sabato 24 febbraio 2018

4 marzo: quali rischi per l'Italia




Il presidente della Commissione Europea Juncker non ha sbagliato diagnosi sull’Italia, dicendosi preoccupato che le elezioni del 4 marzo possano non esprimere un governo stabile e mettere in difficoltà l’Unione, ha sbagliato a dirla. In politica a volte fanno più danno le parole dei fatti.
Lo vediamo tutti che la situazione italiana alla vigilia del voto, più che preoccupante, è allarmante. Che poi convenga nascondere la preoccupazione o l’allarme è un altro discorso. Gli europei sanno – lo disse tempo fa il commissario per gli affari economici Pierre Moscovici – che gli italiani sono come i gatti, cadono sempre in piedi. Noi italiani abbiamo confidato sempre nel nostro stellone.
Interferenza negli affari di un altro paese? Sì e no. Sì, se consideriamo l’Italia un paese sovrano, libero e indipendente, alla maniera primonovecentesca; no, se consideriamo l’Italia un membro importante e condizionante dell’Unione Europea, come effettivamente è e dal quale nessuno più vuol tornare indietro. 
Le tre “forze” politiche, che, stando ai sondaggi, vanno per la maggiore nella prospettiva elettorale sono l’alleanza del Centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia), che potrebbe vincere le elezioni; il Movimento 5 Stelle, che potrebbe risultare il partito più votato; e il Pd, che è al governo con un manipolo di ministri che non dispiacciono, compreso evidentemente il premier Gentiloni.
Che cosa rende improbabile una soluzione? Il Centrodestra ha un leader, Silvio Berlusconi, che non è candidabile per le note vicende giudiziarie e dunque è fuori gioco. Chi c’è al suo posto? Boh! Non si sa. Non si dice. Forse non c’è. E già una simile situazione è paradossale. Si corre per vincere le elezioni e sul traguardo non si presenta nessuno. Vogliamo credere che nelle segretissime stanze di Berlusconi un qualche nome circoli; ma i cittadini che devono votare non avrebbero il diritto di saperlo?  E’ un fatto che non lo sappiano. Che Salvini dica, come del resto fa la Meloni, il presidente sono io non rassicura perché se per accordi presi ad esprimere il presidente è il partito che prenderà più voti, con ogni probabilità sarà Forza Italia, che sulla questione, come si è detto, per il momento glissa.
Il Movimento 5 Stelle ha un leader e un popolo; in mezzo niente. Fra gli uomini più prossimi a lui che potrebbero esprimere qualche nome importante per il governo ce ne sono forse due o tre, non di più. E gli altri? Non si sa. Di Maio dice che ormai ha la squadra del governo e addirittura si è fatto ricevere al Quirinale per fare i nomi al Presidente. Cosa insolita. Non è mai accaduto che un leader abbia riferito al Presidente della Repubblica i nomi dei ministri addirittura prima del voto. Ruffianismo politico? Forse, con gente simile ne abbiamo viste di peggio. Una forma di sondaggio del tutto in linea con un movimento fatto di incompetenti e direi di ignoranti. Un grande paese come l’Italia è in predicato di cadere nelle loro mani!
Il Pd sembra avvantaggiarsi da questa situazione. E’ al governo, ha alcuni ministri che, anche per il vuoto esistente nelle altre forze politiche, sono rassicuranti. Ma ha un altro problema. Lo Statuto del partito prevede che è il segretario, dunque Renzi, ad essere il candidato presidente dell’eventuale governo. E Gentiloni, che raccoglie ogni giorno sempre più consensi? Nel Pd si sta riproponendo un antico duello democristiano, che ci riporta ai tempi di Moro e Fanfani. Dunque nemmeno nel Pd, il popolo che lo vota, sa come andrà a finire la partita del premier.
Per motivi diversi le tre forze politiche tengono all’oscuro i propri elettorati. Tutti sperano che accada nei fatti quello che tutti escludono a parole, e cioè che Pd e Forza Italia prendano i voti per fare una maggioranza di governo. A quel punto andrebbe bene anche un Gentiloni bis con una presenza significativa di ministri forzitalisti.
Quanto potrebbe durare un simile esito è materia di chiromanti. Nel frattempo sia Berlusconi che Renzi dicono che se non ci saranno i numeri per fare un governo che garantisca una certa stabilità bisognerà breviter tornare al voto, possibilmente con un altro sistema elettorale, concepito in modo tale che le elezioni diano un risultato chiaro. Il che significa che il nuovo parlamento e l’eventuale governo dovrebbero approvare una legge elettorale, che, in Italia, è cosa pressoché lunare.
Di fronte ad un simile scenario non c’è chi non si preoccupi. In Europa avvertono di più i rischi perché l’Unione ne subirebbe le conseguenze senza nulla poter fare per evitarle. Soprattutto temono che a vincere le elezioni siano quelli del Movimento 5 Stelle, che finora non sono riusciti a tranquillizzare nessuno. Anzi! Tutti gli scandali accaduti, dai falsi versamenti ai massoni e agli indagati, dimostrano per l’ennesima volta che si tratta di dilettanti allo sbaraglio, che non conoscono neppure la creta con cui vogliono fare i càntari. Di Battista, il piacione, continua a dire che se gli italiani continuano a dar loro fiducia, nonostante tutto quello che di negativo in questi ultimi tempi li ha riguardati, un motivo ci deve pur essere. A Di Battista si può ritorcere contro la battuta del “rincoglioniti”.
Ma con le battute non si va né lontano né vicino. L’Italia è giunta al capolinea. Le truppe elettorali del Movimento 5 Stelle sono frutto dei vaffanculo di un comico rancoroso. Ha fatto presa perché oggi esiste un elettorato tra i 18 e i 48 anni, quindi consistente, che è vuoto di valori e di contenuti, cresciuto all’insegna del tutto è lecito e del tutto a tutti. Non è un caso che una delle battaglie più insistite del Movimento è il reddito di cittadinanza.
Consola solo il fatto che s’avvicina l’epilogo di un’epoca, indispensabile per ricominciare. I grillini appartengono al passato; con loro si chiude un lungo periodo di politica anche importante. Il futuro sarà di gente assai diversa da loro.  Siamo o no come i gatti?

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