sabato 25 febbraio 2023

Dopo i fatti di Firenze. Senza pacificazione non c'è pace

Spesso mi sento chiedere, ancora oggi, non più da studenti ma da amici coi quali mi trovo a conversare perché quando a compiere una violenza o un sopruso sono i giovani di sinistra ai danni di quelli di destra tutto scivola via senza code e discussioni, mentre, a parti rovesciate, succede il finimondo e viene coinvolto perfino il governo nazionale, che ora è di destra. Accadde or non è molto che all’Università La Sapienza di Roma gli studenti di sinistra impedirono a quelli di destra di tenere una conferenza regolarmente autorizzata. Si misero davanti all’ingresso e non li fecero entrare. Dovette intervenire la polizia col volo qua e là di qualche manganellata per evitare che accadessero incidenti peggiori. Intervistata da un giornalista, nel corso di un telegiornale della Rai, una ragazza di sinistra disse papale papale che quelli di destra sono fascisti e che pertanto non hanno diritto di parola. Proprio così! E furono criticati quei poliziotti che avevano agitato i manganelli, non gli studenti che avevano compiuto un sopruso. Solo alcuni giorni fa giovani di sinistra, anarchici e centri sociali, in corteo inneggiavano alle foibe e sventolavano la bandiera iugoslava, senza che si sia tinta carta. Ora, qualche giorno fa, è accaduto che un gruppo di giovani di destra ha aggredito nei pressi di un liceo, il Leonardo da Vinci, a Firenze, alcuni giovani di sinistra, dopo che questi avevano impedito a dei ragazzi di destra di fare volantinaggio, una rissa insomma. È accaduto il finimondo. Subito è scattata l’operazione “Resistenza”. Accuse al governo di non aver condannato pubblicamente l’episodio; accuse alla Meloni in persona, quale leader del partito a cui i ragazzi di destra appartengono, di non essere intervenuta per stigmatizzare il comportamento dei suoi. La preside del liceo in questione, la prof.ssa Annalisa Savino, già nota per essere del Pd, ha scritto una lettera agli studenti per invitarli a non compiere azioni violente, con allusioni al governo in carica della nazione, e per dire una colossale minchiata, e cioè che il fascismo è iniziato con qualche scazzottata su qualche marciapiede cittadino. E poi ci lamentiamo che i ragazzi non conoscono la storia! Esponenti del Pd hanno chiesto al ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara di dimettersi per aver, questi, invitato la preside dall’astenersi da iniziative “improprie e strumentali che esprimono una politicizzazione che [non deve avere] più posto nelle scuole”. La preside, fra l’altro, nella sua lettera aveva scritto: “Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome”. Quale, prof.ssa Savino? Il Pd sta valutando l’ipotesi di sfiduciare il ministro. La sinistra, dopo essere insorta contro i fatti accaduti nei pressi del liceo, ha fatto tifo da stadio per questa preside, diventata un’eroina, una che avrebbe potuto insidiare l’elezione del nuovo segretario del Pd se solo l’accaduto si fosse verificato qualche settimana prima. Ma c’è da credere che alle prossime elezioni, magari alle prossime Europee, non le toglierà nessuno una candidatura, ovvero una “nominata”. La ragione di tanta disparità di conseguenze è sempre la stessa. La Repubblica Italiana è nata dalla Resistenza, dunque per coloro i quali in essa non sono riconducibili non ci può essere parità di trattamento. Possono avere mille ragioni nel merito, hanno sempre torto Costituzione alla mano. Non sono italiani, sono italioti, come nell’antica Sparta gli iloti, che erano i sottomessi. In virtù di tale classificazione, in un diverbio fra un giovane di destra e uno di sinistra, ha sempre ragione quest’ultimo, a prescindere. Quello di destra, infatti, non gode degli stessi diritti costituzionali. La verità, purtroppo, è questa, ed è proclamata ad ogni piè sospinto senza neppure un minimo di pudore, neppure da parte di pseudogiuristi che la teorizzano. Poteva e doveva cambiare qualcosa con la vittoria della destra alle ultime elezioni politiche e l’ascesa al potere di Giorgia Meloni, la quale predica da anni la pacificazione nazionale. Purtroppo non è cambiato niente, anzi gli animi di sinistra sono ancor più esacerbati per la perdita del potere. Quelli di destra, e non parlo dei soli giovani, che per anni ed anni si sono sentiti dei sopravvissuti in territorio nemico, esclusi e discriminati, ora che sono al potere sono indicati dai perdenti della sinistra come degli usurpatori dai quali liberarsi con una strenua lotta di resistenza. Sono come coloro che credono che la propria casa sia finita in mano a degli intrusi. È questo che non scende giù a quelli di sinistra. I quali non hanno ancora realizzato che in un paese democratico non ci sono legittimi e abusivi, tutti i cittadini sono uguali, con le loro storie, le loro culture, le loro aspirazioni, i loro diritti e i loro doveri. L’aver perso una guerra civile, settantotto anni fa, non può comportare la perdita della piena cittadinanza. Finché non si giunge ad una vera e condivisa pacificazione, ad una autentica uguaglianza, si continuerà sempre con le ingiustizie e coi soprusi di una parte sull’altra.

domenica 19 febbraio 2023

Vaffanculisti e malestanti

Se non fosse estremamente volgare coinvolgere parti anatomiche, che peraltro oggi sono diventate di moda, Fedez e Rosa Chemical docent, si potrebbe dire che i vaffanculisti di Grillo, votati a mutar le sorti dei malestanti italici, hanno mantenuto le promesse. Ci hanno lasciato due bei c.i.c.. Lo scioglimento dell’acrostico non richiede molta fantasia se il suo significato è due grossi problemi, che il linguaggio popolare rende coloriti da par suo: il reddito di cittadinanza e il superbonus del 110%. Si può solo dire in loro difesa che sono stati due tentativi di migliorare le condizioni dei cittadini, fatti cioè in miglior fede. Il governo Meloni si troverà fra non molto a malpartito, perché l’abrogazione dei due provvedimenti, fiori all’occhiello del M5S, assolutamente da abrogare per non portare al fallimento il Paese, provocherà pericolosi scossoni sociali, che non si sa come andranno a finire. Ecco cosa succede se al governo arrivano gli scappati di casa! I rancorosi che pensano che mentre lorsignori mangiano e si abbuffano, loro sono a stecchetto. È la filosofia che nelle corti medievali veniva espressa sotto forma di scherzo e burla dai buffoni. Ma se allora aveva un fondamento, perché i ceti erano chiusi entro mura invalicabili, e chi stava bene continuava a star bene e chi stava male continuava a star male, oggi è una distorsione mentale perché i lorsignori invidiati siamo noi, tutti gli italiani, normalissimi cittadini che vivono del loro lavoro o della pensione dopo una vita di lavoro. La causa deriva dai due suriferiti provvedimenti del governo cosiddetto gialloverde, i cui responsabili erano convinti che allo Stato per trasformare i malestanti in benestanti bastava che attingesse con ambedue le braccia nella cofana dei soldi per distribuirli indiscriminatamente come coriandoli di carnevale, così, a chi acchiappa-acchiappa. Se il reddito di cittadinanza aveva una ragione condivisibile, che era di andare incontro agli invalidi e ai senza lavoro che non avevano di che mantenere la famiglia, il superbonus del 110% ha messo tutti nella stessa distribuzione di denaro, poveri e ricchi, soprattutto i ricchi, che coi soldi dello Stato si sono ristrutturati palazzi e ville. Il 10 % in più di quanto speso e fatturato? Da non credere, troppa grazia Sant’Antonio! Le conseguenze le abbiamo viste sia per il reddito di cittadinanza, sia per il superbonus. Famiglie che si sono spacchettate per la moltiplicazione del reddito, lavoratori che prima si davano a qualsiasi mestiere pur di guadagnarsi la giornata dopo hanno preferito stare in panciolle o lavorare in nero, malviventi e mafiosi che hanno giustificato il loro ozio coi soldi del reddito, cittadini stranieri che col reddito italiano sono tornati nei loro paesi dove, grazie ad un tenore di vita diverso, vivono benissimo. Peggio col superbonus, con ristrutturazioni edilizie false o vere ma, per la facilità e la generosità dell’elargizione statale, i prezzi dei materiali si sono gonfiati all’inverosimile, fino a spendere quattro o cinque volte di più nella normalità precedente. I loro difensori, gli ex vaffanculisti del M5S, dicono che il Paese ne ha beneficiato, perché il reddito ha salvato un milione di persone dalla povertà assoluta durante il Covid e che il superbonus ha prodotto miliardi di Pil. È comprensibile che essi si difendano, ma non è tollerabile che insistano a voler conservare due provvedimenti fallimentari. Per il reddito è necessario trovare il modo di ricondurre la misura entro i criteri del provvedimento: sostenere, magari anche in maniera più sostanziosa, chi ha veramente bisogno e far tornare al lavoro, quello che c’è non quello che si desidera avere, le migliaia e migliaia di persone che in questi ultimi tre anni hanno trovato nel reddito un comodo escamotage per non lavorare e vivere a sbafo. Oggi il governo ci dice che rischiamo di tagliare la spesa sociale e che ogni cittadino italiano, da 0 anni in poi, ha un debito di 2000 euro ciascuno; il che vuol dire che, statistiche permettendo, tutto graverà sui cittadini in età e in grado di lavorare e produrre. Ma il danno non si ferma a questo, è che migliaia di aziende edili, che hanno già avviato i lavori e sono in corso, aspettando di avere i soldi, non potendoli più avere, finiscono alla rovina. La conseguenza è che ci saranno migliaia e migliaia di lavoratori sul lastrico e disoccupati. Nel frattempo i prezzi dei materiali sono insostenibili e difficilmente si potrà tornare nell’immediato ad un mercato conveniente. Così, uno dei settori più importanti dell’economia, l’edilizia, rischia una crisi dalle imprevedibili conseguenze. Per favore, chiamiamo i dottori!

domenica 12 febbraio 2023

La Sinistra stravince a Sanremo ed è Resistenza

Come si sa la destra ha vinto le elezioni politiche nel settembre del 2022 ed è al governo. Il primo con una donna alla presidenza, il primo per la destra postfascista, dannata per settantasette anni, cinque generazioni. Le varie componenti di sinistra, che per tutta la campagna elettorale si erano guardate bene dal dare del fascista alla Meloni, il giorno dopo le elezioni hanno incominciato la resistenza come se a vincere fosse stato il fascismo. Si sono svegliati tutti, dagli studenti, che sono tornati ad occupare le università, agli anarchici, che non vogliono stare in galera ma pretendono di tornare liberi per compiere le stesse gesta criminose per le quali erano stati condannati, ovvero gambizzazioni e attentati dinamitardi, alle varie sinistre, parlamentari e non. Come si sa, la sinistra dell’opposizione, poco oltre quattro mesi dopo, ha spopolato al Festival di Sanremo, stravincendo le elezioni festivagliole di quest’anno. La differenza è che la destra, accusata da sempre di golpismo, ha vinto coi voti; la sinistra, osannata da sempre per la sua democrazia, ha vinto con un autentico golpe. Bontà della storia, che macina tutto e tutto trasforma da così a così, come si passa dal palmo al dorso della mano. In Italia succede pure che chi è al potere subisca vessazioni da chi è all’opposizione. Si dirà: è la resistenza che è tornata col “fascismo” al potere. Così l’Italia della Meloni è stata mortificata dall’Italia di “Benigni & Amadeus” e compagnia cantando. I vertici della Rai, che sono rimasti immutati, nonostante il cambio di governo, gongolano per gli ascolti ottenuti e per i soldi degli sponsor, ma neppure tanto sotto-sotto per il colpo assestato al governo Meloni. Uno dei punti cardine della destra, il passaggio dell’Italia da repubblica parlamentare a repubblica presidenziale o semipresidenziale, dopo Sanremo, sembra si sia allontanato, al cospetto del presidente Mattarella, che, per la prima volta nella storia del Festival, ha voluto presenziare dal suo palco d’onore, nel combinato disposto di un Benigni, giullare in spolvero, magnificatore della Costituzione italiana, a suo dire un’opera d’arte da custodire sotto vetro infrangibile come la Gioconda di Leonardo. Capita l’antifona? Guai a chi la tocca! Milioni di poveri italiani non s’aspettavano tanti insulti oltraggiosi tutti racchiusi in cinque giorni, costretti a inorridire di fronte a performance di depravati in lordissime esibizioni. Questi signori esistono e dunque che esistano! Vengano difesi ogni volta che qualcuno manchi loro di rispetto! Ma se si pongono come modelli da imitare, allora, il discorso è diverso: il governo del Paese deve garantire con la salute fisica dei cittadini anche quella mentale e morale. In Italia non si può essere in maniera maniacale solo antimafia e antifascismo. Occorre combattere anche ogni pericolosa devianza da altri importanti mali che colpiscono l’individuo e la società. No allo Stato etico? Ma no anche allo Stato maleducante! C’è una dittatura in Italia, che trova baldanzosa arroganza nelle parole del conducator Amadeus: se a Salvini non piace lo spettacolo, cambi canale! Un’imposizione che ovviamente vale anche per i milioni di italiani costretti alla brodaglia sanremese. Come se il problema per un cittadino che tiene al suo Paese, alla sua crescita politica culturale economica, si esaurisse nella disponibilità di qualche altro canale televisivo per soddisfare i propri gusti. Come se la democrazia fosse solo una questione di canali televisivi, pur importanti nella loro pluralità. I cittadini italiani tutti hanno diritto a godersi il festival di Sanremo nel rispetto di tutte le culture e tutte le sensibilità, senza prepotenze travestite da forme e toni melliflui di individui ingozzati di presunte libertà costituzionali. La droga, fino a prova contraria, è illegale. Gli atti osceni in luogo pubblico per la legge sono reato, sia che li compia Rocco Siffredi sia che li compia Rosa Chemical con Fedez. Giorgia Meloni ha vinto le elezioni politiche proponendo un’idea di nazione che non può essere in alcun modo quella che si vede ogni giorno, nelle mille storture che angustiano gli italiani. Contro di esse non basterebbero quattro o cinque legislature per mettere rimedio, posto che fosse possibile. Ma quando si ha a che fare con delle centrali, come scuola e sanità, dalle quali irradiano messaggi che possono essere costruttivi o devastanti sul piano dell’educazione e della salute, non solo è possibile ma è anche doveroso intervenire. Se no, non si capisce per che cosa il popolo italiano ha votato in un modo e non in un altro. Se votare ha un senso!

domenica 5 febbraio 2023

Caso Cospito: la Meloni si difende e attacca

Martedì, 31 gennaio, alla Camera dei Deputati, l’On. Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia sferrava un durissimo attacco al Pd, accusando quattro parlamentari di questo partito di aver fatto visita in carcere al detenuto in regime di 41 bis l’anarchico Alfredo Cospito, condannato per atti di terrorismo. Si tratta dei deputati Deborah Serracchiani, Andrea Orlando, Silvio Lai e del senatore Walter Verini. Essi, secondo l’accusa, lo avrebbero incoraggiato a continuare la sua battaglia contro il carcere duro, dandogli ad intendere che poteva farcela. Cospito avrebbe invitato i quattro parlamentari a parlare prima con alcuni detenuti mafiosi anch’essi reclusi al 41 bis. Cosa che i parlamentari Dem avrebbero fatto. Donzelli, nella circostanza, rivelava che durante l’ora d’aria in carcere il Cospito si era visto con alcuni mafiosi dai quali veniva incoraggiato a non mollare nei suoi propositi. Il triangolo sillogistico era perfetto: Cospito è contro il 41 bis, i mafiosi sono contro il 41 bis, dunque Cospito e mafiosi sono alleati. Siccome in favore di Cospito vanno i parlamentari del Pd, da sempre indulgenti nei confronti dei “compagni che sbagliano”, il triangolo si chiude e si rafforza: Cospito = Pd = Mafia. Ma come capita a certi sillogismi, anche questo risulta difettoso, per le premesse sbagliate, perché il Pd non può essere associato alla Mafia e la Mafia non può essere associata al terrorismo anarchico. Sarebbe come dire che se tutti i gatti hanno i baffi e la nonna ha i baffi la nonna è un gatto. Chi è convinto di queste assurde associazioni farebbe bene a rivolgersi quanto prima ad un neurologo d’eccellenza, perché qualcosa non gli gira bene in testa; ma se i Dem questo hanno fatto sembrare incautamente allora anche loro dovrebbero scegliersi un reparto di neurologia. Gli errori politici compiuti sia dai rappresentanti di FdI sia dai Dem sono pacchiani e mettono in difficoltà sia il governo sia il Pd. Donzelli, che oltre ad essere coordinatore nazionale di FdI è anche vice-presidente al Copasir (servizi segreti), ha affermato di aver ricevuto le notizie, poi sparate in Parlamento, dal suo compagno di partito On. Andrea Delmastro, Sottosegretario alla Giustizia, il quale ne era venuto a conoscenza grazie alla sua carica governativa. Averle utilizzate per attaccare gli avversari politici costituisce, per il politicamente corretto, un abuso istituzionale. I Dem, da parte loro, hanno sbagliato, perché, nell’infuriare della spinosa questione Cospito, con attentati e manifestazioni che si susseguono in Italia, in Europa e nel mondo contro le nostre sedi istituzionali, sono andati a visitare il terrorista detenuto e “obbligati” a parlare prima coi mafiosi, dando così l’impressione di voler rivedere il carcere duro. Era il caso? Cospito, già graziato nel 1991 dall’allora presidente Cossiga, non solo non si è mai pentito, ma ha continuato a delinquere, gambizzando l’ing. Roberto Adinolfi dell’Ansaldo Nucleare e collocando due bombe all’edificio che ospita la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano, mentre continua a compiacersi di quello che ha fatto e a dire di voler combattere lo Stato assassino. Osservatori non sospettabili di amicizia con FdI, come Paolo Mieli o Marco Travaglio, hanno riconosciuto che la posizione del Pd sul caso Cospito e 41 bis non è chiara. Per un verso i Dem ribadiscono la giustezza del provvedimento penale, per un altro cercano una via d’uscita per Cospito. Questi, peraltro, non vuole trattamenti di favore e proclama di battersi per l’abolizione in toto del provvedimento, che, ove cadesse per i tipi come lui, non potrebbe evitare ricadute “liberatorie” su tutti i detenuti in regime di 41 bis. E questo sarebbe uno smacco per lo Stato nella lotta contro la mafia. Il caso, che si preannunciava come esplosivo fin dall’inizio, rischia di coinvolgere il governo. I Dem, infatti, che hanno chiesto la costituzione di un giurì d’onore e minacciato querele, stanno speculando sulla questione della correttezza istituzionale per attaccare Giorgia Meloni e i FdI in generale, i quali nell’occasione avrebbero tradito la loro natura di postfascisti. La presidente Meloni, che, per essere in missione all’estero, ha taciuto per un po’ di giorni, ha poi scritto una lettera al “Corriere della Sera” (5 febbraio), dicendo che non ci sono i presupposti perché Delmastro si dimetta da sottosegretario e, pur invitando tutti ad un confronto più pacato, ha difeso con fermezza il partito, ricordando ai Dem tutte le volte che in passato, quando lei era all’opposizione, hanno usato contro di lei e contro il suo partito toni irrispettosi con accuse incredibili. La presa di posizione della leader di FdI, attesa e quasi invocata dalle opposizioni, probabilmente rinfocolerà l’incendio che si è sviluppato e potrebbe avere conseguenze imprevedibili. Ma intanto, la Meloni si è comportata da vero capo.