domenica 6 marzo 2022

Putin e l'Ucraina: una via per uscire

Dopo le prime scuse per giustificare l’attacco all’Ucraina – repubbliche separatiste del Donbass – Putin ha progressivamente gettato la maschera e ha detto che la vera ragione dell’aggressione all’Ucraina è di sentirsi accerchiato dalla Nato e che non poteva più tollerare che si ritrovasse con un altro paese Nato alle costole. Dunque attacco materiale all’Ucraina ma attacco politico, la vera sfida, all’Europa e alla Nato. Questo suo mostrare le carte dà ragione a chi dice e ripete che l’invasione dell’Ucraina è solo un primo passo e che altri ce ne saranno successivamente. E già si parla della Moldavia e più in là delle repubbliche baltiche della Lituania, dell’Estonia e della Lettonia, che però sono paesi Nato. Il suo sventolare minacce nucleari fa parte di questa sua strategia del terrore. Anche l’attacco – non certo per sbaglio – alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande dell’Ucraina, sei volte più grande di Chernobyl, ha lo scopo di abituare il mondo al pericolo atomico. L’impronunciabile è stato pronunciato. Come a voler far passare un messaggio: attenti, la prossima volta potrei “sbagliare” meglio, con inevitabili conseguenze nucleari in tutto il pianeta. In un’ottica del genere è pessimistico ma possibile che ad un’escalation nucleare prima o poi si arrivi. Perché, se dopo l’Ucraina e la Moldavia toccasse alle repubbliche baltiche, allora la risposta della Nato sarebbe inevitabile. A chi giova uno scenario simile? A nessuno, è evidente, ma le cose per come si stanno mettendo fanno temere che tanto possa accadere. Allora è urgente che si arrivi ad un confronto politico diretto tra Putin e la Nato, ovvero tra Putin e gli Stati Uniti d’America prima che altri passi falsi vengano compiuti senza possibilità di ritorno. A Putin la Nato deve necessariamente, arrivati a questo punto, riconoscere una qualche ragione e compiere qualche sacrificio, primo fra tutti riconoscere lo stato di neutralità dei paesi più vicini alla Russia. Non perché la Russia abbia ragione. Non ne ha di ragioni, perché il principio è che ogni Stato sovrano è libero di stare con chi vuole, ma nel pieno di una crisi che potrebbe trasformarsi in tragedia immane, è consigliabile tener conto della realtà del primum vivere; e la realtà oggi dice che continuando sulla strada della natizzazione (far parte della Nato) dei paesi vicini alla Russia si va incontro alla catastrofe. È di tutta evidenza che una soluzione del genere segnerebbe una sconfitta per la libertà dei popoli, un passo indietro dell’Europa e degli Stati Uniti, ma se l’alternativa è il disastro completo è necessario accettare una sconfitta più piccola per evitarne una più grande. La storia d’altronde non si ferma e ciò che non è possibile oggi potrebbe diventarlo domani, in mutate condizioni. La Russia ha avuto dirigenti politici diversi da Putin, penso a Gorbaciov. Non è detto che non ne debba avere altri, con cui poter stabilire rapporti diversi. Ieri era un conto, oggi è un conto, domani sarà un altro ancora. Si consideri inoltre che Putin ha agito in maniera brutale e minaccia di continuare sulla strada della brutalità perché è una persona sconfitta, disperata. Si sente umiliato e sente che la Russia stessa è umiliata da trent’anni di dissoluzioni e di avanzamento dei modelli liberaldemoctatici. L’Ucraina che chiede di entrare nell’Europa e nella Nato è come una figlia che lascia la sua casa, perché non ne condivide l’idea di convivenza. Quando Putin non riconosce all’Ucraina dignità di nazione questo vuol dire: tu non sei libera di lasciare la tua di nazione, che è la Grande Madre Russia. Già altre figlie se ne sono andate ed altre ancora minacciano di andarsene. Nasce da questo stato di frustrazione la rabbia di Putin e di fronte ad una simile rabbia, non potendo ragionare, diventa vitale accettare un qualche compromesso che eviti il peggio. Intanto sarebbe urgente che si avviassero veri negoziati per mettere fine allo stato di sofferenza di milioni di persone, alla distruzione di un paese che sta crollando sotto i bombardamenti di uno degli eserciti più grandi e più forti del mondo. Assistiamo, invece, ad un assurdo continuare in combattimenti che non portano che alla morte e alla distruzione senza possibilità alcuna che le sorti della contesa possano essere cambiate. Il popolo ucraino ha risposto in maniera eroica e basterebbe la sua prova di sacrificio per affermare con forza il suo diritto ad esistere come nazione libera e indipendente. Ma gli eroismi non possono durare all’infinito, specialmente quando non hanno prospettiva alcuna.

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