Le due parole che circolano
maggiormente nella propaganda politica da un po’ di tempo a questa parte in
Italia sono “paura” e “odio”: due sentimenti non due fatti, anche se sono
sentimenti che producono fatti. Il che la dice lunga sulla crisi della politica
dei nostri tempi. A farne uso sono tutte le forze politiche, di sinistra e di
destra.
Le forze antisalviniane, a cui
recentemente si è aggiunta quella delle cosiddette “sardine”, fenomeno
apparentemente spontaneo ma di chiara matrice ideologica di sinistra, in cui
antifascismo e antirazzismo costituiscono assi portanti, ne hanno fatto spada e
usbergo. In buona sostanza la propaganda delle forze politiche di sinistra,
istituite o spontanee che siano, si concentra sulla persona di Matteo Salvini,
capo della Lega e leader indiscusso, per il momento, del cartello di
centrodestra, considerata tout court
destra estrema, fascista e reazionaria.
Come si giustificano queste due
parole? Prendiamo “paura”. Secondo il centrosinistra (Pd, Iv, Leu) Salvini
miete successi per via della sua tambureggiante propaganda contro
l’immigrazione, sbandierata come un’invasione che contaminerebbe a lungo andare
la civiltà occidentale e cristiana fino a farle perdere i caratteri suoi propri.
I migranti toglierebbero agli italiani spazi e opportunità vitali, come casa e
lavoro. Egli spaventa la gente, esagerando gli aspetti di maggiore impatto,
evocando terroristi islamici e trafficanti di uomini, mentre punta il dito
contro i responsabili di casa nostra, ovvero contro le forze di centrosinistra,
paventando un disastro nazionale. Di risulta egli si propone come l’eroe che
scongiura la minaccia, come un Cid Campeador da reconquista. Stando a quasta narrazione, con la “paura” Salvini ha
conquistato il favore degli italiani e potrebbe conquistare il potere politico.
Correlata a “paura”, secondo la
formula anti Salvini, è “odio”. A motivare il capo della Lega, secondo i suoi
avversari politici, sarebbe l’odio nei confronti dei diversi, dei migranti, dei
rom, degli stranieri in genere. Odio che egli trasmetterebbe a quelle
componenti del popolo tradizionalmente più suggestionabili e manipolabili.
In realtà Salvini, come i
politici in genere, non crea niente, ma utilizza quello che già c’è nella gente
e, esagerandolo, lo trasforma in una formidabile arma di propaganda. Che
politico sarebbe se non riuscisse ad intercettare i sentimenti della gente e a
trasformarli in risorse politiche? La “paura” derivante dai migranti non l’ha
inventata lui; semplicemente lui l’ha enfatizzata. Così l’ “odio”. Esso esiste
già di suo, è un sentimento popolare. Sarebbe bello che non esistesse, ma
esiste! Se “paura” e “odio” non esistessero e fossero frutto solo della sua
propaganda, il popolo lo spernacchierebbe, come ha sempre fatto con gli
sbruffoni alla miles gloriosus di
plautiana memoria.
Ma queste due parole, “paura” e
“odio”, non vanno a beneficio esclusivo di Salvini. Il capo della Lega da beneficiario
diventa vittima delle stesse quando sono usate dai suoi avversari del
centrosinistra contro di lui.
Torniamo alla “paura”. Non è meno
tambureggiante ed ossessiva la campagna del centrosinistra nell’inculcare nel
popolo la paura del fascismo. La destra e Salvini in particolare sono presentati
come un pericolo per la democrazia, giungendo a speculare perfino su una frase
infelice sui “pieni poteri”, quasi che Salvini fosse Annibale alle porte di
Roma. E’ bensì vero che questa è una “paura” di ritorno ogniqualvolta s’affacci
un uomo politico un po’ più determinato dei soliti. Lo si paventava per Craxi,
lo si è paventato per Berlusconi, lo si paventa oggi per Salvini, per non
parlare dei continui “al lupo! al lupo!” dei comunisti al tempo della
partitocrazia. Fascisti erano di volta in volta Scelba, Tambroni, Fanfani.
In realtà il fascismo non è cosa
che si tiene nel cassetto e lo si utilizza da un giorno all’altro come un
tagliacarte o un temperamatite. La paura del fascismo funziona ancora, anche se
oggi in maniera meno consapevole e più verbosa. Il fatto che di tanto in tanto
venga fuori la scoperta di un covo di nazisti, a cui si dà puntualmente un’importanza
mediatica esagerata, non altera il reale pericolo delle nostre istituzioni, che
sono ben salde. In altri paesi europei la situazione è ancora più grave, anche
se dappertutto sotto controllo.
Anche l’ “odio”, assai meno
predicato ma assai più espresso, è utilizzato dal centrosinistra contro gli
avversari di destra. Per scongiurare che Salvini vincesse le elezioni i partiti
di centrosinistra quest’estate si sono alleati, senza nessun altro motivo, coi
loro antagonisti del Movimento Cinque Stelle. Non si sono neppure preoccupati
di squalificarsi davanti al Paese con capriole politiche da saltimbanchi pur di
raggiungere l’obiettivo tattico di impedire le elezioni. La parola d’ordine era
ed è: bisogna impedire che Salvini elegga il Presidente della Repubblica. Perciò:
durare! durare! durare! fino alla meta. Può accadere tutto e più di tutto, ma
la legislatura deve proseguire. L’insistenza dell’obbiettivo getta una pesante ombra
di sospetto di parzialità non tanto sulla persona del Presidente, oggi Sergio
Mattarella, domani un altro, quanto sull’istituzione medesima, che viene
ipotizzata come riserva di potere. L’avversione per Salvini ha inventato
un’emergenza democratica in presenza di una normale situazione politica del
tutto fisiologica. Che cosa è tutto questo se non odio ad personam?
La mobilitazione delle “sardine”
è figlia di quest’odio, indipendentemente se all’origine è stato o meno un
movimento spontaneo. Se fosse spontaneo sarebbe ancora peggio, di più
risalterebbe l’effetto dell’odio antisalviniano dei suoi avversari. “La destra
ha diritto di parlare ma non ha diritto di ascolto” vanno gridando le “sardine”
per le piazze d’Italia. Oh che bella democrazia, Madama Doré.
E’ certo importante che nella
vita di un Paese ci siano sempre dei riferimenti aggreganti cui far ricorso nei
momenti di difficoltà. La Resistenza, l’antifascismo, l’antirazzismo lo sono.
Dubito però che questo sia uno di quei momenti. Di certo c’è che di “paura” e
di “odio” si stanno nutrendo sia la destra che la sinistra.
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