domenica 24 giugno 2012

Monti, giggione e moroteo, ma anche un po'...Machiavelli

Più tempo passa e più Mario Monti rivela la sua personalità, solitamente ingessata e imperturbabile, per quella che veramente è. Nell’intervista rilasciata a Claudio Tito di “Repubblica”, in margine al convegno bolognese “Repubblica delle idee”, cui ha partecipato insieme con Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari, sabato 16 giugno, ha rivelato non pochi vezzi, solitamente tenuti nascosti. Il personaggio, con l’aureola del santo taumaturgico – così si era presentato in un “Otto e mezzo” di Lilly Gruber su “La 7” pochissimo tempo prima che per lui iniziasse il miracoloso cursus honorum di senatore a vita e di premier a tempo determinato – man mano che passano i giorni e i mesi, lascia vedere un lento spegnersi dell’alone per far apparire al suo posto il serto cesareo del potere. In Italia siamo abituati a ritrovarci con uomini del genere, da Giovanni Giolitti, che veniva dalla Direzione Generale delle Finanze e dalla Corte dei Conti, ad Azeglio Ciampi e Lamberto Dini, entrambi provenienti dalla Banca d’Italia, a Mario Monti, che viene dal mondo dei supertecnici tra la Bocconi e l’Europa. Entrano come provvisori e poi s’incardinano e restano finché morte non li separi dalla politica. Non ci meravigliamo.
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Nell’intervista apparsa poi su “Repubblica” di domenica, 17 giugno, si possono cogliere qua e là delle chicche rivelatrici. Una sta tra il piacere di gigioneggiare e la sibillina ambiguitas morotea. Alla domanda del giornalista se l’Italia ce la farà o meno, Monti risponde: «L’attenzione al brevissimo periodo è stata esasperata. E quando abbiamo guardato avanti, lo abbiamo fatto quando ce l’ha chiesto l’Europa. Ce la facciamo se…». Interrotto dal giornalista, che gli chiede: «Non vorrà smentirsi subito?», riprende: «Ho parlato così a lungo che quasi ce l’abbiamo già fatta. Io poi ho sempre detto e scritto che bisogna guardare al lungo periodo». Insomma par di capire che…campa cavallo, perché – dice Monti – «Bisogna conciliare le emergenze con la ricostruzione di lungo periodo». Non è un bel comunicare con gli italiani, in considerazione del fatto che lui è stato chiamato come il medico che avrebbe guarito il Paese. E, che pensare di un medico, che, chiamato per curare un malato, stenta nella diagnosi, tenta la terapia e non sa che dire sulla prognosi? Mena il can per l’aia, tra battute ironiche e freddure? La verità è che lui è il Quisling italiano della dominazione finanziaria europea ed internazionale.
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Ogni tanto tiene a dire cose «da privato cittadino». Si dice «ottimista per l’Italia», ma «pessimista se la struttura europea dovesse dissolversi». «Se un giorno rinascesse la Dc – dice – e non è un auspicio, sarei abbastanza addestrato per essere vice vice vice segretario». Sulla forzatura napolitaniana di procedere in maniera inusuale nel conferirgli l’incarico per fare il governo, incappa in qualche lapsus. «La mia vivissima speranza che quando si tornerà a normalità di una democrazia elettiva – con il che non intendo dire che il nostro tasso di legittimità sia inferiore al 100% – i partiti possano dare compimento a quel miglioramento di identità e rapporto con l’opinione pubblica che richiede ancora una certa strada». Il che significa che i partiti vanno ancora presi per mano e guidati verso il giusto rapporto con la gente. Il Professore si dispone a restare ancora per un po’. Magister di tutto, Monti tiene sotto la sua ala pedagogica tutti i ministri, ai quali dice: «dimenticatevi di avere dei muscoli facciali. Dobbiamo essere totalmente insensibili anche con il body language». Così finalmente ci è più chiaro il criterio di scelta dei suoi ministri, i quali, a pensarci bene – absit iniuria verbis – hanno anche, ognuno, un fattore distraente, che non consente di valutare bene il body language. Come tutti i narcisisti doc, egli si riconosce anche qualche difetto, per esempio l’«esasperata e odiosa abitudine di ripartire i meriti e le colpe». Tipico dei maestri di scuola!
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Ma Monti è anche un po’ Machiavelli, non solo per i suoi insegnamenti ai suoi principini, ma anche per la concezione che ha della politica e dell’economia. Sulla politica si è detto: trova non inferiore al 100% la sua posizione, anche se – come si è visto – auspica un ritorno alla normalità della democrazia elettiva. Se le parole hanno un senso, non c’è ritorno che non presupponga un’assenza. Sull’economia è davvero un geniaccio machiavellico. Dice: «Una volta ho detto al presidente americano Obama: bisogna tener presente che per i tedeschi l’economia è ancora un ramo della filosofia morale. La crescita non è il risultato della domanda aggregata keynesiana, è il premio a comportamenti virtuosi». Una cosa davvero sorprendente in un soggetto apparso sempre come un calvinista. Ma se la pensa proprio come un Berlusconi qualsiasi, il quale rivendica per l’operatore economico la libertà di agire scollegato da ogni altro fattore, perché non è corso da lui quando l’ha chiamato al governo? Eh già! Dimentichiamo che la mamma gli avrebbe detto di tenersi lontano dalla politica. O dai politici? Max Weber collegava l’etica protestante e lo spirito del capitalismo, come dire che la morale non è affatto contraria all’economia, né l’economia alla morale, ma possono stare insieme per la salvezza di chi agisce identificando il suo destino con quello della sua gente. Per Monti è un difetto dei tedeschi? Si vede quanto lo sia! Loro stanno nell’alto dei cieli e noi ai piedi di Cristo.
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“Monti – ha scritto Piero Ostellino sul “Corriere della Sera” di sabato, 23 giugno – sarebbe un buon presidente della Repubblica. Se lo meritano lui – che, se non altro, ha il merito di tentare (solo tentare) di imporre rigore nei conti pubblici – e il Paese (detto senza ironia). Parlerebbe poco e aprirebbe bocca solo per somministrare dosi di valium agli italiani. Che continuerebbero a crogiolarsi nell’«emergenza». Così, in attesa di riforme che non verranno mai – skora budiet, «arriva, arriva», dicevano i russi dei prodotti introvabili sul mercato; fino a quando la Russia si è dissolta – gli italiani pagano le tasse più alte d’Europa, vedono crollare il loro potere d’acquisto, evitano di porre domande al governo nel timore che cada”. Io aggiungerei solo che, dopo le “picconate” di Cossiga, le “trattative-non ci sto” di Scalfaro, le “bandiere & fanfare” di Ciampi, le lacrime napulitane di Napolitano, il valium di Monti sarebbe il viatico per affrontare “a nuttata”.

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