venerdì 6 dicembre 2019

Paura e odio: la forza delle parole




Le due parole che circolano maggiormente nella propaganda politica da un po’ di tempo a questa parte in Italia sono “paura” e “odio”: due sentimenti non due fatti, anche se sono sentimenti che producono fatti. Il che la dice lunga sulla crisi della politica dei nostri tempi. A farne uso sono tutte le forze politiche, di sinistra e di destra.
Le forze antisalviniane, a cui recentemente si è aggiunta quella delle cosiddette “sardine”, fenomeno apparentemente spontaneo ma di chiara matrice ideologica di sinistra, in cui antifascismo e antirazzismo costituiscono assi portanti, ne hanno fatto spada e usbergo. In buona sostanza la propaganda delle forze politiche di sinistra, istituite o spontanee che siano, si concentra sulla persona di Matteo Salvini, capo della Lega e leader indiscusso, per il momento, del cartello di centrodestra, considerata tout court destra estrema, fascista e reazionaria.
Come si giustificano queste due parole? Prendiamo “paura”. Secondo il centrosinistra (Pd, Iv, Leu) Salvini miete successi per via della sua tambureggiante propaganda contro l’immigrazione, sbandierata come un’invasione che contaminerebbe a lungo andare la civiltà occidentale e cristiana fino a farle perdere i caratteri suoi propri. I migranti toglierebbero agli italiani spazi e opportunità vitali, come casa e lavoro. Egli spaventa la gente, esagerando gli aspetti di maggiore impatto, evocando terroristi islamici e trafficanti di uomini, mentre punta il dito contro i responsabili di casa nostra, ovvero contro le forze di centrosinistra, paventando un disastro nazionale. Di risulta egli si propone come l’eroe che scongiura la minaccia, come un Cid Campeador da reconquista. Stando a quasta narrazione, con la “paura” Salvini ha conquistato il favore degli italiani e potrebbe conquistare il potere politico.
Correlata a “paura”, secondo la formula anti Salvini, è “odio”. A motivare il capo della Lega, secondo i suoi avversari politici, sarebbe l’odio nei confronti dei diversi, dei migranti, dei rom, degli stranieri in genere. Odio che egli trasmetterebbe a quelle componenti del popolo tradizionalmente più suggestionabili e manipolabili. 
In realtà Salvini, come i politici in genere, non crea niente, ma utilizza quello che già c’è nella gente e, esagerandolo, lo trasforma in una formidabile arma di propaganda. Che politico sarebbe se non riuscisse ad intercettare i sentimenti della gente e a trasformarli in risorse politiche? La “paura” derivante dai migranti non l’ha inventata lui; semplicemente lui l’ha enfatizzata. Così l’ “odio”. Esso esiste già di suo, è un sentimento popolare. Sarebbe bello che non esistesse, ma esiste! Se “paura” e “odio” non esistessero e fossero frutto solo della sua propaganda, il popolo lo spernacchierebbe, come ha sempre fatto con gli sbruffoni alla miles gloriosus di plautiana memoria.  
Ma queste due parole, “paura” e “odio”, non vanno a beneficio esclusivo di Salvini. Il capo della Lega da beneficiario diventa vittima delle stesse quando sono usate dai suoi avversari del centrosinistra contro di lui.
Torniamo alla “paura”. Non è meno tambureggiante ed ossessiva la campagna del centrosinistra nell’inculcare nel popolo la paura del fascismo. La destra e Salvini in particolare sono presentati come un pericolo per la democrazia, giungendo a speculare perfino su una frase infelice sui “pieni poteri”, quasi che Salvini fosse Annibale alle porte di Roma. E’ bensì vero che questa è una “paura” di ritorno ogniqualvolta s’affacci un uomo politico un po’ più determinato dei soliti. Lo si paventava per Craxi, lo si è paventato per Berlusconi, lo si paventa oggi per Salvini, per non parlare dei continui “al lupo! al lupo!” dei comunisti al tempo della partitocrazia. Fascisti erano di volta in volta Scelba, Tambroni, Fanfani.
In realtà il fascismo non è cosa che si tiene nel cassetto e lo si utilizza da un giorno all’altro come un tagliacarte o un temperamatite. La paura del fascismo funziona ancora, anche se oggi in maniera meno consapevole e più verbosa. Il fatto che di tanto in tanto venga fuori la scoperta di un covo di nazisti, a cui si dà puntualmente un’importanza mediatica esagerata, non altera il reale pericolo delle nostre istituzioni, che sono ben salde. In altri paesi europei la situazione è ancora più grave, anche se dappertutto sotto controllo.  
Anche l’ “odio”, assai meno predicato ma assai più espresso, è utilizzato dal centrosinistra contro gli avversari di destra. Per scongiurare che Salvini vincesse le elezioni i partiti di centrosinistra quest’estate si sono alleati, senza nessun altro motivo, coi loro antagonisti del Movimento Cinque Stelle. Non si sono neppure preoccupati di squalificarsi davanti al Paese con capriole politiche da saltimbanchi pur di raggiungere l’obiettivo tattico di impedire le elezioni. La parola d’ordine era ed è: bisogna impedire che Salvini elegga il Presidente della Repubblica. Perciò: durare! durare! durare! fino alla meta. Può accadere tutto e più di tutto, ma la legislatura deve proseguire. L’insistenza dell’obbiettivo getta una pesante ombra di sospetto di parzialità non tanto sulla persona del Presidente, oggi Sergio Mattarella, domani un altro, quanto sull’istituzione medesima, che viene ipotizzata come riserva di potere. L’avversione per Salvini ha inventato un’emergenza democratica in presenza di una normale situazione politica del tutto fisiologica. Che cosa è tutto questo se non odio ad personam? 
La mobilitazione delle “sardine” è figlia di quest’odio, indipendentemente se all’origine è stato o meno un movimento spontaneo. Se fosse spontaneo sarebbe ancora peggio, di più risalterebbe l’effetto dell’odio antisalviniano dei suoi avversari. “La destra ha diritto di parlare ma non ha diritto di ascolto” vanno gridando le “sardine” per le piazze d’Italia. Oh che bella democrazia, Madama Doré.
E’ certo importante che nella vita di un Paese ci siano sempre dei riferimenti aggreganti cui far ricorso nei momenti di difficoltà. La Resistenza, l’antifascismo, l’antirazzismo lo sono. Dubito però che questo sia uno di quei momenti. Di certo c’è che di “paura” e di “odio” si stanno nutrendo sia la destra che la sinistra. 

martedì 3 dicembre 2019

Italia: chi odia chi




Sembra che in questi ultimi tempi la parola odio, usata come accusa all’avversario politico sia la più corrente nell’universo mondo della comunicazione in Italia.
Naturalmente senza i buoni e i cattivi non ci sarebbe né amore né odio. I buoni dicono di predicare amore, accoglienza, tolleranza. I cattivi sono quelli che queste cose non le accettano, non le vogliono, non le considerano come importanti al vivere civile. I primi sono quelli che vogliono accogliere quanti emigranti arrivano, pronti, carte in mano, a dar loro la cittadinanza italiana, che una volta chiamavano jus soli ed ora jus culturae. Non solo i pro emigranti, di amorosi sensi sarebbero dotati in esclusiva i cosiddetti antirazzisti, dove per razzismo s’intende qualunque forma anche scherzosa di distinzione antropologica. I cattivi, invece, che vorrebbero impedire ai migranti addirittura di partire dai loro paesi, sono razzisti, antisemiti, sessisti e odiatori professionali. Esemplificando, gli uni sarebbero di sinistra e gli altri di destra. La narrazione che passa è questa.  Ma chi ha dato agli uni la patente di buoni e agli altri quella di cattivi? Se fosse per la fisiognomica qualche problema di identificazione si porrebbe. Fra Salvini e Cuperlo, per esempio, chi dei due pare il buono e chi il cattivo?
Gruber di “Otto e mezzo”, la buona, ha invitato la sera di sabato, 23 novembre, una certa ragazzuola, presunta leaderina del movimento delle sardine: un’altra buona. Appariva civettuola e sapientina, di che cosa non era dato sapere, dato che non riusciva a fare nessun riferimento che fosse riconducibile ad un concetto politico. I tanti pearcing che portava alle orecchie erano surrogati del nulla. Gruber se la coccolava come preziosità assoluta e la difendeva dal giornalista Borgonovo de “La Verità”, il malvagio, il quale invece faceva ragionamenti concreti e chiedeva risposte manco se si fosse trovato di fronte ad una come la Thatcher.
Capisco la Gruber; e capisco anche Fabio Fazio, altro buono, che alla puntata di domenica, 24 novembre, di “Che tempo che fa”, ha invitato l’eroina tedesca Carola Rackete, altra buona, quella che violò il blocco navale italiano pur di far passare la nave dei migranti e farli sbarcare, in barba ai cattivi.
La Gruber, Fazio, le sardine, la Rackete: un trionfo di bontà! Sono i campioni dell’anti-odio. Ma nei confronti di chi legittimamente non la pensa come loro cosa esprimono? A ben considerare, odio doppio.
Su un qualsiasi dizionario della lingua italiana, alla voce “odioso”, si legge: “che suscita sentimenti di odio e di ostilità”. Dunque ci sono gesti che sono espressione di odio e producono essi stessi odio…di ritorno. Verrebbe di dire, evangelicamente, chi di odio ferisce di odio perisce.
Ci si mettono anche i preti. Il cardinale Zuppi di Bologna ha pubblicato un libro intitolato “Odierai il prossimo tuo”, ovvio non un suggerimento ma un allarme antifrastico, come a dire “non lo devi odiare”. Ma i preti, in fondo, fanno il loro mestiere; solo che farebbero bene, ogni tanto, a chiedersi: e se accogliessimo tutti quelli che vengono da noi, che accadrebbe? Forse se lo chiedono pure, ma confidano nei cattivi alla Salvini, i quali troverebbero sempre il modo di impedirlo. Perché c’è anche questo nell’eterna lotta tra chi predica il bene a prescindere, come i preti, e chi è costretto dalle necessità della vita a compiere azioni rubricabili come “cattiverie”: questi ultimi con le loro azioni consentono ai primi di farsi belli e continuare a predicare bene.
Qualche prete la fa perfino di fuori. Don Massimo Biancalani, parroco nella chiesa di Vicofaro a Pistoia, appena dopo messa ha invitato i fedeli a cantare Bella ciao, iniziando lui ad intonarla. Immagino che lo abbia fatto pure lui per combattere l’odio. Strano modo di predicare l’amore mentre di fatto si produce odio. Ci sarà pure una differenza tra Bella ciao e Tu scendi dalle stelle, o no? Ci sarà pure una qualche differenza tra la casa di tutti, quale la chiesa è, e una sezione di partito, cioè di una parte di gente, o no?
Ora, sembra che in pochi giorni il movimento cosiddetto delle sardine possa essere la soluzione, l’antidoto all’odio. Ne abbiamo viste tante, ma tante, da non venirci più neppure di scrollare le spalle. I girotondi di qualche anno fa dovevano far riaccendere la spenta sinistra e recuperare il primato perduto. Poi venne il Popolo viola con altrettante intenzioni rigeneratrici. Non successe niente, perché la politica non la fanno quattro istruiti brontoloni andando a passeggio e giocando ai girotondi. Dopo sono arrivati i grillini, che sembravano assai più determinati e consistenti, figli dei vaffanculo di un comico rancoroso per essere stato snobbato dal suo partito, quel Pd, col quale oggi vorrebbe fondersi. Già, proprio così. I grillini nati per annientare il sistema, di cui il Pd è perno, ora si stanno prodigando per salvare, proprio loro, quel sistema.
Queste sardine – ma non mancano neppure le scorfane, basta vedere chi vi partecipa – si sospetta vengano dalla pesca di qualcuno – di Prodi? – ma non riesco ad immaginarmi un Prodi pescatore di sardine. Sta di fatto che il proliferarsi delle manifestazioni sardinesche dall’un capo all’altro del Paese fa pensare che già qualcuno stia cercando di approfittarne e siccome il movimento è dichiaratamente anti Salvini, questo qualcuno è il Pd. Non sarà Prodi, non sarà Bersani, non sarà Cuperlo; ma qualcuno ci sarà dietro, davanti o a lato. Solo che, per quante giravolte facciano, difficilmente potranno far cambiare orientamento ad un Paese che ha grosse emergenze e grossi problemi da affrontare e risolvere.