domenica 8 luglio 2012

Monti e la spending review

Monti a Kiev ha portato sfiga. Non c’era bisogno che qualcuno glielo dicesse. Lui è fatto per i funerali. E poi al calcio non vuole bene. Qualche tempo fa voleva addirittura sospendere i campionati per due-tre anni. Nessuno gli ha mai detto né lui si è accorto che il calcio fa soldi. Eppure lui di soldi se ne intende! Sulla tribuna d’onore ha portato male alla nostra Nazionale. Che Dio lo maledica! Ha portato il suo ruolo di menagramo e lo ha imposto ad una Nazionale che fino a quel momento aveva alternato momenti di incertezze a momenti esaltanti, in un crescendo finale rossiniano. Poi, è arrivato lui. Probabilmente la Nazionale avrebbe perso, perché non c’è Cristo che tenga, gli spagnoli sono terribilmente più forti; i nostri per giunta erano più stanchi per aver avuto un giorno in meno di riposo e i tempi supplementari e i rigori in più di Italia-Inghilterra. Alcuni giocatori erano rotti e potevano giocare con infiltrazioni. Prandelli ha fatto il resto. Mentre gli spagnoli, che in condizioni normali ci surclassano, erano tesi e concentrati; i nostri si autocompiacevano sapendosi temuti e si esaltavano nell’affrontare gli avversari di petto a petto. La Nazionale, forse, senza Monti e senza Prandelli, avrebbe perso lo stesso, ma senza quel quattro a zero che rimarrà nella nostra storia pur esaltante come una macchia. Questa volta Napolitano – eppure è napulitanu! – non se l’è sentita di trattenere quello iettatore di Monti in Italia. Io lo avrei rinchiuso nelle segrete del Quirinale.
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Al vertice italo-tedesco di mercoledì, 4 luglio, Monti ha detto che l’Italia non ha bisogno di aiuto. Riferimento allo scudo anti-spread. Bene, anzi, benissimo! E gli italiani? Beh, di aiuto avremmo bisogno, altro che! Arrivano i tagli; questa volta del super Bondi. In Italia ormai passiamo da un super ad un altro super. Saranno altre centinaia di migliaia di posti di lavoro che cadranno; aumenterà la disoccupazione, ancora assistita, dato che si tratta di impiegati che comunque hanno diritto allo stipendio. Monti ha voluto fare il guappo con la Merkel: non abbiamo bisogno di aiuto grazie ai sacrifici degli italiani. Ma, fino a quando abuteris patientia nostra direbbe Cicerone. Per carità, nessun parallelismo con Catilina, nobili genere natus, ma la pazienza è quella che è, indipendentemente se a farcela esaurire è il bocconiano Monti o il congiuratore Catilina. Voglio proprio vedere che accadrà quando gli italiani si troveranno nella materiale impossibilità di campare. Monti non solo riduce le entrate nelle tasche degli italiani, ma aumenta le uscite. Te ddhu sciah pijamu! – diciamo noi salentini.
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L’esperienza Monti alla fine qualcosa ce la farà apprendere, ed è che noi italiani non siamo in grado di vivere con la democrazia. Quanto è accaduto nell’ultimo ventennio, da Ciampi a Monti, ci dice senza ombra di dubbio che la democrazia non è per noi. Bisogna prenderne atto. Non solo e non tanto per le ruberie, la corruzione, lo sperpero e quant’altro, ma soprattutto per il modo in cui interpretiamo il dibattito politico. Veniamo meno alla più elementare delle regole democratiche: chi vince le elezioni governa, chi perde fa l’opposizione. Da noi, invece, si contesta in radice chi le vince, accusato di essere un impostore, uno che non può ricoprire la carica che ricopre per una serie di ragioni (conflitto di interessi, indagini della magistratura, incompetenza, malversazione, indegnità per i suoi cattivi costumi). Il confronto democratico da noi è guerra civile, al punto che paralizziamo la vita del Paese. Il fatto che si ricorra sempre più frequentemente a dei tecnici al governo è la chiara dimostrazione di non essere in grado di governare politicamente. Per delegittimare chi governa si scoprono cose di cui vergognarsi per la pretestuosità sistematica. Un esempio? Lo sanno tutti che la nostra Costituzione è vecchia, che va cambiata. Ma appena se ne parla, e a farlo è chi governa, le opposizioni si scatenano in sua ottusa difesa: la Costituzione non si tocca; e quei disonesti di giudici intruppati si presentano provocatoriamente in toga e col libretto della Costituzione in mano all’inaugurazione dell’anno giudiziario, come le guardie rosse a Piazza Tien An Men col libretto di Mao. Questa è la democrazia italiana! Ma, è democrazia? Se lo fosse, non ci sarebbe ogni tanto un Ciampi o un Monti o, prima o poi, qualcuno di peggio.
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Monti aveva promesso che non avrebbe fatto un’altra manovra. E, invece, eccone una che tra le tante fatte finora è la più odiosa, è quella che creerà ai cittadini i disagi più gravi: la cosiddetta spending review, che vuol dire revisione della spesa allo scopo di garantire lo stesso servizio a minor costi. Di qui al 2014 si prevedono risparmi per 26 miliardi di euro: 4 e mezzo nel rimanente 2012, dieci e mezzo nel 2013 e undici nel 2014. Che si perde? Si eliminano degli ospedali e dei tribunali; si tagliano diversi organici della pubblica amministrazione, della difesa, della scuola, con inevitabili nuovi disoccupati. Sì, è vero, meno auto blu, meno provincie, meno permessi retribuiti ai sindacati. Ma come si fa a dire che i servizi comunque sono garantiti? Chi conosce la situazione degli ospedali e dei tribunali ha ragione di preoccuparsi. Già oggi anche per delicati interventi chirurgici ci si ricovera il giorno prima e si è dimessi il giorno dopo. Qualcuno muore strada facendo. Chi mette piede in un tribunale e non è un addetto ai lavori resta sgomento dalla confusione e dal modo di procedere di giudici e avvocati, che a volte assumono testimonianze in piedi, in un angolo, tra un viavai di gente come ad una fiera di bestiame. Tagliare ospedali e tribunali significa mettere in ginocchio la sanità e la giustizia. Saranno pure tecnici i signori ministri di Monti, ma sono dei gran bugiardi perché non dicono chiaro e tondo alla gente che non solo è finito lo stato sociale, ma perfino lo stato in sé.
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Ciascuno, nel suo privato, può rendersi conto di che cosa sia la spending review. Io l’ho fatta, sissignori! Il mio risparmio è di 335 € al mese. Sì, ma invece di tre caffè al giorno, mi sono ridotto ad uno (- 1,60 al giorno, 48 € al mese); non prendo più il gelato o il the la sera (- 1,50 al giorno, 45 € al mese); non gioco più la mia schedina di superenalotto da un euro (- 3,00 la settimana, 12 € al mese); invece di un rotocalco la settimana e due quotidiani al giorno, mi limito al “Corriere della Sera” (- 10,00 la settimana, 40 € al mese), vado più in giro a piedi che in auto (- 2,00 al giorno, 60 € al mese), niente passeggiata al mare la domenica (- 5,00, 20 € al mese); niente giornate leccesi con gli amici (- 10,00 la settimana, 40 € al mese), niente piacere di dare qualcosa a chi me la chiede per strada (- 10,00 al mese) e soprattutto meno libri (- 60,00 al mese). Ho conservato inalterata solo la spesa dei medicinali, che purtroppo cresce sempre più. Come posso dire che la mia spending review mi garantisce quello di prima a minor costo? Si tratta di sopravvivere, ma con l’avverbio sopra che fa aggio sul verbo vivere e suona come un ironico sfottò, perché più che di sopra si tratta di sottovivere. I tagli effettuati dal governo sulla sanità, la giustizia, sui dipendenti pubblici peggioreranno i servizi dei relativi settori, creeranno ulteriore disoccupazione e metteranno in ginocchio il Paese. La spending review dei cittadini ricade direttamente sui consumi. Ed è la fame generale!

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