sabato 24 settembre 2022

Elezioni 2022: le incognite di un sovvertimento

C’è un aspetto che finora non è stato colto nel corso della campagna elettorale in tutta la sua importanza. Sondaggi e opinionisti politici hanno detto più volte che la vittoria della Destra è certa, che semmai non è certa l’entità. Anche gli osservatori stranieri sono di quest’avviso. I diretti interessati si sono schermiti, come era opportuno che facessero, ma non hanno escluso l’esito vincente delle elezioni, limitandosi a dire andiamo piano, non abbiamo ancora vinto, attenti a non commettere errori, a offrire il fianco agli avversari. Gli stessi avversari lo hanno ammesso anche se hanno continuato a sperare nell’alea dell’imprevisto, di ciò che può succedere negli ultimi giorni prima del voto, sperando negli astensionisti, ben il 40% degli aventi diritto al voto, e affidandosi alla forza della propaganda, che, si sa, si fonda sulle bugie, sulle emozioni, sulle fascinazioni. Lo hanno fatto anche per incoraggiare i loro sostenitori. Non potevano dire: compagni, raccogliamo i ferri e buona notte. Il campione del vendere cara la pelle è stato senza dubbio il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano del Pd, il quale ha scomodato Stalingrado e scenari sanguinolenti – qui dovranno sputare sangue! – per incitare i suoi alla resistenza, all’impegno, a credere nel miracolo del sovvertimento dei pronostici. Ma il vero sovvertimento – è questo l’aspetto di cui in apertura – è che dopo settantasette anni il fascismo, sia pure svuotato di ogni contenuto specifico e generico, risulta vincente sul sistema politico che lo ha sempre perseguitato, combattuto, discriminato, escluso. La fiamma del Msi sta lì proprio ad indicare la continuità, un segno del passato, non del presente e meno ancora del futuro. La vittoria di Fratelli d’Italia, se ci sarà, non sarà sostanziale, ma altamente ed esclusivamente simbolica. Non ci sarà nessun regime con Giorgia Meloni al potere, non ci sarà nessun cambiamento di rotta significativo in nessuno dei settori della politica, non in quella estera, non in quella interna, non in quella economica e sociale. E del resto, come si fa dovendo stare in un ordine di cose che non dipende da Roma, ma da Bruxelles? Come si può intervenire sui diritti civili acquisiti quando sono difesi dall’Europa? Dunque, il probabile passaggio dei poteri sarà più sui binari della continuità che su quelli dello scarto. La domanda da porsi, invece, è su quanto potrebbe durare un governo costituito da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Carlo Calenda, leader del cosiddetto terzo polo, gli dà sei mesi di vita. Meloni, Salvini e Berlusconi hanno continuamente ribadito, quasi una sorta di giuramento, che il loro governo sarà di legislatura, che durerà cinque anni e che farà tutte le cose che sono nel loro programma unico. Ma nello stesso tempo hanno assunto posizioni diverse su questioni non di poco conto, come sullo scostamento di bilancio, con Salvini favorevole e Meloni contraria, e soprattutto in politica estera e in particolare su Putin e la guerra in Ucraina. Su questo specifico punto ci sono state autentiche e incredibili affermazioni di chi, come Berlusconi e Salvini, è da sempre sospettato di amicizia col dittatore russo. Le affermazioni del Cavaliere da Vespa a “Porta a Porta” di giovedì, 22 settembre, hanno toccato l’assurdo di giustificare Putin, che, a dire di Berlusconi, in fondo è intervenuto per difendere le popolazioni russofone dalle violenze degli ucraini e di creare a Kiev un governo di persone perbene. Poi, come al solito, ha cercato di dire di non essere stato capito e che il pensiero manifestato non era il suo ma quello dei si dice. Roba o da imbecilli da ricoverare o da furbi imbroglioni. La seconda che ho detto! Di fronte a quel che si è visto e sentito viene da pensare che anche sulla durata e sulle modalità del durare o del cadere il governo di destra, se ci sarà, non si differenzierà molto dai precedenti governi di questi ultimi anni, per non dire di tutta la tradizione democratica italiana. Salvini e Berlusconi, quest’ultimo soprattutto, hanno già dato prova di non essere affidabili. Troppo generiche le dichiarazioni di fedeltà all’Europa, alla Nato e agli Stati Uniti, lasciate sempre sullo sfondo e subordinate a politiche concrete basate sui fatti. Va bene l’Europa ma Putin in fondo in fondo è un buon cristiano (Berlusconi). Va bene le armi agli ucraini ma le conseguenze non devono ricadere sugli italiani (Salvini). Si tratta di posizioni equivoche che al momento di decidere il da farsi possono costituire intoppi importanti. Paradossalmente la più moderata di tutto lo schieramento di destra è Giorgia Meloni, che è stata tacciata di draghismo. Lei, l’unica oppositrice a Draghi!

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