giovedì 27 settembre 2018

Ma c'è ancora la legge in Italia?




A sentire Di Maio e Salvini sembra che in Italia non ci sia più legge. Di fronte al “popolo”, al suo bene, alla soluzione dei suoi problemi, cessa tutto. Ripetono la parola “italiani” in una breve dichiarazione di un minuto più di quanto non facesse Almirante in un comizio di un’ora.
Per leghisti e cinquestelle siamo in presenza di un “popolo-dio” e come nel medioevo i crociati gridavano deo lo vult, alle obiezioni che vengono loro mosse i due vice-presidenti rispondono: il popolo lo vuole, noi gliel’abbiamo promesso e guai a chi ci impedirà di farci mantenere la promessa! Come se il nuovo esecutivo, detto del cambiamento, non avesse l’obbligo comunque di muoversi e di agire all’interno di un quadro costituzionale e delle leggi vigenti.
E’ stato forse abolito in Italia il sistema politico-giudiziario, per cui dei gruppi politici al potere agiscono come truppe di occupazione, che rispettano solo le leggi del  “paese di provenienza”?  
Renzi rischia di essere stato l’ultimo fesso d’Italia. Tale appare oggi per aver chiesto due anni fa il referendum per una castigatissima riforma della Costituzione! Avrebbe potuto strafottersene, come stanno facendo ora Di Maio e Salvini.
Il loro modo di fare è tipico dei periodi di anarchia, quando non c’è più legge, non c’è chi la fa rispettare e comanda il più forte, sentendosi legittimato dal favore popolare, l’alfa e l’omega delle loro preoccupazioni.
I due hanno giurato davanti al Presidente della Repubblica di rispettare la Costituzione. Pensavano forse che fosse tutto uno scherzo, un atto puramente formale, un maquillage?
In una democrazia, quando un governo si accorge di non poter mantenere le promesse elettorali fatte dai suoi esponenti politici, benché fatte in un sistema di macroscopico voto di scambio, non deve sentirsi colpevole di uno sgarro, ma responsabilmente ridimensiona il suo programma, fa quello che può fare o semplicemente lascia. Insistere a voler fare a tutti i costi quanto promesso non è concepibile. Ci sta che un politico o un governo si sbagli, si faccia male i conti, fallisca in tutto o in parte. Quel che conta non è l’interesse del singolo politico o di una classe politica, ma del Paese nel suo insieme.
Crolla il ponte Morandi a Genova. La colpa è subito di Autostrade, a cui si vuol togliere subito la concessione, obbligarla a pagare la ricostruzione del ponte ed escluderla dal parteciparvi. Un’esecuzione sul posto! Quante volte abbiamo sentito persone nei bar ragionare in questo modo? Se fossi io gli toglierei le concessioni e li costringerei a pagare tutto; così imparano! Di Maio e Salvini sono come gli avventori del bar dello sport, né più né meno.
Noi, che i bar li frequentiamo per il caffè o il gelato, ci chiediamo: ma non c’è più una legge che regola simili situazioni?
A chi obietta a Di Maio e Salvini che Autostrade potrebbe fare ricorso al Tar, la risposta è di un’arroganza degna del peggior modo di essere mafiosi. Dicono: lo faccia, intanto paghi e taccia! Non diversa la risposta per i ricorsi per il taglio dei vitalizi ai parlamentari. Intanto glieli abbiamo tagliati, facciano pure ricorso!
Il Ministro dell’Economia Tria dice che non ci sono i soldi per fare tutto quello che i due neogiacobini vogliono. Tria è un signor professore universitario di economia. Di Maio è un signor nessuno. Neppure se dovesse avere il cento per cento dei voti sarebbe mai qualcuno. Ma intanto dice: un Ministro dell’Economia serio deve saper trovare i soldi. Dunque Tria non è serio; si metta da parte! Il portavoce del Presidente del Consiglio, Rocco Casalino, laureatosi all’Università del Grande Fratello, ha detto che i funzionari del Ministero dell’Economia boicottano le iniziativfe del governo.
Ma dove stiamo? In quale organizzazione di evasi ci troviamo? Qui non si tratta di essere pro o contro il populismo, che è solo un modo di pensare e di operare ma sempre nel perimetro della legge, bensì di una sistematica e pragmatica ignoranza dei comportamenti politici e delle procedure amministrative. Preoccupa non la loro presunta sicurezza di essere nel giusto, inteso come legale, quanto il loro non voler considerare che le questioni nel nostro Paese si devono regolare con le leggi esistenti. Non si chiedono neppure se una cosa la possono fare o meno. E se qualcuno glielo dice, è pronta la risposta: non possiamo fare questo? beh, noi intanto lo facciamo; poi si vedrà.
Questo percorso potrebbe portarci fuori strada. Attenzione, per ora è solo una parte politica che intende muoversi a prescindere dalle leggi! Nel momento in cui altri si rendono conto della bagarre, allora potrebbero ricorrere tutti a sistemi e a metodiche più politicamente spicciative e redditizie. Il che, fuor dal linguaggio più castigato, vorrebbe dire che ai loro modi disinvolti di ignorare la legge si potrebbero contrapporre modi altrettanto disinvolti, per non dire del tutto illeciti. A la guerre comme à la guerre!
Prima o poi questi due signori si troveranno a dover fare una duplice serie di conti. Immancabilmente con le leggi dello Stato da una parte e col loro “popolo-dio” dall’altra. Il quale – lo sappiamo per tantissimi precedenti avvenuti nella storia – quando si sente tradito o raggirato o si accorge che il leone a cui credeva di essersi affidato è solo un asino allora si trasforma in un mostro di ingratitudine e di ferocia.
Non vogliamo evocare scenari apocalittici, peraltro improponibili per una lunga serie di motivi, ma questo governo ci sta abituando ad un modo di far politica del tutto fuori dalle regole e per certi aspetti dalle leggi. Dove potremmo arrivare ce lo dobbiamo chiedere.
L’arroganza di Di Maio e la prepotenza di Salvini, al di là se possono o meno nel breve termine sortire effetti positivi, stanno producendo guasti alla politica e alla società che potrebbero essere assai gravi per la credibilità dello Stato di diritto e della democrazia.