domenica 30 gennaio 2022

Elezioni presidenziali: colpe vicine e lontane

Al termine del ragionamento sulla dimostrazione di un teorema si dice “come volevasi dimostrare”. La rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica non è stato un teorema ma la dimostrazione di tutto quello che con essa c’era da dimostrare, nel bene e nel male. Partiamo dal bene. Le condizioni in cui ci troviamo in Italia e nel mondo (ultima, la crisi ucraina) suggerivano il quieta non movere, ossia lasciare Draghi a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale. Spostarne perfino uno poteva mettere in discussione tutto il resto, il crollo del pericolante edificio. Troppe criticità si legavano a qualsiasi movimento. Prima di tutto le incognite. Che fine avrebbe fatto il governo con Draghi al Quirinale? Si sarebbe continuato con la consueta perizia nel gestire la pandemia e il Pnrr (Piano nazionale ripresa e resilienza)? L’ipotesi che ci potessero essere due tecnici a guidare l’Italia, uno a Palazzo Chigi e l’altro al Quirinale, impensieriva alcuni leader politici, stante la crisi della politica ridotta ad un contorno inutile, una corte intorno ad una diarchia di tecnocrati. Spaventava Draghi per sette anni al Quirinale, dominus incontrastato della situazione. C’era una caterva di parlamentari terrorizzati dallo scioglimento delle Camere, la prospettiva della “disoccupazione”. Come è noto, la riduzione del numero dei parlamentari, voluta dai Grillini, rende alcune centinaia di essi privi di prospettive di rielezione e dunque contrari allo scioglimento anticipato delle Camere. A ottobre scatta per essi il diritto ad avere la pensione da parlamentare. Non è uno scherzo, signori, è pane! Stare per metterselo in bocca e vederselo svanire all’ultimo momento sarebbe stata una beffa difficilmente sopportabile. Lasciare tutto come stava era, dunque, la cosa più ovvia da fare; ed è stata fatta. Appunto, come volevasi dimostrare. Ma se la soluzione che c’è stata fosse stata perseguita con metodo e strategia ci sarebbe poco da obiettare. Si voleva questo, è stato raggiunto; evviva! Il fatto è che è stata un ripiego dopo una settimana di inutili e mortificanti votazioni, di tentativi tortuosi, con personalità sprecate, negazioni, finzioni, sotterfugi, contraddizioni, tradimenti – ahi, quanti franchi tiratori! – con kingmaker da strapazzo, registi occulti e soprattutto con egoismi portati al parossismo, come quello di Berlusconi. Il quale ha pensato: io no? E allora nessun altro! Questo il senso del boicottaggio da parte dei franchi tiratori di Forza Italia ai danni prima dell’Alberti Casellati e poi della Belloni. Ma come mai la politica si ritrova in siffatte condizioni? Le colpe vengono da più lontano. E vengono proprio da alcune scelte che ancora oggi sono considerate felici, come il non sciogliere le Camere nel 2019 allo scopo di favorire una parte politica (il centrosinistra) e sfavorire l’altra parte (il centrodestra). C’è la convinzione in Italia che il Presidente della Repubblica può con gli strumenti che la Costituzione gli mette a disposizione determinare situazioni politiche, mettendo in crisi il ruolo di super partes. Decisionismi come quelli di Scalfaro, di Napolitano e di Mattarella, hanno confermato questa “verità”. Il cercare nel Parlamento forme di maggioranze governative, puramente matematiche e a sfregio della politica, può essere summum jus ma anche summa iniuria. Se questa è una percezione o la verità è un altro discorso. Il fatto è che chi ha beneficiato per anni di una simile “percezione” è convinto che deve battersi all’infinito per impedire che il Quirinale, l’importante centro di potere cada nelle mani degli avversari; chi è convinto della stessa cosa ma non ne ha mai beneficiato cerca di fare di tutto per conquistarlo. Così posti gli antagonisti, è utopia pensare che possano trovare un accordo. Questo è quanto è emerso ancora una volta dai comportamenti e dalle dichiarazioni che hanno rilasciato i protagonisti nel corso della partita per eleggere il Presidente della Repubblica. Mattarella ha accettato con senso di responsabilità; e questo gli fa onore. Ma a chi l’ha visto quando i due presidenti delle Camere sono andati a comunicargli l’elezione, è apparso stanco, preoccupato, dispiaciuto e seccato. No, Mattarella non l’ha presa bene. Farà sicuramente il suo dovere, conscio di essere stato costretto a smentirsi – lui, che non voleva rimanere! – da una classe politica ormai talmente incapace da non riuscire nemmeno a combinare guai. Con tutto il rispetto e l’egoismo di cittadini, abbiamo accolto la soluzione, a prescindere da tutto, come la migliore possibile. Auguri a tutti, a Mattarella e agli italiani. Niente ai politici inetti e incapaci!

domenica 23 gennaio 2022

Elezioni presidenziali: la "fuga" di Mattarella

Gli scatoloni sono pronti. Parte riempiti, parte vuoti. Il clima al Quirinale è quello dei traslochi. La Rai lo ha mostrato, quasi a mettere fine a qualsiasi ripensamento di Mattarella, che non vuole assolutamente restare in carica per un secondo mandato. Lo fa per due motivi, uno detto, l’altro non detto. Il detto: ha più volte ribadito che lui è del parere che vada fatta una riforma della Costituzione, relativa alla durata in carica del Capo dello Stato: non più di un mandato e abolizione del semestre bianco, nel corso del quale il Presidente non può sciogliere le Camere. Dello stesso avviso prima di lui Segni e Leone. Il secondo motivo, non detto, ma intuibile e assai più comprensibile, è che lui per ragioni sue non se la sente per un secondo mandato. Stanchezza? Salute? Potrebbe essere. Ma intanto, in assenza della sua esplicitazione, restiamo al primo motivo. Che, francamente, lascia un po’ perplessi. In punto di diritto ha ragione a pensare che il Presidente della Repubblica non debba essere rieletto, ma intanto la Costituzione che c’è non esclude un secondo o un terzo mandato. E la Costituzione va osservata fino in fondo. Lo ha detto più volte lui; e con lui lo hanno detto e lo dicono tutti. Se la Costituzione consente, in determinate situazioni, la rielezione del Presidente uscente, non si capisce perché non lo si debba fare. Se la Costituzione offre una risorsa, non utilizzarla convenientemente è un errore, potrebbe essere, a rigore, un “vulnus”. Perché in questo momento la rielezione di Mattarella sarebbe più che opportuna? Ci troviamo in un ingorgo politico dal quale non si sa come uscire e se c’è un’uscita senza continuare a rendere la situazione dannosa per la nostra politica, già assai compromessa. Solamente lui, Mattarella, che si dice ligio all’osservanza della Costituzione, potrebbe farci uscire dall’ingorgo dando la sua disponibilità alla rielezione. Lui può. E non è detto che a ventiquattr’ore dal primo voto, che avverrà lunedì 24 gennaio, non decida di sacrificarsi per un periodo che le cose decideranno poi quanto lungo. Intanto non si vede una via d’uscita. Il primo inghippo è la decisione di Mattarella di non voler restare. Il secondo è la destinazione di Mario Draghi, che ora guida il governo e che se andasse al Quirinale interromperebbe il cammino della soluzione dei due problemi per i quali era stato portato a Palazzo Chigi: la pandemia Covid e il Pnrr. Il terzo è lo scioglimento delle Camere e andare a nuove elezioni. Evento questo che avverrebbe come conseguenza dell’elezione di Draghi al Quirinale; evento non voluto dalla gran parte dei parlamentari, i quali vedrebbero svanire il diritto alla pensione che scatta a ottobre di quest’anno. Meno nobile degli altri, questo motivo, ma tant’è, in politica noblesse non oblige. È questo il triangolo delle Bermude italiano. Da questo triangolo bisogna uscire e il percorso più semplice sarebbe proprio la disponibilità di Mattarella ad accettare la rielezione. Lascerebbe tutto come sta. Quieta non movere dicevano i latini. È il caso proprio che stiamo vivendo. Basterebbe spostare la data dell’uscita di Mattarella dal Quirinale di qui a due anni e i problemi che stanno in campo non ci sarebbero più. Intanto Berlusconi ha sciolto la riserva, sostanzialmente a sé stesso: ha rinunciato alla sua candidatura. Questo avrebbe dovuto rendere più chiaro l’orizzonte di un accordo fra i partiti, ma, a quanto pare, ha ingarbugliato di più la situazione. Contestualmente il centrodestra – non tutto, si sono sfilati i Fratelli d’Italia – ha detto di non volere Draghi al Quirinale e di avere una rosa di propri candidati. Il centrodestra è contrario ad avere un tecnico al Quirinale e magari un altro tecnico a Palazzo Chigi. Di qui la sua contrarietà. La Meloni, invece, vorrebbe Draghi al Quirinale perché questo significherebbe fine della legislatura e nuove elezioni. Insomma, un guazzabuglio, reso ancor più intricato dall’atteggiamento del centrosinistra, spaccato ancor più del centrodestra, al punto da non avere ancora individuato qualche figura di riferimento. Addirittura il centrosinistra contesta al centrodestra la precedenza nell’indicare una personalità sulla quale far convergere i voti di tutti, centrodestra e centrosinistra, e ribadisce che non essendoci una maggioranza autonoma occorre individuare insieme una figura di comune accordo. A fronte di tanto caos, il rifiuto di Mattarella a farsi rieleggere, Costituzione alla mano, potrebbe essere inteso come una vera e propria “fuga” di fronte al “nemico”.

domenica 16 gennaio 2022

Lo Stato e i cittadini: avanti a forza di ricatti

A mali estremi, estremi rimedi. Così dice un noto proverbio. A volte, però, si prende l’abitudine e si ricorre al rimedio estremo anche quando se ne potrebbe fare a meno. Il ricatto, per esempio, da parte delle istituzioni, pubbliche e private, può andare anche bene in talune circostanze, cause di forza maggiore, non va bene in altre e comunque è una metodologia priva di etica, che copre mentalità violente e vessatorie. Alcuni esempi. Nel campo dell’intrattenimento televisivo non tutti gli utenti sono trattati allo stesso modo. E’ normale che alcuni amino alcuni spettacoli ed altri ne amino altri. Ci mancherebbe che non lo fosse! Non è normale, invece, che debbano essere privilegiati alcuni a scapito di altri. Gli italiani si saranno accorti che la Rai sistematicamente manda in onda gli spettacoli da alcuni più attesi in seconda o terza serata, come lo sport e in specifico il campionato di calcio, dopo aver trasmesso i talk-show e le fiction, in orari proibitivi per chi o la mattina successiva si deve alzare presto per andare a lavorare o non ha negli occhi la tenuta della lunga permanenza davanti al televisore. Il ricatto di chi gestisce i programmi è evidente. Se tu, appassionato di calcio, vuoi vedere quel che più ti interessa, devi sorbirti anche ogni altra sbobba; e, se no, niente! Si può eccepire che comunque un ordine nelle trasmissioni è necessario. Ma altrettanto si può eccepire che chi ama uno spettacolo non può essere costretto a sorbirsene altri che non ama o addirittura ne possa ricevere un danno. Ma non è solo la televisione a comportarsi in maniera vessatoria. Non diversamente fa lo Stato quando vuole raggiungere certi obiettivi. Di recente in due importanti settori. Uno, della salute pubblica. Senza entrare nel merito – se ha torto o ragione lo Stato a comportarsi in un certo modo coi cittadini – ha detto: tu, cittadino, sei libero di non vaccinarti contro il Covid, ma se non lo fai e vuoi essere libero di muoverti e di frequentare ogni luogo, di lavoro o di divertimento, sei obbligato a vaccinarti e ad avere pertanto il passaporto sanitario (green pass). Non è il fine che qui si discute – in piena pandemia c’è poco da obiettare – ma il mezzo, che tradisce una sorta di violenza soft nei confronti dei cittadini. Nello specifico caso si può essere d’accordo, ma altrettanto d’accordo si può essere nel riconoscere che si tratta di un autentico ricatto. Lo Stato meglio avrebbe fatto se avesse imposto l’obbligo vaccinale a tutti. È perfino offensivo ostentare concessione di libertà quando poi di fatto obblighi il cittadino a comportarsi in maniera “coatta”. Un altro settore in cui è evidente il ricatto è la digitalizzazione, attraverso l’uso di computer e smartphone. Lo Stato sta facendo di tutto perché i cittadini – è questo uno dei tanti obiettivi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), per il quale l’Europa ci ha dato una caterva di miliardi – ricorrano sempre più alla digitalizzazione, favorendo quanti hanno dimestichezza con le nuove tecnologie di comunicazione e di connessione. Per sbrigare una faccenda all’Ufficio Postale il cittadino, che fa buon uso dello smartphone, si connette e si prenota e così non fa più la fila per accedere allo sportello. Come, invece, sono costretti a farla, a volte per lunghe ore, gli altri, fra cui persone anziane bisognose di sbrigarsi per tornare a casa per una serie di motivi, fra cui bisogni fisiologici e assunzione di farmaci. Sempre più spesso negli uffici postali c’è gente anziana e malata che vede sfilare davanti tanti freschi e baldi giovani, i quali allo sportello arrivano subito dopo essersi connessi. Anche qui, non si discute la digitalizzazione, che è fattore imprescindibile di crescita, ma non la si può scaricare sul disagio delle persone più fragili. Sarebbe opportuno che gli sportelli si dividessero fra quelli che procedono per connessione e quelli che procedono per ticket preso all’ingresso, specialmente nelle fasi di maggiore affluenza di pubblico. Basterebbe che la digitalizzazione non fosse una corsa, che inevitabilmente lascia indietro alcuni, ma un modo per andare avanti nel rispetto di tutti. La digitalizzazione sta creando nuovi analfabeti, i quali hanno bisogno di rivolgersi al parente, all’amico, al vicino di casa per poter esercitare un loro diritto. Da qualche tempo a questa parte i cittadini sono tenuti sempre più fuori da ogni considerazione da parte dei pubblici poteri. Chi fa le leggi e le riforme non tiene minimamente conto delle necessità pratiche e immediate di tutti i cittadini e spinge avanti a forza di ricatti e di violenze, anche se né gli uni né le altre hanno sembianza di forza bruta.

lunedì 10 gennaio 2022

Il "patriota" di Giorgia Meloni non può essere Berlusconi

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha tracciato l’identikit del nuovo Presidente della Repubblica. Deve essere prima di tutto – ha detto – un patriota. Termine un po’ desueto, a dire il vero, ottocentesco. Qualche avversario, maliziosamente, ha sospettato di non aver voluto dire “sovranista”, forse più appropriatamente. Comunque sia, i patrioti, nella loro più immediata accezione, sono quelli che si impegnano e si sacrificano per la Patria. In termini attuali e fuori dalla retorica, sono quelli che mettono al vertice dei loro pensieri e delle loro azioni il Paese, la sua unità e integrità, i suoi interessi, le sue prospettive. Sono quelli che se la patria non è unita combattono per l’unità, se non è libera combattono per la sua libertà, se non è pacificata combattono per la sua pacificazione. Per altro verso, si è detta d’accordo ad appoggiare la candidatura di Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica ove ci siano concrete possibilità di una sua elezione. Berlusconi un patriota, dunque? C’è qualcosa che collide nelle due affermazioni. C’è che, a riflettere, non può essere Berlusconi il “patriota” che vorrebbe la Meloni. Non c’è simmetria fra le due dichiarazioni. La prima, per la patria, rimane sempre e comunque valida; la seconda, per Berlusconi, è condizionata dalla concreta possibilità che venga votato. La Meloni ha aggiunto che se dovesse saltare la candidatura del Cavaliere, la coalizione dovrebbe rimanere unita in favore di un’altra, sempre di schieramento. Un’uscita di sicurezza, che ha tutta l’aria di voler essere un’uscita auspicata, strategica. Davvero la Meloni pensa che Berlusconi possa essere eletto? Berlusconi è stato per trent’anni l’uomo più divisivo d’Italia. Senza entrare nel merito delle sue tumultuose vicende politiche e giudiziarie, molte delle quali palesemente persecutorie, sono fatti che egli si è persino vantato di essere il leader di uno schieramento politico, decisamente opposto a quello che per anni ha chiamato filocomunista. Si è più volte vantato di aver impedito che l’Italia scivolasse nella deriva di sinistra. Per anni si è sentito perseguitato dai magistrati, a suo dire politicizzati, che lo hanno perseguito per una lunga serie di reati, che vanno da interessi economici, conflitto di interessi, leggi ad personam, a vicende poco nobili di vizi e reati connessi ad una vita privata decisamente sopra le righe. È diventato, per le sue esuberanze lussuriose, una barzelletta nazionale, la nipote di Mubarak, con riverberi internazionali. Tutti ricordiamo il risolino di scherno fra il francese Sarkozy e la tedesca Merkel ai suoi danni in una sede internazionale. Più volte condannato, altre volte assolto per amnistie o prescrizioni, coi giudici ha sempre avuto un rapporto burrascoso. Avrà speso più di mezzo miliardo di Euro in spese giudiziarie. “Devi essere malato di testa – ha detto una volta – per essere come certi magistrati”. È stato espulso dal Senato e condannato ai servizi sociali come un comune disattato non in età per andare in galera, a causa di una condanna definitiva. Ha sostenuto di aver subito due autentici “colpi di stato”, uno da Scalfaro e l’altro da Napolitano. Volgarmente si direbbe ne ha fatte di cotte e di crude. Potrebbe essere lui il nuovo Presidente della Repubblica? Per quanto da anni egli sia diventato un’altra persona – finalmente il padre nobile del centrodestra – e accreditato come un uomo anche di talenti, umani e politici, impossibile che gli italiani che lo hanno sempre avversato, circa la metà, siano disposti ad accettarlo come il padre nobile dell’intera Nazione, il Presidente della Repubblica nata dalla Resistenza, l’Uomo che possa dare benefici anche d’immagine alla Patria. Berlusconi, insomma, suo malgrado non unisce, ma continua a dividere gli italiani. Perché potesse entrare nelle grazie del Paese occorrerebbe una duplice operazione di magia, due tocchi di bacchetta magica, uno su di lui, per tramutarlo in una persona virtuosa, di assoluta affidabilità – e questo forse è già avvenuto – l’altro su quella parte del popolo italiano perché dimenticasse il primo Berlusconi. È mai possibile un’operazione del genere? Non scherziamo! Non può accadere come nella canzonetta napoletana che tutto si risolva Nu m’importa do passato, non m’importa di chi t’ha avuto…; qui parliamo di altro. Quel che accade non può essere cancellato. Nessuno può considerare come non avvenuto un fenomeno peraltro traumatico, perpetuatosi per decenni. È come la verginità in natura (si licet!): una volta violata non può essere ricomposta.

domenica 9 gennaio 2022

Chi non fa figli, potendoli fare, tradisce il genere umano

Recentemente Papa Francesco ha invitato la gente ad adottare bambini invece di cani e gatti. Se ne dispiacerà l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente di Leidaa (Lega italiana difesa animali e ambiente). La quale continua, invece, a lanciare messaggi ai cittadini perché adottino animali. Se ne dispiaceranno gli animalisti, i quali ormai si rivolgono agli animali che hanno in casa come se questi fossero figlioletti o nipotini a cui fare smancerie: vieni su alla mamma, bello della zia; vedi chi c’è, tesoro, è arrivato papà…e via di seguito. Che se uno sta in un’altra stanza, non vede e sente soltanto, pensa che di là ci siano veramente dei bambini. Gli animalisti, a parte le esagerazioni comunicative con gli animali, che tradiscono confusioni emotive e affettive, fanno bene ad amare gli animali. Chi dice loro di no? Ma fanno male a non considerare bene le parole del Papa, i cui significati vanno ben oltre quello più immediato, pur importantissimo. Sì, le parole del Papa non hanno un solo significato, ma tanti significati. Quando parla, spesso sembra poco preoccupato di sembrare politicamente corretto e trascura gli effetti collaterali di quel che dice. Un riesame delle sue parole è necessario sempre. Fin dal suo primo proporsi con quel suo impacciato “buonasera” il giorno della sua elezione, Papa Francesco costringe a riflettere appunto sugli aspetti collaterali. Personalmente non mi ha mai particolarmente impressionato. Qualche volta mi ha perfino irritato. Quando disse: chi sono io per giudicare i gay? Oppure quando, a proposito dell’acquisto del famigerato palazzo di Londra, disse che era giusto che il Vaticano si comportasse secondo le leggi del mercato, salvo poi a cambiare idea. Oppure…beh, lasciamo stare, non è questo il punto, e veniamo al dunque. Questa volta sono parzialmente d’accordo con lui. Parzialmente perché avrebbe dovuto, a mio modestissimo e indegno parere, aggiungere al suo invito anche il fare figli, il produrre bambini, non solo adottarli. Sono essi, infatti, che garantiscono la continuità della specie umana, altrimenti destinata a estinguersi. Se non lo ha detto c’è un perché. Non solo avrebbe rischiato di essere politicamente scorretto – e Dio sa quanta importanza oggi ha l’essere invece corretto anche per un papa – ma molto probabilmente avrebbe in qualche modo offeso quanti di figli non ne possono avere perché impediti da condizioni materiali e culturali. Non solo gli sterili, maschi e femmine, ma anche quelli che per scelte personali non intendono mettere al mondo dei figli, si sarebbero sentiti presi di mira. E presi di mira si sarebbero sentiti anche quelli che chi come Niki Vendola e compagno un figlio lo hanno adottato. Già ha rischiato tanto limitandosi ad invitare a non adottare cani e gatti ma bambini. Anche perché non c’è fra gli animalisti chi non abbia pensato elementarmente che l’adottare cani e gatti non impedisce di adottare anche bambini. Il pensiero del Papa ancora una volta è scivolato lungo una linea di confine, di collateralità riflessiva. Sarebbe importante che su questo tasto Papa Francesco insistesse. È una questione della massima importanza, specialmente se la scorporiamo dalla sua genericità. Metterla sul piano etico e scientifico. Etico, perché ogni individuo riceve la vita, è assolutamente doveroso che la dia anche. Scientifico, perché se ognuno decidesse di non fare figli, per l’umanità sarebbe la fine. Oggi non è tempo di doveri, o per lo meno non è di moda parlarne, prima di farlo conviene farsi un giro su se stessi di 360°. Ma il Papa, che pure pone problemi seri e angoscianti come l’emigrazione, sulla quale insiste e non potrebbe non farlo, dovrebbe spingersi oltre. Lui può, dall’alto del suo magistero. Dovrebbe insegnare che ci sono doveri primari, ineludibili. Quali sono i doveri di un essere umano nel corso della sua vita? Alla base di tutti i doveri ce n’è uno imprescindibile: perpetuare la specie. Chi non mette al mondo dei figli non dà il suo contributo alla perpetuità della specie umana. Nessuno può speculare sugli altri e pensare: tanto ce ne sono altri che provvederanno. Non voler mettere al mondo dei figli è male, speculare che lo facciano gli altri non è peggio, ma poco poco più ignobile. I figli non solo perpetuano in prospettiva l’umanità, ma nell’immediato possono essere medici e scienziati, artisti e tecnici, imprenditori e produttori, buoni lavoratori e amici, i quali rendono più bella e più vivibile l’esistenza. Ne vale la pena!

giovedì 6 gennaio 2022

La destra no vax è un assurdo

In questi ultimi tempi di infiniti e furiosi dibattiti televisivi, su pro e contro i vaccini, è nata una categoria nuova: la destra giornalistica. Tale, perché espressione di alcuni giornali e perché si distingue dalla destra politica. I protagonisti sembrerebbero cani sciolti e soprattutto irresponsabili, nel senso che non devono rispondere a nessuno delle loro scelte e delle loro azioni. Cosa che nel giornalismo potrebbe essere intesa in senso virtuoso. Questo nuovo soggetto mediatico si è imposto soprattutto con due campioni: i giornalisti Maurizio Belpietro e Francesco Borgonovo, rispettivamente direttore e vicedirettore de “La Verità”, quotidiano fiancheggiatore notoriamente di destra. Con essi, pochi altri, fra cui il Sen. Gianluigi Paragone, leader di Italexit, aggressivi e fanatici, che pur senza esplicitamente difendere i no vax e i no green pass, ovvero i cosiddetti negazionisti, ne difendono le ragioni, fino al punto da scambiarsi gravi offese coi loro occasionali antagonisti televisivi. Borgonovo è stato definito “cacatubi” dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, a cui peraltro egli è politicamente vicino. Fra i più esagitati il giornalista Giuseppe Cruciani, che conduce “La Zanzara”, Radio 24 e collabora al quotidiano economico-finaziario “Il Sole 24 Ore”. Mica fessi! Sono tutte persone colte, intelligenti e agguerriti polemisti. Ma, vederli alle prese coi loro avversari, a volte impietosamente bersagliati e insultati, viene di chiedersi: ma chi glielo fa fare? E soprattutto perché combattono per una causa così odiosa? Il sospetto che le cose non stiano, però, come appaiono viene. In Italia ci sono oggi cinque milioni di non vaccinati. Prima erano molti di più, e forse lo sono ancora oggi molti di più. Non si sono vaccinati e non vogliono vaccinarsi per i motivi più vari e a volte strampalati, fanaticamente negazionisti. Una cosa, però, è certa: sono cittadini elettori. E allora per chi voteranno alle prossime elezioni? Se voteranno! La destra politica, Lega e FdI, ha avuto finora un comportamento ondivago per non dire equivoco. Non ha mai negato la necessità dei vaccini ma si è sempre opposta alle restrizioni del governo, tesi a contenere il diffondersi dei contagi. Per un verso difende i vaccini, anche se con molti distinguo e tante polemiche – basta sentire Matteo Salvini e Giorgia Meloni – non potendo davvero esporsi ad un comportamento irresponsabile, stante la furia della pandemia, i ricoverati, i morti; per un altro ammiccano ai no vax rispettandoli e comprendendone le ragioni. La loro posizione, tuttavia, è riconducibile politicamente alla difesa dei ceti produttivi, che, dalle restrizioni anti Covid, sono messi in difficoltà. Appare chiaro che alla cosiddetta destra giornalistica è rimasto il lavoro sporco che la destra politica non vuole o non può fare, quello di dare una parvenza di giustificazione “nobile”. Bisogna salvare l’elettorato dei no vax e dei no green pass, anche a costo di sembrare odiosi nell’attaccare i vaccini e chi li propaganda. L’odiosità della destra giornalistica è nell’apparire tifosa del peggio al solo scopo di poter dire: avete visto? Avevamo ragione noi. Come dire: la soddisfazione di un compiacimento dialettico contro la salute delle persone e gli interessi generali del Paese. Ma non è la sola destra italiana ad avere un comportamento anti vax; e questo è ancor meno comprensibile, perché vuol dire che ci sono ragioni che ci sfuggono. La destra in tutto il mondo – ricordiamo i Trump negli Usa e i Bolsonaro in Brasile – non ha simpatia per le vaccinazioni, come se tutta si riconoscesse in una categoria ideologica illuminante. Occorre distinguere in premessa chi si ostina ad essere contro i vaccini in generale da chi è contro la vaccinazione anti Covid. La battaglia sui vaccini, come è noto, è precedente alla pandemia del Covid. In Italia per anni ne hanno fatto una bandiera i grillini, movimento all’interno del quale, come si sa, militavano, prima della scelta di campo progressista e la diaspora di questi ultimi tre anni, molti politicamente e culturalmente di destra. Esponenti di primissimo piano, come Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, provengono da famiglie di missini arrabbiati, ovvero da “fascisti” tout court. Opporsi ai vaccini, essendo di destra, ci può pure stare, non essendo pregiudizialmente un caso di ideologia politica. Magari c’è perfino chi banalmente ha paura della puntura. Chi è contro rivendica la libertà di esserlo, pone un problema di principio. I vaccini, inoltre – si eccepisce – introducono nel corpo umano qualcosa di estraneo, un non si sa che cosa, che si sospetta possa essere rovinoso per la salute. Il no vax preferisce perciò rischiare piuttosto che forzare una propria condizione di libertà e di sicurezza. Un atteggiamento che ricorda la contrarietà dei testimoni di Geova contro le trasfusioni di sangue. Tanto premesso, resta incomprensibile chi, pur essendo di destra e dunque ha il culto dello Stato e della Nazione, in piena pandemia, rifiuta il vaccino adducendo una serie di negazioni e di sospetti. Ma chi è di destra non può essere partigiano, si riconosce sempre negli interessi del tutto, dell’insieme, mai di una parte. Chi si ostina a rifiutare il vaccino in nome della sua personale libertà viene meno al suo essere di destra. E’ un liberale o un anarchico. Ma di fatto è un untore, in quanto contribuisce al diffondersi del virus, a intasare i reparti ospedalieri, ad arrecare danno all’insieme. Si è detto, fin dall’inizio, che la pandemia da Covid è una guerra. Come può uno di destra, mentre il suo Paese è in guerra contro un nemico così pericoloso prestarsi, sia pure indirettamente, alla diffusione del virus e dunque all’”invasione” del nemico? Sarebbe come se i Troiani, ben prima che Ulisse escogitasse ai loro danni il cavallo di legno, avessero aperto le porte Scee agli invasori greci. Chi è di destra, mentre il proprio Paese è in guerra, non può mai fare il partigiano.

domenica 2 gennaio 2022

Mattarella, lascia o raddoppia? Intanto Prodi...

Nel discorso di commiato del 31 dicembre, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha ripetuto le solite cose, riservando gran parte del tempo che aveva a disposizione alla pandemia da Covid e invitando gli italiani a vaccinarsi. Unica nota di rilievo la citazione del professore siciliano Pietro Carmina, morto a Ravanusa sotto le macerie per lo scoppio di una bolla di metano, il quale, lasciando l’insegnamento per andare in pensione, aveva scritto una bella lettera ai suoi studenti, invitandoli ad essere padroni di se stessi e artefici del proprio tempo. Questo approccio coi giovani è piaciuto a Mattarella e lo ha fatto proprio. Per il resto aria trita e ritrita. Chi s’aspettava qualche riferimento importante alla situazione politica attuale è rimasto deluso. Ha tessuto gli elogi di tutti, Parlamento, Presidente del Consiglio Draghi, Papa Francesco; e tutti gli hanno reso onore e ringraziamento, perfino Giorgia Meloni, che ha detto però che è contraria alla sua rielezione. Per la leader di Fratelli d’Italia Mattarella non corrisponde al Presidente della Repubblica da lei auspicato, che deve essere prima di tutto un patriota. Per come lo intende lei, ovviamente. Nel coro di commenti non c’è Berlusconi. E questo è un mistero. Cosa avrà detto o fatto sapere Mattarella nei suoi confronti per “farlo” tacere? Oppure il Cavaliere, Presidente in pectore, si è tenuto in rispettoso silenzio? Intanto diventa sempre più consistente la contrarietà dei politici all’elezione di Draghi alla Presidenza della Repubblica. Dopo la sua conferenza stampa di fine anno, nel corso della quale aveva dato ad intendere di essere anche disponibile ad essere eletto al Quirinale, i politici si sono messi in allarme. Crescono, invece, i favorevoli alla rielezione di Mattarella. I primi a sostenerla sono quelli del centrosinistra, Pd-Leu-M5S. Lo sottolineano i commentatori politici, che non possono non mettere in risalto il voltafaccia di quanti, specialmente nel centrodestra, dopo che per tanto tempo si erano detti favorevoli a votarlo sia al Quirinale sia a lasciarlo a Palazzo Chigi, che la scelta era solamente sua, alla fine hanno fatto marcia indietro. In realtà Draghi al Quirinale non lo vuole nessuno, forse neppure quelli del centrosinistra. Non è un politico del quale fidarsi. Con lui, due e due fa quattro. È una questione caratteriale e di testa. La politica, invece, è l’arte del possibile. Un conto è averlo alla Presidenza del Consiglio per un periodo di emergenza, un altro è farlo arbitro per sette anni della politica italiana, con tutti i poteri che il Presidente ha dimostrato di avere in questi ultimi settennati, specialmente quelli di Scalfaro e di Napolitano. Questi sono stati e hanno agito, pur nel rispetto del dettato costituzionale, come autentici sovrani. Quel che appare assai probabile è che l’insistenza di Berlusconi a proporsi come candidato di tutto il centrodestra, più una pattuglia dei soliti “responsabili”, potrebbe finire per danneggiare tutto lo schieramento e fargli perdere l’opportunità di avere un suo presidente ora che ha finalmente i numeri dalla sua parte. C’è già chi incomincia a dire che se dovesse diventare Presidente della Repubblica Berlusconi lui se ne andrebbe dall’Italia. Cose sentite e risentite in altre circostanze. Ma non sono da sottovalutare questi pronunciamenti, dato che per Berlusconi c’è un’avversione viscerale, assai fondata e diffusa, difficilmente riducibile o risolvibile. Nel centrosinistra, inoltre, sono più esperti in questi giochi. Non è improbabile che nelle stancanti votazioni inutili, nel susseguirsi di bruciature di candidati, cui questa volta si aggiunge anche la variabile della pandemia, che potrebbe rendere indisponibili alcuni grandi elettori, i centrosinistri riescano a infilare l’ennesimo loro candidato. È notorio che l’elezione del Presidente della Repubblica in Italia è come un parto il cui nascituro è assolutamente inconoscibile prima. Perciò nulla è da escludere, a parte le parole che alcuni interessati dicono. Ma in politica si sa, il sì e il no, il voglio-non voglio, non possono essere accolti nel loro significato letterale. Prodi, per esempio, continua a dire che lui non è interessato, anche se poi aggiunge che “Gli ultracinquantenni in Italia sono quasi una trentina di milioni” (intervista apparsa su “7” del Corriere della Sera del 31.12.2021), volendo significare che chiunque che abbia questa età è eleggibile al Quirinale. Ma intanto che fa, se ne sta in panciolle? Nient’affatto. Dopo il libro Strana vita, la mia, uscito solo qualche mese fa, ecco un altro libro, Le immagini raccontano l’Europa, fresco di stampa per la Rizzoli. Un libro che dedica ai nipoti. Nella poc’anzi citata lunghissima intervista, così spiega la sua dedica: “l’Europa è così necessaria, ma va così adagio, che bisogna augurarsi che sia completata per i nostri nipoti!”. Insomma Prodi sta lì, parla di tutto e di tutti, di Europa, di politica estera, di politica economica, con freschezza di pensiero, propositivo più che mai. Allora, sarebbe o non sarebbe papabile pure lui, al di là delle sue parole di diniego?