Come era prevedibile, Napolitano,
dopo aver creato un po’ di suspense
coi suoi appunti e le sue riflessioni – secondo me sapeva già che cosa fare fin
da giovedì, 21 marzo, giorno delle consultazioni – ha dato l’incarico
esplorativo a Bersani per verificare se ci sono i presupposti per un governo
che abbia i numeri per ottenere la fiducia nei due rami del Parlamento,
letteralmente “un sostegno parlamentare certo”. A leggere bene fra le righe,
Napolitano ha tenuto a rendere quasi proibitivo l’esito del tentativo. Un’impresa
davvero disperata, che l’onesto Bersani proverà ad intraprendere. Dove va a
trovare i numeri certi per un voto di fiducia?
Viene di ricordare il refrain di quella canzone che Alberto
Sordi e Monica Vitti cantavano in “Polvere di Stelle”: “ma a ‘ndo vai se la banana nu ‘nce l’hai”. Lo diciamo non per
mancanza di rispetto ad un uomo politico, al quale si può solo rimproverare di
non essere abbastanza politico e di essere forse un po’ troppo ottimista, ma
perché la metaforica banana Bersani non ce l’ha davvero e non sa da quale
banano coglierla.
Troppi gli errori fatti nel
passato prossimo. Egli avrebbe dovuto osare nel corso dell’anno sabbatico di
Monti per l’approvazione di una legge elettorale che sortisse un effetto chiaro
e inequivocabile su chi alle elezioni avrebbe vinto e chi perso. Senno del poi,
si dirà. E va bene, ma la lungimiranza è dote di un politico. Se uno ce l’ha,
evviva; se non ce l’ha, abbasso.
Che non sia stata colpa del Pd
non aver voluto una legge simile non convince nessuno. C’è un criterio che
taglia la testa al toro in simili circostanze e rimanda come al solito alla
pragmatica saggezza latina. Il cui
prodest ci dice chiaramente che era nell’interesse del Pd conservare il porcellum prospettando quella che poteva
sembrare una vittoria a mani basse. Così non è stato. Sono giunte due variabili
non previste nelle dimensioni avute: l’exploit di Grillo e l’ottavo spirito di
Berlusconi, uno in più dei proverbiali sette, di cui sono provvisti i gatti.
A questo risultato ha contribuito
il guastatore Monti, il quale non doveva fare una sua lista. Il Professore si è
immiserito oltre che banalizzato. I montiani hanno reso ancor più ingarbugliato
il confronto. Mi piacerebbe che uscissero dalle loro nicchie i profeti di un
corso annunciato come nuovo ed era solo un tentativo di riciclaggio: i Casini,
i Fini, i Cordero di Montezemolo, giustamente bacchettati a dovere dal popolo
giustiziere.
Ora, Bersani deve trovare un
machiavello per tentare di convincere Napolitano che può cercare nelle due
assemblee parlamentari la fiducia richiesta. Scontata quella della Camera,
improbabile quella del Senato, dove nemmeno a mettere insieme i voti del Pd e
dei montiani si ottiene alcunché. La prospettata o invocata “non sfiducia” non
esiste fuori da un accordo quale fu raggiunto ai suoi dì da Moro e Berlinguer
nella prospettiva di raddrizzare le gambe ai cani, ovvero di rendere le
convergenze meno parallele. La cosa funzionò, ma a Moro costò la vita.
Qualcosa Bersani deve concedere.
Che cosa e a chi? Continua a dire, come se le parole fossero esorcizzanti, che
lui non insegue Grillo, ma intanto gli sta dietro con concessioni fin troppo
evidenti. Vito Crimi, capogruppo grillino al Senato, ha fatto sapere che se
Bersani è disposto ad abolire subito il finanziamento pubblico dei partiti, si
potrebbe parlare di una qualche concessione. Poi si dice che se Bersani
rassicura sulla sospensione della Tav si potrebbe pure ripensare il rapporto
col M5S. Si dice, si dice, ma Grillo è soprattutto un burlone, dopo potrebbe
rispondere a Bersani che le parole di Crimi e di altri non sono le sue, e che
comunque le concessioni, posto che fossero vere, a lui non bastano.
L’unica strada di Bersani è, se
non proprio un abbraccio, una stretta di mano con Berlusconi. Il Cavaliere – è
notorio – è un uomo d’affari. Con lui un “affare” è sempre possibile. Se poi
questo “affare” può risolvere la difficile situazione dell’Italia, tanto di
guadagnato.
Napolitano, nell’affidargli il
compito esplorativo, ha detto di verificare, cercando intese con tutte le forze
presenti in Parlamento, se è possibile una maggioranza che consenta al Paese di
uscire dalle sabbie mobili in cui si è cacciato e in cui sprofonda sempre più
quanto più si agita per uscirne. Se Bersani – ma è più esatto dire il Pd – si
ostina a non tener conto della realtà, davvero le cose potrebbero mettersi
molto male.
Si teme il rischio Grillo, che da
un’intesa “B & B”, Bersani-Berlusconi, potrebbe crescere. E’ un rischio che
bisogna correre. Se il Frankenstein,
il mostriciattolo governativo messo al mondo, riesce a dimostrare qualcosa di
buono e che insistere con Grillo si va incontro all’ingovernabilità e al
disastro, il fenomeno Grillo potrebbe rientrare in quella rete di rapporti web,
in cui anime sconsolate, giovani in cerca di incontri, attempate signore
desiderose d’avventure, hanno trovato finora di che svariare il loro tempo.
L’impresa non è impossibile.
Certo, la pillola è amara. Ma Bersani potrebbe prenderla provvista di pellicola
protettiva per non avere dolori o danni allo stomaco. Per il resto, non c’è che
da sperare.
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