mercoledì 6 marzo 2013

Grillo: prorogatio o provocatio?



Il prof. Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto all’Università di Genova, sta cercando di spiegare sulla stampa, alla televisione e in rete, che l’uscita dal confuso dopoelezioni sta nella “prorogatio” (dal latino proroga, aggiornamento), fino a quando non si formerà il nuovo governo e nel frattempo il Parlamento in maniera del tutto autonoma potrà procedere all’approvazione di leggi importanti, prime fra tutte la legge elettorale e quella sul conflitto di interessi. Dice lui: né la Costituzione né una legge pongono limiti e scadenze ad una eventuale “prorogatio”. Una simile proposta prefigura un regime di tipo assembleare, le Camere intese come delle assemblee liquide, fluttuanti, all’interno delle quali si formano e si sformano maggioranze, ora su un problema ora su un altro. E’ il disordine generale, che farebbe comodo solamente a chi dal disordine pensa di trarre nuova linfa elettorale.
Che la proposta di Becchi sia politica lo dice il professore stesso: «Ora, la mia tesi è la seguente: le forze politiche possono prendere atto che non sarà possibile formare nessun nuovo governo, per evidenti ragioni politiche e di numero» (Corriere della Sera, 5 marzo). Cavilli giuridici a parte questa proposta è politica, nel senso che mira al raggiungimento di risultati politici. Il ragionamento è questo: il pollo (leggi sistema politico) non è ancora cotto, ha bisogno di una “prorogatio” di cottura; lasciamo perciò il gas a fiamma lenta e quando il pollo sarà ben cotto il pranzo è servito. Il Movimento di Grillo pensa che in un modo o nell’altro, sia che le leggi importanti si facciano sia che non si facciano, ha tutto da guadagnare. Se si fanno, il merito è suo; se non si fanno, la colpa è degli altri. Sarà banale e semplice il ragionamento, ma per chi al momento non è pronto per affrontare la situazione politica difficile e complessa, com’è quella italiana, fa come Quinto Fabio Massimo, detto appunto il “cunctator”, il temporeggiatore che, non potendo affrontare Annibale in campo aperto, optò per una sorta di “prorogatio”.
Quella di Grillo rientra nel genere delle “primavere arabe”. Ne ha tutti i caratteri. Improvvisamente folle impensabili formatesi in rete si riuniscono e danno la spallata al regime di turno. Nei paesi arabi tanto è avvenuto nella violenza e negli scontri armati; da noi è avvenuto in una sorta di scontro non sanguinoso ma oltraggioso parimenti. Quel Grillo che ha insultato e insulta continuamente uomini, leggi e istituzioni, prima o poi evocherà qualcosa di non perfettamente pacifico. La storia, che non è un museo ma un racconto vivo di fatti, questo fa temere. Non a caso altri paesi europei temono il rischio contagio.
La risposta dei partiti – per come oggi possono essere intesi – deve essere consequenziale, dopo aver individuato il pericolo comune e della democrazia. Questo pericolo è il Movimento di Grillo, che ha dato dimostrazione che può portare milioni di persone sulle piazze e nelle urne, ma che non capisce nulla di governo della cosa pubblica. I suoi parlamentari – absit iniuria verbis – sembrano usciti dalle uova  di Bulgakov; espressione di una volontà neodittatoriale. Chi ha votato per il Movimento 5 Stelle ha votato per Grillo, in nessun caso ha pensato ad uno dei suoi cento e passa eletti. Anche a metterla su questo piano, dato che neppure gli altri partiti hanno ricevuto voti di preferenza, Grillo ha superato tutti quanti gli altri in uno dei difetti più gravi per i quali lui accusa. Parlamentari nominati e non eletti, che ora lui vuole addirittura vincolare, contro l’art. 67 della Costituzione.
Da questa situazione si può uscire con un governo del Presidente, politico, che operi all’interno di Camere ben strutturate nelle loro componenti politiche e parlamentari. Dopo aver approvato alcune leggi importanti, direi prima fra tutte la legge elettorale, si potrà andare a nuove elezioni. Intese di governissimi sarebbero esiziali e farebbero aumentare a dismisura la protesta. Non “prorogatio”, dunque, che gonfierebbe ancora di più Grillo, ma “provocatio”, che in latino significa appellarsi a qualcuno, in questo caso al popolo, per sgonfiare il fenomeno Grillo, che in questo momento è il pericolo dei pericoli della nostra democrazia e anche della nostra condizione economico-sociale. Bisogna dimostrare al popolo che votare Grillo non serve, che anzi costituisce un aggravarsi della situazione. Far capire che l’aggravarsi può significare aumento della disoccupazione, crescita della povertà, riduzione e tagli alle pensioni, all’assistenza, ai servizi. La gente spesso non capisce che tra il voto e tutte queste cose c’è un nesso di causa ed effetto.  Bisogna che lo capisca.

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