domenica 31 marzo 2024

La lezione di Bari

Chi vive in terra di mafia – e la nostra è terra di mafia – sa che è difficile se non impossibile rimanerne immuni. È come stare dal mugnaio senza infarinarsi. Ognuno sa che con la mafia o si è di qua o si è di là. Tertium non datur. In politica, però, ci può essere anche il tertium. Un po’ di anni fa in un bar del mio paese un sospettato locale mi offrì un caffè, come si usa fare per atavico costume. Gli dissi che da lui non lo accettavo. Calò il gelo e tutti i presenti, che quel caffè lo avevano accettato e sorbito, si guardarono sospetti. Posso dire che per questo non sono stato mai sfiorato dalla mafia? No. In tutta onestà non lo posso dire, anche se non so né come né quando sia accaduto. Qualche anno dopo il tipo me lo ritrovai sindaco con tanto di fascia tricolore che mi univa in matrimonio. Mi porse la mano, ricambiai per non incorrere in vilipendio di pubblico ufficiale. Il caso di Bari è emblematico. Le massime autorità politiche e amministrative della Città e della Puglia ammettono che nella nostra regione c’è la mafia e che è potente. Tanto potente che se c’è un po’ d’ordine a Bari è perché comanda lei. Ha detto lo storico medievista Franco Cardini, che all’Università di Bari ha insegnato per sei anni nella seconda metà degli anni Ottanta, intervistato da un giornale, che “Dove la malavita impera l’ordine è massimo, […] perché il criminale per potere operare ha bisogno di ordine, di tranquillità. È un potere parallelo che deve agire”. Decaro è andato in giro con un faldone da guinnes dei primati per dimostrare quello che tutti sanno, che lui si è sempre distinto in questo alto impegno civile e che perciò vive con la scorta. Il presidente della Regione Emiliano ha voluto strafare per dimostrare che lui la mafia non solo l’ha combattuta da magistrato ma la tiene in pugno come uomo delle istituzioni, presentandosi a casa di una sorella di un noto boss in carcere per “raccomandare” il rispetto di Decaro quando questi era assessore ed era stato minacciato. La verità che vien fuori è che a Bari la mafia e la pubblica amministrazione hanno trovato un entente cordiale nonostante l’impegno sia di Decaro che di Emiliano di combatterla. L’arresto di più di 130 persone, in vario modo legate alla pubblica amministrazione, è più che sufficiente per non avere dubbi su questo. Cercando nei rigagnoli della società minuta, troviamo una funzionaria della prefettura che si rivolge ad un mafioso per avere l’auto che le era stata rubata. Che cos’è, non è forse mafia? Due vigilesse, che si rivolgono ad un mafioso per fare giustizia di un’offesa ricevuta da un balordo, che cos’è? Via, non facciamo finta che certe cose non le sappiamo. E chissà quanti altri casi di mafiosa quotidianità! Il riconoscimento alla mafia o alla malavita di una funzione “giudiziaria” è la prova più grave che la mafia scorre nelle vene e nelle arterie della società come il sangue nel corpo umano. Siamo in campagna elettorale e Decaro è candidato alle Europee per il Pd. Lui dice – e con lui l’universo del centrosinistra – che l’iniziativa degli ispettori del Ministero degli Interni per vedere se ricorrono le condizioni per lo scioglimento del Consiglio Comunale cittadino, è un atto di guerra, compiuto dal centrodestra che è al governo, mirato a colpire le forze politiche del centrosinistra, che senza l’ispezione ministeriale avrebbero vinto in scioltezza le elezioni. L’ex magistrato di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, in un’intervista ad un giornale sul caso Bari, ha detto che l’ispezione è stato un atto doveroso e che “a Decaro hanno aperto la strada per una sicura elezione alle Europee”. Se queste sono le premesse ha ragione Di Pietro. Lo si è visto nella grandiosa manifestazione di solidarietà a Decaro da parte della popolazione di Bari. È la stessa dell’entente cordiale di cui si parlava. Se Decaro ha combattuto la mafia – e l’ha combattuta! – ed essa ha prosperato, come si riconosce, vuol dire che a Bari c’è una pax, in nessuna parte certificata, che garantisce reciproco vantaggio. Un qualsiasi cambiamento potrebbe scatenare reazioni imprevedibili fino al ritrovamento di un nuovo equilibrio, come è successo nel passato. Perché la mafia – lo dice la sua storia – se non puoi batterla te la devi fare amica. Veramente è pensabile che se a Bari vince il centrodestra, sim sala bim, la mafia sparisce, l’ordine regna come nella mitica età dell’oro? Non si tratta di essere rassegnati a dover convivere con la mafia ma di avere la consapevolezza che la mafia è nelle piccole e nelle grandi operazioni. Per batterla bisogna iniziare proprio dalle piccole. Se ti rubano l’auto, vai dai Carabinieri. Se ti offendono o minacciano, vai all’avvocato. Cercare scorciatoie con certa gente è delittuoso due volte, tanto più se rappresenti le istituzioni.

sabato 23 marzo 2024

Ci stiamo sottomettendo

A Pioltello, nell’hinterland milanese, un istituto scolastico inferiore ha deciso di chiudere la scuola per un giorno per festeggiare la fine del Ramadan (digiuno) secondo tradizione islamica. La ragione è che in quell’istituto la popolazione scolastica è divisa quasi fifty-fifty tra islamici e cristiani. Il ministro Matteo Salvini, leader della Lega, ha fatto l’ennesimo tweet indignato e ha rimediato gli ennesimi insulti. Il ragionamento che vien fatto è di una semplicità elementare: gli islamici nel corso dell’anno osservano tante tradizioni cristiane: Natale, Pasqua e feste comandate; è giusto che i cristiani almeno una volta all’anno osservino quelle islamiche. Che siamo in Italia e non in un paese arabo è un dettaglio di nessun conto. Gli islamici hic sunt et hic manebunt optime. Lo dico senza ironia o doppio senso: che sia giusto non so, che così è ormai è fuori discussione. C’è una slavina ideologica che vien giù e volerla fermare con le mani, come fa Salvini, è ridicolo oltre che pericoloso. Dico slavina perché se Salvini si guarda intorno non vede che gente indifferente, che anzi ritiene normale se non auspicabile che il Paese vada verso una direzione multiculturale, multietnica, multitutto. E poco o pochissimo conta che anche un Giovanni Sartori, politologo illustre, era contrario alle multicose. I grandi cambiamenti iniziano sempre così. All’inizio si dice: ma cosa vuoi che sia qualche islamico in Italia! A te personalmente che fastidio o danno ti fa se due maschi o due femmine, coppie di fatto, adottino un bambino? E così via con altre aperture o licenze, permessi e tolleranze, a volte contrarie alla legge. Ma, siccome il cervello è fatto per pensare, a volte bene a volte male, sono sempre punti di vista, mi chiedo se per caso di qui a qualche anno, sempre per il principio che ognuno ha diritto al rispetto delle proprie tradizioni, lo stesso non accada per tante altre tradizioni islamiche, compresa la bigamia, compresi i matrimoni combinati e tante altre abitudini che non solo sono diverse dalle nostre ma con le nostre confliggono. Allora si dovranno fare due costituzioni, una per gli italiani e l’altra per gli stranieri. Perché qui, in Italia, non è consentito avere due mogli, massimo qualche amante, mentre per gli islamici è a disposizione l’harem se se lo possono permettere. A Monfalcone, provincia di Gorizia, a due passi dal confine con la Slovenia, si ha l’impressione andando in giro di trovarsi a La Mecca, tanti sono gli arabi, regolarmente vestiti all’araba, che s’incontrano per strada, in piazza o nei locali pubblici. Già qualche italiano incomincia a vivere un po’ di disagio vestito alla europea. Ci sono luoghi di grande aggregazione, come piazze e stazioni ferroviarie, che sono talmente piene di gente di colore (termine lessicalmente modificato) che tu pensi, come primo impatto di essere in Africa, come successe a me qualche anno fa uscendo dalla stazione di Brescia per andare a fare il commissario alla maturità in una scuola di colà. Lo spettacolo è indecoroso: persone di colore sdraiate sotto gli alberi, altre sui muretti, altre affaccendate in non si sa quali confabulazioni. Nel bel paese, famoso nella storia e nel mondo, per il gusto estetico e le opere d’arte, passano come situazioni normali scene che deturpano, a prescindere da ogni altra considerazione, il paesaggio urbano. Il processo di deidentificazione non si ferma per ora, non è neppure contrastato, anzi. Chi accenna a qualche flebile lamento è tacciato di razzismo, di fascismo e di non so quanti altri reati d’opinione. Si va verso un paese completamente diverso, che diverrà, se già non lo è, estraneo alla nostra storia, alla nostra civiltà. C’è voluto del tempo, tante tragedie nazionali, tante resistenze, ma alla fine siamo sulla strada giusta, in direttiva d’arrivo. Non è solo l’Italia in gioco, evidentemente, ma l’intera Europa occidentale. L’Europa laica, da anni ormai soggiogata alla cultura francese, che rifiuta le radici cristiane, sta facendo tabula rasa delle peculiarità nazionali, della bellezza delle sue contrade, sta svendendo il suo immenso patrimonio di civiltà alle economie globalizzanti e in cambio di merci e di soldi punta a fare un solo mondo. Ci dobbiamo tenere tutti gli stranieri nei nostri paesi, quanti ne arrivano arrivano, per gli interessi che abbiamo noi europei nei paesi della loro provenienza. Ora, quando si è davanti a fenomeni del genere, si può anche essere per il quieto vivere. E mo’, le cose vanno così, pazienza! Eh no. La storia dice, non insegna, perché non insegna un bel nulla, che tutti i fenomeni degenerativi, prima o poi, esplodono nel disastro.

sabato 16 marzo 2024

Comunisti? Punto e daccapo!

Un indizio è un indizio, diceva Agatha Christie, due indizi sono due indizi, tre indizi sono una prova. A distanza di oltre mezzo secolo gli studenti di sinistra, chiamiamoli così, pur sapendo che non tutti sono studenti, hanno occupato le università. Entra e parla chi vogliono loro, gli altri se ne vanno con la coda fra le gambe per evitare il ritorno alle spranghe di ferro e alle chiavi inglesi. Ma se continuiamo di questo passo si arriverà anche questa volta agli scontri violenti. E allora la colpa sarà come sempre dei fascisti, tanto più che oggi sono al governo. Ne ha dato prova la professoressa dell’Università La Sapienza di Roma Donatella De Cesare, la quale ha chiamato squadristi alcuni giovani che in silenzio prima di una lezione le hanno fatto vedere i volti di quelli ammazzati dalla terrorista Balzerani della quale lei, in occasione della di lei morte, aveva detto di aver condiviso la stessa rivoluzione. Erano giovani innocui di Forza Italia, niente da paragonare a quelli che prendono di peso e cacciano via l’indesiderato ebreo o fascista dall’università, dalla scuola o dalla piazza. Questa volta la motivazione delle occupazioni è la Palestina, che a loro pensamento merita di occupare tutto il territorio dopo aver buttato nel Mediterraneo e nel Giordano tutti gli ebrei, i maledetti ebrei. È toccato al giornalista Davide Parenzo essere impedito di parlare, poi al direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari. E sempre per lo stesso motivo: siete ebrei! Non ne avete il diritto! E dire che tutti questi padroni del campo sono sono vissuti di rendita in tutti questi anni con la Shoah e tutto il resto dell’armamentario sionista. Ai paradossi delle sinistre siamo ormai abituati. Ti pestano i piedi e ti accusano di aver messo i tuoi piedi sotto i loro. Manco il comico Franco Franchi nella scena di un film parodistico sul far west. È violenza solo quella che subiscono loro, quella che producono loro è manifestazione di libertà. Se in qualche università interviene la polizia per far rispettare la legge e la libertà di tutti e vola qualche manganellata ecco che insorgono le sinistre cosiddette democratiche, legalitarie a dar man forte ai violenti e agli estremisti. È un gioco che conosciamo molto bene. La giustificazione ce l’hanno, è sempre la stessa: hanno vinto, erano dalla parte giusta, per cui chi era dalla parte sbagliata deve tenersi le violenze e le angherie come cosa normale, democratica, pedagogica. E se le mazzate le prendono sul groppone, devono stare zitti, perché la colpa di chi li pesta è sempre loro che continuano a voler stare ancora dalla parte sbagliata. Questi maestri del pensiero distorto nulla dicono sull’aggressione russa all’Ucraina. Sono nostalgici della Russia sovietica e in Putin vedono il loro Stalin, il loro Kruschev, il loro Breznev. Hanno fermi gli orologi al mito del comunismo universale, a Trotzky. Si scoprono ammiratori di papa Francesco, che invita gli ucraini ad alzare bandiera bianca davanti alla Santa Madre Russia e inneggia al cristianesimo pauperista che per silloggismo d’osteria s’identifica col comunismo. Non sono rigurgiti i movimenti estremisti di sinistra dei giorni nostri. Ormai i centri sociali sono presìdi urbani fissi che all’occorrenza scatenano violenza, oggi assai più motivati di quelli di ieri, forti delle truppe Lgbt, femministe ed anarchiche. Essi non hanno mai smesso di tenere le città in disordine, di infrangere vetrine, di bruciare auto, di minacciare anche fisicamente le persone. Per ora le cose sono sotto controllo, neppure se ne parla di interventi per riportare l’ordine e la libertà nelle università. Probabilmente è il prezzo da pagare per evitare che l’intervento legittimo, doveroso, delle forze dell’ordine crei nuove speculazioni politiche. Ma se puta caso qualche esponente del centrodestra volesse tenere una conferenza in qualche università occupata che accadrebbe? Quello che accadde alcuni mesi fa quando gli studenti estremisti impedirono di parlare al giornalista Capezzone. Intervenne la polizia e volarono le manganellate. Subito si gridò alla repressione del governo, non degli studenti occupanti. Un governo, come quello di Giorgia Meloni, è nato con lo stigma della forza, per cui basta qualche manganellata della polizia a difesa della legalità che subito si grida al lupo al lupo fascista. C’è sempre chi ascolta gli allarmi e li traduce in polemiche contro il governo. Che di fronte a sé ha due strade: non fare niente in difesa della legalità, ed è il quieto vivere; o fare quel che deve fare, ed è il…fascismo. Scegliete voi.

sabato 9 marzo 2024

Imprese d'Italia: dossieranti e dossierati

A parti invertite, cosa avrebbero detto le sinistre a proposito del dossieraggio su personalità prevalentemente di centrodestra se i dossierati fossero stati prevalentemente di centrosinistra? Non sappiamo, ma possiamo immaginarlo. Avrebbero gridato all’avanzato stadio di autoritarismo fascista da parte del governo Meloni, tra spionaggio e manganellismo, e avrebbero gridato all’Ovra e ai tribunali speciali. Invece si sono limitate a dire, un po’ imbarazzate, che non si tratta di dossieraggio. Nooo? E allora, di che si tratta, di raccolta di figurine Panini? La famosa casa editrice sta lanciando una nuova raccolta, quella dei politici e dei personaggi del centrodestra? Se è così, mi prenoto per un album da riempire. Le spiate risalgono a pochissimi anni fa, quando si profilava per la destra una crescita importante. Fino a quel momento il centrosinistra si era sentito al sicuro. Era bastato l’antifascismo a renderlo invulnerabile. Ma quando si accorse che Annibale era alle porte, pensò subito di correre ai ripari. Il mezzo più collaudato per fermare il centrodestra, contro cui l’arma dell’antifascismo era spuntata, era lo spionaggio, lo scandalo, l’inchiesta giudiziaria. Il resto sarebbe venuto da sé. In quest’operazione, oltre alla solita talpa, si è particolarmente distinto il quotidiano “Domani” dell’ing. Carlo De Benedetti, il quale ad un certo punto licenziò il troppo molle Stefano Feltri e ingaggiò alla direzione il duro Emiliano Fittipaldi, esperto giornalista d’inchiesta. Chissà perché De Benedetti ce l’ha tanto con la destra da investire un po’ di soldi per fondare un giornale destinato a scomparire entro…domani. Fu nell’ambito dell’odio debenedettiano che uscirono alcune indiscrezioni sulla mamma e il papà di Giorgia Meloni, poi finite in un nulla di fatto. Chi sa di politica non si sorprende più di tanto. La politica è guerra senza armi. E un detto francese vuole che “à la guerre comme à la guerre”. Quando a scuola si studiava la storia lo sapevano tutti che era così da sempre e nessuno si stupiva di un colpo scorretto, di una promessa non mantenuta, dell’uso dei giornali, della propaganda, non per informare ma per malformare. Oggi non ci sono in Italia grandi leader politici. Ogni tanto ce ne ricordiamo. Ci sono i surrogati. I veri leader sono le Gruber, le Berlinguer, i Floris, i Porro, i Giordano, gli Amadeus, i maestri del fumo e dei fumogeni. Ma guai se glielo dici o glielo fai lontanamente capire. Sono talmente permalosi da scatenare una rissa in diretta, arroccandosi dietro la libertà dell’informazione e della loro neutralità adamantina, perché questa gente è davvero convinta che gli altri sono così allocchi da non capire con chi hanno a che fare. Ora, raccogliere notizie sui singoli cittadini è normalissimo compito degli organi preposti in una cornice di legalità. Lavorano per la sicurezza dello Stato e dei cittadini. A maggior ragione sono attenzionati i politici, i quali, nel bene e nel male, quel che fanno interessa l’intera nazione. Niente perciò di cui meravigliarsi se si scoprono i dossier. Ma si dà il caso che nella fattispecie i mandanti a spiare gli uomini del centrodestra non sono proprio quelli dell’intelligence di Stato, ma forze politiche avversarie, e le notizie non le raccolgono per la sicurezza nazionale, ma per colpire avversari politici. E allora, pur senza farci venire mal di cuore per la rabbia, osserviamo che quando la lotta politica arriva a questo punto la situazione è grave. Matteo Renzi, vittima del dossieraggio in parola, ha evocato, come fece Giacomo Matteotti cento anni fa alla Camera per ben altri soprusi, le metodiche in uso delle dittature sudamericane. Non è ammissibile che in democrazia si possa colpire un avversario politico con armi improprie come la delazione e la diffamazione realizzate attraverso attività illecite. Quando ciò accade gli argini stanno per cedere. L’Italia, che troppo spesso cita le sudamericanate per stigmatizzare certi comportamenti, farebbe bene oggi a prendere di petto questo problema prima che il poco gradito marchio d’eccellenza passi dal Sud America a lei. I cittadini devono sentirsi al sicuro dalla vigilanza delle forze di sicurezza e non esposti a sempre possibili sputtanamenti o ad accuse il più delle volte inventate che, però, prima di dimostrarlo che sono inventate, producono guasti. Che tra gli spiati ci fosse anche qualche sparuto personaggio non riconducibile all’area politica di destra e alcuni rappresentanti del mondo dello spettacolo e dello sport, che nulla c’entrano con la politica, può far pensare ad un tentativo di depistaggio. E infatti Giuseppe Conte, tra i pochi “attenzionati” non di destra, ha detto: e allora io?