domenica 1 luglio 2012

Monti e il baratro che cammina

Il capolavoro retorico di Mario Monti è il baratro che cammina. Ha detto: quando ho preso in mano il governo l’Italia era sull’orlo del baratro; poi son riuscito ad allontanarla da lì, ma il baratro ci ha inseguiti e noi non siamo riusciti ad allontanarci abbastanza; e ora siamo ancora sull’orlo. Per dirla papale papale, la situazione è ancor più drammatica di prima, quando almeno c’era un Berlusconi con cui prendersela e a lui si imputava strumentalmente e stupidamente la causa di tutti i mali, nazionali ed internazionali. Ancora oggi si sente da quel partito tentacolare della sinistra italiana che la colpa di Berlusconi, non potendone oggi imputarne altre, è stata quella di negare la crisi. Obiezione meschina, perché la crisi c’era e non per colpa di Berlusconi; poi poteva essere gestita in maniera teatrale con urla e strepiti, con si salvi chi può e giaculatorie varie, o esorcizzata perfino negandola per infondere coraggio al Paese. Sbagliava Berlusconi negando o sbaglia Monti insistendo col baratro che cammina? Nessuno dei due, evidentemente; giacché la realtà non la cambi con le chiacchiere né in un senso né in un altro. Stavamo male, stiamo peggio! Ma se lo vengono a sapere i tedeschi del “baratro che cammina” si faranno grasse risate e non potranno fare a meno di considerarlo una lustige Person (un personaggio comico).
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La Camera ha approvato definitivamente la riforma del lavoro, elaborata da Elsa Fornero e definita dal presidente della Confindustria Giorgio Squinzi una “boiata”. Così Monti può presentarsi al vertice europeo del 28-29 giugno con in tasca la risposta che l’Europa voleva da noi in materia di lavoro. Il politicamente corretto del ministro Fornero impone di considerare i cambiamenti apportati, specialmente sul versante dei licenziamenti facili, come utili perché nessuna proposta può considerarsi immodificabile. Fornero dixit. Ma sappiamo perfettamente che se non dovesse dare i frutti sperati la colpa cadrà proprio sui cambiamenti apportati. Intanto la Fornero fa parlare di sé. Ha detto che il lavoro non è un diritto è un merito. L’affermazione ha in sé una certa verità, bisognerebbe specificarla la verità. Se si tratta di un lavoro posto a concorso è evidente che il merito è richiesto. Ma se si tratta di un lavoro e basta che serve ad una persona a mantenersi e a mantenere la famiglia è un diritto. Se no come farebbe a spiegare la Fornero l’art. 4 della Costituzione, che recita “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”?
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Cantiamo vittoria, duplice, sulla Germania. Gli Azzurri a Varsavia, il 28 giugno, hanno vinto l’ennesima sfida coi tedeschi, buttandoli fuori dall’Europeo di calcio; i Grigi a Bruxelles. Nella stessa sera Mario Monti ha sconfitto – così dicono i giornali – la Merkel, facendo passare la sua linea dello scudo a difesa dallo spread dei paesi virtuosi, tra cui evidentemente l’Italia. Sulla prima vittoria non c’è alcun dubbio, Mario Balotelli ha rifilato due reti fantastiche al bravissimo portiere tedesco, che alla fine è sceso sotto, come si dice in gergo, per partecipare alla manovra dei suoi compagni, nel tentativo di agguantare un improbabile pareggio. Sulla seconda non si può dire altrettanto, occorre tempo. Casini ha esultato – ma ormai non fa che esultare – perché finalmente l’Italia è ben rappresentata nel consesso internazionale. Speriamo che Monti sia riuscito veramente a combinare qualcosa di buono. Quanto si vede e si sente in giro induce quanto meno a non enfatizzare. Lo spread sale e scende a capriccio e l’economia italiana è così disastrata come quella di un paese in guerra.
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Massimo D’Alema, in un’intervista al “Corriere della Sera” (domenica, 1 luglio) ha rivendicato ai socialisti e al francese Hollande il successo del vertice europeo del 28-29 giugno. Rivoltosi all’intervistatore Dario Di Vico ha detto: “Legga il documento approvato dai socialisti europei prima del Consiglio di Bruxelles. Troverà anticipati tutti i punti qualificanti dell’accordo successivamente raggiunto tra i governi. Tutti. Il meccanismo anti spread, la clausola salva-banche e tante altre cose. […]. Senza la vittoria di Hollande alle elezioni francesi non sarebbe stato possibile ottenere nessun risultato”. Poi ha cercato di cooptare Monti al centro-sinistra: “In un nuovo centrosinistra europeo Monti può trovarsi a perfetto agio. E’ una personalità liberale che con la sua azione può mitigare le resistenze stataliste che ci sono ancora tra i socialisti”. Non sembra proprio una bella prospettiva per Monti, che non è abituato a fare il politico che “mitiga”. Questo lascia pensare che i problemi più seri per Monti arriveranno quando si entrerà nel semestre bianco e il Presidente della Repubblica non potrà più sciogliere le Camere. Allora si scateneranno tutti, coperti dal divieto costituzionale lo metteranno sulla graticola.
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Intanto godiamoci questo avvilente spettacolo da provinciali, quali inguaribilmente siamo. L’Italia degli M & M (Mari e Monti). Mario Balotelli è una stella, è il nuovo italiano, e tutto questo perché non è bianco; e poco importa se è un discolo. Mario Monti è una stella pure lui, e tutto questo perché non è un politico; e poco importa se tanto rispetto per gli italiani proprio non ce l’ha. La stampa italiana sta cercando di creare un’opinione pubblica da tifo, intrecciando politica e sport, costume e cultura. Se tanto dovesse continuare ci ritroveremo con una tifoseria tanto sguaiata da produrne un'altra uguale e contraria. Il modo come si sta strumentalizzando la nazionale di calcio e il giocatore Balotelli è vergognoso e pericoloso. Immagino che se oltre al negro in nazionale ci fosse un omosessuale dichiarato saremmo al top della strumentalizzazione. Ma così l’Italia si spaccherebbe tra tifosi della nazionale e tifosi dell’antinazionale. Il rischio è di avere in odio perfino il tricolore se questo viene usato strumentalmente per avvolgere idee e principi che non saranno mai condivisi almeno da metà degli italiani, col sospetto che perfino l’altra metà faccia finta per pusillanimità, altrimenti detta politically correct, di condividerli. Non dimentichiamo che solo di recente gli italiani hanno recuperato i segni di italianità e di nazione dopo la strumentalizzazione del regime fascista. I “nuovi” italiani stanno bene, purché non se ne faccia una bandiera.

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