domenica 23 gennaio 2022

Elezioni presidenziali: la "fuga" di Mattarella

Gli scatoloni sono pronti. Parte riempiti, parte vuoti. Il clima al Quirinale è quello dei traslochi. La Rai lo ha mostrato, quasi a mettere fine a qualsiasi ripensamento di Mattarella, che non vuole assolutamente restare in carica per un secondo mandato. Lo fa per due motivi, uno detto, l’altro non detto. Il detto: ha più volte ribadito che lui è del parere che vada fatta una riforma della Costituzione, relativa alla durata in carica del Capo dello Stato: non più di un mandato e abolizione del semestre bianco, nel corso del quale il Presidente non può sciogliere le Camere. Dello stesso avviso prima di lui Segni e Leone. Il secondo motivo, non detto, ma intuibile e assai più comprensibile, è che lui per ragioni sue non se la sente per un secondo mandato. Stanchezza? Salute? Potrebbe essere. Ma intanto, in assenza della sua esplicitazione, restiamo al primo motivo. Che, francamente, lascia un po’ perplessi. In punto di diritto ha ragione a pensare che il Presidente della Repubblica non debba essere rieletto, ma intanto la Costituzione che c’è non esclude un secondo o un terzo mandato. E la Costituzione va osservata fino in fondo. Lo ha detto più volte lui; e con lui lo hanno detto e lo dicono tutti. Se la Costituzione consente, in determinate situazioni, la rielezione del Presidente uscente, non si capisce perché non lo si debba fare. Se la Costituzione offre una risorsa, non utilizzarla convenientemente è un errore, potrebbe essere, a rigore, un “vulnus”. Perché in questo momento la rielezione di Mattarella sarebbe più che opportuna? Ci troviamo in un ingorgo politico dal quale non si sa come uscire e se c’è un’uscita senza continuare a rendere la situazione dannosa per la nostra politica, già assai compromessa. Solamente lui, Mattarella, che si dice ligio all’osservanza della Costituzione, potrebbe farci uscire dall’ingorgo dando la sua disponibilità alla rielezione. Lui può. E non è detto che a ventiquattr’ore dal primo voto, che avverrà lunedì 24 gennaio, non decida di sacrificarsi per un periodo che le cose decideranno poi quanto lungo. Intanto non si vede una via d’uscita. Il primo inghippo è la decisione di Mattarella di non voler restare. Il secondo è la destinazione di Mario Draghi, che ora guida il governo e che se andasse al Quirinale interromperebbe il cammino della soluzione dei due problemi per i quali era stato portato a Palazzo Chigi: la pandemia Covid e il Pnrr. Il terzo è lo scioglimento delle Camere e andare a nuove elezioni. Evento questo che avverrebbe come conseguenza dell’elezione di Draghi al Quirinale; evento non voluto dalla gran parte dei parlamentari, i quali vedrebbero svanire il diritto alla pensione che scatta a ottobre di quest’anno. Meno nobile degli altri, questo motivo, ma tant’è, in politica noblesse non oblige. È questo il triangolo delle Bermude italiano. Da questo triangolo bisogna uscire e il percorso più semplice sarebbe proprio la disponibilità di Mattarella ad accettare la rielezione. Lascerebbe tutto come sta. Quieta non movere dicevano i latini. È il caso proprio che stiamo vivendo. Basterebbe spostare la data dell’uscita di Mattarella dal Quirinale di qui a due anni e i problemi che stanno in campo non ci sarebbero più. Intanto Berlusconi ha sciolto la riserva, sostanzialmente a sé stesso: ha rinunciato alla sua candidatura. Questo avrebbe dovuto rendere più chiaro l’orizzonte di un accordo fra i partiti, ma, a quanto pare, ha ingarbugliato di più la situazione. Contestualmente il centrodestra – non tutto, si sono sfilati i Fratelli d’Italia – ha detto di non volere Draghi al Quirinale e di avere una rosa di propri candidati. Il centrodestra è contrario ad avere un tecnico al Quirinale e magari un altro tecnico a Palazzo Chigi. Di qui la sua contrarietà. La Meloni, invece, vorrebbe Draghi al Quirinale perché questo significherebbe fine della legislatura e nuove elezioni. Insomma, un guazzabuglio, reso ancor più intricato dall’atteggiamento del centrosinistra, spaccato ancor più del centrodestra, al punto da non avere ancora individuato qualche figura di riferimento. Addirittura il centrosinistra contesta al centrodestra la precedenza nell’indicare una personalità sulla quale far convergere i voti di tutti, centrodestra e centrosinistra, e ribadisce che non essendoci una maggioranza autonoma occorre individuare insieme una figura di comune accordo. A fronte di tanto caos, il rifiuto di Mattarella a farsi rieleggere, Costituzione alla mano, potrebbe essere inteso come una vera e propria “fuga” di fronte al “nemico”.

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