domenica 30 gennaio 2022

Elezioni presidenziali: colpe vicine e lontane

Al termine del ragionamento sulla dimostrazione di un teorema si dice “come volevasi dimostrare”. La rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica non è stato un teorema ma la dimostrazione di tutto quello che con essa c’era da dimostrare, nel bene e nel male. Partiamo dal bene. Le condizioni in cui ci troviamo in Italia e nel mondo (ultima, la crisi ucraina) suggerivano il quieta non movere, ossia lasciare Draghi a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale. Spostarne perfino uno poteva mettere in discussione tutto il resto, il crollo del pericolante edificio. Troppe criticità si legavano a qualsiasi movimento. Prima di tutto le incognite. Che fine avrebbe fatto il governo con Draghi al Quirinale? Si sarebbe continuato con la consueta perizia nel gestire la pandemia e il Pnrr (Piano nazionale ripresa e resilienza)? L’ipotesi che ci potessero essere due tecnici a guidare l’Italia, uno a Palazzo Chigi e l’altro al Quirinale, impensieriva alcuni leader politici, stante la crisi della politica ridotta ad un contorno inutile, una corte intorno ad una diarchia di tecnocrati. Spaventava Draghi per sette anni al Quirinale, dominus incontrastato della situazione. C’era una caterva di parlamentari terrorizzati dallo scioglimento delle Camere, la prospettiva della “disoccupazione”. Come è noto, la riduzione del numero dei parlamentari, voluta dai Grillini, rende alcune centinaia di essi privi di prospettive di rielezione e dunque contrari allo scioglimento anticipato delle Camere. A ottobre scatta per essi il diritto ad avere la pensione da parlamentare. Non è uno scherzo, signori, è pane! Stare per metterselo in bocca e vederselo svanire all’ultimo momento sarebbe stata una beffa difficilmente sopportabile. Lasciare tutto come stava era, dunque, la cosa più ovvia da fare; ed è stata fatta. Appunto, come volevasi dimostrare. Ma se la soluzione che c’è stata fosse stata perseguita con metodo e strategia ci sarebbe poco da obiettare. Si voleva questo, è stato raggiunto; evviva! Il fatto è che è stata un ripiego dopo una settimana di inutili e mortificanti votazioni, di tentativi tortuosi, con personalità sprecate, negazioni, finzioni, sotterfugi, contraddizioni, tradimenti – ahi, quanti franchi tiratori! – con kingmaker da strapazzo, registi occulti e soprattutto con egoismi portati al parossismo, come quello di Berlusconi. Il quale ha pensato: io no? E allora nessun altro! Questo il senso del boicottaggio da parte dei franchi tiratori di Forza Italia ai danni prima dell’Alberti Casellati e poi della Belloni. Ma come mai la politica si ritrova in siffatte condizioni? Le colpe vengono da più lontano. E vengono proprio da alcune scelte che ancora oggi sono considerate felici, come il non sciogliere le Camere nel 2019 allo scopo di favorire una parte politica (il centrosinistra) e sfavorire l’altra parte (il centrodestra). C’è la convinzione in Italia che il Presidente della Repubblica può con gli strumenti che la Costituzione gli mette a disposizione determinare situazioni politiche, mettendo in crisi il ruolo di super partes. Decisionismi come quelli di Scalfaro, di Napolitano e di Mattarella, hanno confermato questa “verità”. Il cercare nel Parlamento forme di maggioranze governative, puramente matematiche e a sfregio della politica, può essere summum jus ma anche summa iniuria. Se questa è una percezione o la verità è un altro discorso. Il fatto è che chi ha beneficiato per anni di una simile “percezione” è convinto che deve battersi all’infinito per impedire che il Quirinale, l’importante centro di potere cada nelle mani degli avversari; chi è convinto della stessa cosa ma non ne ha mai beneficiato cerca di fare di tutto per conquistarlo. Così posti gli antagonisti, è utopia pensare che possano trovare un accordo. Questo è quanto è emerso ancora una volta dai comportamenti e dalle dichiarazioni che hanno rilasciato i protagonisti nel corso della partita per eleggere il Presidente della Repubblica. Mattarella ha accettato con senso di responsabilità; e questo gli fa onore. Ma a chi l’ha visto quando i due presidenti delle Camere sono andati a comunicargli l’elezione, è apparso stanco, preoccupato, dispiaciuto e seccato. No, Mattarella non l’ha presa bene. Farà sicuramente il suo dovere, conscio di essere stato costretto a smentirsi – lui, che non voleva rimanere! – da una classe politica ormai talmente incapace da non riuscire nemmeno a combinare guai. Con tutto il rispetto e l’egoismo di cittadini, abbiamo accolto la soluzione, a prescindere da tutto, come la migliore possibile. Auguri a tutti, a Mattarella e agli italiani. Niente ai politici inetti e incapaci!

Nessun commento:

Posta un commento