domenica 15 luglio 2012

Monti in guerra col mondo

Al tempo di guerra – dell’ultima guerra mondiale – grandi manifesti riproducevano un muro con un enorme orecchio e la scritta “Taci! – Il nemico ti ascolta”. E’ con la stessa preoccupazione che Monti ha stigmatizzato le parole del Presidente di Confindustria Squinzi che ha parlato della spending review del governo come di “macelleria sociale”, trovandosi perfettamente d’accordo con Susanna Camusso, leader della Cgil. Monti si è infuriato. Dichiarazioni come queste – ha detto – si prestano ad essere strumentalizzate dai mercati e fanno salire lo spread. Ora, a parte il fatto che è ridicolo pensare che i mercati hanno orecchi dappertutto al punto da servirsi di una dichiarazione tutto sommato informale per fare speculazioni finanziarie, c’è da rilevare un clima sempre meno tollerante negli ambienti politici italiani. Si capisce, allora, perché alcuni giornali, con in testa il “Corriere della Sera”, si sono trasformati ad organi di stampa al servizio “della patria e del regime”. Non resta che istituire un nuovo Minculpop per censurare tutto ciò che a detta di Monti può danneggiare la patria inseguita da un baratro più rapido di quanto non sia l’Italia ad allontanarsi dal suo orlo.
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Il vero motivo dell’arrabbiatura di Monti non è il pericolo derivante dai mercati, ma il non riuscire a tenere in anestesia il popolo italiano, che, a fronte di due soggetti, così distanti tra loro, come Cgil e Confindustria, che improvvisamente si trovano d’accordo nel definire “macelleria sociale” i provvedimenti del governo, potrebbe svegliarsi dal torpore e chiedere ragione di quanto gli sta accadendo. Ecco il vero motivo che ha mandato in bestia il flemmatico Monti! Per ora il popolo italiano ha dimostrato di capire e vanitoso com’è nel sentire che tutto il mondo dice un gran bene del suo Presidente del Consiglio ha accettato tutto, dall’allontanamento della pensione alla pressione fiscale, dalla perdita del posto di lavoro alla riduzione del potere d’acquisto del salario. Ma se i suoi due grandi capi sociali sono d’accordo nel dire che delle sue misere carni si sta facendo “macelleria” il popolo potrebbe perdere la pazienza, esattamente come Jacques bonhomme, quello che ha dato il nome alle jacqueries. Dio ci liberi!
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Ma la sortita di Monti contro Squinzi può avere un’altra chiave di lettura. Se in Italia tutto si dice e tutto si fa in funzione dello stramaledetto spread, che peraltro va per fatti suoi, che accadrà di qui alla primavera prossima se dovesse persistere questo spread di Damocle sulla testa degli italiani? Se la rimozione di Monti dovesse essere percepita dal “tiranno senza volto” che è il mercato finanziario come una scelta di debolezza vorrebbe dire che noi per non subire l’impennata dello spread dovremmo tenerci sine die Monti al governo e magari pure Napolitano al Quirinale. Siamo al mau-mau dei bambini per farli stare buoni. Ero e resto dell’idea che si doveva andare a nuove elezioni fin dall’autunno scorso. Era la dimostrazione che il Paese non aveva paura e che i padreterni tecnici possono dare una mano al proprio paese senza arrogarsi diritti che non dovrebbero stare più né in cielo né in terra. Un governo misto di tecnici e politici sarebbe stata la risposta giusta; se tanto non era possibile allora si doveva votare. Il Paese ha sacrificato la politica e la democrazia all’arroganza di quattro presuntuosi che a tutt’oggi per mantenersi in piedi hanno bisogno di spaventare gli italiani con fantasmi inesistenti.
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Quindici esponenti del Pd, tra cui Paolo Gentiloni, Pietro Ichino e Umberto Ranieri, hanno scritto un documento sulle prospettive del loro partito, vogliono che il Pd porti l’agenda Monti nella prossima legislatura. Della serie che questo Monti, come temevano i sostenitori della politica, non lo sradica più nessuno. Dicono i quindici nel loro documento: «considerato che la fase di crisi e di difficoltà non si concluderà in tempi brevi e che i processi virtuosi avviati (pensiamo solo allo spostamento di prelievo dai redditi di lavoro ai patrimoni) daranno i loro frutti solo attraverso un’azione di governo pluriennale, noi intendiamo promuovere nel Pd una trasparente discussione sulle strade che vanno intraprese perché obiettivi e principi ispiratori dell’agenda del governo Monti – collocati dentro un disegno almeno decennale di cambiamento del Paese – possano travalicare i limiti temporali di questa legislatura e permeare di sé anche la prossima». Mentre il golpe strisciante contro la politica continua con gli interventi di Napolitano: no a riforme costituzionali al termine della legislatura, sì a riforme elettorali – praticamente è lui che fa l’agenda politica del Paese – i politici sono come suonati, neppure si rendono conto di non contare più niente e che rischiano perfino di essere travolti dalle prossime elezioni.
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“L’Italia ha iniziato un percorso di guerra, un durissimo percorso di guerra” ha detto Monti alla 52ª Assemblea dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana) mercoledì, 11 luglio. E’ in guerra all’esterno contro i pregiudizi che hanno gli altri nei nostri confronti, ma è in guerra anche all’interno contro i vizi propri degli italiani. Un contro gli uni e contro gli altri che finisce per dare ragione agli stranieri che ci vedono male, se poi noi stessi ci riconosciamo dei vizi dei quali dobbiamo liberarci. Insomma, Monti è contro tutti. Ha detto che stiamo combinati malissimo e che la strada per uscire è lunga e dura. In contemporanea il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto che l’Italia è in recessione. L’Inps scopre di aver ereditato dall’Inpdap un debito di sei miliardi di euro. Ma subito tutti, a partire dalla Fornero, rassicurano: le pensioni non sono a rischio. Brutto segno quando s’incomincia a rassicurare su un pericolo. Parafrasando: confirmatio non petita insidiae manifestae.
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Ogni tanto ne dice una. Al contrario di Berlusconi che parlava sempre come si chiacchiera nel bar dello sport, tra una barzelletta sulle donne e un gol annullato dall’arbitro, Monti parla sempre come se si trovasse nel salotto dei grandi banchieri e imprenditori. Ha ragione Epifani, ex segretario generale della Cgil. Monti, attaccando la concertazione e ritenendola responsabile dei guai dei nostri giorni, ha parlato da uomo di destra. Sì, di destra ha dimostrato l’arroganza e la presunzione dei padroni. La concertazione in democrazia è fisiologica, che non sia possibile oggi, nella condizione in cui ci troviamo, è un conto, ma che non lo sia in assoluto è un altro. La Camusso, attuale segretario generale della Cgil, gli ha dato dell’ignorante e di chi parla senza sapere di che cosa. Ma Monti, che ha già perso quell’aureola della vigilia, si sta proponendo come l’uomo della provvidenza, sta ipotecando almeno trent’anni della nostra storia, quindici passati e quindici futuri: i passati per dire che sono stati una sequela di errori, i futuri di salvezza, ovviamente grazie al taumaturgo, che sarebbe lui.
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Quanto accade in Spagna potrebbe indurci ad essere più riconoscenti a Monti, che in fondo tiene l’Italia in una condizione ancora accettabile. Ma, pur non potendo ipotizzare una diversa condizione, né in meglio né in peggio, bisogna tenere gli occhi bene aperti su quanto accade. Quello spread che tanto sonno ha tolto agli italiani e che per Berlusconi è stato più puntuto di dieci procure nemiche, non scende, anzi sembra essere insensibile ad ogni iniziativa. L’Italia è come un’auto che ha un volante che non risponde all’autista, che gira a vuoto. Prima o poi potrebbe finire contro un muro. A parte i sorrisi, la cordialità, il rispetto di cui gode Monti in campo internazionale, e per lui anche noi, cosa che dovrebbe convincere Berlusconi a lasciar perdere un suo rovinoso ritorno, in realtà la crisi continua a procedere come se fosse qualcosa di impostato e che qualunque cosa si faccia lei va avanti per fatti suoi. Si sta diffondendo in Italia e in Europa una sorta di consapevole impotenza. Chi si ostina a pensare come si poteva pensare fino a dieci anni fa non ha capito niente di quanto sta avvenendo e non si sforza neppure di capire, forse non è in grado. Finora sembra che perfino la storia si sia impigrita, ma in genere quando arriva il momento qualcosa lo partorisce e se lo farà non sarà certo qualcosa di scontato.
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Siamo virtuosi – ha detto Monti arrabbiato dopo il declassamento dei Titoli di Stato da parte dell’agenzia di rating Moody’s – ma invece di premiarci ci puniscono. Ma cosa vuole Monti, pensa che bastino le chiacchiere, indecenti di Berlusconi, edificanti sue, per far cambiare parere ai mercati internazionali? Ma non è lui che non perde occasione di sparlare dell’Italia e degli italiani, stracarichi di vizi, con cui si è in guerra? Monti rimprovera Squinzi di aver detto cosa che avrebbe dato adito ai mercati di danneggiare l’Italia, ma lui non si priva di nessun piacere – da perfetto italiota – di sparlare del suo Paese. Il declassamento da parte di Moody’s è arrivato puntuale dopo il suo discorso di guerra all’Abi dell’altro giorno. Stia attento a quello che dice, piuttosto!

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