martedì 13 febbraio 2018

Sanremo 2018, di meraviglia in meraviglia




Ormai siamo abituati: ogni anno Sanremo raggiunge record di ascolti. Probabilmente è vero, ma in un mondo di bugiardi e di imbroglioni dubitare necesse est.
Qualche volta Sanremo piace e qualche volta no, come è normale per tutti gli spettacoli del mondo. Come è normale che ogni anno si escogiti qualcosa di nuovo per meravigliare i telespettatori: è di Sanremo il fin la maraviglia / chi non sa far stupir vada alla striglia. Sembra questa ormai la regola, ripresa dal buon Marino. Che non è il bravo critico Bartoletti, ma Giambattista, poeta del Seicento.
Ma Sanremo va visto sempre, è questa la sua vera forza, perché è l’evento più importante dell’anno; in esso c’è il paese intero coi suoi gusti, coi suoi cambiamenti, coi suoi umori, con le sue stravaganze. Criticare Sanremo è criticare l’Italia; osannarlo è osannare l’Italia.
Per circa una settimana non si pensa ad altro, neppure se l’altro è una campagna elettorale che fa il paio in tutto e per tutto con la manifestazione canora. Di Battista ha detto che gli italiani sono rincoglioniti se non capiscono che devono votare Movimento 5 Stelle. Mi ricordo che così dicevano i missini di chi non votava il Msi; l’avrà sentita da suo padre.
Fermo restando che Sanremo è il festival della canzone italiana per nome e per antonomasia, quest’anno abbiamo assistito ad un rovesciamento dei ruoli: non più i cantanti protagonisti con i presentatori a curare lo svolgersi delle esibizioni in maniera discreta, elegante, precisa, imparziale, starei per dire professionale, alla Mike Bongiorno o alla Pippo Baudo; ma proprio i cosiddetti presentatori ad esibirsi in maniera continua ed eccessiva, con i concorrenti relegati in secondo piano. Immaginiamo una partita di calcio, dove non sono i calciatori i protagonisti, ma l’arbitro, i segnalinee, i giudici di porta e quelli del Var, che si esibiscono in palleggi, corse, entrate a gamba tesa e poi spinte e falli tra di loro, tra un pezzetto e l’altro di partita dei calciatori. Se tanto accadesse, dopo qualche risata, il pubblico scenderebbe in campo e li prenderebbe a…calci. Nel calcio! A Sanremo passa tutto per cosa buona, anzi ottima.
Il direttore artistico, Claudio Baglioni, bravo cantante degli anni Sessanta-Settanta, si è proposto come showman con esiti sconcertanti. Sembrava un malato convalescente in cerca di un po’ di Sustenium per recuperare condizione e colorito. In linea era in linea col…grigio delle istituzioni; sembrava il pendant di Gentiloni. Il bravo Pierfrancesco Favino ha fatto di tutto per fare il comico, ma per far ridere occorre avere altra faccia. L’unica che era nei suoi abituali panni era Michelle Hunziker: verbosa, irrequieta, pierinesca, un po’ sbadata e decisamente kitsch. Orride alcune sue mises. In quella specie di bouquet fasciata di fiori sembrava una dissepolta viva.
Si fa fatica a ricordare qualche canzone. Nelle orecchie insistono frasi e parole che indulgono alla spensieratezza: stiamo tutti bene, come va come va, il congiuntivo, passame er sale. E’ l’Italia che rassicura, che mette tutti d’accordo. Perfino gli irregolari di una volta, come Elio e le storie tese, si sono convertiti al sentimentalismo rabbonitore.
Sanremo, una volta, era anche denuncia dei mali italiani, in forma ironica, ma pur sempre denuncia. Ora pare che stiamo tutti bene. Fosse vero!
A rappresentare l’Italia dei nostri giorni, chi meglio dello Stato sociale, inteso come lo Stato sociale vero e lo Stato sociale gruppo musicale che ha concorso? Italia invasa da stranieri, ospedali chiusi, tribunali a singhiozzo, persone che si dividono sui migranti e si affrontano sulle piazze, treni buoni che vengono venduti e vecchi e laidi lasciati a deragliare su binari rotti o a scontrarsi su binari unici. Una vita in vacanza dovrebbe far riaprire i manicomi. Cristo, che pena la vecchietta a vederla volteggiare e piroettare su quelle zampette di gallina! La Guardia di Finanza controlli caso mai prende l’assegno pensionistico di accompagnamento. Non si sa mai!
I competenti diranno che non ho capito niente. E non lo escludo. Ma c’è niente da capire in questo paese? Oh, sì; ci sarebbe molto da capire Ma spettacoli come quello di Sanremo 2018 servono anche a non far pensare, perché se poco poco uno pensa si mette ad urlare: riportami a casa perché ho paura di me. A casa?
Arrivedorci, Sanremo, alla prossima…meraviglia!

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