Si possono dire tante cose di
Berlusconi, ma non si può dire che si sia mai nascosto dietro una maschera.
Certo, ha fatto di tutto per apparire gradevole, ricorrendo a tutti i trucchi
delle apparenze tipiche degli uomini di spettacolo; ma il volto, il suo vero
volto, quello di un Mastro don Gesualdo
milanese, quello del padrone che fa e disfa, che invita e caccia, che dona e
prende, che ride e fa ridere, che si diverte e fa divertire, che usa e getta,
che con una mano fa finta di nascondere e con l’altra mostra, quello non lo ha
mai nascosto. Perché per Berlusconi non c’è piacere, non c’è potere senza
ostentazione.
Il guaio è che il suo volto non è
più quello di una volta. Forse oggi la maschera se la dovrebbe proprio mettere,
incollarsela, perché il suo volto di oggi è devastato dalle rughe di un
invecchiamento malvagio, impietoso che rivela non solo l’età – a quella ancora
può in qualche modo rimediare – ma soprattutto la natura intima, tra il
grottesco e il tragico; e qui non può fare proprio niente. Grottesco, quando
pensa a finalità giovanili e spera in ricandidature importanti, ed è un vecchio
di ottant’anni, graziato dai suoi nemici solo perché serve a tenere in piedi la
baracca di Napolitano-Renzi; tragico, perché pensa di poter rinascere mentre
sta solamente morendo.
Quanto è accaduto all’Ufficio di
Presidenza di Forza Italia giovedì, 2 ottobre, tra lui e Raffaele Fitto è la rappresentazione del suo vero stato di salute mentale e politica. E purtroppo
non solo sua. La corte che gli sta attorno suscita, ormai da qualche tempo,
quel pietoso rispetto che in genere si deve a dei poveri malati, straniti e
spaesati, che hanno perso la via di casa e stanno, come si dice, più di là che
di qua.
Aver attaccato Raffaele Fitto,
uno dei suoi più votati leader politici, perché in dissenso dalla sua linea
politica, ritenuta ambigua e suicida, con rozze e volgari minacce, non è da
uomo assennato, da padre nobile, come lui ogni tanto dice di essere. Avere
esplicitamente cacciato Fitto paragonandolo a Fini non sminuisce Fitto ma
riabilita senza merito Fini e lo fa apparire quello che non è. Aver accusato
Fitto di fargli perdere consenso nel paese con le sue critiche alla linea
politica del partito, anfibia rispetto al governo Renzi, ha dimostrato solo che
Forza Italia è un partito personale, che la politica che fa serve solo al suo
padrone. Un padrone che, ormai prossimo alla fine, decide, come quell’altro
personaggio verghiano, di portarsi con sé la sua roba.
Ha rimproverato a tutti di essere
stati fedeli quando lui era il dominus
assoluto e li faceva ministri ed uomini importanti, per abbandonarlo quando poi
si è trovato in difficoltà, perseguitato e non più candidabile. Ecco, ancora
una volta ammette di essere quello che i suoi nemici gli hanno sempre
contestato: un despota! Ecco, ancora una volta dimostra di non capire che il
partito non è un’azienda e che è perfettamente normale che ognuno persegua il
proprio interesse nell’ambito del più ampio interesse del partito e del supremo
interesse del paese. Che c’è di strano che un politico si preoccupi delle
prospettive del partito a prescindere da quelle del capo, quando questi non è
più nelle condizioni di guidarlo con successo? Un partito politico non è una
comitiva di scapocchioni, leali e fedeli nei felici bagordi e leali e fedeli
nelle tristi penitenze. Berlusconi non ha cultura politica: è digiuno per
costituzione mentale come Marco Pannella lo è per calcolo e scelta.
Fitto – e lo diciamo a prescindere
se ha torto o ragione nella sua analisi e nei suoi calcoli – crede davvero che
Forza Italia sia il suo partito e che la sua vita politica possa continuare in
quel partito. La sua è una lealtà calcolata quanto si vuole, ma è lealtà.
Forse, alla luce di quanto sta accadendo, incomincia a riconsiderare il suo più
recente passato per giungere ad altre conclusioni; ma non v’è dubbio che al
punto in cui è giunto non può pensare a Forza Italia come ad un porto dal quale
salpare per allontanarsene così dall’oggi al domani.
Berlusconi lo ha chiamato “prete
di Lecce”. Ché i preti di Milano sono diversi? Abbiamo visto chi sono i Gelmini
e i Verzè. Berlusconi andrebbe silenziato per il suo bene, se continua di
questo passo, altro che rivelazioni di pentiti!
Ha rimproverato a Fitto di essere
figlio di un vecchio democristiano, come se si può rimproverare a qualcuno di
essere figlio del proprio genitore, sia pure politicamente parlando. Ma
Salvatore Fitto, padre di Raffaele, aveva 47 anni quando morì di incidente stradale;
democristiano sì, dunque, ma non vecchio, comunque volesse intenderlo
Berlusconi. Ma anche qui l’ex cavaliere dimostra di essere incapace di
dominarsi.
E’ forse figlio di nessuno lui?
Può anche non avere riguardo per la dignità personale e per la morale pubblica
– i Mastro don Gesualdo in genere non
hanno né una cosa né l’altra – ma fa un torto a tanta gente che, sbagliando o
costretta da un sistema elettorale bipartitico, ha avuto fiducia in lui e lo ha
seguito per diversi anni; gente che alla dignità personale e alla morale
pubblica tiene.
Lo scontro dell’altro giorno in
Forza Italia, al di là dell’esito del voto sulla relazione di Berlusconi, con
due soli voti contrari, Fitto e Capezzone, lascia il segno non solo e non tanto
nel partito, ma soprattutto nell’elettorato di centrodestra.
In una stagione di
riposizionamenti anche elettorali il Pd potrebbe catturare, tramite il
renzismo, tanti moderati di Forza Italia e del fu PdL, e tramite le istanze
sociali della sinistra tanti ex missini autenticamente convinti della bontà di
una giusta politica sociale. Berlusconi rischia, con le sue stravaganti
chimere, con le sue folli resistenze, di ricostruire – proprio lui! – la
vecchia Democrazia Cristiana. E chissà che per lui non sia un ritorno alla pietosa
grande madre Terra, dalla quale è uscito!
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