I giornali locali impazzano sulla
lite tra la
Senatrice Adriana Poli Bortone e l’ex sindaco di Lecce Paolo Perrone , entrambi di
centrodestra ed entrambi sindaci per un decennio ciascuno. Materia del
contendere: la colpa del debito che il comune leccese avrebbe secondo il
neoeletto sindaco di centrosinistra Carlo Salvemini.
Nell’era dell’usa e getta le
notizie e le conoscenze, che oggetti non sono, rischiano di non essere neppure
usate; sono gettate, a prescindere. Dico questo perché i giornali dimostrano di
non avere né un passato né un futuro e parlano di tutto come se quel tutto
fosse nato in quel giorno. Del resto, giornali
si chiamano!
Gli attacchi alla più volte
deputata, senatrice e ministra Adriana Poli Bortone da parte dei “suoi” non
sono cosa nuova; iniziarono negli anni Settanta e forse anche prima. Nel Msi
non era sopportabile che una donna, rara
avis peraltro, potesse gareggiare e vincere con tanti uomini.
Fedele Pampo, Alfredo Mantovano,
Raffaele Fitto, Paolo
Perrone sono solo alcuni con cui l’Adriana ha combattuto,
qualche volta vincendo, qualche altra volta perdendo, quasi sempre a danno
della comunità politica rappresentata. Gravissima, per esempio, la perdita
della Regione Puglia per la guerra fatta dai suoi stessi contro la sua
candidatura alla presidenza della Regione, che sembrava scontata dopo
l’investitura pubblica di Berlusconi. Meglio perdere le elezioni con Rocco
Palese che vincerle con Adriana Poli Bortone! Meglio, per chi? Non certamente
per quel popolo ex missino, poi aennino, poi piddiellino, fino agli ultimi scolorimentini.
Stessa cosa è accaduta di recente con le Amministrative leccesi e la perdita
del Comune a vantaggio dello schieramento avversario. Meglio perdere con
Giliberti che vincere…mettiamo con Congedo.
Dispiace dover dire che tutti
quelli che hanno incrociato le lame con l’Adriana non erano da meno, persone
tutte validissime, capacissime e degnissime, compreso l’ultimo, quel Paolo Perrone , sindaco di
Lecce nel decennio successivo a quello di lei e da lei politicamente allevato e
accudito. Tutti hanno fatto lo stesso errore: hanno ingaggiato con lei un
duello mortale, pensando di liberarsene definitivamente. Invece chi ancora è in
campo è lei, mentre è cambiato lo sfidante nel cartellone, per usare un gergo
pugilistico.
In politica – diceva Carl Schmitt
– ognuno è amicus hostis. Ma bisogna
fare una differenza: chi ti combatte dall’esterno è un avversario, a cui si
riconosce anche valore; nemico è invece chi ti combatte dall’interno. Naturalmente,
vale per tutti. La Poli
Bortone si è difesa, ha attaccato, secondo consolidate
metodiche. Non si può dire che sia stata una santa, non sarebbe durata per
tanto tempo e a livelli sempre alti e importanti. Le ha date, le ha prese.
Contro di lei sento parlare da
sempre e sempre con toni cattivi, magari anche con qualche ragione. Chi non ha torti
e ragioni in politica? Ricordo un congresso della Cisnal Scuola dei primi anni
Settanta nel salone della Casa del Mutilato a Lecce. Si contendevano la
segreteria provinciale Fedele Pampo, acerrimo nemico della Poli Bortone, e un
certo avvocato Vincenzo Potì, appoggiato da lei. Finì in una rissa spaventosa e
qualcuno, tra i più esagitati, ne fece le spese, come il povero Ennio Licci,
che si prese un pugno in faccia con conseguente spacco dell’arcata
sopraccigliare. Il congresso fu vinto da Potì ovvero dalla Poli Bortone; ma
Fedele Pampo se la legò al dito con tutti, me compreso, reo non tanto di aver
rappresentato la mozione Potì
quanto di non aver votato lui quale segretario nel segreto dell’urna. Secondo
lui il mio voto e quello di Eugenio Ozza, che eravamo stati eletti consiglieri
con la mozione Potì ,
avrebbero ribaltato in suo favore l’esito del congresso. Né io né Eugenio stemmo
all’ignobile giochetto tipico dei congressi.
Arriviamo ai nostri giorni. Il
duello continua. Ora con Paolo
Perrone , che cercò di liberarsene una decina di anni fa
togliendole la delega di assessore e di fatto allontanandola dal Consiglio
Comunale. Di chi la colpa del debito denunciato dal sindaco Salvemini? Perrone
dice dell’Adriana e l’Adriana dice di Perrone. Ma non sarebbe finalmente il
caso di smetterla di darsi addosso e di rispondere come si deve al comune
avversario? Quale beneficio ne trae il popolo del centrodestra da simili
dispetti, da simili reciproche accuse, da simili cattiverie, tanto inutili per i due
contendenti quanto dannose per i loro rappresentati? Si accordino entrambi su
un’unica spiegazione da dare e si preparino per vincere le prossime
competizioni elettorali. Questo vuole il “loro” popolo.
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