domenica 24 novembre 2019

Dopo i grillini, le sardine; e poi?




Pur di fare un dispetto a Salvini i media italiani, democratici e antifascisti, fanno di tutto. La Gruber di “Otto e mezzo” ha invitato la sera di sabato, 23 novembre, una certa ragazzuola, il cui nome non ricordo più bene – Sparacino? – presunta leaderina del movimento delle sardine. Appariva civettuola e sapientina, di che cosa non si sa, dato che non riusciva a fare nessun riferimento che fosse riconducibile ad un concetto politico. I tanti pearcing che portava alle orecchie erano surrogati del nulla. La Gruber se la coccolava come preziosità assoluta e la difendeva dal giornalista Borgonovo de “La Verità”, il quale invece faceva ragionamenti concreti e chiedeva risposte manco se si fosse trovato di fronte ad una come la Thatcher.
Capisco la Gruber; e capisco anche Fabio Fazio che alla puntata di domenica, 24 novembre, a “Che tempo che fa”, ha invitato l’eroina tedesca Carola Rackete, quella che violò il blocco navale italiano pur di far passare la nave dei migranti e farli sbarcare.
C’è in corso in Italia una sorta di campagna anti-odio. Cosa buona è! Ma se vado sul dizionario della lingua italiana del De Mauro, alla voce “odioso” trovo scritto: “che suscita sentimenti di odio e di ostilità”. Dunque ci sono gesti che provocano odio. Come si può, allora, essere contrari all’odio quando lo si produce? Non si chiede Fazio se quell’invitare una persona come la Carola possa suscitare in una buona parte degli italiani sentimenti di odio e di ostilità? Non se lo chiede, anzi lo fa apposta, perché il suo obiettivo è di provocare a chi non la pensa come lui un colpo di sdegno, di ira e di…odio, per poi denunciarlo. Ah, dimenticavo, c’è l’audience, ma in casi simili la riterrei secondaria.
Esigenze giornalistiche a parte, che pure hanno la loro importanza, nei due casi, ma si può estendere ad altri, si coglie una deliberata volontà da parte dei conduttori impegnati e militanti di strumentalizzare propagandisticamente persone e fatti contro Salvini. Il mostro, che i più attenti e subdoli suggeriscono di non chiamare fascista ma pericoloso demagogo. Forse perché hanno capito che scomodare il fascismo potrebbe essere controproducente, dato l’immarcescibile fascino che il “male assoluto” esercita ancora sulle folle.
Ci si mettono anche i preti. Il cardinale Zuppi di Bologna ha pubblicato un libro intitolato “Odierai il prossimo tuo”, ovvio non un suggerimento ma un allarme antifrastico, come a dire “non lo devi odiare”. Ma i preti, in fondo, fanno il loro mestiere; solo che farebbero bene, ogni tanto, a chiedersi: e se accogliessimo tutti quelli che vengono da noi, che accadrebbe? Forse se lo chiedono pure, ma confidano nei cattivi alla Salvini, i quali troverebbero sempre il modo di impedirlo. Perché c’è anche questo nell’eterna lotta tra chi predica il bene a prescindere, come i preti, e chi è costretto dalle necessità della vita a compiere azioni rubricabili come “male”: questi ultimi con le loro azioni consentono ai primi di farsi belli e continuare a predicare bene.
Qualche prete, però, la fa di fuori. Don Massimo Biancalani, parroco nella chiesa di Vicofaro a Pistoia, appena dopo messa ha invitato i fedeli a cantare Bella ciao, iniziando lui ad intonarla. Immagino che lo abbia fatto pure lui per combattere l’odio. Strano modo di predicare l’amore mentre di fatto si produce odio. Ci sarà pure una differenza tra Bella ciao e Tu scendi dalle stelle, o no? Ci sarà pure una qualche differenza tra la casa di tutti, quale la chiesa è, è una sezione di partito, cioè di una parte di gente, o no?
Ora, sembra che in pochi giorni il movimento cosiddetto delle sardine, il sardinismo, possa essere la soluzione, l’antidoto al mostro. Ne abbiamo viste tante, ma tante, da non venirci più neppure di scrollare le spalle. I girotondi di qualche anno fa dovevano far riaccendere la spenta sinistra e recuperare il primato perduto. Poi venne il Popolo viola con altrettante intenzioni rigeneratrici. Non successe niente, perché la politica non la fanno quattro istruiti brontoloni andando a passeggio e giocando ai girotondi. Dopo sono arrivati i grillini, che sembravano assai più pericolosi, figli dei vaffanculo di un comico rancoroso per essere stato snobbato dal suo partito, quel Pd, col quale oggi vorrebbe fondersi. Già, proprio così. I grillini nati per annientare il sistema, di cui il Pd è perno, ora si stanno prodigando per salvare, proprio loro, quel sistema.
Queste sardine – ma non mancano neppure le scorfane – si sospetta vengano dalla pesca di qualcuno – di Prodi? – ma non riesco ad immaginarmi un Prodi pescatore di sardine. Sta di fatto che il proliferarsi delle manifestazioni sardinesche dall’un capo all’altro del Paese fa pensare che già qualcuno stia cercando di approfittarne e siccome il movimento è dichiaratamente anti Salvini, questo qualcuno è il Pd. Non sarà Prodi, non sarà Bersani, non sarà Cuperlo; ma qualcuno ci sarà dietro, davanti o a lato. Solo che, per quante giravolte facciano, difficilmente potranno far cambiare orientamento ad un Paese che ha grosse emergenze e grossi problemi da affrontare e risolvere. Lo vedono tutti che da una parte c’è il carnevalismo giocoso dei nullapensanti – di politico, s’intende! – e dall’altra la gente che lavora e produce e che su famiglia, nazione e società ha le idee molto chiare.

mercoledì 20 novembre 2019

Non c'è ragione di osteggiare gli ebrei




Davvero non riesco a capire perché ancora oggi ci siano tanti italiani di destra che si ostinano a discriminare e insultare gli ebrei, come se avessero un bisogno compulsivo di colpire un bersaglio, a prescindere da ogni motivazione. Eppure la storia del fascismo, a cui questi italiani guardano con simpatia, a proposito degli ebrei, parla chiaro. Escluso l’obbrobrio delle leggi razziali, tra fascismo ed ebrei ci sono interessanti connessioni empatiche.
“Il Popolo d’Italia”, il quotidiano fondato da Benito Mussolini il 15 novembre del 1914, aveva sotto la testata la scritta in un primo momento “quotidiano socialista”, successivamente “quotidiano dei combattenti e dei produttori”. Ora, lasciamo il primo periodo, quando Mussolini si sentiva ancora un socialista e pensava di rivolgersi ai suoi vecchi compagni. Il giornale, quando si riconobbe una più chiara coscienza di identità e di collocazione, sottotitolò la testata con la scritta che faceva riferimento a due categorie sociali ben precise: “combattenti” e “produttori”. Ad essi Mussolini si rivolgeva per dare inizio alla sua impresa politica. Non c’è fascista, che tale venga considerato o che tale si consideri, che ancora oggi non condivida la vicinanza a combattenti e produttori o che in essi non si riconosca.
Nel fascismo, fin dalla prima ora, come è noto, ci furono molti ebrei. Erano ebrei italiani, ma non per questo meno ebrei o meno italiani di altri. La stessa amante e ninfa egeria di Mussolini, Margherita Sarfatti, era ebrea. Averli perseguitati fu un tragico errore oltreché un’ingiustizia colossale, dato che essi avevano dato un contributo notevole sia al Risorgimento italiano, sia alla Grande Guerra e sia all’avvento del Fascismo. Lo stesso Giorgio Almirante, che era stato segretario di redazione del periodico razzista “Difesa della Razza” e poi capo di gabinetto del Ministero della Propaganda a Salò, riconobbe l’errore in più di un’occasione e lo argomentò nel suo libro “Autobiografia di un fucilatore”.  
La storia degli ebrei, dalle origini allo Stato d’Israele, è una storia di combattenti e di produttori. Ovunque si siano trovati a risiedere essi hanno fatto la ricchezza del paese ospite. E’ vero che nella storia sono stati sempre perseguitati, per via di certi loro comportamenti ritenuti odiosi, che sarebbe troppo lungo in questa sede elencare e spiegare, ma è altrettanto vero che persecuzioni ed espulsioni sono state sempre l’inizio di impoverimento di quei paesi che le hanno praticate nei loro confronti. Tanta borghesia della Mitteleuropa era ebrea. L’Europa stessa senza gli ebrei non è riconoscibile.
Ne consegue che per i fascisti italiani, che tali vengano considerati o che tali si considerino, gli ebrei, in quanto combattenti e produttori, non possono che essere ammirati. La loro democrazia è una sovrastruttura, per dirla con Carlo Marx, perché essi non possono prioritariamente che combattere e produrre. E’ il loro vivere, la democrazia è il loro filosofari.
Perché, allora, chi ama lo spirito del combattente e del produttore, come i fascisti dicono di amare,  tratta gli ebrei come dei nemici, come dei diversi, come dei pericolosi sovvertitori della propria civiltà da perseguitare? In che cosa gli ebrei si differiscono dagli altri europei? Non vivono essi nei paesi europei da bravi e laboriosi cittadini? Non hanno trasformato essi in pochi anni un pezzo di deserto in uno Stato democratico sul modello occidentale come lo sono in Europa l’Italia, la Francia, la Germania e tanti altri? Non costituiscono un unicum nella loro regione abitata da popoli islamici a regime dittatoriale?
Sugli ebrei gravano irrazionali sentimenti di invidia e di gelosia. Sono loro invidiati il successo e la ricchezza, l’intelligenza e la tenacia, la perseveranza nel perseguire un obiettivo che è di progresso e di miglioramento in ogni settore. Ebrei sono stati e sono tanti banchieri e imprenditori, scienziati e filosofi, scrittori e artisti, professori d’università e ricercatori; essi eccellono in virtù proprio di una volontà superiore, intellettuale e caratteriale, che li spinge all’impegno estremo.
Io non credo che per fermare l’odio antisemita occorrano leggi speciali e commissioni a presidio. Nei loro confronti c’è un odio di origine e alimentazione islamica, nei confronti del quale gli europei cristiani poco o nulla possono fare, oltre l’applicazione delle leggi vigenti in ciascun paese. Ma l’odio che proviene dall’estremismo di destra, o diversamente chiamato fascista, è del tutto ingiustificato, anzi assurdo. Non in ragione di considerazioni umanitarie – anche, evidentemente! – ma perché gli ebrei sono – starei per dire – dei buoni “fascisti”, sono dei buoni italiani, sono dei bravissimi professionisti, degli ottimi imprenditori e uomini di studio, di scienza e di affari. Gli italiani di destra non dovrebbero disprezzarli, ma ammirarli e considerarli della loro famiglia politica e sociale.

martedì 19 novembre 2019

Vittorio Feltri e l'Alto Adige: bastonato dalle donne




Chi ha assistito all’ennesima indecorosa performance di Vittorio Feltri domenica sera, 17 novembre, a “Non è l’Arena” di Massimo Giletti, ha provato non solo il consueto disgusto per il turpiloquio che questo signore usa impunemente a tutte le ore e a tutte le trasmissioni, ma anche alla sua impensabile sortita filoaustriacante sull’appartenenza dell’Alto Adige, altrimenti detto alla tedesca Südtirol, in polemica con due signore, le onorevoli Michela Biancofiore e Nunzia De Gerolamo, che ne difendevano l’italianità. Una cosa inimmaginabile.
Come può uno che ha diretto per anni “il Giornale” di Forza Italia, dando un contributo notevole al neonazionalismo, al successo di questo partito e dei suoi rappresentanti, contro ogni ragionevole posizione argomentativa, difendere l’assurda pretesa di dover cedere una parte del territorio italiano ad un paese straniero? All’Austria, poi!
Le due onorevoli signore, in un primo momento con molto garbo, poi con forza, cercavano di convincere Feltri di essere in errore nel difendere la consigliera regionale altoatesina Eva Klotz della Südtiroler Heimatbund, la quale insiste nel sostenere che l’Alto Adige è terra austriaca, che lei non si sente italiana ma austriaca e che pertanto l’Alto Adige va restituito all’Austria. Per Feltri la Klotz, figlia di un terrorista altoatesino, ha ragione quando mette in essere provocazioni contro persone, luoghi e oggetti italiani. Alle rimostranze della Biancofiore, che ricordava a Feltri che l’Italia aveva vinto una guerra, questi rispondeva che erano “cazzate”, che la successiva invasione degli italiani dell’Alto Adige era insopportabile e la mandava “regolarmente” affanculo.
Ora, va bene che in Italia, per il quieto vivere si fa tutto e all’occorrenza più di tutto. Lasciamo stare la Klotz, che sarà pure italiana per lo stato civile, ma è austriaca di sangue (si può dire?). Ma che per Vittorio Feltri la Grande Guerra sia stata una cazzata è davvero enorme. Che lo dica in una trasmissione assai seguita in tutta Italia in un orario di massimo ascolto è ancor più grave e dimostra la tracotanza di un soggetto impunito che a questo punto è indegno di essere considerato cittadino italiano. Come scusarlo, che era ubriaco o peggio?
Non si sono ancora spenti gli echi della celebrazione del Centenario della Grande Guerra che un italiano, non uno qualsiasi, appena uscito da un’osteria, ma un direttore di diversi quotidiani a tiratura nazionale, con notevole incidenza mediatica su una gran parte del pubblico italiano di destra, si permette di offendere il Paese nella sua globalità, nelle sue memorie e nei suoi sentimenti più sacri. Considera invasione il trasferimento legittimo di alcuni italiani che hanno liberamente deciso di andare a vivere e a lavorare in quella terra italianissima fino a prova contraria.
Non vogliamo fare retorica e, per comodità di ragionamento, consideriamo sobrio Feltri. E, allora, gli chiediamo: ci vuole tanto a capire che a torto o a ragione quando si conclude una guerra di tali dimensioni occorre per forza accettarne i deliberata? L’Italia, che la successiva guerra l’ha persa, ha dovuto cedere l’Istria e la Dalmazia in maniera anche drammatica e per certi aspetti criminale. Il popolo italiano se n’è fatto una ragione ed oggi in quei luoghi, che ancora “parlano” la nostra lingua e che esprimono la nostra civiltà, si vive bene, d’amore e d’accordo fra confinanti. Feltri non lo capisce questo? Deve avere grossi problemi allora questo signore, che è tenuto ancora a dirigere un quotidiano, che si propone ogni giorno ai lettori italiani “gratificandoli” il più delle volte del suo rosario di parolacce e di cafonate, di ostentato disprezzo per il restante mondo dei derelitti. Tali considera tutti quelli che non hanno come lui il suo status economico e sociale.
Invano ho cercato nei giornali del giorno dopo qualche presa di posizione, niente! E, invece, bisognerebbe incominciare a non far passare mai lisce offese simili. Quanto meno il Presidente della Repubblica dovrebbe trovare il modo di far giungere a questo signore e all’Ordine dei Giornalisti lo sdegno di tutto il popolo italiano. Dimostrare a lui e a quanti come lui dovessero abbandonarsi a simili stravaganti nefandezze che ci sono dei limiti oltre i quali non è più questione di libertà di pensiero ma di come si può pensare la propria libertà e quella degli altri, incominciando ad avere rispetto del proprio Paese e della sua Storia.   

lunedì 18 novembre 2019

L'Italia delle geremiadi infinite




La gente non capisce perché mai questo paese è così sgarrupato, sciatto, spensierato, strafottente, distratto, smemorato e giocondo. Passano eventi drammatici come niente, assorbiti come fatti normali. Si smette di parlare di migranti e di sbarchi più o meno clandestini – occhio non vede cuore non duole! – perché l’ex Ilva corre il rischio di chiudere, mandando a spasso migliaia di lavoratori, e l’acqua alta a Venezia ha invaso la città devastando beni culturali e attività economiche. Nella propaganda disastro scaccia disastro. Nella realtà disastro aggrava disastro.
Queste due emergenze hanno tenuto banco per gran parte dell’autunno, ma né per l’una né per l’altra si è trovata la quadra. Per l’ex Ilva è tragedia, perché le due parti che si fronteggiano – chi la vuole chiudere perché produttrice di inquinamento e di morte e chi la vuole in attività perché produttrice di lavoro e di vita – hanno entrambe ragione. Perciò è tragedia. L’Ilva avrebbe dovuto fin dall’inizio evitare l’inquinamento. Poteva farlo. Altre acciaierie in altre parti dell’Europa e del Mondo lo fanno regolarmente. Se l’avesse fatto oggi ci sarebbe solo una parte in campo: quella della produzione di lavoro e di vita. In Italia non è stato fatto. Chi doveva vigilare e controllare si è fottuto i soldi, se n’è stato zitto in cambio di danaro, all’insegna dell’umma-umma.
Anche a Venezia le due parti – pro e contro il Mose – hanno entrambe ragione; ed anche lì è tragedia. Il Mose è il sistema che dovrebbe chiudere la laguna e non permettere all’acqua alta di invadere la città; ma si dice che sia diventato già vecchio senza neppure essere entrato in funzione, che si prevede nel 2021. Hanno speso 5 miliardi e mezzo, hanno fatto invecchiare il sistema, senza neppure vedere se effettivamente funziona o meno. Mentre si constata amaramente come in una delle città più belle e importanti del mondo non si riesce a risolvere un problema che altrove hanno risolto. In Olanda, nei Paesi Bassi, la terra è difesa da un sistema di dighe che la preserva dalle inondazioni. Nell’Italia di Leonardo da Vinci e di Galileo Galilei ancora si teme l’acqua alta; e non solo a Venezia. A Matera, città che vantava un sistema naturale di smaltimento delle acque, è successo il finimondo con le alluvioni di metà novembre. Anche a Venezia si sono fottuti i soldi senza far procedere i lavori. Se il Mose fosse stato fatto, oggi in campo ci sarebbe una sola parte, quella dell’acqua alta trattenuta fuori laguna mentre la città sarebbe bella e asciutta per la gente che lavora e che viene da lontano per vederla.
Ma che cazzo di paese è questo? Nell’Alto Adige crescono le provocazioni contro l’Italia senza che nessuna autorità si levi per denunciare e avviare le opportune azioni penali. Ma non è obbligatoria l’azione penale in presenza acclarata di un reato? Dove sono, che fanno i magistrati italiani? E c’è addirittura chi, in Italia, come il direttore di “Libero” Vittorio Feltri è su posizioni filoaustriacanti! Ma non c’è un Ordine dei Giornalisti per richiamare all’…ordine un suo iscritto che si permette di schierarsi in favore di chi insulta l’Italia e i suoi simboli? O tutto è lecito in questo paese?
Dai fatti alle idee. C’è ancora democrazia in Italia? Abbiamo un governo fondato sulla coincidenza degli opposti, laddove la coincidenza sta nell’evitare di rinnovare il Parlamento per paura che vinca una delle parti che il paese nei sondaggi ha chiaramente detto di preferire. Ma la vogliamo guardare in faccia la realtà? Ancora oggi, in Italia, si fonda un potere politico sulla delegittimazione dell’avversario. Come dire: dobbiamo mangiarci una sbobba indigesta se non vogliamo buttarci dalla finestra. E non possiamo neppure dirci più contenti se il salto dalla finestra è vero o se è solo un bluff per spaventare gli italiani.
Già, la politica dello spavento! Oggi a spaventare gli italiani per gli onorevoli signori del potere, che non vincono le elezioni da più dieci anni e continuano a stare al potere, sarebbe Salvini. E non bisogna dire queste cose per non fare il gioco di Salvini! E non si deve votare fino al 2023 per poter eleggere un nuovo presidente della repubblica “nostro”, perché se lo elegge Salvini saranno guai! Salvini è il nuovo mostro della politica italiana. E’ il “vecchio” che spaventa i bambini, “barbablù” che scanna le ragazze, l’assassino seriale delle regole democratiche. Un paese in cui non c’è un’alternativa a chi detiene il potere, legittima quanto quella di chi detiene il potere, non è democratico, a prescindere dalle ragioni, vere o inventate che siano. Se sono vere è meno grave che se sono false, perché vorrebbe dire che si fanno governi fraudolenti e prevaricatori.