mercoledì 20 novembre 2019

Non c'è ragione di osteggiare gli ebrei




Davvero non riesco a capire perché ancora oggi ci siano tanti italiani di destra che si ostinano a discriminare e insultare gli ebrei, come se avessero un bisogno compulsivo di colpire un bersaglio, a prescindere da ogni motivazione. Eppure la storia del fascismo, a cui questi italiani guardano con simpatia, a proposito degli ebrei, parla chiaro. Escluso l’obbrobrio delle leggi razziali, tra fascismo ed ebrei ci sono interessanti connessioni empatiche.
“Il Popolo d’Italia”, il quotidiano fondato da Benito Mussolini il 15 novembre del 1914, aveva sotto la testata la scritta in un primo momento “quotidiano socialista”, successivamente “quotidiano dei combattenti e dei produttori”. Ora, lasciamo il primo periodo, quando Mussolini si sentiva ancora un socialista e pensava di rivolgersi ai suoi vecchi compagni. Il giornale, quando si riconobbe una più chiara coscienza di identità e di collocazione, sottotitolò la testata con la scritta che faceva riferimento a due categorie sociali ben precise: “combattenti” e “produttori”. Ad essi Mussolini si rivolgeva per dare inizio alla sua impresa politica. Non c’è fascista, che tale venga considerato o che tale si consideri, che ancora oggi non condivida la vicinanza a combattenti e produttori o che in essi non si riconosca.
Nel fascismo, fin dalla prima ora, come è noto, ci furono molti ebrei. Erano ebrei italiani, ma non per questo meno ebrei o meno italiani di altri. La stessa amante e ninfa egeria di Mussolini, Margherita Sarfatti, era ebrea. Averli perseguitati fu un tragico errore oltreché un’ingiustizia colossale, dato che essi avevano dato un contributo notevole sia al Risorgimento italiano, sia alla Grande Guerra e sia all’avvento del Fascismo. Lo stesso Giorgio Almirante, che era stato segretario di redazione del periodico razzista “Difesa della Razza” e poi capo di gabinetto del Ministero della Propaganda a Salò, riconobbe l’errore in più di un’occasione e lo argomentò nel suo libro “Autobiografia di un fucilatore”.  
La storia degli ebrei, dalle origini allo Stato d’Israele, è una storia di combattenti e di produttori. Ovunque si siano trovati a risiedere essi hanno fatto la ricchezza del paese ospite. E’ vero che nella storia sono stati sempre perseguitati, per via di certi loro comportamenti ritenuti odiosi, che sarebbe troppo lungo in questa sede elencare e spiegare, ma è altrettanto vero che persecuzioni ed espulsioni sono state sempre l’inizio di impoverimento di quei paesi che le hanno praticate nei loro confronti. Tanta borghesia della Mitteleuropa era ebrea. L’Europa stessa senza gli ebrei non è riconoscibile.
Ne consegue che per i fascisti italiani, che tali vengano considerati o che tali si considerino, gli ebrei, in quanto combattenti e produttori, non possono che essere ammirati. La loro democrazia è una sovrastruttura, per dirla con Carlo Marx, perché essi non possono prioritariamente che combattere e produrre. E’ il loro vivere, la democrazia è il loro filosofari.
Perché, allora, chi ama lo spirito del combattente e del produttore, come i fascisti dicono di amare,  tratta gli ebrei come dei nemici, come dei diversi, come dei pericolosi sovvertitori della propria civiltà da perseguitare? In che cosa gli ebrei si differiscono dagli altri europei? Non vivono essi nei paesi europei da bravi e laboriosi cittadini? Non hanno trasformato essi in pochi anni un pezzo di deserto in uno Stato democratico sul modello occidentale come lo sono in Europa l’Italia, la Francia, la Germania e tanti altri? Non costituiscono un unicum nella loro regione abitata da popoli islamici a regime dittatoriale?
Sugli ebrei gravano irrazionali sentimenti di invidia e di gelosia. Sono loro invidiati il successo e la ricchezza, l’intelligenza e la tenacia, la perseveranza nel perseguire un obiettivo che è di progresso e di miglioramento in ogni settore. Ebrei sono stati e sono tanti banchieri e imprenditori, scienziati e filosofi, scrittori e artisti, professori d’università e ricercatori; essi eccellono in virtù proprio di una volontà superiore, intellettuale e caratteriale, che li spinge all’impegno estremo.
Io non credo che per fermare l’odio antisemita occorrano leggi speciali e commissioni a presidio. Nei loro confronti c’è un odio di origine e alimentazione islamica, nei confronti del quale gli europei cristiani poco o nulla possono fare, oltre l’applicazione delle leggi vigenti in ciascun paese. Ma l’odio che proviene dall’estremismo di destra, o diversamente chiamato fascista, è del tutto ingiustificato, anzi assurdo. Non in ragione di considerazioni umanitarie – anche, evidentemente! – ma perché gli ebrei sono – starei per dire – dei buoni “fascisti”, sono dei buoni italiani, sono dei bravissimi professionisti, degli ottimi imprenditori e uomini di studio, di scienza e di affari. Gli italiani di destra non dovrebbero disprezzarli, ma ammirarli e considerarli della loro famiglia politica e sociale.

Nessun commento:

Posta un commento