domenica 17 giugno 2012

Addio, mia bella Apulia! Chiude dopo 37 anni la Rassegna Trimestrale della Banca Popolare Pugliese

Mi è capitato nel corso della mia attività giornalistica di fare il necrologio di un giornale, di una rivista, di un’iniziativa editoriale. Confesso di aver provato dispiacere tanto forte quanto il dolore provato per la scomparsa di una persona amica o importante. Forse anche qualcosa di più, sicuramente di diverso, poiché tocca altre corde, induce ad altre riflessioni. Mi scuso per ciò che potrebbe sembrare cinismo. Ma nella morte di una persona c’è qualcosa di naturale, di ineluttabile, inscritto nella sua nascita stessa e nella vita. Con un’espressione, che è insieme accettazione e consolazione, noi salentini, anche di fronte alla più improvvisa e traumatica scomparsa umana, chiudiamo con “Eh mo’, così ha voluto Dio”. Per l’opera umana, quale una rivista è, non è altrettanto scontato e naturale che debba morire, siccome si tratta della decisione di altri uomini, che, se lo volessero, potrebbero farla continuare a vivere. E ci chiediamo piuttosto se era proprio inevitabile chiudere quell’esperienza. Se poi segue la scomparsa del suo attore principale, allora viene di pensare a quella “morte secunda”, che il rude Jacopone trasferiva nell’aldilà.

Fondata nel 1974 da una intuizione di un giovane giornalista della Rai, Aldo Bello, assecondata e sostenuta da quell’inventore di cose belle e importanti che fu don Giorgio Primiceri, già fondatore della Banca Agricola di Matino, che ai suoi tardi dì si dilettava di poesia, si è imposta all’attenzione e all’apprezzamento sia degli ambienti culturali sia di quelli bancari fino a costituire il più importante affaccio della cultura salentina e pugliese nel resto d’Italia e insieme l’ingresso nel nostro angusto Salento di idee, valutazioni e prospettive dell’Italia e del mondo. Quanto questa rivista abbia contribuito a modernizzare il Salento, a presentarlo agli altri nei suoi aspetti migliori, ad accogliere anche le idee degli altri veicolate da questo straordinario “luogo d’incontro”, forse non lo si può quantificare, ma qualificare certamente sì.

“Apulia ha costituito per 37 anni un periodico originale e «atipico» nel panorama dell’editoria, e segnatamente di quella bancaria” ha scritto Vito Primiceri, il Direttore Generale della Banca Popolare Pugliese. La sua originalità e atipicità erano l’orgoglio stesso di Aldo Bello, in coniugazione di due fattori, che spesso si pongono come l’uno in ignoranza o in disprezzo dell’altro: cultura e denaro. “Apulia” è stata la prova che quando ad agire sono uomini straordinari non è così, poiché la storia ha insegnato che dietro i soldi c’è la cultura e dietro la cultura ci sono i soldi. Chi avrebbe compiuto quel miracolo di bellezza, di arte, di ambienti urbani, che è l’Italia tutta, le straordinarie piazze, gli edifici, i monumenti, le ricche pinacoteche, i musei, che fanno dell’Italia la sede del sessanta per cento dei beni culturali del mondo, chi, se non i banchieri, gli imprenditori, i commercianti, i produttori di denaro fin da quel fatidico anno Mille, che dimostrò agli uomini delle superstizioni che erano loro e soltanto loro gli artefici del proprio destino? Qualche volta bisogna pur riflettere su queste cose.

“Oggi – ha scritto Vito Primiceri – che non ci sono più i suoi due artefici, non ha più senso reiterare questa esperienza”. Nella contingenza non gli si può dare torto, non solo e non tanto per l’impossibilità di trovare dei “continuatori”, quanto perché i tempi sono mutati e forse altre priorità incombono; ma nella universalità dei rapporti e delle collaborazioni, oggi si dice sinergie, la formula non è sbagliata ed anzi è degna di essere riproposta, di qui a tempi migliori, nelle forme che essi suggeriranno.

In apertura di questo ultimo numero (IV del XXXVII anno) Mario Marti ricorda l’uomo Bello e la sua creatura Apulia. Vito Primiceri spiega perché è giusto che Apulia muoia col suo irripetibile fondatore e direttore. Sergio Bello, uno dei figli di Aldo, ricorda gli “amori” del padre. Poi Aldo è presente nel fascicolo con la quarta puntata di “Qui si fa l’Italia” che celebra i 150 anni dell’Unità, un inserto meraviglioso che ha caratterizzato i quattro numeri del 2011. In quest’ultimo ricorrono i saggi: “Generose eroiche dimenticate” di Monica Marano, Cristina Baltieri e Pierfranco Natale, sul “lato femminile del Risorgimento”; “Il Corsivo”, un’antologia di brevi giudizi e riflessioni sul tema; la quarta puntata dello stesso Aldo Bello sulla “Narrativa della Patria provvisoria”; “I versi della Grande Guerra” di Ada Provenzano e Giancarlo Gaspari; “Tutti i colori del disincanto” di Tonino Caputo e Leandro Barberis sugli artisti e la Grande Guerra; “La Grande Guerra nel patriottismo amaro dello schermo” di Plinio Perilli sull’Unità d’Italia e il cinema; “Gli zaini pieni di note” di Sergio Bello sui “canti della Grande Guerra”. Credo che nessuna rivista in Italia abbia dedicato nell’anno delle Celebrazioni tanto spazio e tanta varietà di aspetti sul tema unitario della Nazione, un’autentica impresa culturale che ha avuto il pregio di celebrare l’Unità d’Italia senza mai venir meno al rispetto della nostra difficile e dignitosa “altra parte”, così mistificata da tanti nostalgici del Sud e facinorosi del Nord.

In apertura i soliti importanti temi di economia affidati alla trattazione di grandi esperti nazionali ed internazionali: “Una pura illusione l’espansione con il rigore” del Premio Nobel Paul Krugman sui problemi dello sviluppo; “Il ruolo delle banche e il Mezzogiorno” di Vito Primiceri; “Un intervento legislativo per l’efficienza dell’agire economico”, intervista di Filippo Cucuccio al Prof. Franco Liso; “Nell’occhio del ciclone” di Claudio Alemanno sui rapporti Meridione-emergenza finanziaria; “Ma dov’è quell’Italia con la marcia in più” di M.B. e D.M.B.; “Un paese di ricchi creativi” di Augusto Breda; “Un paese di ricchi evasori” di Gabriele Viterbo; “Sull’immagine dei sacrifici lo sfregio dei privilegi” di Domenico Russo; “Tre prove di vitalità” di Mario Pinzauti; “Strategica sponda meridionale” di Riccardo De Carli.

In chiusura i saggi di cultura regionale: “La notte che sconvolse la visione del mondo” di B.S. e T.C. sul Natale e la storia dell’uomo; “La voce che si fa poesia” di Antonio Errico sulla poesia di Pietro Gatti; “Lecce scrutata dagli artisti dell’Otto e Novecento” di Lorenzo Madaro. Elio Romano, con un bel ricordo in versi di Aldo Bello, e Carmela Biscaglia con un articolo su Francesca Armento, mamma di Rocco Scotellaro, e il rapporto col figlio politico e poeta, chiudono “Le giravolte”, il fascicolo e…Apulia.

(Gigi Montonato - il Paese nuovo, Lecce, 16 giugno 2012)

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