Verrebbe di dire, dopo dieci anni
da che il Movimento 5 Stelle è per così dire in vita, che è destinato ad
arrivare prima o poi al potere secondo i suoi piani. In verità è da ridere in gran parte dei suoi
protagonisti e in quasi tutte le sue manifestazioni, ad incominciare da chi ha
fatto del riso la sua professione, intendo Beppe Grillo, ai tanti comportamenti
che ne hanno scandito le tappe. Ultima l’elezione, si fa per dire, di Luigi Di
Maio, a leader del Movimento. Da ridere anche perché Beppe Grillo gabba che si
mette da parte per fare il padre nobile. Toh, un altro che vuole fare il padre
nobile! Alle prime difficoltà, torna a decidere lui, come ha già fatto. Esattamente
come ha fatto e fa Berlusconi,
I greci inventarono, da quei
grandi maestri di pensiero e di fantasia che erano, il dio Saturno, il quale
regnava incontrastato sulla Terra, ma temendo che un suo figlio potesse
spodestarlo, come aveva fatto lui con Urano suo padre, appena nati i figli li
ingoiava. Il banchetto finì con Giove, che la madre Rea per salvarlo
andò a partorirlo lontano, su un’isola, e lo tenne nascosto. Mitologia, si
dirà. Ebbene sì, ma serve, serve; serve a capire tante cose della realtà
quotidiana.
Perché sono del parere che prima
o poi il M5S arriverà al potere? Perché nella storia a volte si creano delle
valanghe politiche e sociali che rotolano giù e non è difficile indovinare che
si fermano solo quando più giù non possono andare. Il non più giù di un
movimento politico è il potere. Anche il fascismo fu sottovalutato. Anche
Berlusconi lo è stato. Sappiamo che cosa è stato il fascismo e che cosa è stato
il berlusconismo. Dunque il grillismo, che è una valanga, potrebbe andare al
potere, contro tutti i tentativi di delegittimarlo, di irriderlo, di impedirglielo
da parte degli altri. Ha una sua forza ed una ragione; non viene dal nulla,
viene da quella parte della società antropologicamente cambiata e perciò non
compresa dall’altra.
Fin dal suo apparire come forza
politica di movimento – il vaffa day
ne fu il battesimo – l’establishment
della politica lo ha giudicato male; gli ha detto che non potrebbe mai avere
una classe politica adeguata, che è un movimento di gente senza arte né parte, che
sono tutti degli incapaci. L’ultima è dello scrittore Enrico Carofiglio, che li
ha definiti una “agenzia di risentiti”.
Sembra che essi diano ragione a
chi li critica. Di Maio dichiara che la sua professione è di giornalista
pubblicista. Pur senza entrare nel merito, c’è che fare il giornalista
pubblicista non è una professione, ma una co-attività professionale. Cioè uno fa
l’architetto, il professore, il medico, il ragioniere, e contemporaneamente fa
il giornalista pubblicista. Di giornalisti pubblicisti, che non hanno mai
scritto un articolo e non sanno neppure come si scrive, è pieno l’elenco
dell’Ordine. Per molti avere il tesserino è uno status symbol, niente di più; ne hanno fatto razzìa i politici.
Questo non significa che di Maio non sia in grado di fare il presidente del
consiglio o il segretario nazionale del movimento, ma solo che non ha una
professione. Se è importante averla è un altro discorso!
Grillo, che per età appartiene
alla nostra generazione e dunque ci conosce, ce l’ha coi giornalisti, con
quelli veri non con quelli alla Di Maio, e ha detto che lui vorrebbe mangiarseli
per il piacere di vomitarli. Da parte loro i giornalisti il difetto ce l’hanno
più in basso del piloro e avrebbero difficoltà a liberarsi del Grillo dopo
averlo mangiato.
Battute a parte, c’è tra il
grillismo e la cultura politica dell’establishment,
di cui la stampa è interprete, una totale incomprensione. I grillini sono
diversi, appartengono ad un tipo antropologico che non è più quello di
venti-trenta anni fa. Non hanno la cultura storiografica, filosofica e
letteraria di una volta. Queste materie sono state penalizzate, quando non
addirittura smacchiate dalle programmazioni scolastiche. La scuola da cui sono
usciti è quella dell’autonomia, dell’inglese, dell’azienda, del computer, della
didattica modulare, in una parola dell’ignoranza di tutto ciò che costituiva la
formazione scolastica di una volta. Utilizzano il web per fare politica, come
una volta si usava il microfono in piazza o la penna; il ciclostile e il volantino.
La rete per loro è tutto. Una volta si facevano le assemblee e si discuteva
fino a picchiarsi. I loro congressi sembrano cose incomprensibili. Con poche
decine di voti molti sono giunti a Montecitorio e a Palazzo Madama. Se poi è
democrazia è un altro discorso. Contro i due milioni di elettori delle primarie
del Pd, che hanno eletto Renzi, loro oppongono i circa trentottomila delle loro
primarie che hanno eletto Di Maio; con la differenza che quelli di Renzi erano
in carne ed ossa, quelli di Di Maio erano elettronici, volatili, eterei. Nel
loro movimento non c’è dibattito, non c’è confronto, chi dissente è fuori. La
loro strategia è il potere nelle loro esclusive mani. Ecco perché non cercano
accordi e respingono proposte di intese con altri. Si potrebbe dire che il loro
è un colpo di stato strisciante lungo un percorso ai margini delle istituzioni,
verso la dittatura del partito unico. Si difendono dagli attacchi senza negare
le accuse che vengono loro mosse, anzi le considerano i loro pregi, i loro
meriti. Come potremmo governare bene – dicono – unendoci con chi non sa che
governare male? Questo oppongono.
Lo Zeitgeist è dalla loro parte. Sono figli del loro tempo; e il loro
tempo è dominato dalla comunicazione elettronica. Il loro è un elettorato, per
lo più giovane, che non chiede di sapere, di conoscere, ha cieca fiducia in chi
lo rappresenta; insegue il miraggio di una sorta di palingenesi politica,
qualcosa che garantisce l’onestà, la pulizia, l’efficienza, la crescita, la giustizia. Gli
elettori del M5S hanno prosciugato il
mare, che proverbialmente stava tra il dire e il fare.
Se dopo appena dieci anni il
Movimento ha circa il 30 % degli elettori – la valanga, appunto – non può che
continuare a crescere nei prossimi.
Ma può funzionare la loro
strategia? Oggi non è più di moda studiare gli scrittori di politica, ma se
andiamo a vedere quel che dicevano ci accorgiamo che le categorie politiche, i
comportamenti sono gli stessi, ieri come oggi. Un esempio? Benedetto Croce
apriva così il suo saggio “Etica e politica”: “Chiunque, conducendo vita
operosa, deve piegare altri a suoi collaboratori o è costretto a toglierseli
d’accanto perché d’impaccio all’opera che esercita”. Prima di far fuori Fico Grillo ha letto Croce?
C’è da dubitarne. Ma il riferimento è importante per capire che al di là delle
parole e dei mezzi, con cui i grillini potrebbero andare al potere, c’è la
realtà con cui dovrebbero poi fare i conti. Una realtà, che, come la storia
insegna, alla fine vince, piega le più forti resistenze e trasforma anche le
più pure intenzioni nei più laidi risultati. E’ successo sempre. Perché non
dovrebbe succedere ancora?
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