martedì 13 agosto 2019

Salvini: tramontate stelle...




Come certe stelle di Natale, belle e rigogliose all’apparenza ma prive di radici, che venditori disonesti ti vendono e che durano giusto il tempo da Natale a Santo Stefano, così i Cinquestelle sono durati giusto un anno e sono seccati. Del resto erano stati propinati al popolo italiano da un comico cialtrone che si è fatto strada mandando affanculo tutti, gli stessi che oggi vorrebbe mettere insieme per scacciare i barbari. Così dice lui, subito ripreso dai media nazionali come se avesse suggerito chissà quale formula alchemica per fabbricare l’oro.
L’evocazione dei barbari di Grillo fa pensare ai Longobardi. E a chi se no? Ovvero alla Lega. Ma non è stato lui ad imbarbarire l’ambiente politico italiano? Ah, dimenticavo, un comico recita solo una parte, oggi di qua domani di là. Fesso chi gli crede. Strafesso chi lo segue.
Quando si è con l’acqua alla gola e la soluzione ti viene da un comico hai solo la consolazione di affogare ridendo. Questa è la situazione dell’Italia.
Fino alla vigilia dell’8 agosto, giorno in cui Salvini ha chiesto a Conte di mettersi da parte, tutti dicevano che il governo non c’era da tempo e che si doveva staccare la spina, metafora per dire che si doveva formalizzare la crisi. Tutti, tranne i Cinquestelle. Pour cause, perché da nuove elezioni essi non avevano da sperare nulla ma da temere assai. Ma già il giorno dopo, il 9 agosto, molti si sono rimangiato quanto avevano sostenuto fino al giorno prima. Contrordine, come ai tempi dei trinariciuti del partito comunista: tutti insieme a fare un governo pur che fosse per impedire la deriva plebiscitaria pro Salvini. Il pericolo è da ciellenismo, spiego: da liberazione nazionale, per i più giovani, che non conoscono la storia.
Siamo alle solite: ieri Berlusconi, oggi Salvini. Gli italiani hanno bisogno di sentirsi in pericolo; e se il pericolo non c’è deve essere inventato. Son tornate le mobilitazioni, i bellacciao, le minacce, gli insulti, le aggressioni, che giornalisti idioti definiscono “cosa bella a vedersi”. I tolleranti per eccellenza sono diventati intolleranti di ripiego, o piuttosto il vero: gli intolleranti di nascita si son tolti la maschera e sono apparsi per quello che sono.
Che strano paese, il nostro! Gli stessi, che sparavano a zero sui politici di professione, sulla casta, si rivelano più cinici e più furbi di Andreotti. Penso al machiavellino Renzi, che si fa promotore di massammurre antileghiste; a Grillo, che vorrebbe una Santa Comica Alleanza per sbarrare il passo al duce Salvini. Penso all’ex magistrato Grasso, che addirittura suggerisce di non votare la sfiducia a Conte. Qui in Italia, comici o magistrati, son tutti politici nati.
Si dice: perché Salvini ha voluto la crisi alla vigilia delle vacanze e l’accelerazione verso nuove elezioni? Dice Zingaretti: fugge dalle responsabilità della manovra finanziaria. Altri aggiungono: teme che vengano fuori compromissioni serie con il russiagate italiano, su cui sta indagando la magistratura e prima o poi qualcosa verrà fuori. Ma sì, ci sta tutto. La politica è un minestrone fatto con tutto quello che si rimedia in cucina. E in Italia, grazie a Dio, abbiamo una cucina fornitissima.
I sospetti, del resto, sono fondati. Da dove prende trenta/quarantamila miliardi il governo per fare fronte alle regole europee in tema di programmazione economica? I soldi se l’è squagliati col reddito di cittadinanza e con la quota cento. E’ da quando è nato questo governo che si dice che la sua morte sarebbe avvenuta in ottobre, alla resa dei conti pubblici.
E non è vero che l’affare con la Russia, in cui sono coinvolti uomini molto vicini a Salvini, è un gravissimo episodio, che finora il maggior interessato ha cercato di esorcizzare e di banalizzare chiedendo a dritta e a manca: dove sono i rubli, i dollari, gli euro e perfino i sesterzi di questo affare? 
Da questo orizzonte piatto è emerso solo il presidente Conte, quello che sarebbe dovuto apparire senza infamia e senza lode. Conte, invece, ha dimostrato di tenere la testa alta e la schiena diritta in un ambiente politico da calcio storico fiorentino. E’ stato il volto dignitoso dell’Italia nel consesso europeo e all’occorrenza ha saputo trarre perfino profitto. Lo ha fatto scongiurando la procedura d’infrazione. Ha più volte cercato di trovare un punto di sintesi tra i due vice Di Maio-Salvini inconcilianti. Perfino sulla Tav, esponendosi ad affermarla, ha cercato di bilanciare il No del suo partito. Un pasticcio d’accordo; ma che poteva fare? Se pure lui, capo del governo, si fosse detto contrario, avrebbe dovuto poi dimettersi di fronte ad un parlamento che era favorevole.  
Poteva impedire che i due partiti della ditta si esprimessero in disaccordo sulla nomina della Presidente della Commissione Europea. Forse avrebbe evitato che la reciproca avversione dei due partiti si presentasse in maniera così plastica. Ma non dobbiamo dimenticare che i Cinquestelle, da quando si son resi conto di smottare sempre più in basso a vantaggio della Lega, hanno cercato di fare qualcosa per arginare il precipizio, assumendo atteggiamenti contrari ai loro amici-nemici di governo. Così, tanto per essere diversi e contro. A quel punto Conte si è ricordato di essere un grillino. E se l’è ricordato quando è andato in conferenza stampa a riferire quanto gli aveva detto Salvini: te ne devi andare perché voglio capitalizzare il vantaggio elettorale che i sondaggi mi accreditano. Probabilmente i termini del colloquio erano stati diversi, anche se il senso era quello, ma Conte, di fronte all’inevitabile, ha ripreso con orgoglio gli abiti del suo partito, stella tra le stelle. Purtroppo per lui, cadenti.

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