Berlusconi è stato condannato dai
giudici milanesi a un anno di reclusione per la faccenda della rivelazione del
contenuto di una telefonata tra Piero Fassino e il Presidente della Banca
Unipol Giovanni Consorte, nel corso della quale l’esponente degli allora
Democratici di Sinistra, esclamò contento: “allora, abbiamo una banca!”. E’
l’ennesima condanna vuota di qualsiasi contenuto penale, a parte i danni alla
parte lesa (Fassino) quantificati in ottantamila euro, a fronte del milione
richiesto. Seguirà, infatti, prescrizione.
Da quando è sceso in politica,
Berlusconi ha dovuto affrontare un fiume lungo, sinuoso e torrentizio di
processi, dai quali è uscito quasi sempre assolto, spendendo centinaia di milioni
di euro in spese legali. Saranno stati una cinquantina i processi, che hanno
impedito al Paese di procedere lungo un cammino già di per sé impervio per le
note congiunture internazionali, che hanno esposto l’Italia a giudizi e battute
gravemente lesivi della reputazione nazionale.
Una guerra giudiziaria, già
iniziata nel 1994, all’indomani della nomina a Presidente del Consiglio, mentre
Berlusconi era a Napoli in una conferenza internazionale, dalla quale non è
uscito né sconfitto né malconcio, ma alleggerito di centinaia di milioni di
euro. Non altrettanto si può dire del sistema politico e giudiziario italiano,
che invece è ridotto alle pezze: quello politico lo abbiamo sotto i nostri
occhi, delegittimato e invalidato; quello giudiziario non credibile in quanto
incapace di vincere la guerra ingaggiata, se si eccettuano piccole scaramucce,
pagate in termini di reputazione e di credibilità del sistema giudiziario
italiano nel suo complesso. E’ appena il caso di aggiungere che i tanti
magistrati che si sono dati alla politica è il segno di un processo di
politicizzazione della giustizia che scredita e inficia lo Stato di diritto.
La strada giudiziaria per
combattere Berlusconi ha finito per coinvolgere tutte le più importanti
istituzioni del Paese, piegando un sistema politico già di per sé gravemente
compromesso. Addentrarsi nei vari processi, che si sono conclusi con
assoluzioni, prescrizioni, amnistie, depenalizzazioni, è un compito lungo e
complesso, che in ogni caso non darebbe un’indicazione per uscire dall’ingorgo
politico-giudiziario. Il punto dal quale partire è come giungere ad un
armistizio in questa guerra che vede magistrati contro Berlusconi, molto spesso
su posizioni strumentali, come a non voler concedere tregua ad un uomo che
sembra come quegli eroi del mito, Achille o Sigfrido, praticamente
invulnerabile. Trovare la soluzione non dovrebbe essere difficile in un paese
come il nostro, che vanta i più scafati pensatori politici del mondo e della
storia.
Berlusconi è da vent’anni a
questa parte il vero problema del Paese. Qui non si vuole affatto né
condannarlo né assolverlo, non per ignavia, da cui chi scrive è assolutamente
immune, ma perché ormai si è giunti ad un punto tale che la questione non
ritarda ma impedisce qualsiasi ripresa del sistema Italia. Lo prova il fatto
che mentre la congiuntura in cui ci troviamo necessita di un’intesa tra le
forze politiche per dar vita ad un governo che prepari una sorta di
rifondazione del Paese, la magistratura imperversa vanamente contro un uomo,
che, forte di una cintura di protezione politica testata dalle ultime elezioni,
resiste e rilancia manifestazioni di piazza, che aggiungono disordine e
confusione nel Paese.
Massimo D’Alema vorrebbe che ci
fosse un’intesa tra le forze politiche, Pdl compreso, ma con l’esclusione della
persona di Berlusconi, per dar vita ad un governo di emergenza, che facesse
alcune cose importanti, fra le quali la legge elettorale, per poter ripartire.
Si può anche pensare che D’Alema abbia assunto questa posizione con un occhio
al Quirinale, che aspetta, come sappiamo, il nuovo inquilino. Ma, ingenua o
maliziosa considerazione che sia, questa del Quirinale, non si può non essere
d’accordo su un’intesa di vera e propria costituente, da realizzare con tappe
programmate.
Dalle ultime consultazioni è
uscito un quadro politico davvero sconfortante, in un momento politico e
sociale che avrebbe richiesto indicazioni più precise e serie. Siamo invece in
presenza di tre forze politiche che più o meno, premi di maggioranza a parte,
si equivalgono. Due appartengono all’establishment, l’altra è espressione di
una sorta di confuso ribellismo indisponibile a dare il proprio contributo alla
rifondazione del sistema politico italiano.
Di fronte alle incertezze del
momento, agli attacchi che ormai si sferrano anche selvaggiamente, sarebbe
auspicabile che si giungesse ad una tregua costruttiva. Qualcuno dovrebbe
negoziarla, sapendo di dover rinunciare a qualcosa per il bene del Paese.
Nessun commento:
Posta un commento