domenica 26 febbraio 2012

Monti e i cento giorni

17 novembre 2011 – 25 febbraio 2012: cento giorni di governo Monti. Quale bilancio? 43 milioni di euro risparmiati. Lo hanno battuto le agenzie e Rai News 24 lo fatto scorrere nel suo notiziario. Ma si potrebbe così riassumere: spread del 17 novembre 516, spread del 24 febbraio 360. E ancora, l’Italia ha recuperato credibilità in tutto il mondo e in tutti gli ambienti che contano. Non è poco, ma lascia qualche giusta recriminazione politica. I provvedimenti presi, quelli che hanno convinto di più i mercati della serietà del governo Monti, ossia pensioni e lavoro, erano scontatissimi, sol che la Lega non si fosse impuntata ad impedirli quando il Paese aveva ancora una mamma politica, cattiva…cattiva ma una mamma, e non una matrigna, buona…buona ma una matrigna. Si sarebbe potuto risolvere il problema senza che Agamennone-Napolitano sacrificasse la democrazia, trasformata, come Ifigenia, in una sorta di tecnocrazia che, complice l’indovino Calcante-Monti, ha sospeso la politica, senza la quale i cittadini non contano niente.
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Monti un po’ gioca sul velluto, i successi fanno bene al Paese e a lui personalmente. Del resto non era difficile dopo l’abbuffata di sconcezze pubbliche di Berlusconi, con la conseguente caduta di credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo. La lettera, che è stata sottoscritta da ben dodici leader europei al Presidente dell’Ue Herman Van Rompuy e al capo della Commissione europea Josè Manuel Barroso sulla necessità di favorire misure di ripresa economica, che vede esclusi Merkel e Sarkozy, è un indubbio successo di Monti, il quale non solo l’ha ispirata ma anche promossa insieme al leader inglese David Cameron e a quello olandese Mark Rutte. Gli altri sono: Andrus Ansip (Estonia), Valdis Dombrovskis (Lettonia), Jirki Katainen (Finlandia), Enda Kenny (Irlanda), Petr Necas (Repubblica ceca), Iveta Radicova (Slovacchia), Mariano Rajoy (Spagna), F. Reinfeldt (Svezia), Donald Tusk (Polonia). E’, questo, sicuramente un fatto nuovo, che apre spiragli di diversa leadership in Europa. Non soltanto i compari di merenda Merkel-Sarkozy ad imporre aperture e chiusure di comodo, ma anche ipotesi diverse, con diversi soggetti politici, finora esclusi dal direttorio franco-tedesco. Merkel e Sarkozy – ben inteso – non sono stati esclusi, ma si sono rifiutati di sottoscriverla per motivi comprensibili. Essi sono stati finora i padreterni dell’austerità (Fiscal compact del 2 febbraio 2012, sottoscritto da venticinque paesi dell’Europa, non sottoscritto da Gran Bretagna e Repubblica Ceca), perché tornava loro utile. Ora si sono presi un momento di riflessione, per vedere cosa accade.
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Sull’onda del successo Monti è diventato minaccioso. “A fine marzo – ha detto – la riforma del lavoro è fatta con o senza accordo con le parti sociali”. A questo punto potrebbe pure non esserci l’incontro o il tavolo di concertazione. Amo la lana caprina e ritengo che le proverbiali questioni a volte sono molto importanti. Quale capo del governo in Italia, da Cavour a Berlusconi, ha potuto dire una cosa del genere? Nemmeno Mussolini. Ma Monti lo dice e tutti ad applaudirne il decisionismo o a tacere, in ossequio all’insuperabile eloquenza del silenzio. Intanto, accise dopo accise, la benzina è arrivata a quota 2 euro al litro. Il culo per terra sta per perdere il suo valore metaforico per diventare l’immagine fisica dell’Italia. Quel povero disgraziato di malato al San Camillo di Roma sdraiato per terra mentre i medici cercano di assisterlo potrebbe essere l’immagine di un’Italia che per terra ha tutto ormai. Berlusconi continua a sostenere Monti. Bersani fa lo stesso. Casini sembra addirittura averlo sponsorizzato per il dopo. Ma l’impressione è che almeno i due grandi partiti antagonisti, PdL e Pd, vorrebbero buttarlo giù e ognuno aspetta che lo faccia l’altro, per non doverne pagare le temute conseguenze.
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La vicenda dei due fanti di marina del Reggimento San Marco, imbarcati per proteggere la petroliera “Enrica Lexie” da eventuali attacchi di pirateria, arrestati dalle autorità indiane con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani, è l’altra brutta immagine dell’Italia montiana, tutta regole da rispettare nel settore ragionieristico e nessuna capacità di risolvere i problemi della politica e della società. Sarebbe ingeneroso attribuire al governo Monti le incredibili defaillance di questi suoi cento giorni, dal naufragio della “Costa Concordia” del 14 gennaio all’incidente della “Enrica Lexie” del 15 febbraio, passando per l’insulso spettacolo di Sanremo, con la serata finale del 18 febbraio all’insegna di un simbolo che è politico, come più politico non si può, tra bandiere della cosiddetta “Pace” e coppie di idioti esibizionisti a dare spettacolo di insulsa volgarità; ma nulla accade a caso – diceva Aristotele – e se ciò è vero in natura, non lo è di meno in politica. Due militari italiani vengono prelevati da una nave italiana che naviga in acque internazionali e portati davanti ad un giudice indiano per essere giudicati come se il tutto accadesse in un piccolo comune italiano con due spacciatori di fumo nei pressi di una scuola. E tutto quello che il nostro governo sa fare è lo squittìo del Ministro degli Esteri, preoccupato e impacciato. Ai cittadini importa poco sapere come si sarebbe comportato un governo politico. E’ accaduto ora, con un governo tecnico; e tanto basta.
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Intanto deve fare da parafulmine a Monti il buon Giorgio Napolitano, che a Cagliari è stato contestato con fischi ed accuse che lo vogliono rappresentante delle banche che stanno affamando il Paese. “Vergogna, buffoni, non abbiate paura di parlare con noi”, gli hanno gridato. A prescindere da tutto, Napolitano ha sbagliato a rispondere, anche con termini risentiti: “No, non rappresento né le banche né il capitale finanziario, come qualcuno umoristicamente crede o grida”. Quel qualcuno è la gente, purtroppo. La gente – si sa – quando se la passa male fa a volte esemplificazioni ingiuste e infamanti. Umoristicamente? Quanto meno è stato di cattivo gusto. Napolitano non può neppure chiamarsi fuori da una situazione nella quale è finito il Paese anche col suo contributo. E’ stato lui a dare il viatico a Monti. Non può pensare di ricevere soltanto lodi e riconoscimenti. Se gli americani lo incoronano King George la gente sarda, che è in gravissime difficoltà, non dico che fa bene a chiamarlo rappresentante delle banche ma va capita e più di tutti dovrebbe capirla lui. E’ che anche Napolitano incomincia a rendersi conto che la crisi è ben più grave di come se l’era immaginata e che Monti potrebbe non essere la soluzione bastante.
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Tutti i maggiori quotidiani hanno pubblicato i redditi dei ministri. “Il Messaggero” è andato oltre indicando anche il reddito presumibile del 2012, tutto per dimostrare che tanti supertecnici, che guadagnavano tantissimo prima di diventare ministri si devono accontentare di molto meno dopo. Intanto si scopre che il ministro di giustizia Severino ha “nascosto” una villa da dieci milioni di euro. “Tutto in regola” dice lei, “la colpa è del commercialista”. Ma come somigliano ai politici questi tecnici! Va a finire che diventeranno una cosa sola. Diventeranno?

domenica 19 febbraio 2012

Monti...che non rimangano parole

Proprio il giorno in cui l’agenzia di rating Moody’s ha declassato ulteriormente l’Italia (martedì, 14 febbraio), Monti ha inferto al Paese un declassamento più duro e mortificante, dicendo no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. E’ la prima volta dalla seconda guerra mondiale che l’Italia si autodeclassa; riconosce, cioè, di non essere in grado di organizzare uno dei più importanti eventi mondiali, che ha paura di farlo. E’ un messaggio al mondo devastante: l’Italia, che chiede fiducia agli altri, facendo anche paragoni antipatici – non siamo la Grecia! – non ne dimostra essa stessa per sé. E’ probabile che Monti abbia ragione, tecnicamente ragione; ma sicuramente ha torto, politicamente torto. Tutto il suo ottimismo, le sue promesse di trasformare tutto e tutti, i suoi “successi” americani evidentemente sono falsi, sono nulla di fronte ad un impegno concreto. E’ la prova che il consenso di cui gode è semplicemente mediatico, artificiale. Nello stesso giorno si riconosce che l’Italia è in “recessione tecnica”, il Pil è diminuito. Peraltro la nostra candidatura non era di per sé automatica assegnazione; ma era senz’altro un atto di fiducia nelle nostre possibilità di recupero e di rilancio. L’Italia dei tecnici vale meno del sorriso enigmatico della Gioconda, meno della Venere del Botticelli, meno di un chiaroscuro di Caravaggio.
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Ma le ambizioni di Monti crescono. Ora vuole fare la riforma della democrazia in Europa. Sul “Corriere della Sera” di mercoledì, 15 febbraio, in un articolo scritto in collaborazione con la deputata europea Sylvie Goulard, “La vista corta che danneggia l’Europa” (già apparso su “Le Monde”), ha detto che «per uscire durevolmente dalla crisi, dobbiamo ripensare la democrazia a tutti i livelli, europeo e nazionale […] la posta in gioco è delicata, poiché consiste nell’inventare una democrazia più esigente, che eviti la demagogia e la veduta corta». Sentite, sentite! «Il processo sarà lento, ma un contributo può già darlo un dialogo intenso e fiducioso fra istituzioni, al di là delle frontiere». Insomma Monti, del popolo, dei suoi diritti politici, della sua stessa esistenza, non tiene conto alcuno. Tutto si deve esaurire in dialoghi e incontri nelle conventicole di chi ha il potere economico, una faccenda tra plenipotenziari del denaro. Fino ad oggi Monti non è riuscito a far entrare mai i cittadini nei suoi ragionamenti. Se la prospettiva della democrazia europea è un Direttorio vuol dire che tempi ancor peggiori di questi ci attendono.
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Incominciamo ad avere nostalgia del “peggio”. Ovviamente “peggio” si fa per dire. In un editoriale sul “Messaggero” di domenica 12 febbraio Romano Prodi ha detto con estrema chiarezza che la colpa della crisi greca è della cancelliera tedesca Merkel e del presidente francese Sarkozy. «Per capire bene le cose – ha scritto Prodi nel suo domenicale “Quei no fatali di Francia e Germania”bisogna andare indietro nel tempo quando, per non essere soggetti al controllo delle autorità europee, Francia e Germania hanno respinto le proposte della Commissione Europea volte a sottoporre a continuo monitoraggio i conti dei Paesi dell’euro». Avete capito? Erano i tempi di quando Prodi era Presidente della Commissione. Neppure allora tedeschi e francesi si fidavano dell’italiano. Insomma Francia e Germania hanno fatto finora il bello e il brutto tempo. Non hanno voluto controlli per tutti ed ora impongono controlli e commissariamenti agli altri. Quasi di concerto, il giorno dopo, lunedì, 13 febbraio, Marco Nese sul “Corriere della Sera” ha rivelato che gli eurocompari di merenda, Sarkozy-Merkel, «mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra». Roba da mafia internazionale. In una situazione del genere non si capisce di che democrazia europea parli Monti, non certo della democrazia quale è ipotizzata dalla nostra Costituzione. Qui è necessario riflettere se è il caso o meno di stare nella stessa gabbia, dove – diceva Francesco Petrarca ai suoi dì - «fiere selvagge et mansüete gregge / s’annidan sì, che sempre il miglior geme». Se a gemere siano ancora i migliori non so, so che sono i Greci, gli Spagnoli, i Portoghesi, gli Italiani.
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Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha detto che la Grecia non sta rispondendo bene alle sollecitazioni europee, che loro non possono gettare i loro soldi in un pozzo senza fondo e che la Grecia dovrebbe trovare un Monti per mettere a posto le cose. Dovremmo essere orgogliosi di questo indiretto apprezzamento al nostro Presidente del Consiglio, che ricorda altri più diretti apprezzamenti della serie “tutti ce lo invidiano”. Ma, a parte il fatto che gli apprezzamenti tedeschi di oggi sono falsi e interessati, c’è che gli ha risposto duramente il Presidente greco Karolus Papoulias: «Ma chi è il signor Schäuble per insultare il mio Paese? Chi sono gli olandesi? Chi sono i finlandesi?». Avrebbe potuto continuare a dire: «Chi sono gli italiani?», che a pie’ sospinto dicono «Noi non siamo la Grecia!».
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La ministra del lavoro etc. etc. Elsa Fornero, quella delle lacrime per i sacrifici, ha detto che bisogna abolire la cassa integrazione straordinaria per dare un sussidio a chi è senza lavoro. Dopo l’art. 18, un altro ostacolo sul tavolo delle trattative coi sindacati. E infatti essi si sono subito detti contrari: la cassa integrazione non si tocca! Ma anche in questa sortita tecnico-ministeriale si vede l’incertezza di procedere avanti nella riforma del mercato del lavoro. Manca un disegno organico e si va avanti per proposte alla “se colgo colgo”. Ma si vede anche il tentativo di creare consenso a questo governo, che, invece, per la sua natura, non dovrebbe preoccuparsi di averne. Un sussidio a chi è senza lavoro avrebbe sicura accoglienza da chi niente per niente si accontenta del poco. E sono tantissimi in Italia, specialmente giovani. C’è nel Paese una paura fottuta che prima o poi scoppino i disordini che abbiamo visto in Grecia.
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Intanto, mentre Monti cerca di convincere il mondo che noi non siamo la Grecia e infonde speranza agli italiani e poi di fatto declassa l’Italia, privandola di una scommessa importante come le Olimpiadi del 2020, i giovani per bocca della cantante Emma Marrone, che vince il Festival di Sanremo 2012, lo avvertono: “Non è l’inferno… ma…che non rimangano parole”.

domenica 12 febbraio 2012

Monti, l'uomo che parlava alle farfalle

Ciò che unisce i vari membri del governo Monti è una sorta di solidarietà inconsapevole dei primi della classe, l’albagia che ha sempre contraddistinto e caratterizzato i secchioni, quelli che ad una chiamata del professore rispondevano dal posto con compiaciuta boria. Gli stessi si guardavano in cagnesco perché il primato del migliore non era cosa da condividere e per un più o un meno erano capaci di covare risentimenti a vita. Quanto agli altri, compagni di classe dico, erano considerati plebaglia da non tenere in nessuna considerazione, gente che era a scuola e invece doveva andare a zappare la terra. Tutto al passato, si capisce, perché negli ultimi tempi tale clima di primeggiamento a scuola si è in qualche modo attenuato. Prevale la solidarietà che unisce tutti nella comune difficoltà di trovare una sistemazione. Parola, questa, che oggi, Napolitano e Monti consulibus, sta per diventare una bestemmia. I signori del governo tradiscono la mentalità del “superiore”, dell’aristocratico per merito, sul duplice fronte: dei politici esautorati perché chiaramente incapaci e dei cittadini che non possono davvero ambire ai successi loro riservati. Che volete, voi politici, avete dimostrato di non valere niente; per giungere al potere avete bisogno di farvi il culo con l’elettorato. Noi invece, vedete, senza né buongiorno né buonasera, al potere ci siamo perché “noi siamo noi – disse Alberto Sordi nei panni del Marchese del Grillo – e voi non siete un cazzo”. Ministro Fornero, please, i Suoi figliuoli li considera la stessa fetta di pane fatto in casa sulla quale spalmare la poca nutella che c’è? E che significa questa pernacchia egualitaria in un contesto di selvaggia diseguaglianza finora perseguita? Lei ha detto che non si sarebbe espressa come il suo vice Michel Martone, che se n’è uscito con la più rivelatrice delle frasi “se a 28 anni non ti laurei sei uno sfigato”, ma intanto intende considerare i giovani, laureati o non laureati a 28 anni, tutti degli “sfigati”, sui quali spalmare le difficoltà della vita.
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La verità è che continuando ad insultare gli italiani, i giovani in particolare, gli apprendisti stregoni del governo potrebbero vedersela brutta. Non lo dico perché lo desideri, ma perché lo temo. Non conviene a nessuno che le cose si mettano male. Ma il modo come questi specialisti fuori dal loro seminato si comportano è da dilettanti allo sbaraglio, ad incominciare da Monti, che si dice sicuro di poter cambiare gli italiani e considera il posto fisso una monotonia, per finire alla sua ministra degli interni, Anna Maria Cancellieri, che ha definito “mammoni” i giovani. Ci lamentiamo dei giudizi che gli stranieri esprimono su di noi. Ma Monti e i suoi ministri non esprimono nei nostri confronti giudizi assai più severi? In verità i ministri tecnici sono come scollegati dalla realtà politica e culturale del Paese. E questo è pericoloso. Monti sembra Ambra Angiolini, che aveva il suggeritore in cuffia; quando parla sembra ricevere le parole dall’alto, come suggerite da un soggetto che Aristotele chiamava intelligenza universale, con cui sarebbe in contatto diretto. Più terra-terra, sembra quasi parlare a delle farfalle. Gli americani gli hanno dedicato la copertina di “Time”, un gran riconoscimento, ma con parole ambigue di commento: “nonno elegante…voce tranquilla…occhi sorridenti…può quest’uomo salvare l’Europa?”. Noi saremmo già contenti se riuscisse a salvare l’Italia o, a suo stesso dispetto, il posto fisso di chi ce l’ha e ne garantisse uno a chi non ce l’ha. Perché il posto fisso, in difetto di posti pur che fossero, vuol dire progettare un futuro da cristiani.
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Lo spread scende, lo spread sale. Quando la gente chiamava gli oggetti col nome della loro funzione, c’era il “saliscendi”, che era un manufatto in metallo che, applicato alla porta, uno in alto ed uno in basso, serviva per aprirla o per chiuderla dal di dentro. Questo andar su e giù dello spread, vero tormentone che dura da diversi mesi, sembra il più autorevole indicatore del successo di Monti. Nel coro di osanna a Monti viene qualche sospetto, anche perché, mentre i titoli dei giornali dicono una cosa, gli articoli poi all'interno ne dicono un’altra. Ma diamo per buono l’indicatore e diamo per motivo di gioia il suo attestarsi ad un livello di convenienza nazionale; non c’è chi non capisca che è un bene per i nostri conti pubblici. E’ lecito, tuttavia, porsi due domande. Prima, chi sta pagando i sacrifici fatti? Seconda, fino a quando per salvare l’economia europea il Presidente del Consiglio italiano è di fatto un Commissario europeo, che, più che rispondere alle condizioni degli italiani, deve rispondere ai diktat di banchieri e finanzieri europei? Risposta alla prima domanda: gli sfigati. Risposta alla seconda: io non credo che la situazione possa durare molto a lungo. Ecco perché i membri del governo Monti, per un verso cercano di far passare cose buone (posto fisso – articolo 18) per cose ora cattive ora non più sostenibili; per un altro cercano di crearsi un qualche consenso nel Paese (decreto svuota carceri).
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Il governo ha posto il voto di fiducia sul decreto che, sollecitato dai radicali, svuota i carceri italiani, affollati al limite dell’inverosimile e della vivibilità. Ma si può andare avanti con simili provvedimenti? Far uscire dal carcere tanti detenuti perché lo Stato non è in grado di tenerli tutti dentro da cristiani? Dice il governo e con grande ipocrisia dicono i politici del Popolo delle Libertà che l’assecondano: garantiamo che nessun criminale uscirà dal carcere. Ci mancherebbe altro che facessero uscire i criminali condannati all’ergastolo! Ma intanto vogliono chiudere gli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari), che sono “indegni”, dice il Presidente Napolitano. Al di là se il governo Monti è di destra o di sinistra – si masturbano i ministri a dire che loro non sono né di destra né di sinistra – resta il fatto che sta facendo pagare i costi dei suoi provvedimenti, non solo finanziari ma anche sociali, alla gente. Lo Stato non è in grado di avere carceri per tutti i detenuti, non ha strutture per tenere e curare adeguatamente i malati mentali, condannati per delitti efferati, e che fa? Li mette tutti fuori e dice – per la verità non lo dice, lo fa capire – si faccia carico la società, che poi vuol dire che il carico è dei poveri cristiani, che subiranno le conseguenze, famigliari o occasionali vittime. Vedremo – come già abbiamo visto – aumentare i reati e i delitti dopo lo svuotamento delle carceri e l’abolizione dei manicomi. Monti e i suoi tecnici non hanno il senso della società, ma unicamente dello Stato. Brutta faccenda quando la forbice tra Stato e società si allarga; vuol dire che il contratto sociale non tiene più; vuol dire che una delle due parti non ha osservato i patti. Ma, quando ciò accade – lo insegnavano gli inglesi maestri di democrazia – l’altra parte è autorizzata a sollevarsi contro.
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Intanto “quali colombe dal disio chiamate” volano verso Monti gli ex falchi del PdL, quelli che si opponevano all’operazione “governo tecnico”. Trasformismi di stagione. Gli ultimi, dopo politici, giornalisti e politologi, sono gli ex arrabbiati che fino all’altro giorno avrebbero voluto andare a nuove votazioni. L’istinto di sopravvivenza li consiglia a rinunciare ai loro propositi. Hanno capito che non c'è futuro politico per chi oggi osteggia Monti. Monti assicura i mercati che chi verrà dopo di lui continuerà la sua politica, mantenendo in vita le sue riforme. E allora di qui la corsa a non apparire più critici di Monti, a non essere sospettati di discontinuità con lui. Daniela Santanchè, Osvaldo Napoli, Altero Matteoli ed altri meno noti riconoscono di essersi sbagliati. La Santanchè dice che solo i cretini non cambiano opinione. Mica fessa! Poco c’è mancato che dicessero a coro di aver scherzato. Resiste Giuliano Ferrara, che riconosce i risultati di Monti ma ricorda subito dopo che resta pur sempre un’anomalia. Resistono i pretoriani della stampa berlusconiana, ma è il gioco delle parti. Berlusconi dice una cosa con la bocca, con la pancia ne dice un’altra; con la bocca comunica con le istituzioni, con la pancia comunica con l’elettorato, che di qui a un anno è quello che conta. Bravo Ostellino, invece, che ironizza: “Nell’orgia retorica su Monti, non mi stupirei se qualche telegiornale desse queste notizie: 1) «Ieri, dopo il fondamentale discorso del presidente del Consiglio all’Associazione femminile “Voglia di Mario”, anche la neve, a Roma, si è sciolta per la commozione»; 2) «Reggio Calabria, all’annuncio della prossima conferenza stampa del Professore, un non udente dalla nascita ha riacquistato l’udito». Non ne faccio una questione morale. Solo di (grottesco) costume giornalistico” (Corsera dell’11 febbraio). Per me no, caro Ostellino; per me è proprio una questione morale.

domenica 5 febbraio 2012

Monti e l'offensiva sociale

Mussolini nel 1935 rassicurò gli italiani, dopo le sanzioni economiche inflitte all’Italia dalla Società delle Nazioni, che non c’era bisogno di carne nel nostro Paese, che sarebbero bastati i fagioli, la “carne dei poveri”. Non che il paragone tra carne e fagioli non avesse una sua fondatezza sul piano delle proteine, ma era chiaro che il Duce voleva esorcizzare la mancanza di ciò che per le sanzioni l’Italia non avrebbe avuto con ciò che l’Italia poteva procurarsi da sé, autarchicamente. E’ il vizietto dei dittatori, emerso di recente con una improvvida ma rivelatrice frase di Mario Monti, che dittatore non è, nel senso che non ha fatto nessuna marcia su Roma e che ha a noia farsi perfino una passeggiata nei fori, ma che non è stato eletto dal popolo, che in democrazia è fondamentale: i giovani devono scordarsi il posto fisso per tutta la vita, che è una vera monotonia. Mettiamo che volesse solo sdrammatizzare la mancanza del posto fisso dando ad intendere ai giovani che dopo tutto il posto fisso è monotono e che il posto variabile è di gran lunga da preferire; ma non ne siamo sicuri. Fedro se la cavò con la volpe e l’uva. Una grandissima minchiata, quella di Monti, con tutto il rispetto, che apre una crepa in quel muro di ieraticità che accompagna da sempre la sua figura. Il problema, infatti, è che non ci sono posti di lavoro, né fissi né mobili. Nel clima che si è generato commentatori e notisti politici si sono precipitati in “soccorso del vincitore”. Ma come puoi dire che il posto fisso è monotono quando in Italia tre giovani su dieci vanno alla spasmodica ricerca di un posto di lavoro pur che fosse? E tutti a dire che Monti è stato equivocato, che voleva semplicemente dire che il posto fisso è monotono in sé. Ma si può dire ad uno che digiuna da giorni e che barcolla sulle gambe per la debolezza che il digiuno fa bene alla salute? Via, siamo seri!
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Che significa “per tutta la vita”? Va bene, voleva dire per tutta la vita lavorativa. Monti – si sa – è parco di parole. Ma è importante dire per intero “vita lavorativa”, perché da essa, dalla sua estensione e continuità, dipende la sicurezza del segmento di vita “non lavorativa”, ossia la vita da pensionato, che Monti sembra voler escludere. In difetto di un posto fisso, infatti, si mette a rischio la pensione. I giovani, i tre su dieci, che sono disoccupati, e gli altri che non hanno un posto fisso, a che età andranno in pensione? Se andranno! E, poi, che significa per Monti “posto fisso”? Non è che per caso volesse dire posto di lavoro continuo? Le parole hanno un senso se contestualizzate. Il posto di lavoro di un insegnante di italiano o di matematica è fisso o mobile? E’ sicuramente fisso se inteso come lavoro o professione; è mobile se è riferito alla sede di insegnamento, che può essere una scuola piuttosto che un’altra, una città piuttosto che un’altra. In un certo senso, scuola o sede, il lavoro di un insegnante è monotono, perché non è che oggi possa indifferentemente insegnare italiano e domani scienze naturali, oggi storia dell’arte e domani fisica o chimica. Può cambiare sede, a condizione che ci sia l’opportunità di farlo. Ma questo vale per qualsiasi lavoratore: un muratore non può fare l’infermiere. Dire che il posto fisso è monotono equivale a dire che il lavoro professionale, specialistico, è monotono. Se vogliamo dare un senso alla frase, che a rigore oggi in Italia non ne avrebbe, la monotonia del posto fisso va vinta all’interno della sicurezza del posto di lavoro. Giustamente sindacalisti e alcuni politici hanno commentato l’infelice frase di Monti un po’ andreottianamente: il posto fisso annoia chi non ce l’ha.
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In realtà Monti, che pure ha cercato di scusarsi dicendo di essere stato equivocato, ha detto quel che pensava; ma non ha neppure ammesso che non era opportuno dirlo. A riflettere, la frase di Monti entra in maniera coerente ed organica alla sua visione delle cose, che è quella di portare l’Italia e l’Europa fuori dalle secche della crisi. Può farlo solo se non si pone né preoccupazione né scrupolo di sorta. Del resto il suo governo, detto dei tecnici o dei professori, pur facendo inevitabilmente politica, non ha la funzione fisiologica della politica, che è quella di mediare tra le esigenze e gli interessi dei vari soggetti sociali. L’ulteriore prova è l’attacco all’art. 18, quello in virtù del quale un lavoratore non può essere licenziato senza giusta causa. Sembra così ovvio che viene da chiedersi se l’abolizione di un così importante principio di civiltà giuslavorativa non nasconda qualcosa di ben più grave. Si dice che un’azienda non assume per colpa dell’art. 18, che le impedisce di licenziare. Un rompicapo! Se un’azienda ha oggi bisogno di un lavoratore lo assume, se domani, in condizioni mutate, non ha più bisogno lo “licenzia” come la legge prevede. Il problema, dicono i sindacati, è che oggi non c’è lavoro e dunque assumere per licenziare o licenziare per assumere è un “gioco” che alla fine produce delle vittime, che sono sempre i lavoratori. I quali, invece, devono essere sempre garantiti. E’ davvero curioso il fatto che in un momento di grave disoccupazione giovanile, il 31 %, piuttosto che preoccuparsi di creare posti di lavoro, il governo si preoccupa di dare ai datori di lavoro liberatoria di licenziamento, di creare cioè altri disoccupati. Curioso, ma si spiega!
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Quando un’azienda chiede l’abolizione dell’art. 18 si preoccupa della sua salute. Non si può dire che l’azienda abbia torto. L’azienda è un soggetto sociale che ha il diritto-dovere di operare in funzione dei suoi interessi. Ma quando un lavoratore, che lavora e lo fa preoccupato di non mettersi nelle condizioni di essere licenziato, come prevede l’art. 18 (giusta causa), non fa che difendere legittimamente i suoi interessi. Dunque: da una parte un soggetto, l’azienda che vuole essere libera di licenziare, dall’altra un altro soggetto, il lavoratore che chiede garanzie per mantenere il posto di lavoro. Entrambi hanno ragione, pensano ed operano per sé; l’uno e l’altro hanno la loro rappresentanza di difesa: il primo la confindustria, il secondo il sindacato. Chi deve porsi a mediare fra i due interessi? La politica. Ma oggi la politica non c’è, ha abdicato, verrebbe di dire che è stata licenziata per “giusta causa”. Pertanto l’equilibrio si è rotto. C’è il governo dei tecnici, che resta un’anomalia, per quanto la si voglia edulcorare, giustificare e legittimare. Quale è la conseguenza nel rinnovato conflitto sociale a cui stiamo assistendo? La conseguenza è che il governo Monti, che fa politica senza avere della politica la funzione mediatrice, difende gli interessi di una parte, mondo della finanza e delle aziende, non per scelta politica ma per esigenza tecnica, in quanto gli interessi delle finanza e delle aziende coincidono oggi con gli interessi superiori della nazione finanziaria italiana ed europea. E i lavoratori chi li garantisce?
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Ma se pure si può capire il momentaccio e le scelte operative di un governo che viaggia su binari piuttosto che su strada, non si può tollerare l’insistenza di un’aggressione verbale nei confronti della parte oggi soccombente, che è quella del lavoro, un’aggressione tanto violenta e a tratti disonesta. Il posto fisso è monotono, dice Monti. L’art. 18 va abolito, per consentire alle aziende di licenziare-assumere e per incoraggiare gli investimenti. Bisogna abolire il valore legale ai titoli di studio per lasciare alle azienda libertà di dire questa laurea serve e questa non serve. Si tratta di atteggiamenti che hanno una forte coerenza in una visione, che potrebbe pure essere giusta di qui a qualche anno, ma che oggi penalizza la società nelle sue fasce più bisognose. Fino a quando, quo usque tandem abuteris patientia nostra? Lo chiedono i milioni di cittadini, di laureati, di lavoratori, che si trovano nel tritacarne di un governo tecnico e pertanto politicamente irresponsabile.
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Perché Monti non dice che in Italia gli stranieri non investono per le nefandezze di una giustizia lentissima e intricatissima? Perché non dice che in Italia le aziende sono in crisi perché gli enti pubblici non pagano le commesse? Ha sentito dei suicidi di imprenditori nel nord est italiano? Intanto è esplosa la questione dei soldi dati ai partiti, utilizzati per investimenti in Tanzania (Lega Nord) o per speculazioni immobiliari (Luigi Lusi, tesoriere della Margherita). Mentre la Guardia di Finanza è alle calcagna di evasori, falsi invalidi e di chi continua a percepire la pensione nonostante il titolare sia morto, gli amministratori dei partiti continuano ad incassare i soldi del cosiddetto rimborso elettorale – leggi sovvenzionamento dei partiti – benché i partiti siano morti, come nel caso della Margherita o di Alleanza Nazionale. E Monti, che dice basta col buonismo, nulla fa per mettere fine ad usi, abusi …Lusi e collusi di regime che continuano a prendere soldi dallo Stato al doppio, e per la legislatura interrotta e per la legislatura in corso. Incredibile! Un furto agli italiani continuato che grida vendetta. Un miliardo di rimborso elettorale indebitamente riscosso sarebbe utilissimo allo Stato e potrebbe servire ad alleviare la pressione sui poveri disgraziati di cittadini, che, però, Monti considera dei “male imparati” da rieducare. Ostellino sul “Corriere della Sera” di sabato, 4 febbraio, dice: “La (volgare) contestazione a Napolitano, a Bologna, e altri episodi, rivelatori di un malessere sociale che potrebbe sfociare nella violenza, dovrebbero far riflettere”. Siamo alle solite: non si crede al santo finché non si vede la festa.