giovedì 26 marzo 2020

I giorni del Coronavirus



Sabato, 14 marzo.  Vedo in giardino, come mai m’era successo prima di questa stagione, molti millepiedi morti stecchiti, un po’ arcuati come se fossero stati colti dalla morte nello spasmo del dolore. Sicuramente è il caldo che ha caratterizzato l’inverno del 2020 che li fa morire. Ne ho visto uno che aveva trovato un buco nel quale infilarsi ma evidentemente era chiuso ed è rimasto morto mezzo di dentro e mezzo di fuori. Anche le limacce, poverine!, non fanno in tempo a mettersi al riparo che vengono aggredite da un’infinità di formichine che le uccidono e le lasciano lì a seccare al sole per poi trasportarsele poco alla volta nelle loro tane. Lunghe processioni di questi laboriosissimi insetti già sono apparse per terra come percorsi di pellegrinaggio. Sembra che le stagioni siano slittate di tre mesi. La natura si prende la rivincita sui calendari. E a pagare sono sempre le creature più deboli.

Noi siamo alle prese col coronavirus, ma la natura tutta è alle prese coi cambiamenti climatici e chissà che questa emergenza non sia dovuta anche, in qualche modo, alla stessa causa!

Il paese non mi sembra del tutto deserto. Sono andato in un supermercato per comprare qualcosa, tutto normale. Qualche mascherina, nient’altro. Ma era mattina presto. Sul più tardi all’Eurospin c’era la fila all’esterno.

Marco Tarchi, per scusarsi del ritardo con cui arriva il suo “Diorama”, regala ai suoi abbonati un’intervista di Alain de Benoist sul coronavirus. Si legge una cosa interessante, interessante perché a dirla non è uno qualsiasi, ma uno dei pensatori più autorevoli del mondo della destra di pensiero. Alla domanda se c’è da credere all’ipotesi del complotto, de Benoist risponde:

È incontestabile che in Cina esiste un solo laboratorio di alta sicurezza di tipo P4, specializzato nella ricerca sulle fonti virali e su eventuali armi batteriologiche, e che custodisce dunque germi estremamente patogeni. Si dà il fatto che quel laboratorio, creato con l’aiuto della Francia (da ciò la presenza di Bernard Cazeneuve alla sua inaugurazione, il 23 febbraio 2017), diretto dal professor Shi Zhengli, si trovi a Wuhan, ovvero nel luogo esatto dove è esplosa l’epidemia di covid-19. Se si tratta di una coincidenza, diciamo che è sfortunata”.

Insomma, sembra che il sospetto che qualcosa sia potuto venir fuori di lì non è del tutto infondato.

Leggo sul “Corriere della Sera” una bellissima metafora dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. Nevo ama l’Italia e gli Italiani, senza distinzione, uno dei pochi che non ne fa. “Sono preoccupato per i miei amici italiani. – scrive – Se potessi li inviterei a rifugiarsi tutti a casa mia… Ma non sono preoccupato per l’Italia. E’ più coraggiosa di qualunque minaccia. Più forte di qualunque virus. E alla fine di ogni dedalo di viuzze anguste – ormai l’ho imparato – si sbuca sempre in una piazza, dove si può respirare a pieni polmoni”. Speriamo che sia così, che dopo tante ristrettezze si riaprano i soliti nostri grandi spazi di “aria” e di “luce”. L’Italia questo ha trasmesso a tutti i popoli della Terra, con la sua arte, con la sua urbanistica, con la sua storia, con la sua natura.

Intanto i contagiati in Puglia sono 158 e i decessi sono arrivati a 7, ieri due, entrambi nel Leccese.

Una notizia buona: uno degli evasi più pericolosi dal carcere di Foggia, si è costituito. Ne restano ancora in giro altri quattro.

Paolo, il mio fruttivendolo ambulante, oggi è in ritardo. Perché? gli chiedo. “Eh, Professore, le persone comprano tanto ora ed io devo tornare a rifornirmi. Sono come impazzite. Io le rassicuro, gli dico che la frutta non finisce, ma non c’è niente da fare. Comprano e comprano, specialmente arance in questi ultimi tempi”.

Anche a Taurisano qualche esercente tiene le porte aperte del negozio con la radio a tutto volume a sentire i motivi più noti del nostro repertorio canzonettistico.

Torno a casa alle 18,30. Il paese, la sera, è pressoché spopolato, mentre di giorno la crisi si nota di meno. 

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