martedì 27 settembre 2022

Giorgia Meloni, i vivi e i "trapassati"

Tra i primi pensieri di Giorgia Meloni dopo il risultato elettorale che l’ha elevata a leader del primo partito d’Italia, in odore di premier, uno è corso alle “persone che non ci sono più ma meritavano di vedere questa nottata”. Un omaggio bello nei confronti dei tanti che se ne sono andati per fine naturale e che in questo lungo cammino, durato settantasei anni, si erano prodigati per tenere viva la fiamma tricolore del primigenio Msi, un impegno di fede e di testimonianza. Un riconoscimento alla sua storia politica, al suo ambiente umano e politico, dal quale ella ha tratto ispirazione, conforto e collaborazione. Quale senso dare al bel pensiero della Meloni? Dice Benedetto Croce in un passo sui “trapassati” in “Etica e politica”: «Che cosa dobbiamo fare degli estinti, delle creature che ci furono care e che erano come parte di noi stessi? “Dimenticarli”, risponde, se pure con vario eufemismo, la saggezza della vita. “Dimenticarli”, conferma l’Etica. “Via sulle tombe!”, esclamava Goethe, e a coro con lui altri spiriti magni. E l’uomo dimentica. Si dice che ciò è opera del tempo; ma troppe cose buone, e troppo ardue opere, si sogliono attribuire al tempo, cioè a un essere che non esiste. No: quella dimenticanza non è opera del tempo; è opera nostra, che vogliamo dimenticare e dimentichiamo». Giorgia Meloni ha dimostrato di non voler dimenticare, che in politica, come si può immaginare, è una sfida ardua. Ha ricordato le care persone della sua vita politica in un momento di successo. Ora deve dare un senso a quel ricordo. Al di là delle singole persone a cui ella ha pensato, ricordare i “trapassati” della sua gente significa fondamentalmente rispettarle nello spirito di ciò che si accinge a fare. La lunga marcia è finita. Quel che sembrava impossibile è oggi una realtà. Questa realtà richiede altro impegno ed altra testimonianza, per non vanificare i sacrifici fatti, per non tradire le aspettative. Inizia una nuova era. Quel partito doveva conquistare il potere e dimostrare di saperlo fare con le regole della democrazia. È riuscito: punto e a capo. Quel che viene dopo è un’altra storia. Nessuno è così ingenuo da pensare che tutte le critiche che il Msi ha fatto nel corso degli anni agli altri partiti e ai vari governi che si sono succeduti trovino in quel che ora farà Fratelli d’Italia perfetta rispondenza. Una cosa è il dire, un’altra il fare. È sempre Croce che lo dice e sempre in “Etica e politica”. Nell’azione politica, anche quando si è animati dai migliori propositi, poi ci sono difficoltà oggettive da affrontare, spesso impreviste e imprevedibili, come Covid e guerra in Ucraina oggi, per intenderci, e ci sono gli avversari che cercano di ostacolare, poiché il loro successo di domani si fonda sul tuo insuccesso di oggi. Lo sanno bene in Fratelli d’Italia, avendo fatto una lunga opposizione. Il prodotto politico è sempre la sintesi di condizioni favorevoli e sfavorevoli. Quel che non si deve dimenticare, se si vuole dare un senso al ricordo dei “trapassati”, è lo spirito dell’azione, che non sta tanto nel perseguire l’interesse degli italiani, formula generica e banale, ma nella sollecitazione genuina dell’agire politico. Per esemplificare: se si è parlato contro la corruzione e l’approssimazione, senso vuole che non si deve essere né corrotti né approssimativi. Può anche non bastare per conseguire un risultato buono, ma così operando non si tradisce lo spirito. I segnali per ora sono da decifrare. Rispondendo ad una domanda di Enrico Mentana su “La 7”, Ignazio La Russa, che di Fratelli d’Italia è il più anziano, il più radicato nel Msi, ha ipotizzato che la Meloni, nel ricordare i “trapassati”, abbia pensato a Pinuccio Tatarella, il cosiddetto ministro dell’armonia, come l’iniziatore di una politica nuova della destra, tacendo su Giorgio Almirante, dando così ragione a Benedetto Croce. Forse La Russa aveva dimenticato che la campagna elettorale era finita. O forse non aveva ben capito lo spirito puro del ricordo della Meloni. Storicamente fu Almirante a dare una sterzata al partito prima con Destra Nazionale (1972) e poi con la Costituente di Destra per la Libertà (1975). I tempi non erano maturi per pensare altro. È riuscita la Meloni dopo cinquant’anni. Nessuno poteva immaginare che una donna potesse diventare un giorno il capo di uno dei partiti tradizionalmente più maschilisti d’Italia e che lei e non altri lo elevasse al rango del potere. Ma così vanno le cose del mondo, che non accadono mai invano e che sono sempre la conseguenza dei precedenti fatti.

sabato 24 settembre 2022

Elezioni 2022: le incognite di un sovvertimento

C’è un aspetto che finora non è stato colto nel corso della campagna elettorale in tutta la sua importanza. Sondaggi e opinionisti politici hanno detto più volte che la vittoria della Destra è certa, che semmai non è certa l’entità. Anche gli osservatori stranieri sono di quest’avviso. I diretti interessati si sono schermiti, come era opportuno che facessero, ma non hanno escluso l’esito vincente delle elezioni, limitandosi a dire andiamo piano, non abbiamo ancora vinto, attenti a non commettere errori, a offrire il fianco agli avversari. Gli stessi avversari lo hanno ammesso anche se hanno continuato a sperare nell’alea dell’imprevisto, di ciò che può succedere negli ultimi giorni prima del voto, sperando negli astensionisti, ben il 40% degli aventi diritto al voto, e affidandosi alla forza della propaganda, che, si sa, si fonda sulle bugie, sulle emozioni, sulle fascinazioni. Lo hanno fatto anche per incoraggiare i loro sostenitori. Non potevano dire: compagni, raccogliamo i ferri e buona notte. Il campione del vendere cara la pelle è stato senza dubbio il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano del Pd, il quale ha scomodato Stalingrado e scenari sanguinolenti – qui dovranno sputare sangue! – per incitare i suoi alla resistenza, all’impegno, a credere nel miracolo del sovvertimento dei pronostici. Ma il vero sovvertimento – è questo l’aspetto di cui in apertura – è che dopo settantasette anni il fascismo, sia pure svuotato di ogni contenuto specifico e generico, risulta vincente sul sistema politico che lo ha sempre perseguitato, combattuto, discriminato, escluso. La fiamma del Msi sta lì proprio ad indicare la continuità, un segno del passato, non del presente e meno ancora del futuro. La vittoria di Fratelli d’Italia, se ci sarà, non sarà sostanziale, ma altamente ed esclusivamente simbolica. Non ci sarà nessun regime con Giorgia Meloni al potere, non ci sarà nessun cambiamento di rotta significativo in nessuno dei settori della politica, non in quella estera, non in quella interna, non in quella economica e sociale. E del resto, come si fa dovendo stare in un ordine di cose che non dipende da Roma, ma da Bruxelles? Come si può intervenire sui diritti civili acquisiti quando sono difesi dall’Europa? Dunque, il probabile passaggio dei poteri sarà più sui binari della continuità che su quelli dello scarto. La domanda da porsi, invece, è su quanto potrebbe durare un governo costituito da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Carlo Calenda, leader del cosiddetto terzo polo, gli dà sei mesi di vita. Meloni, Salvini e Berlusconi hanno continuamente ribadito, quasi una sorta di giuramento, che il loro governo sarà di legislatura, che durerà cinque anni e che farà tutte le cose che sono nel loro programma unico. Ma nello stesso tempo hanno assunto posizioni diverse su questioni non di poco conto, come sullo scostamento di bilancio, con Salvini favorevole e Meloni contraria, e soprattutto in politica estera e in particolare su Putin e la guerra in Ucraina. Su questo specifico punto ci sono state autentiche e incredibili affermazioni di chi, come Berlusconi e Salvini, è da sempre sospettato di amicizia col dittatore russo. Le affermazioni del Cavaliere da Vespa a “Porta a Porta” di giovedì, 22 settembre, hanno toccato l’assurdo di giustificare Putin, che, a dire di Berlusconi, in fondo è intervenuto per difendere le popolazioni russofone dalle violenze degli ucraini e di creare a Kiev un governo di persone perbene. Poi, come al solito, ha cercato di dire di non essere stato capito e che il pensiero manifestato non era il suo ma quello dei si dice. Roba o da imbecilli da ricoverare o da furbi imbroglioni. La seconda che ho detto! Di fronte a quel che si è visto e sentito viene da pensare che anche sulla durata e sulle modalità del durare o del cadere il governo di destra, se ci sarà, non si differenzierà molto dai precedenti governi di questi ultimi anni, per non dire di tutta la tradizione democratica italiana. Salvini e Berlusconi, quest’ultimo soprattutto, hanno già dato prova di non essere affidabili. Troppo generiche le dichiarazioni di fedeltà all’Europa, alla Nato e agli Stati Uniti, lasciate sempre sullo sfondo e subordinate a politiche concrete basate sui fatti. Va bene l’Europa ma Putin in fondo in fondo è un buon cristiano (Berlusconi). Va bene le armi agli ucraini ma le conseguenze non devono ricadere sugli italiani (Salvini). Si tratta di posizioni equivoche che al momento di decidere il da farsi possono costituire intoppi importanti. Paradossalmente la più moderata di tutto lo schieramento di destra è Giorgia Meloni, che è stata tacciata di draghismo. Lei, l’unica oppositrice a Draghi!

domenica 18 settembre 2022

Giorgia Meloni delenda est

Tornano come i frutti di stagione ogni volta che c’è una campagna elettorale importante, specialmente quando la Destra sembra prossima ad un successo. Chi sono? Ma i difensori della Costituzione e della democrazia! Chi vogliono colpire? Ma Giorgia Meloni, la quale, come Cartagine per i Romani, “delenda est”, deve essere fermata, non ci sono santi. Perché Meloni non è fascista – si dice – ma è bene farla sembrare tale, chi vuol capire, capisca! È un’esplosione di iniziative: libri, giornali, trasmissioni televisive, spettacoli teatrali. Sono tutti contro il “delinquente Mussolini”, contro il fascismo “male assoluto”, accozzaglia di feroci assassini, dei quali da italiani bisogna vergognarsi. È un’autentica pandemia, una pioggia di virus sparati ad altezza d’uomo, per la quale non c’è vaccino che tenga. E che c’entra Mussolini con la Meloni? C’entra! Perché ai tempi della sua prima giovinezza disse che Mussolini era stato il più grande uomo politico del secolo. Per certi nemici non c’è acqua che passi! Il “Corriere della Sera” (15.10.2022) ha titolato a caratteri cubitali e policromi un articolo di Aldo Cazzullo sull’argomento: “La vergogna del fascismo”. È la presentazione del suo ultimo libro, intitolato, per l’appunto, “Mussolini il capobanda. Perché dovremmo vergognarci del fascismo” (Mondadori). Lo stesso Cazzullo ha rievocato la Marcia su Roma con una trasmissione televisiva su “la 7” (14.10.2022). Una cosa della quale c’è davvero da vergognarsi per la sua patente povertà di conoscenze, per le volute miserabili omissioni e per la volgarità degli intenti propagandistici. Con Cazzullo si è aggiunto un eroe. Targhisti, prendetene atto! Per questa gente migliaia e migliaia di studi e di ricerche sul fascismo, che hanno dato ben altre definizioni e spiegazioni del fenomeno in Italia e nel mondo, ben altra narrazione della sua storia, non contano niente, Renzo De Felice ha trascorso la vita a vendere merletti. Ma non basta. Potevano mancare i seminatori di sospetti? E così, a pochi giorni dal voto, scendono in campo i servizi segreti americani che la buttano sul chi coglie coglie: più di venti paesi nel mondo hanno ricevuto soldi dalla Russia, 300 milioni di dollari. E subito il pensiero corre all’Italia, ovviamente non a quella di Letta o di Renzi-Calenda ma a quella di Meloni, Salvini e Berlusconi. L’ex ambasciatore americano alla Nato, Kurt Volker, dà ad intendere a “la Repubblica” che nella lista c’è anche Fratelli d’Italia, salvo poi a smentire e rassicurare nero su bianco. Ma quando la bomba la butti, qualche effetto lo fa, specialmente nella propaganda. “Voce dal sen fuggita / più richiamar non vale” diceva il Metastasio. E infine, come era prevedibile, contro la Meloni e la Destra rispuntano il sangue e le brigate rosse. Il Presidente della Regione Puglia, Emiliano, dice che non passeranno, che dai suoi paraggi dovranno sputare sangue. Chi è il soggetto di non passeranno? Chi sono quelli che devono sputare sangue? Ma, ovvio: i fascisti, quelli che non dovevano essere evocati in questa campagna elettorale, perché sarebbe stato stupido e controproducente farlo: la Meloni non è fascista, l’Italia non corre pericoli fascisti (Letta, Calenda e compagni copyright). Ora i terroristi rossi, sempre in agguato a rispuntare in difesa della Costituzione e della democrazia (così dicono!), promettono alla Meloni di farle fare la fine di Moro. Lo scrivono sui muri oltre che nei social. E sempre più durante i comizi della leader di Fratelli d’Italia ci sono i disturbatori, che sanno di farla franca, non solo perché si sentono autorizzati da quel sentirsi superiori e in linea col potere costituito, ma anche perché a difendere la Meloni non ci sono più i ragazzi del Fronte della Gioventù, di cui la Meloni è stata agli inizi della sua carriera leader nazionale. Ma forse, sotto sotto, Letta e compagni sperano che qualcuno dei ragazzi del Fronte torni in piazza legittimamente a difendere la sua gente, le sue idee politiche. Così democratici e compagni possono dire: ecco, i veri fascisti non cambiano mai! Guido Crosetto, che di Fratelli d’Italia è stato cofondatore, ha messo in guardia fin dall’inizio della campagna elettorale il suo partito: di qui al voto gli avversari faranno di tutto, ma proprio di tutto, per impedire a Giorgia Meloni di approdare al risultato che il popolo italiano sembra volerle assicurare. Se riusciranno per ora non lo si può dire, ma che quel risultato possa essere contenuto e ridotto è certo. Come altrettanto certo è che i metodi usati sono sempre gli stessi, quelli di una democrazia tanto a modo alle apparenze e tanto spregiudicata nella realtà.

sabato 10 settembre 2022

Partito conservatore, sì ma conservare cosa?

Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, ha detto che il suo è un partito di conservatori e lei stessa è presidente del Partito Conservatore Europeo. In questi ultimi due anni la sua comunicazione si è incentrata sulla conservazione dei tre grandi valori: Dio, Patria, Famiglia. Dalla famosa presentezione di se stessa, “Io sono Giorgia”, Roma 19 ottobre 2019, fino all’esibizione spagnola a sostegno del partito di estrema destra Vox, giugno di quest’anno, ha rivendicato con forza questi suoi valori, senza avere tentennamenti o preoccupazioni, limitandosi a precisare che questi scavalcano il fascismo per ricondursi a Mazzini. Questa sua posizione, aperta e coraggiosa, in un ambiente in cui incombe il politically correct, le ha fatto crescere il consenso degli italiani, insieme, evidentemente, ad altri fattori, fra situazioni oggettive, meriti suoi e demeriti degli altri. Se oggi è la più probabile candidata alla Presidenza del Consiglio lo deve anche a questo suo essere stata. Non v’è alcun dubbio. Da quando, però, è iniziata la campagna elettorale e le sue quotazioni nei sondaggi sono aumentate fino ad avere più del 25 % dei favori popolari, primo partito in Italia, Meloni è stata più guardinga fino a chiudersi in difesa quando si è trattato di affrontare la questione dei diritti civili e in particolare quelli dei Lgbtqia+. Non diversamente da lei si sono comportati i suoi collaboratori e fiancheggiatori della stampa. Perché? Mentre i suoi avversari non si chiedono perché la Meloni è arrivata a minacciare la democrazia in Italia, per usare il loro linguaggio, e l’attaccano anche sul piano personale per la sua inadeguatezza, sempre per usare il loro linguaggio, perfino lei si guarda bene dal rivendicare come giuste le battaglie combattute contro le degenerazioni del costume civile, che tanto successo le hanno dato. In realtà alla base c’è un problema di non facile soluzione. Che cosa c’è oggi nella moderna società da conservare? Per tornare a Dio Patria Famiglia, constatiamo. Dio? Lo ha ridimensionato anche la Chiesa e non da ora, anche se con Papa Francesco è diventato un Dio sempre più laico, tutto proteso a salvaguardare la pace, l’uguaglianza, l’ambiente. Matteo Salvini, leader della Lega, è precipitato giù nei sondaggi da quando si è messo a baciare croci e santini, nell’indifferenza della Chiesa. Conservare il Dio tradizionale è come voler conservare una cosa che non c’è più. La Patria? Oggi, ridimensionata anche lei. Essa non è più quella racchiusa nel concetto ottocentesco trascinato nel Novecento fino alla seconda guerra mondiale. Voler conservare quella Patria vuol dire o uscire dall’Europa o restare dentro ma rivendicando una sovranità improbabile, dato che l’Unione Europea ha richiesto per il suo essere e formarsi la revisione del concetto di sovranità. Parlare di cessione di parte di sovranità, come spesso si fa, è un non senso in quanto il concetto di sovranità non consente divisione della stessa in parti. Si può spezzettare perfino la Nazione, ma la Sovranità è impossibile. All’Unione Europea non c’è stata nessuna cessione di sovranità, ma solo una conventio di gestirla nell’ottica di interessi comuni. La Patria autoreferenziale, come era intesa prima dell’Unione Europea, non c’è più; ergo non ha più senso parlare di confini della Patria neppure per arginare le ondate di migranti. La Famiglia? Le statistiche ci dicono che sta precipitando verso livelli anno dopo anno. Si riducono i matrimoni, sia civili che religiosi, crescono sempre più le coppie di fatto anche fra soggetti dello stesso sesso. È un fatto che la famiglia tradizionalmente intesa perde sempre più centralità. Si rivendica l’aborto come un diritto naturale inalienabile, come altrettanto inalienabili si considerano i diritti di stabilire il genere che si vuole in dispregio anche della natura. L’individuo che cerca la felicità confligge con gli interessi dei classici soggetti collettivi della destra: Nazione, Patria, Società. Di fronte a tali e tanti cambiamenti, delle due l’una: o accettare la realtà per come si è trasformata, cercando tutt’al più di frenarne il processo, o passare da una impraticabile conservazione alla reazione con l’impedire che questo processo continui ad libitum. Scartata quest’ultima opzione per ragioni assai comprensibili – il caso Italia non è isolato, anzi in Italia ancora si registra qualche sussulto di resistenza, altrove ormai è dilagato – non rimane che gestire con razionalità problemi non più lasciati ad una spontanea deriva. Accettata l’opzione europeistica, come continua a dire e a rassicurare Giorgia Meloni, resta il non facile problema di dover conservare l’inconservabile, per certi aspetti l’inesistente. È questo il suo tallone d’Achille e di ogni conservatore oggi.

sabato 3 settembre 2022

Ed ora il presidenzialismo

Il tempo nella politica non passa invano e non va sempre verso il peggio, checché ne dicano in tanti nel nostro Paese, ripetendo luoghi comuni, a volte beceri, nei confronti della politica e dei politici, tutto ridotto ad una questione di poltrone e di papponeria. Spesso si confonde il populismo, che è un modo di intendere l’esercizio politico, con la satira che ha per scopo di far ridere: castigat ridendo mores. Da questo non sono esenti né la stampa di destra, che spara titoli in prima pagina a volte anche di dubbio gusto, vedi testate come “il Giornale”, “Libero” e “La Verità”, né quella di sinistra, vedi “Il Manifesto” o “Il Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio. Se si guarda all’ultimo quinquennio, 2018-2023 (XVII Legislatura), non ancora concluso, caratterizzato dai governi nei quali i Cinquestelle hanno fatto la parte del leone, con i primi due guidati da uno di loro, Giuseppe Conte, e il terzo dal tecnico Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, con un esecutivo di unità nazionale, ci accorgiamo di cambiamenti se non proprio radicali di sicuro significativi. Senza entrare nel merito degli obiettivi conseguiti, non in questa sede, che verte su altro, vediamo che alcuni punti del programma realizzati hanno cambiato lo scenario sociale e politico, grazie o per colpa, a seconda della condivisione o meno, dei Cinquestelle. Essi avevano promesso il reddito di cittadinanza, e lo hanno realizzato. Avevano promesso il taglio dei parlamentari, e lo hanno realizzato. Avevano promesso il Super Ecobonus, e lo hanno realizzato. E via di seguito, con il decreto sui corrotti e con altri provvedimenti dettati dalle circostanze come le contingenze, pandemia per esempio, hanno suggerito. Questa legislatura, in scadenza prematura, ha dimostrato che se una forza politica riceve dall’elettorato in maniera chiara e netta il potere necessario per fare le cose può veramente cambiare e incidere. E se sono riusciti i Cinquestelle, in gran parte inesperti e incapaci, absit iniuria verbis, meglio potrebbero riuscire forze politiche che vengono da più lontano e da esperienze più importanti. Ora è il caso di Giorgia Meloni, che, con Fratelli d’Italia nello schieramento di Centrodestra, con la Lega e Forza Italia, ha in programma il presidenzialismo, ovvero il cambiamento della nostra Repubblica in senso presidenziale o semipresidenziale da parlamentare che è. Il risultato dipenderà dalla consistenza delle forze in campo e dalla loro capacità di giungere ad un compromesso, che potrebbe non escludere altre forze politiche più moderate. Il presidenzialismo o Nuova Repubblica, come Giorgio Almirante lo chiamava, è stato per anni il cavallo di battaglia del Msi, che lo propose al XII Congresso del partito (Napoli, 5-7 ottobre 1979), come di recente ha tenuto a ricordare Enrico Letta in polemica con Berlusconi. Fratelli d’Italia ha presentato in Senato un disegno di legge, il 703, per l’elezione, appunto, del Presidente della Repubblica a suffragio universale e diretto. Ovvio che una simile elezione preveda tutta una serie di aggiustamenti costituzionali. Non si tratta, infatti, solo di una diversa modalità di elezione, ma degli effetti ricadenti nel testo e poi nella prassi. Un cambiamento epocale per la nostra democrazia, che, ove dovesse vincere le elezioni il Centrodestra, può verificarsi dando inizio veramente alla Seconda Repubblica. Tale non può intendersi quella uscita da Tangentopoli nella prima metà degli anni Novanta del secolo scorso. Cosa può voler dire il presidenzialismo, a parte i dati tecnici? Oggi il Centrodestra, che lo propone, vuole mettere fine all’indecoroso spettacolo dell’elezione parlamentare, coi partiti che si muovono come in una fiera paesana, con trattative a volte nascoste, con intese a volte disattese, col preciso intento di assicurare al Quirinale un personaggio dell’establishment per garantire l’establishment. Come dire: chi ha il potere non vuole perderlo e fa di tutto per procurarsi un garante per perpetuarne la titolarità. Lo spettacolo offerto nelle ultime elezioni presidenziali ha dimostrato la crisi di questo sistema. Esso non ha garantito un avvicendarsi ordinato e per ben due volte, con Giorgio Napolitano e con Sergio Mattarella, si è dovuto fare ricorso ad una riconferma. Ricordiamo ancora le durissime parole di Napolitano rivolte ai parlamentari di Senato e Camera in seduta comune nel reintraprendere il percorso dopo che il Parlamento aveva bocciato la quasi fatta elezione di Romano Prodi. L’attuale sistema non funziona perché non ci sono più le condizioni politiche e partitiche di prima. Di qui la necessità di cambiare in senso popolare.