E’ incredibile come dopo 1700
anni dall’Editto di Costantino i cristiani, per il loro essere tali, stiano per
essere ricacciati nelle catacombe, da dove erano finalmente usciti. Oggi non è
tanto il credere o meno in un Dio creatore di tutte le cose e nel suo figliuolo
Gesù Cristo, che comporta la persecuzione, quanto quell’insieme di principi e
di valori che ne conseguono sul piano morale, politico e sociale. Il cristiano,
mentre in alcune zone della Terra, è ucciso e bruciato vivo – vedi Pakistan e
Nigeria – in Italia è costretto a comportarsi come quel tifoso che per tifare
per la sua squadra si deve nascondere tra i tifosi avversari se non vuole
essere insultato e pestato. E’ tornato ad essere Pietro che nega il suo Maestro.
Giorni fa l’ennesimo episodio di
intolleranza. La Diocesi
di Milano aveva mandato una comunicazione a tutti gli insegnanti di religione
cattolica per segnalare quelle scuole nelle quali si parla di gay e di identità
di genere per delegittimare la differenza sessuale. Dio liberi! Si è scatenata
in men che non si dica la canea delle associazioni gay, accompagnata dai
latrati delle forze politiche ormai quasi tutte convertite al gaysmo. Come in
ogni buriana che si rispetti ci sono state interrogazioni parlamentari e
minacce di manifestazioni di piazza. Subito, per arginare la bomba gay, sono
giunte le scuse della Curia. E’ stato un errore, anzi un equivoco hanno fatto
sapere, Cardinal Bagnasco in testa.
In Italia ormai siamo messi così:
chi è gay può e deve vantarsene; chi non lo è deve tacere e chi è contrario
deve nascondersi, vergognarsi. Nemmeno ai tempi del fascismo la Chiesa era stata così prona
al regime del partito unico. Pio XI escogitò la formula del “bona mixta malis”,
come dire “per le cose buone accettiamo anche le cattive che sono ad esse
unite”. Salvo ad alzare ogni tanto la voce, perché a tutto c’è un limite.
E solo due giorni dopo è arrivata
la timida risposta dell’Arcivescovo Scola, che dopo aver riconosciuto che in
materia la Chiesa
è stata lenta, ha rivendicato il diritto di poter esprimere quel che pensa su
gay e dintorni.
In pieno regime democratico tutto
ciò che è contrario al pensiero unico dominante è proibito, anzi è perseguito
come un’abominevole infamia e i responsabili del misfatto puniti. Appellarsi al
Papa, nemmeno per sogno! Chi è lui per giudicare? Il Papa va a corrente
alternata, segue una sua coerenza, che però è misteriosa. Oggi dice una cosa e
il giorno dopo un’altra. A volte se ne esce con dichiarazioni che hanno il tono
della battuta accattivante.
La verità è che ormai i cristiani
non possono neppure difendere la loro morale, la loro visione della vita, i
loro modelli sociali, per non incappare nelle ire della piazza incontrastata.
Le poche manifestazioni che ancora
riescono a fare i cristiani d’Italia vengono attaccate, anche materialmente, da
centri sociali e associazioni gay, come è successo alle “Sentinelle in piedi”,
che in qualche piazza hanno testimoniato il loro disagio e la loro protesta, a
rischio di essere pestate.
Il Papa, che Dio l’abbia in
gloria – come diceva il Giusti (non il comico, ma il poeta Giuseppe Giusti) –
si lamenta per le persecuzioni che i cristiani subiscono nel mondo. Ma che oggi
in Italia e in Europa il cristianesimo venga perseguitato non sembra punto
avvedersene. Divorzio, aborto, omosessualità, maternità eterologa, uteri in
affitto, vendita di seme maschile e di ovuli femminili, traffici vari, sono
tutte pratiche criminali ridotte a peccatucci, che il Signore – dice Papa
Francesco – non si stanca di perdonare.
Nei social network a qualche
povero disgraziato che accenna a difendere il suo punto di vista arriva di
tutto, contumelie e perfino minacce fisiche al punto che gli conviene chiudere
il sito, cambiare account, sparire o mimetizzarsi.
Il governo, presieduto da un
cattolico, proveniente dagli scout, non sembra minimamente interessato o
preoccupato, in tutt’altre faccende affaccendato. Il paese rischia così una
deriva di intolleranza religiosa, oltre che politica, che potrebbe portare a
conseguenze disastrose.
Per ora la gente è come
spaventata, risponde come può, nel privato, alle continue minacce e
provocazioni. I medici si trincerano dietro l’obiezione di coscienza, a cui li
sollecita il Papa in un momento in cui la luce gli si accende.
Manca al grande esercito di
cristiani un capo che li guidi, dei generali che non temano di mettersi alla
testa dei loro credenti. Mancano i preti di strada e di piazza, di forum, come
una volta, per prendere parte con coraggio e chiarezza ai dibattiti, per
difendere la loro fede religiosa, i loro modelli di famiglia e di società.
Per fortuna non ci sono più i
circhi per buttarli lì dentro e darli in pasto alle belve feroci. Ma se le
piazze si trasformano in circhi le bestie feroci si materializzano, come già è
accaduto. Oggi è più facile che uno dica sono gay e me ne vanto anziché uno che
dica io sono contrario ai gay perché credente e cristiano. Gli pioverebbero
addosso accuse di omofobia, di sessismo e correrebbe il rischio di essere
perfino accusato di discriminazione razziale. Il giorno in cui fosse pure
linciato saremmo al capolinea di una nuova storia con un altro Stefano
protomartire.
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