sabato 10 settembre 2022

Partito conservatore, sì ma conservare cosa?

Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, ha detto che il suo è un partito di conservatori e lei stessa è presidente del Partito Conservatore Europeo. In questi ultimi due anni la sua comunicazione si è incentrata sulla conservazione dei tre grandi valori: Dio, Patria, Famiglia. Dalla famosa presentezione di se stessa, “Io sono Giorgia”, Roma 19 ottobre 2019, fino all’esibizione spagnola a sostegno del partito di estrema destra Vox, giugno di quest’anno, ha rivendicato con forza questi suoi valori, senza avere tentennamenti o preoccupazioni, limitandosi a precisare che questi scavalcano il fascismo per ricondursi a Mazzini. Questa sua posizione, aperta e coraggiosa, in un ambiente in cui incombe il politically correct, le ha fatto crescere il consenso degli italiani, insieme, evidentemente, ad altri fattori, fra situazioni oggettive, meriti suoi e demeriti degli altri. Se oggi è la più probabile candidata alla Presidenza del Consiglio lo deve anche a questo suo essere stata. Non v’è alcun dubbio. Da quando, però, è iniziata la campagna elettorale e le sue quotazioni nei sondaggi sono aumentate fino ad avere più del 25 % dei favori popolari, primo partito in Italia, Meloni è stata più guardinga fino a chiudersi in difesa quando si è trattato di affrontare la questione dei diritti civili e in particolare quelli dei Lgbtqia+. Non diversamente da lei si sono comportati i suoi collaboratori e fiancheggiatori della stampa. Perché? Mentre i suoi avversari non si chiedono perché la Meloni è arrivata a minacciare la democrazia in Italia, per usare il loro linguaggio, e l’attaccano anche sul piano personale per la sua inadeguatezza, sempre per usare il loro linguaggio, perfino lei si guarda bene dal rivendicare come giuste le battaglie combattute contro le degenerazioni del costume civile, che tanto successo le hanno dato. In realtà alla base c’è un problema di non facile soluzione. Che cosa c’è oggi nella moderna società da conservare? Per tornare a Dio Patria Famiglia, constatiamo. Dio? Lo ha ridimensionato anche la Chiesa e non da ora, anche se con Papa Francesco è diventato un Dio sempre più laico, tutto proteso a salvaguardare la pace, l’uguaglianza, l’ambiente. Matteo Salvini, leader della Lega, è precipitato giù nei sondaggi da quando si è messo a baciare croci e santini, nell’indifferenza della Chiesa. Conservare il Dio tradizionale è come voler conservare una cosa che non c’è più. La Patria? Oggi, ridimensionata anche lei. Essa non è più quella racchiusa nel concetto ottocentesco trascinato nel Novecento fino alla seconda guerra mondiale. Voler conservare quella Patria vuol dire o uscire dall’Europa o restare dentro ma rivendicando una sovranità improbabile, dato che l’Unione Europea ha richiesto per il suo essere e formarsi la revisione del concetto di sovranità. Parlare di cessione di parte di sovranità, come spesso si fa, è un non senso in quanto il concetto di sovranità non consente divisione della stessa in parti. Si può spezzettare perfino la Nazione, ma la Sovranità è impossibile. All’Unione Europea non c’è stata nessuna cessione di sovranità, ma solo una conventio di gestirla nell’ottica di interessi comuni. La Patria autoreferenziale, come era intesa prima dell’Unione Europea, non c’è più; ergo non ha più senso parlare di confini della Patria neppure per arginare le ondate di migranti. La Famiglia? Le statistiche ci dicono che sta precipitando verso livelli anno dopo anno. Si riducono i matrimoni, sia civili che religiosi, crescono sempre più le coppie di fatto anche fra soggetti dello stesso sesso. È un fatto che la famiglia tradizionalmente intesa perde sempre più centralità. Si rivendica l’aborto come un diritto naturale inalienabile, come altrettanto inalienabili si considerano i diritti di stabilire il genere che si vuole in dispregio anche della natura. L’individuo che cerca la felicità confligge con gli interessi dei classici soggetti collettivi della destra: Nazione, Patria, Società. Di fronte a tali e tanti cambiamenti, delle due l’una: o accettare la realtà per come si è trasformata, cercando tutt’al più di frenarne il processo, o passare da una impraticabile conservazione alla reazione con l’impedire che questo processo continui ad libitum. Scartata quest’ultima opzione per ragioni assai comprensibili – il caso Italia non è isolato, anzi in Italia ancora si registra qualche sussulto di resistenza, altrove ormai è dilagato – non rimane che gestire con razionalità problemi non più lasciati ad una spontanea deriva. Accettata l’opzione europeistica, come continua a dire e a rassicurare Giorgia Meloni, resta il non facile problema di dover conservare l’inconservabile, per certi aspetti l’inesistente. È questo il suo tallone d’Achille e di ogni conservatore oggi.

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