domenica 2 novembre 2014

Destra: liberarsi dalle parole e uscire in campo aperto


La crisi che ha colpito la politica non ha risparmiato nessuno dei grandi partiti, nessuna delle grandi ideologie, al punto che in crisi è entrata anche la terminologia, fino a far perdere a destra e sinistra i connotati culturali e storici tradizionali. La destra, intesa come conservazione e all’uopo reazione, presenta una condizione devastata. Oggi tutto l'universo della destra è in dissoluzione: l’individuo, la famiglia, la nazione, lo stato, la legge, dio, la chiesa. Chi si attarda a difendere l’individuo nel suo genere, maschile e femminile; la famiglia formata da padre, madre e figli; la nazione con la sua sovranità, i suoi confini, il suo jus sanguinis; lo stato nel suo primato; la legge come garanzia di giustizia, di difesa dei diritti; dio, giudice misericordioso ma anche severo; la chiesa, come universo di valori indiscutibili; insomma, chi si ostina a difendere simili principi e valori, tradizionalmente di destra, perde tempo. La destra è stata sconfitta su tutti i fronti. Oggi sono legittimamente accettati maschi, femmine, gay, transgender nel più assoluto egualitarismo; la famiglia può essere formata da due e magari più in là da una cooperativa dello stesso sesso, i quali possono adottare bambini, che peraltro possono essere costruiti in laboratorio; la nazione è de facto se non ancora de jure una provincia di una sorta di nuovo sacro romano impero della nazione germanica, senza confini segnati e rigorosamente difesi; lo stato si è devoluto in favore di pezzi e pezzetti territoriali e amministrativi e considerato una sorta di freno alle libertà e allo sviluppo dei cittadini; la legge costituita è continuamente violata, anche da chi dovrebbe difenderla, allo scopo di farne approvare una nuova; dio non ha identità, ciascuno ha un suo dio e nessuno può dire che il proprio sia l’unico o il migliore; la chiesa è un’azienda che si preoccupa del fatturato non di anime ma di potere economico e politico, apre a tutti pur di non perdere nessuno; il papa a Roma sta come a Macondo.
Di fronte a simile scenario, chi autenticamente fosse di destra dovrebbe scatenare la reazione, riportare l’ordine delle cose allo status quo ante. Ma già pensarlo è assurdo. Bisogna sempre partire dall’esistente, dalla realtà. E già questo significa ragionare di destra. Ma non basta: la destra deve uscire in campo, con parole nuove, categorie di pensiero nuove, con una propaganda nuova. Deve rispondere ai cittadini, alle loro domande, ai loro bisogni, alle loro aspettative. Ancora una volta è la realtà a dettare i tempi e l’agenda. E la realtà – lo ricorda ogni tanto il filosofo Emanuele Severino – è la tecnologia che avanza senza sosta.
La realtà dice che oggi non ci sono più le classi sociali, c’è una sola classe all’interno della quale si diversificano posizioni individuali, al massimo categoriali, peraltro in continua mobilità. Da questo punto di vista la destra è avvantaggiata, perché ha dalla sua parte due grandi esperienze storiche: il cattolicesimo e il fascismo, che, in attesa di giungere strategicamente all’annullamento delle classi, erano per una collaborazione tra le stesse in nome di superiori interessi, morali e spirituali per il cattolicesimo, politici e sociali per il fascismo.
Una parte del cattolicesimo si ritrova oggi nel Pd, partito di centrosinistra, in posizione egemonica rispetto alla componente veteroclassista. Un’altra parte si ritrova in alcune formazioni di destra o di centrodestra, fra cui Forza Italia e Ncd, in cui vive una condizione di incertezza e di spaesamento. E il fascismo? Si potrebbe dire che non esiste più come partito o movimento strutturato, con la consapevolezza del suo essere stato, del suo essere e del suo voler essere. Quel che resta è un residuo dell’unico partito neofascista del Novecento, ossia il Msi. Chi a questo partito si rifà anche per un’esigenza genealogica deve prendere atto che gran parte del suo bagaglio ideologico e politico, quello per così dire di destra, è in questo momento indifendibile. Gli resta quell’importante componente che fu nel fascismo e che è stato nel Msi, ossia il pensiero e la prassi sociali. Oggi numerose formazioni si rifanno ad un nuovo nazionalismo pragmatico e di corto respiro (immigrazione clandestina, cittadinanza italiana, antieuropeismo) senza effetto rilevante, se non per testimoniare una presenza sempre più velleitaria. La loro azione è vanificata dal loro essere divise e facilmente delegittimabili quali residui di fascismo. Forza Nuova, il Fronte Nazionale, Casa Pound, Fratelli d’Italia, la Destra sono formazioni che si ostinano in modo diverso a tenere accesa la fiamma della destra. Su queste istanze dovrebbero mettere un coperchio sopra, almeno per il momento; torneranno queste ad essere vincenti quando ci sarà il fallimento dell’attuale ubriacatura individualistica ed edonistica. Dovrebbero invece puntare su quel che può essere utilizzato del loro patrimonio, che è il radicalismo sociale del lavoro e della prospettiva, del benessere materiale e sociale, dell’ordine e del rispetto, che è qualcosa di condivisibile anche fuori dagli steccati tradizionali.
Per questa nuova esperienza politica ogni riferimento al passato è freno e impedimento. Occorre inventare un lessico politico nuovo, in cui si ritrovino quanti anche di opposta provenienza, nemici storici anch’essi in difficoltà nei loro steccati ideologici, sono fermamente convinti dell’efficacia del nuovo percorso. Allora al primo punto non ci può essere che la liberazione dalle parole, di cui finora si è stati prigionieri. Almirante, negli anni Settanta, parlò di guerra delle parole, vinta dalla sinistra perché disponeva di enormi strumenti di propaganda; oggi dalle parole ci si deve semplicemente liberare, se esse invece di far stare con altri dividono e respingono dagli altri.

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