domenica 26 dicembre 2021

Elezione del Presidente della Repubblica: il popolo escluso

Fra un mese circa – mentre scriviamo siamo alla fine dell’anno – si apriranno le danze per l’elezione del Presidente della Repubblica. Più di mille rappresentanti del popolo si daranno appuntamento per cercare di individuare chi eleggere per i prossimi sette anni. Sono i grandi elettori. Da questa importante kermesse il popolo italiano è escluso. Resta incerto e dubbioso per tutta la durata, ad assistere a improbabili combinazioni parlamentari, tese a far convergere su un nominativo la maggioranza dei voti. Al massimo si appassiona tifando, temendo, auspicando. Nel frattempo – e il frattempo inizia almeno tre-quattro mesi prima – vengono “bruciati” uno dopo l’altro illustri e meno illustri supposti candidati. E accade perfino che qualche “bruciato” venga recuperato al rinverdimento dell’elezione, così come un foglio di giornale fatto a pezzi e poi ricomposto in un sim sala bim nelle mani del prestigiatore di turno. Per Mattarella fu Renzi. Si capisce da queste considerazioni, che vengono universalmente accettate e ripetute, basta leggere le cronache che le riguardano, che il garbuglio è grande. E aggiungo: grave. Perché il Presidente della Repubblica non può essere il risultato di alchimie politiche, incomprensibili perfino agli stessi protagonisti, figurarsi al popolo. In una democrazia il popolo è sovrano. Lo dice la Costituzione all’art. 1. Ma “forme e limiti” dell’esercizio di questa sovranità, costituzionali anch’essi, fanno sì che di fatto il popolo italiano riceva ogni volta il Presidente della Repubblica con una formula tanto astrusa nel suo farsi azione quanto messianica nel risultato. L’operazione che porta all’elezione del Presidente è delicata, ne va delle scelte politiche degli anni successivi. Per questo le forze politiche cercano di accaparrarsi una copertura importante per i loro giochi di potere, per i loro obiettivi di governo. Avere al Quirinale un presidente amicus, una specie di lord protettore, può essere determinante, soprattutto in occasione delle crisi di governo quando è facoltà del Presidente sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, così avvantaggiando o danneggiando uno schieramento o l’altro. Fino al momento in cui questa convergenza non è trovata il Presidente della Repubblica è un signore sconosciuto, un qualunque fra almeno una dozzina di altri qualunqui. Dopo l’elezione diventa, come per incanto, il salvatore della patria, appunto come si diceva, il messia. Così è successo per i precedenti presidenti. E va bene che fra un Pertini e un Cossiga, uno Scalfaro e un Ciampi, un Leone e un Napolitano, le differenze, non solo caratteriali, erano tante e assai marcate. “Forme e limiti”, dunque, dell’elezione appaiono discutibili, per quanto assolutamente costituzionali. Si veda il Titolo II (artt. 83-91). Fatta questa dovuta premessa, oggi ci troviamo, come si diceva in apertura, a dover eleggere il successore di Sergio Mattarella. Costituzione alla mano, Mattarella potrebbe pure essere rieletto. Lui dice di non essere disponibile e più volte ha detto che, a suo modo di vedere, il Presidente della Repubblica non dovrebbe essere rieleggibile, come prima di lui hanno detto i presidenti Antonio Segni e Giovanni Leone. Ed auspica una correzione della Costituzione in questo senso. Tuttavia oggi le cose stanno diversamente e, come già è accaduto col suo predecessore Giorgio Napolitano, Mattarella potrebbe essere rieletto e facilitare lo snodo politico che si è andato determinando. La sua rielezione appare oltre che legittima sul piano formale anche opportuna sul piano politico. Centrale è la presenza-disponibilità di Mario Draghi di poter restare alla Presidenza del Consiglio. Da tutto il mondo, interno ed esterno, si riconosce che in un anno al governo Draghi è riuscito a trovare più di una quadra (pandemia, Pnrr) e che perciò appare più che opportuno che resti al suo posto fino alle nuove elezioni, nel 2023. Questo semplifica – ma si fa per dire – l’elezione del Presidente della Repubblica, che, se dovesse persistere la confusione nell’individuare la persona giusta da eleggere, potrebbe pure essere lo stesso Mattarella. Un po’ come accadde con Napolitano dopo la clamorosa trombata di Prodi. Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi sembrano fatti per stare insieme, ciascuno al suo posto. Non si dimentichi che Draghi a Palazzo Chigi lo ha voluto Mattarella. Questa soluzione, che sembra quasi a portata di mano, trova ostacoli soprattutto nel centrodestra, che ad un nuovo Presidente della Repubblica mira per rompere la lunga serie di presidenti espressi dal centrosinistra. Va da sé che l’optimum sarebbe una riforma della Costituzione in senso presidenzialista, con l’elezione diretta del Presidente. I cittadini conoscerebbero per tempo i candidati e potrebbero orientarsi a ragion veduta. Non ci sarebbe più la fiera parlamentare che c’è stata dal 1948 ad oggi, ma una competizione elettorale vera, così come avviene in tante democrazie nel mondo.