giovedì 16 aprile 2020

I giorni del Coronavirus



12. Lunedì, 23 marzo. La situazione: giornata fredda e ventosa, particolarmente avvertita perché giunge dopo un lungo periodo di clima mite e assolato. Dagli ultimi “bollettini di guerra” pare che i contagi siano diminuiti rispetto al giorno precedente. Così il “Corriere della Sera”: “Meno contagi e morti”. Italia: 59.138 casi, 46.638 positivi, 7.024 guariti, 5.476 deceduti. Puglia: 748 positivi, 7 guariti, 31 deceduti.

A Milano, in Piazza S. Sepolcro, fondazione dei Fasci di Combattimento, esattamente un secolo e un anno fa. Non si era ancora usciti dall’epidemia spagnola. Ma l’ambiente politico e culturale era in subbuglio. Oggi a Milano si combatte contro il coronavirus.
  
Invio alla “Gazzetta del Mezzogiorno” quest’articolo, che ritengo utile ai lettori che spesso se la prendono coi giornali per gli eccessi dell’informazione.

L’informazione al tempo delle epidemie

Nel corso di questo disgraziato mese di epidemia da Coronavirus ci sono state critiche nei confronti della stampa, che avrebbe spaventato i cittadini e danneggiato l’economia del Paese. E’ accaduto specialmente agli inizi, quando ancora si stentava a capire la gravità della situazione, ora non più o di meno. Hanno risposto con lettere garbate e puntuali i direttori dei giornali e i curatori delle rubriche delle lettere, spiegando l’importanza dell’informazione pubblica specialmente in determinate circostanze, come nel caso dell’esplodere di un’epidemia.
Per rendersi conto di quanto sia importante l’informazione, soprattutto nei momenti di crisi, un termine di paragone ce l’abbiamo, è la famigerata Spagnola. Questa febbre influenzale fu così detta perché a parlarne per diverso tempo fu solo la stampa spagnola, dato che la Spagna non era paese belligerante e godeva di maggiori libertà che non i tanti altri paesi europei impegnati nel conflitto della Grande Guerra. L’Italia fra di essi. I governi di questi paesi avevano fin dall’inizio esercitato una forte censura sulla stampa, tollerando solo brevi note generiche e nascondendo la vera causa della morte di tante persone, perfino di personaggi importanti, per paura che si diffondesse con l’epidemia anche il panico e che la situazione, così posta, compromettesse l’esito della guerra. I giornali ad un certo punto, quando ormai l’epidemia aveva raggiunto picchi di decessi spaventosi, tra l’ottobe e il novembre del 1918, reclamarono alle autorità – all’epoca la sanità era competenza del Ministero degli Interni – maggiore libertà d’informazione, anche per suggerire ai cittadini comportamenti appropriati.
Su “La Tribuna” di Roma del 14 ottobre 1918, il direttore riprendeva la lettera di un lettore e in proposito scriveva: “Qualche giornale ha reclamato per esempio che l’Ufficio d’Igiene pubblichi ogni giorno il bollettino sanitario con tutte le notizie di fatto inerenti; e ciò noi pure riteniamo necessario, indispensabile, perché – volere o non volere – siamo in presenza di epidemia bella e buona e la popolazione ha il diritto di sapere, di conoscere l’andamento di questa malattia (comunque si voglia chiamarla e qualificarla) per potersi regolare in conformità, pensando ai casi propri. Qui la guerra non ha niente a che vedere: non vi sono allarmi da destare, né altri timori puerili da incutere spavento: qui è necessario soltanto di esporre intiera la verità, perché la verità educa, insegna, dirige, suggerisce, rettifica, e spaventa meno delle reticenze le quali invece lasciano il campo aperto a tante ciarle ridicole e che possono allarmare molto di più. Dunque, invochiamo noi pure la pubblicazione del Bollettino ufficiale della presente malattia, pubblicato a cura dell’Ufficio di Igiene”.
La ebbe vinta la stampa, perché da quel momento, giornalmente, l’Ufficio d’Igiene comunicò ai giornali il numero dei malati e dei decessi, ripresi puntualmente e pubblicati.
Quanto fece l’informazione in quella triste vicenda, considerando i tempi e i mezzi, fu di notevole importanza e contribuì non poco a tenere insieme un paese che rischiava di esplodere per i tanti problemi sia sul fronte di guerra che sul fronte interno, dove crescevano i malumori e le proteste, come recenti ricerche d’archivio hanno dimostrato.
Oggi, in situazioni non paragonabili a quelle di un secolo fa, la stampa sta dimostrando assoluta correttezza, non solo per quanto riguarda lo specifico dell’epidemia, con la pubblicazione di cartine, grafici e dati, quotidianamente aggiornati, ma anche per la ricchezza e la varietà dei servizi. Certo, non sono mancate finora alcune sbavature, dagli stessi giornali evidenziate; ma, in situazioni simili, anche a causa delle incertezze politiche, sono inevitabili.
La funzione della stampa cartacea in particolare è di completamento e anche di approfondimento dell’informazione televisiva. Offre opportunità di conoscenza di tanti aspetti della malattia e  attraverso servizi e interviste di scienziati e personaggi, politici, della cultura, della chiesa, dello sport e dello spettacolo, si propone come un sostegno cognitivo e psicologico. Che, come ben si sa, nelle tragedie, personali o collettive, è importante e serve, se non a risolvere problemi specifici, demandati evidentemente ad altri, a rendere più realisticamente accettabile la situazione.

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