martedì 15 agosto 2017

Centrodestra a Lecce, nuova lite con l'Adriana


I giornali locali impazzano sulla lite tra la Senatrice Adriana Poli Bortone e l’ex sindaco di Lecce Paolo Perrone, entrambi di centrodestra ed entrambi sindaci per un decennio ciascuno. Materia del contendere: la colpa del debito che il comune leccese avrebbe secondo il neoeletto sindaco di centrosinistra Carlo Salvemini.
Nell’era dell’usa e getta le notizie e le conoscenze, che oggetti non sono, rischiano di non essere neppure usate; sono gettate, a prescindere. Dico questo perché i giornali dimostrano di non avere né un passato né un futuro e parlano di tutto come se quel tutto fosse nato in quel giorno. Del resto, giornali si chiamano!
Gli attacchi alla più volte deputata, senatrice e ministra Adriana Poli Bortone da parte dei “suoi” non sono cosa nuova; iniziarono negli anni Settanta e forse anche prima. Nel Msi non era sopportabile che una donna, rara avis peraltro, potesse gareggiare e vincere con tanti uomini.
La Poli Bortone è in campo dagli anni Sessanta e di battaglie ne ha fatte tantissime a tutti i livelli. Ma, mentre i suoi avversari esterni l’hanno sempre rispettata e ne hanno parlato col massimo riguardo, riconoscendole intelligenza, cultura, tenacia e scaltrezza politica, i “suoi” non le hanno risparmiato contumelie, insulti e qualche volta calunnie. Di antagonisti ne ha avuti almeno uno per lustro o giù di lì, qualcuno più attendibile qualcun altro di meno, e con loro i sostenitori, più agguerriti dei loro capi. Gli anni non sono passati invano e alcuni di loro non ci sono più. Pensandoli, mi viene il groppo, perché fino a qualche anno fa la politica era passione; ci si poteva scontrare, anche picchiare, ma poi prevaleva la comune appartenenza in un mondo che ci perseguitava, ci discriminava, ci teneva in una sorta di apartheid e bisognava essere proprio fessi, diceva Leopardi nella sua Ginestra, a dare addosso all’amico mentre si è circondati e picchiati dai nemici. Non diceva proprio così, ma questo era il senso.
Fedele Pampo, Alfredo Mantovano, Raffaele Fitto, Paolo Perrone sono solo alcuni con cui l’Adriana ha combattuto, qualche volta vincendo, qualche altra volta perdendo, quasi sempre a danno della comunità politica rappresentata. Gravissima, per esempio, la perdita della Regione Puglia per la guerra fatta dai suoi stessi contro la sua candidatura alla presidenza della Regione, che sembrava scontata dopo l’investitura pubblica di Berlusconi. Meglio perdere le elezioni con Rocco Palese che vincerle con Adriana Poli Bortone! Meglio, per chi? Non certamente per quel popolo ex missino, poi aennino, poi piddiellino, fino agli ultimi scolorimentini. Stessa cosa è accaduta di recente con le Amministrative leccesi e la perdita del Comune a vantaggio dello schieramento avversario. Meglio perdere con Giliberti che vincere…mettiamo con Congedo.
Dispiace dover dire che tutti quelli che hanno incrociato le lame con l’Adriana non erano da meno, persone tutte validissime, capacissime e degnissime, compreso l’ultimo, quel Paolo Perrone, sindaco di Lecce nel decennio successivo a quello di lei e da lei politicamente allevato e accudito. Tutti hanno fatto lo stesso errore: hanno ingaggiato con lei un duello mortale, pensando di liberarsene definitivamente. Invece chi ancora è in campo è lei, mentre è cambiato lo sfidante nel cartellone, per usare un gergo pugilistico.
In politica – diceva Carl Schmitt – ognuno è amicus hostis. Ma bisogna fare una differenza: chi ti combatte dall’esterno è un avversario, a cui si riconosce anche valore; nemico è invece chi ti combatte dall’interno. Naturalmente, vale per tutti. La Poli Bortone si è difesa, ha attaccato, secondo consolidate metodiche. Non si può dire che sia stata una santa, non sarebbe durata per tanto tempo e a livelli sempre alti e importanti. Le ha date, le ha prese.   
Contro di lei sento parlare da sempre e sempre con toni cattivi, magari anche con qualche ragione. Chi non ha torti e ragioni in politica? Ricordo un congresso della Cisnal Scuola dei primi anni Settanta nel salone della Casa del Mutilato a Lecce. Si contendevano la segreteria provinciale Fedele Pampo, acerrimo nemico della Poli Bortone, e un certo avvocato Vincenzo Potì, appoggiato da lei. Finì in una rissa spaventosa e qualcuno, tra i più esagitati, ne fece le spese, come il povero Ennio Licci, che si prese un pugno in faccia con conseguente spacco dell’arcata sopraccigliare. Il congresso fu vinto da Potì ovvero dalla Poli Bortone; ma Fedele Pampo se la legò al dito con tutti, me compreso, reo non tanto di aver rappresentato la mozione Potì quanto di non aver votato lui quale segretario nel segreto dell’urna. Secondo lui il mio voto e quello di Eugenio Ozza, che eravamo stati eletti consiglieri con la mozione Potì, avrebbero ribaltato in suo favore l’esito del congresso. Né io né Eugenio stemmo all’ignobile giochetto tipico dei congressi.

Arriviamo ai nostri giorni. Il duello continua. Ora con Paolo Perrone, che cercò di liberarsene una decina di anni fa togliendole la delega di assessore e di fatto allontanandola dal Consiglio Comunale. Di chi la colpa del debito denunciato dal sindaco Salvemini? Perrone dice dell’Adriana e l’Adriana dice di Perrone. Ma non sarebbe finalmente il caso di smetterla di darsi addosso e di rispondere come si deve al comune avversario? Quale beneficio ne trae il popolo del centrodestra da simili dispetti, da simili reciproche accuse, da simili cattiverie, tanto inutili per i due contendenti quanto dannose per i loro rappresentati? Si accordino entrambi su un’unica spiegazione da dare e si preparino per vincere le prossime competizioni elettorali. Questo vuole il “loro” popolo.

domenica 13 agosto 2017

Immigrazione: visto che qualcosa si poteva fare?


Ci hanno detto per anni i nostri governanti che per frenare gli immigrati provenienti dalle coste africane non c’era niente da fare; che tra noi e loro c’era solo il mare; che per le leggi internazionali dovevamo salvarli; che dovevamo accogliere chi scappa dalle guerre e da quei paesi dove non vigono leggi di democrazia e di rispetto dei diritti umani; che un conto è avere le frontiere chiuse con soldati e strettoie per passare, come per i paesi continentali, un altro le coste aperte per chiunque vi approdi. Quante volte, provocatoriamente, ai rappresentanti della Lega e di Fratelli d’Italia esponenti del governo o dei partiti di governo non hanno chiesto: e voi cosa fareste? Quasi a volersi sentir dire “noi spareremmo” e mangiarsi poi la gustosa frittata propagandistica in funzione di consenso pubblico. Per anni hanno oscillato tra l’impossibilità di fermarli e la narrazione che sono utili alla nostra economia e alla nostra società che va sempre più in crisi demografica.
Poi gli stessi hanno chiamato al Ministero dell’Interno Marco Minniti, il deus ex machina, quello che avrebbe risolto il problema. Altro che l’inetto Alfano! Minniti sì che troverà il modo di interrompere l’invasione! Che, invasione, per loro, però non era.
Anticipare le lodi dell’incaricato per favorirlo dal punto di vista mediatico prima ancora che si mettesse in opera, è tecnica di quei partiti, ex Dc e Pci, oggi Pd, che da sempre pensano di avere uomini superiori rispetto agli altri. Minniti aveva vinto la sua battaglia prima ancora di iniziarla.
Così da un giorno all’altro è accaduto l’improbabile. E, guarda un po’, col beneplacito perfino della Chiesa; e… buona sera a papa Bergoglio che non ha mai mancato di farsi il difensore degli immigrati di tutto il mondo, novello pendant di Carlo Marx per i lavoratori di tutto il mondo.
Minniti – bisogna dargliene atto – si è mosso bene; probabilmente aveva la copertura delle alte sfere, della Presidenza della Repubblica e della Presidenza del Consiglio. Ha capito, ma non era difficile, che la soluzione del problema si trovava in Libia. Col governo libico, nonostante qualche turbativa dei francesi – sempre loro! – ha stretto un patto di collaborazione per impedire agli scafisti il traffico di immigrati. Le nostre navi militari avrebbero aiutato le autorità costiere libiche nella lotta contro gli scafisti, mentre le navi delle Ong avrebbero dovuto sottostare ad una serie di controlli della nostra Marina.
Il flusso è calato vistosamente in pochi giorni sia in rapporto al mese di luglio, sia in rapporto allo stesso periodo del 2016. Non è ancora la soluzione; ma un punto in favore della sicurezza del nostro paese indubbiamente è. L’Italia non è violabile a piacimento di chiunque.
Le Ong hanno dovuto piegarsi alla legge Minniti, ovvero a tenere sulle loro navi rappresentanti dello Stato italiano per vigilare a che tutto si verifichi secondo la legge. Chi non ha voluto piegarsi, come l’organizzazione “Medici senza Frontiere”, ha deciso di mettersi da parte, anche perché si sono accorti tutti che le motovedette libiche sparano.
Ma la soluzione Minniti ha rivelato indirettamente molte altre cose. Ha rivelato, per esempio, che era stato il nostro governo a chiedere all’Europa di farsi carico da solo degli immigrati in cambio di un atteggiamento di favore nei confronti delle nostre richieste di flessibilità sui conti pubblici. Era stata la radicale Emma Bonino a dire pubblicamente come stavano le cose. E’ chiaro allora come gli austriaci e i francesi avessero ragione a respingere gli immigrati che dall’Italia tentavano di passare in Francia e in Austria. Gli italiani non potevano fare i furbi: ottenere la flessibilità nei conti e poi disfarsi degli immigrati a danno dei partner europei.
Ha rivelato che nel governo c’era chi era determinato a lasciare che in Italia giungessero tutti quelli che si partivano dalla Libia, in nome di un suo personale credo religioso che con la politica non dovrebbe avere nulla a che fare. L’ascetico ministro Delrio si è un po’ agitato per un paio di giorni per poi rientrare nei ranghi. Gentiloni e Mattarella sono stati chiari: il piano Minniti è il piano del governo.
Ha rivelato che l’immigrazione non è il gran bene che per anni ci hanno detto i signori del governo e il papa.  Perfino il presidente dell’Inps. Tito Boeri, ha cercato di far passare l’idea che gli immigrati all’Italia sono necessari, che l’immigrazione è il toccasana per la società italiana per avere i fondi nei prossimi anni per pagare le pensioni.
Ha rivelato che effettivamente tra Ong e scafisti c’era un rapporto di affari. Poco contano in questi casi le intenzioni: salvare vite umane per le Ong, fare soldi per gli scafisti.
Purtroppo ancora non c’è stato nessuno degli indignati che difesero le Ong accusate di connivenza con gli scafisti a chiedere scusa ai magistrati di Trapani e agli italiani. Non la Boldrini, presidente della Camera, non Piero Grasso, presidente del Senato, i quali hanno sparato a zero nei giorni in cui la Procura di Trapani aveva avanzato sospetti su connivenze Ong-scafisti contro chi metteva in dubbio la bontà e l’eroicità delle Ong. Questi signori appartengono ad un’altra casta: alla casta di quelli che hanno sempre ragione e che non chiedono mai scusa a nessuno.
La vicenda dell’immigrazione non è finita e non finirà a breve, ma per lo meno sappiamo che si può fare qualcosa per contenerla. Soprattutto sappiamo che nella vita si può sempre fare qualcosa per evitare disastri. E sappiamo anche – purtroppo! – che la politica in Italia non è solo l’arte del possibile, ma anche l’arte di ingannare e di mistificare.

domenica 6 agosto 2017

Il trillo: Napolitano dixit


Napolitano dixit. In un’intervista rilasciata a Claudio Tito de “la Repubblica” (3 agosto), l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha confermato quanto sull’attacco Onu alla Libia e conseguente eliminazione del Colonnello Gheddafi si sapeva fin dal  2011, epoca dei fatti.
Cosa ha detto Napolitano, al di là del deformante titolo del giornale “Napolitano: Le bombe contro Gheddafi? Basta distorsioni ridicole: decise Berlusconi, non io”. Ha detto:
Primo, la decisione di attaccare Gheddafi la prese l’Onu con due risoluzioni.
Secondo, era impossibile per l’Italia non fare propria la scelta dell’Onu.
Terzo, Berlusconi era riluttante a partecipare all’intervento Onu contro la Libia, ma con alto senso di responsabilità si piegò per evitare una crisi istituzionale al vertice del nostro paese.
Quarto, oggi è troppo facile considerare quell’attacco un errore.

Ora, che cosa si arguisce dalle dichiarazioni di Napolitano? Si arguisce che Berlusconi era contrario e che lui Napolitano era a favore sia pure per ragioni di opportunità politica internazionale. Va da sé che poi la decisione non poteva prenderla che il governo, con l’approvazione del Parlamento e il consenso della Presidenza della Repubblica. Chiaro?

martedì 1 agosto 2017

Truculenterie d'estate


Lo scrittore-scultore friulano Mauro Corona, spesso ospite animatore di dibattiti alla televisione, ha subito nella notte tra il 29 e il 30 luglio un’aggressione da parte di alcuni giovinastri. I quali, servendosi di una sua scultura in bronzo, gli hanno mandato in frantumi la vetrata del suo studio-laboratorio. Inimmagginabili per chi non li subisce certi traumi. Per quanto ultrasessantenne Corona ha preso un’accetta e ha inseguito i tre disgraziati. “Se li avessi presi li avrei macellati” ha detto in televisione e ai giornali che lo hanno intervistato.

Sul “Corriere del Mezzogiorno” di martedì, 1° agosto, si legge un titolo che lascia a dir poco perplessi: “Regione Il contrattacco. Emiliano si fa garante «Se sgarrano gli stacco la testa e ci gioco a palla».


Si può comprendere Corona; ma Emiliano, che cazzo!