Sabato, 14 marzo. Vedo in
giardino, come mai m’era successo prima di questa stagione, molti millepiedi
morti stecchiti, un po’ arcuati come se fossero stati colti dalla morte nello
spasmo del dolore. Sicuramente è il caldo che ha caratterizzato l’inverno del
2020 che li fa morire. Ne ho visto uno che aveva trovato un buco nel quale
infilarsi ma evidentemente era chiuso ed è rimasto morto mezzo di dentro e
mezzo di fuori. Anche le limacce, poverine!, non fanno in tempo a mettersi al
riparo che vengono aggredite da un’infinità di formichine che le uccidono e le
lasciano lì a seccare al sole per poi trasportarsele poco alla volta nelle loro
tane. Lunghe processioni di questi laboriosissimi insetti già sono apparse per
terra come percorsi di pellegrinaggio. Sembra che le stagioni siano slittate di
tre mesi. La natura si prende la rivincita sui calendari. E a pagare sono
sempre le creature più deboli.
Noi siamo alle prese col
coronavirus, ma la natura tutta è alle prese coi cambiamenti climatici e chissà
che questa emergenza non sia dovuta anche, in qualche modo, alla stessa causa!
Il paese non mi sembra del tutto
deserto. Sono andato in un supermercato per comprare qualcosa, tutto normale.
Qualche mascherina, nient’altro. Ma era mattina presto. Sul più tardi all’Eurospin
c’era la fila all’esterno.
Marco Tarchi, per scusarsi
del ritardo con cui arriva il suo “Diorama”, regala ai suoi abbonati un’intervista
di Alain de Benoist sul coronavirus. Si legge una cosa interessante,
interessante perché a dirla non è uno qualsiasi, ma uno dei pensatori più
autorevoli del mondo della destra di pensiero. Alla domanda se c’è da credere
all’ipotesi del complotto, de Benoist risponde:
“È
incontestabile che in Cina esiste un solo laboratorio di alta sicurezza di tipo
P4, specializzato nella ricerca sulle fonti virali e su eventuali armi
batteriologiche, e che custodisce dunque germi estremamente patogeni. Si dà il
fatto che quel laboratorio, creato con l’aiuto della Francia (da ciò la
presenza di Bernard Cazeneuve alla sua inaugurazione, il 23 febbraio 2017),
diretto dal professor Shi Zhengli, si trovi a Wuhan, ovvero nel luogo esatto
dove è esplosa l’epidemia di covid-19. Se si tratta di una coincidenza, diciamo
che è sfortunata”.
Insomma, sembra che il sospetto che qualcosa
sia potuto venir fuori di lì non è del tutto infondato.
Leggo sul “Corriere della Sera” una
bellissima metafora dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. Nevo ama l’Italia e
gli Italiani, senza distinzione, uno dei pochi che non ne fa. “Sono preoccupato per i miei amici italiani.
– scrive – Se potessi li inviterei a
rifugiarsi tutti a casa mia… Ma non sono preoccupato per l’Italia. E’ più
coraggiosa di qualunque minaccia. Più forte di qualunque virus. E alla fine di
ogni dedalo di viuzze anguste – ormai l’ho imparato – si sbuca sempre in una
piazza, dove si può respirare a pieni polmoni”. Speriamo che sia così, che
dopo tante ristrettezze si riaprano i soliti nostri grandi spazi di “aria” e di
“luce”. L’Italia questo ha trasmesso a tutti i popoli della Terra, con la sua
arte, con la sua urbanistica, con la sua storia, con la sua natura.
Intanto i contagiati in Puglia sono 158 e i
decessi sono arrivati a 7, ieri due, entrambi nel Leccese.
Una notizia buona: uno degli evasi più
pericolosi dal carcere di Foggia, si è costituito. Ne restano ancora in giro
altri quattro.
Paolo, il mio fruttivendolo ambulante, oggi è
in ritardo. Perché? gli chiedo. “Eh,
Professore, le persone comprano tanto ora ed io devo tornare a rifornirmi. Sono
come impazzite. Io le rassicuro, gli dico che la frutta non finisce, ma non c’è
niente da fare. Comprano e comprano, specialmente arance in questi ultimi tempi”.
Anche a Taurisano qualche esercente tiene le
porte aperte del negozio con la radio a tutto volume a sentire i motivi più
noti del nostro repertorio canzonettistico.
Torno a casa alle 18,30. Il
paese, la sera, è pressoché spopolato, mentre di giorno la crisi si nota di
meno.
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