domenica 24 settembre 2017

Il M5S potrebbe andare al potere, ma...


Verrebbe di dire, dopo dieci anni da che il Movimento 5 Stelle è per così dire in vita, che è destinato ad arrivare prima o poi al potere secondo i suoi piani. In verità è da ridere in gran parte dei suoi protagonisti e in quasi tutte le sue manifestazioni, ad incominciare da chi ha fatto del riso la sua professione, intendo Beppe Grillo, ai tanti comportamenti che ne hanno scandito le tappe. Ultima l’elezione, si fa per dire, di Luigi Di Maio, a leader del Movimento. Da ridere anche perché Beppe Grillo gabba che si mette da parte per fare il padre nobile. Toh, un altro che vuole fare il padre nobile! Alle prime difficoltà, torna a decidere lui, come ha già fatto. Esattamente come ha fatto e fa Berlusconi,
I greci inventarono, da quei grandi maestri di pensiero e di fantasia che erano, il dio Saturno, il quale regnava incontrastato sulla Terra, ma temendo che un suo figlio potesse spodestarlo, come aveva fatto lui con Urano suo padre, appena nati i figli li ingoiava. Il banchetto finì con Giove, che la madre Rea per salvarlo andò a partorirlo lontano, su un’isola, e lo tenne nascosto. Mitologia, si dirà. Ebbene sì, ma serve, serve; serve a capire tante cose della realtà quotidiana.
Perché sono del parere che prima o poi il M5S arriverà al potere? Perché nella storia a volte si creano delle valanghe politiche e sociali che rotolano giù e non è difficile indovinare che si fermano solo quando più giù non possono andare. Il non più giù di un movimento politico è il potere. Anche il fascismo fu sottovalutato. Anche Berlusconi lo è stato. Sappiamo che cosa è stato il fascismo e che cosa è stato il berlusconismo. Dunque il grillismo, che è una valanga, potrebbe andare al potere, contro tutti i tentativi di delegittimarlo, di irriderlo, di impedirglielo da parte degli altri. Ha una sua forza ed una ragione; non viene dal nulla, viene da quella parte della società antropologicamente cambiata e perciò non compresa dall’altra.
Fin dal suo apparire come forza politica di movimento – il vaffa day ne fu il battesimo – l’establishment della politica lo ha giudicato male; gli ha detto che non potrebbe mai avere una classe politica adeguata, che è un movimento di gente senza arte né parte, che sono tutti degli incapaci. L’ultima è dello scrittore Enrico Carofiglio, che li ha definiti una “agenzia di risentiti”.
Sembra che essi diano ragione a chi li critica. Di Maio dichiara che la sua professione è di giornalista pubblicista. Pur senza entrare nel merito, c’è che fare il giornalista pubblicista non è una professione, ma una co-attività professionale. Cioè uno fa l’architetto, il professore, il medico, il ragioniere, e contemporaneamente fa il giornalista pubblicista. Di giornalisti pubblicisti, che non hanno mai scritto un articolo e non sanno neppure come si scrive, è pieno l’elenco dell’Ordine. Per molti avere il tesserino è uno status symbol, niente di più; ne hanno fatto razzìa i politici. Questo non significa che di Maio non sia in grado di fare il presidente del consiglio o il segretario nazionale del movimento, ma solo che non ha una professione. Se è importante averla è un altro discorso!
Grillo, che per età appartiene alla nostra generazione e dunque ci conosce, ce l’ha coi giornalisti, con quelli veri non con quelli alla Di Maio, e ha detto che lui vorrebbe mangiarseli per il piacere di vomitarli. Da parte loro i giornalisti il difetto ce l’hanno più in basso del piloro e avrebbero difficoltà a liberarsi del Grillo dopo averlo mangiato.  
Battute a parte, c’è tra il grillismo e la cultura politica dell’establishment, di cui la stampa è interprete, una totale incomprensione. I grillini sono diversi, appartengono ad un tipo antropologico che non è più quello di venti-trenta anni fa. Non hanno la cultura storiografica, filosofica e letteraria di una volta. Queste materie sono state penalizzate, quando non addirittura smacchiate dalle programmazioni scolastiche. La scuola da cui sono usciti è quella dell’autonomia, dell’inglese, dell’azienda, del computer, della didattica modulare, in una parola dell’ignoranza di tutto ciò che costituiva la formazione scolastica di una volta. Utilizzano il web per fare politica, come una volta si usava il microfono in piazza o la penna; il ciclostile e il volantino. La rete per loro è tutto. Una volta si facevano le assemblee e si discuteva fino a picchiarsi. I loro congressi sembrano cose incomprensibili. Con poche decine di voti molti sono giunti a Montecitorio e a Palazzo Madama. Se poi è democrazia è un altro discorso. Contro i due milioni di elettori delle primarie del Pd, che hanno eletto Renzi, loro oppongono i circa trentottomila delle loro primarie che hanno eletto Di Maio; con la differenza che quelli di Renzi erano in carne ed ossa, quelli di Di Maio erano elettronici, volatili, eterei. Nel loro movimento non c’è dibattito, non c’è confronto, chi dissente è fuori. La loro strategia è il potere nelle loro esclusive mani. Ecco perché non cercano accordi e respingono proposte di intese con altri. Si potrebbe dire che il loro è un colpo di stato strisciante lungo un percorso ai margini delle istituzioni, verso la dittatura del partito unico. Si difendono dagli attacchi senza negare le accuse che vengono loro mosse, anzi le considerano i loro pregi, i loro meriti. Come potremmo governare bene – dicono – unendoci con chi non sa che governare male? Questo oppongono.
Lo Zeitgeist è dalla loro parte. Sono figli del loro tempo; e il loro tempo è dominato dalla comunicazione elettronica. Il loro è un elettorato, per lo più giovane, che non chiede di sapere, di conoscere, ha cieca fiducia in chi lo rappresenta; insegue il miraggio di una sorta di palingenesi politica, qualcosa che garantisce l’onestà, la pulizia, l’efficienza, la crescita, la giustizia. Gli elettori del M5S  hanno prosciugato il mare, che proverbialmente stava tra il dire e il fare.
Se dopo appena dieci anni il Movimento ha circa il 30 % degli elettori – la valanga, appunto – non può che continuare a crescere nei prossimi.  

Ma può funzionare la loro strategia? Oggi non è più di moda studiare gli scrittori di politica, ma se andiamo a vedere quel che dicevano ci accorgiamo che le categorie politiche, i comportamenti sono gli stessi, ieri come oggi. Un esempio? Benedetto Croce apriva così il suo saggio “Etica e politica”: “Chiunque, conducendo vita operosa, deve piegare altri a suoi collaboratori o è costretto a toglierseli d’accanto perché d’impaccio all’opera che esercita”.  Prima di far fuori Fico Grillo ha letto Croce? C’è da dubitarne. Ma il riferimento è importante per capire che al di là delle parole e dei mezzi, con cui i grillini potrebbero andare al potere, c’è la realtà con cui dovrebbero poi fare i conti. Una realtà, che, come la storia insegna, alla fine vince, piega le più forti resistenze e trasforma anche le più pure intenzioni nei più laidi risultati. E’ successo sempre. Perché non dovrebbe succedere ancora?

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