sindacati, percepivano indebitamente benefici di disoccupazione, di assistenza e di contributi per la pensione. Ladri e ladroni super specializzati a forzare qualsiasi piccola o grande cassaforte lavorativa e impiegatizia pubblica. Ci sono interi apparati comunali, provinciali e regionali in ogni parte del Mezzogiorno d’Italia che appartengono quasi per intero alla stessa clientela politica. Questa gente, con l’avvento di Berlusconi, non ha fatto la fame, perché già era nella cambusa da qualche anno, ma ha avvertito il pericolo dell’interruzione di un flusso che sembrava non dovesse finire mai. In questi anni si sono preoccupati dei figli e dei nipoti. Si può dire tutto il male che si vuole dell’era Berlusconi, ma non si può dire che tramite l’onorevole Tizio o il senatore Caio si era ottenuto o si poteva ottenere un impiego, si poteva vincere un concorso. Forse non è stato tutto merito del berlusconismo, probabilmente i tempi erano mutati, i partiti-agenzie d’impiego non c’erano più; i rapporti eletti-elettori si erano sfilacciati se non proprio interrotti, ma è un dato di fatto che l’era del collocamento per appartenenza politica era finita o comunque non era più un fenomeno. Il debito pubblico italiano, oggi del 120 % del Pil, affonda le sue radici nei radiosi anni del saccheggio democristiano e socialista. Forse questi “volontari della corte” dell’antiberlusconismo sperano di tornare a strafogare a sbafo. Forse, perché la mente e il cuore possono aver perso la memoria, ma lo stomaco no.

Quinta: si recuperi un minimo di cordialità! La fine di Berlusconi in assoluto non è un danno e non è un bene per l’Italia. Punti di vista, naturalmente. Chi si pone il problema del dopo ha ragione di avere qualche preoccupazione. Ma c’è oggi più della metà degli italiani che non pensano a niente, pensano solo alla fine di Berlusconi. Non vogliono neppure pensare a quel che accadrà dopo la sua uscita di scena, e non perché ritengano che qualsiasi cosa sia migliore, ma perché nella loro “memoria” intellettiva non c’è posto per altro. La gran parte di essi ha vissuto il periodo berlusconiano con la convinzione che Berlusconi era un concentrato di porcherie e che altrettante porcherie erano i suoi sostenitori, i suoi elettori, ossia l’altra metà degli italiani. Mai, come in questi ultimi vent’anni circa gli italiani si sono ritrovati così lacerati, visceralmente contrapposti. Mai la democrazia italiana è stata così screditata da chi pure la sostiene e si riempie la bocca, oltre che essersi riempito lo stomaco a suo tempo, con essa. Si ha ragione, perciò, di pensare che la fine di Berlusconi porti un minimo di serenità nei rapporti sociali, consenta un riavvicinamento dei cittadini, uno stare insieme senza ingiuriarsi e minacciarsi. Se così non fosse allora vorrà dire che Moro o Andreotti, Craxi o Berlusconi, gli italiani hanno bisogno di scannarsi, per atavico vizio di essere sempre contro un “tiranno”, vero o percepito, non ha importanza.