Sabato, 21 marzo. La situazione: nella giornata
di ieri, “Mai così tanti morti: 627
in un giorno”. Così titola il “Corriere della Sera” di
oggi. Questi i dati che riguardano l’Italia: 47.021 i casi totali, 37.860 gli
attualmente positivi, 5.129 guariti, 4.032 i deceduti. In Puglia crescono i
contagiati, siamo a 551, 73 più di ieri; 4 guariti e 26 deceduti; invariato il
numero dei guariti, aumenta di uno quello dei deceduti. Si potrebbe dire
situazione stabile. Ma perché i nostri contagiati non guariscono?
E’ primavera, il clima dice
di…bellezza, come nel famoso inno fascista Giovinezza
giovinezza; ma la situazione epidemica insiste a farla terribilmente
brutta. C’è il sole ma anche una leggera brezza alquanto fastidiosa.
Un’altra giornata di normale epidemia.
Ormai siamo entrati nella routine. Se qualche giorno fa stentavamo a realizzare
quanto ci stava accadendo, ora non più. Certo, qui nel Salento, stiamo vivendo
la crisi meno drammaticamente di quanti si trovano nelle zone più critiche
della Lombardia, dove ormai le tragedie famigliari non si contano. Non siamo
alla “mamma di Cecilia” del Manzoni, ma si leggono casi e interviste ai
famigliari di persone che sono morte senza avere il conforto di nessuna
vicinanza, e a volte erano importanti e facoltose. Storie strazianti, che fanno
immedesimazione.
A Bergamo file di camion militari
trasportano lugubremente altrove le salme per essere cremate o sepolte. Le
strutture della città non sono sufficienti. Le epidemie non risparmiano
nessuno, livellano come divinità comuniste. Mentre le persone, che fino a ieri
erano sacre, che rappresentavano tutta la ricchezza della propria esistenza,
papà mamma fratelli sorelle nonni amici, oggi sono quasi motivo burocratico di
smaltimento. Non resta che il ricordo.
Lo scrittore Paolo Giordano sul
“Corriere della Sera” ha pubblicato un lungo articolo dal titolo “Il virus, il
«dopo» e quello che non voglio scordare”, in cui elenca e ragiona tutti gli
errori fatti a livello individuale e collettivo. Non inserisce, però, tra gli
errori uno che è fondamentale e cioè la migrazione, nel senso che se pure non è
un errore, è sicuramente un errore non rimodularla e lasciarla così come
l’abbiamo finora subita. Per esempio, che senso ha accentrare in piccoli spazi
della Terra masse e masse di persone lasciando disabitate tante altre
vastissime parti? Perché svuotare l’Asia, l’Africa e l’America del centro Sud a
danno dell’Europa e dell’America del Nord? Si dirà: ma è gente che scappa dalle
guerre, dalla miseria, dall’indigenza! Bisogna accoglierli. Bene, anzi male, se
accoglierli significa metropoli di dieci, quindici, venti milioni di abitanti,
dove la promiscuità e l’affollamento possono essere causa o costituire bacino
di infezioni, come sta accadendo in questi ultimi anni.
Intanto il paese è paralizzato.
Per di più gli uffici lasciati aperti, come poste e banche, di fatto sono
inagibili. La gente, nell’ordine di decine e decine di persone, è sparpagliata
nei dintorni degli edifici in attesa di entrare come formiche quando disfi loro
la processione. Io
sono stato tre volte all’Ufficio Postale per spedire alcune copie di “Presenza”
e dopo un’ora, vista la lentezza delle procedure, ho desistito. Ad aggravare la
situazione l’Amministrazione delle Poste lascia l’ufficio aperto a giorni alterni,
sicché dopo due giorni gli utenti sono aumentati. Certi provvedimenti sono
assurdi, tanto contrastano col buon senso.
Il mio vignettista Belfiore per
il prossimo numero di “Presenza” vuole fare una maxi vignetta che copra tutta
una pagina, mischiando il coronavirus con la sacra corona unita. Avrà sentito
l’audio che circola da un po’ di giorni sui social sull’argomento?
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