Si avverte in Italia un’inquietante
voglia di dividerci. Ogni circostanza è buona: sui migranti, sul fascismo, sul Nord
leghista e sul Sud borbonico. Questioni, più che divisive, laceranti;
riguardano il presente, il passato e il futuro del nostro Paese.
Partiamo dai migranti, dal
presente che diventerà futuro. Non so se questo papa, che s’intitola a
Francesco, sappia che le strade dell’inferno spesso sono lastricate da buone
intenzioni. Dico non so, per dire, perché un papa fesso non è mai esistito,
neppure quel Celestino V, oltraggiato da Bonifacio VIII e poi da Dante, che lo
incolpa di essersi fatto oltraggiare. Né mi sembra una buona intenzione quella
di trasformare l’Italia in un bordello
multietnico. Di recente ha pontificato sullo jus soli perché il Parlamento italiano lo approvi al più presto. Non
ha detto esplicitamente jus soli, ma
che tutti gli esseri umani hanno diritto da subito alla nazionalità. Francesco
parla per come sono i giorni, da un “buona sera” all’altro.
La nazionalità a tutti? E chi la
nega? Il punto è perché dare la nazionalità italiana a chi nasce in Italia da
mamma che s’ingravida in Africa o in Asia e viene a figliare da noi apposta per
avere subito una serie di diritti che neppure gli italiani hanno in concreto. Ma
non è tanto questione di diritti, che poi si traducono in beni e servizi
materiali, quanto di questioni assai più complesse. Più etnie generano
conflitti; il mondo ne è pieno. Qualche anno fa il politologo Giovanni Sartori scrisse
un saggio sulla società multietnica, per dimostrarne i rischi, nazionali e
sociali.
I sostenitori dell’accoglienza
senza se e senza ma dicono che con la nazionalità da subito per i bambini che
nascono in Italia si favorirebbe l’integrazione e si eviterebbe il terrorismo. Non
erano forse cittadini francesi bene integrati i massacratori di Charlie Hebdo e
del Bataclan? Non erano cittadini belgi ben integrati i terroristi
dell’aeroporto di Bruxelles? Non erano cittadini spagnoli ben integrati i
terroristi di Barcellona?
Mentre dunque con lo jus soli prepariamo un futuro di
italiani tra di loro diversi e potenzialmente conflittuali, vengono tirate fuori
vecchie storie, che, ove mai dovessero veramente raggiungere un certo livello di
asprezza, aprirebbero stagioni da… libera Dio!
Nel Nord Italia, in Lombardia e
nel Veneto, si terranno il 22 e il 23 di ottobre dei referendum per
l’autonomia. E’ storia vecchia: i lombardo-veneti vogliono che i loro soldi
vengano trattenuti nelle loro regioni e reclamano lo status di regione a
statuto speciale, come la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta, il Trentino e
il Friuli. E’ un brutto segnale che incuba processi pericolosi per la tenuta
del Paese.
Nel frattempo si polemizza sulle
tracce del fascismo, se cancellarle o meno, e si insiste a non voler fare
onestamente i conti con lo stesso. Come se non ci fosse mai stata un’Italia fascista
e un popolo entusiasta di essere fascista, si vorrebbe cancellare le tracce di
quell’Italia e di quel popolo; si vorrebbe cancellare la memoria di tanti
italiani. I quali hanno nei confronti del fascismo idee e valutazioni assai
diverse da quelle degli onorevoli Fiano e Boldrini. Il fascismo, lo si voglia o meno ammettere, è
connaturato al popolo italiano; è fuoco coperto. Se ne teme il riattizzarsi. Ma
piuttosto che combatterlo con politiche adeguate, con fatti tali da convincere
che la democrazia è da preferire a qualsiasi forma di fascismo, lo fanno con
minacce, con leggi ammazza-memoria, con la repressione del pensiero
dissenziente, ovvero con altro; sì, si potrebbe dire con metodi “fascisti”.
E’ augurabile che si riapra un nuovo
fronte fascismo-antifascismo? Assolutamente no, bisogna scongiurarlo; ma per
questo è necessario che la smettano i professionisti dell’antifascismo di
indignarsi per una strada intitolata ad un gerarca o per un monumento su cui si
legge “Mussolini Dux”. Piaccia o non piaccia, ogni nazione ha diritto ad avere
una memoria storica, assai meglio se condivisa, ma bene anche se reciprocamente
rispettata.
L’altro fronte che si sta
riaprendo, pericolosamente, è quello del Sud borbonico contro il Nord sabaudo, diversamente
definito del Sud massacrato e del Nord massacratore. Sono persone irresponsabili
a volerlo riaprire. L’ultimo libro di Pino Aprile è intitolato Carnefici, che è pura istigazione
all’odio. Questi “patrioti” borbonici fuori tempo massimo mischiano verità
storica con opportunità politiche, rivendicazionismi confusi e incapacità di
vedere le cose con un minimo di realismo. Vogliono l’istituzione di una
giornata della memoria delle vittime meridionali del processo risorgimentale e
neppure sanno che nel novero di quelle vittime sono comprese quelle che caddero
per difendere l’unità d’Italia, trucidate dai loro eroi briganti. Essi
magnificano i briganti quali eroi in difesa della loro terra e della loro
civiltà e chiamano guerra contadina quella che sicuramente aveva anche questo
carattere ma che era fondamentalmente guerra politica aizzata da Francesco II e
dal Papa e strumentalizzata da criminali incalliti e megalomani. Essi non sanno
che i discendenti più credibili di quei loro eroi oggi sono i mafiosi, i camorristi
e gli ndranghetisti.
Anche la camorra ebbe nel 1860
una parte nell’impresa garibaldina, ma non si può dire che essa abbia
combattuto per l’Unità d’Italia. Anche la mafia ha avuto una parte nel 1943
alla “liberazione” dell’Italia, ma non si può dire per questo che la mafia abbia
combattuto per la
Repubblica Italiana.
Ci sono storici seri che
analizzano in tutti gli aspetti, senza nulla tralasciare, sia i fatti storici,
compresi quelli dell’unificazione italiana, sia i fenomeni criminali. Hanno
dimostrato che la criminalità ha avuto sempre ruoli politici, specialmente
quando ci sono state crisi gravi e ha trovato l’opportunità di intrecciare i
suoi interessi con quelli del Paese. Si leggano sull’argomento i libri di
Francesco Benigno e di Enzo Ciconte, per citarne alcuni.
Insistere su questioni così
laceranti, come italiani di sangue e italiani di suolo, autonomisti e
unitaristi, fascismo-antifascismo e sud borbonico-nord sabaudo, per calcoli
politici, può eccitare gli animi esarcebati degli italiani, che, travagliati da
gravissime crisi di trasformazione in atto e incerti sul futuro del Paese,
potrebbero trovare sfogo in contrapposizioni false, ma terribilmente laceranti
e rovinose.
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