domenica 3 giugno 2012

Monti e la fine di un'illusione

Paolo Macry ha detto due cose sul “Corriere della Sera” di martedì, 29 maggio, sulle quali vale la pena ragionare (Le manovre spericolate dei partiti). La prima è che “la crisi dei partiti è esplosa il 16 novembre del 2011, con l’insediamento di Mario Monti a Palazzo Chigi. Quel giorno gli italiani presero atto che, di fronte a una gravissima congiuntura economica, i propri legittimi rappresentanti avevano deciso di abbandonare la nave, affidandone il timone ad altri”. Scontato il pensiero, per associazione di idee, al Comandante della Costa Concordia Schettino, diventato ormai una metafora della sciatteria e della vigliaccheria. Non si può non essere d’accordo. Per questa ragione chi ama la politica ed è abituato ad assegnarle il compito di risolvere i problemi del Paese è stato contrario a quella resa e fuga fin dal primo momento. La nostra avversione a Mario Monti e ai suoi tecnici trova nella mortificazione della politica la sua motivazione, prima ancora che nei suoi insuccessi o nelle sue sortite stravaganti. La seconda è che ora PdL e Pd, secondo Macry, “cercano di rilegittimarsi, delegittimando il (loro) governo dei tecnici. E dunque ne determinano, giorno dopo giorno, la progressiva impopolarità”. E qui dissentiamo, perché è legittimo che i partiti cerchino di recuperare credibilità e non possono farlo che in due modi: dimostrando che il governo tecnico non è migliore del governo politico e nel frattempo ristrutturandosi. Ed è quello che stanno cercando di fare. Sul come e sull’esito ci sarebbe da discutere, ma che si stiano preoccupando di rigenerarsi non c’è alcun dubbio. Altro sarebbe il boicottaggio, contro cui si dovrebbe essere contrari senz’altro. Dalla “difesa” di Macry, scuderia Corsera, Monti ne trae giovamento. Se dovesse fallire, come sta fallendo, avrebbe già l’alibi del boicottaggio dei partiti. Come se il governo dei politici non è fallito anche per la “guerra” scatenatagli contro dall’universo mondo italiano: politico dell’opposizione, mediatico, confindustriale, culturale e perfino clericale. E aggiungerei anche la coglionaggine di Berlusconi stesso, uomo di sicure capacità imprenditoriali ma di una schifezza morale e politica inaudite.
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E ti pareva che non la dicesse l’ennesima minchiata! Di fronte allo scandalo del calcio Monti ha detto che bisognerebbe sospendere per due o tre anni il campionato. Ora, si può essere più avventati di così? Non sa il Prof. Monti che il calcio è danaro in tutti i sensi, che ci lavora tanta gente, che fa girare tanti soldi? E lui, così bravo ad aumentare tasse, ad imporre sacrifici, ad allungare l’età della pensione, a rendere più facili i licenziamenti, se ne esce con una cosa del genere? Ma del resto lui è capo del governo perché i politici si sono autolicenziati. Facciano così i pallonari, si autolicenzino e passino il pallone a magistrati e cantanti per il campionato del cuore. E già che ci siamo, di fronte allo scandalo della Chiesa, si autosospendano i preti e lascino che la messa la dicano i tecnici, tra un taglio allo stato sociale e un aumento delle accise. Ma il capolavoro di Monti non era completo con la sospensione del campionato; ha anche detto che il calcio gode di denaro pubblico. E quando mai? Gli hanno replicato. E’ esattamente il contrario: è il calcio che foraggia lo Stato. Il che è tanto vero quanto la luce del giorno.
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Nella sua prima relazione da Governatore della Banca d’Italia, dopo Mario Draghi, Ignazio Visco ha voluto dare un segnale di discontinuità, limitandosi a descrivere la situazione qual è, a fare cioè una diagnosi, senza suggerire terapie e ipotizzare prognosi. Una questione di stile? Un tocco di originalità, dato che era consuetudine dei governatori della Banca d’Italia, esprimere giudizi sul governo e dare suggerimenti? Ognuno la interpreti come vuole. Io dico che in politica come in natura – Aristotele docet – nulla accade a caso. A prescindere dall’opportunità o meno di esprimere giudizi e di dare consigli al governo, occorre prendere atto che il Governatore Visco sul governo Monti ha taciuto. Un vecchio adagio dice che sulle cose cattive è meglio tacere. Se è buono il principio, va da sé che se Visco avesse avuto motivi per dir bene del governo Monti lo avrebbe fatto. Non ha detto niente; dunque non c’era niente di buono da dire. La situazione deve aver suggerito a Visco di non azzardare nulla. Lo vediamo tutti che qualunque cosa si dica si corre il rischio di doverla correggere il giorno dopo. Meglio, dunque, tacere. Se non vogliamo dire che come cane non morsica cane così tecnico non morsica tecnico.
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Dal calcio alla parata del 2 giugno. Si è fatto un gran parlare sull’ipotesi di sospendere la parata della Festa della Repubblica, per solidarietà con le vittime del terremoto in Emilia. Napolitano ha tenuto duro e la parata, sia pure in maniera più sobria, c’è stata. Sono d’accordo, questa volta, col Presidente Napolitano. Non si può sospendere, sia pure per nobile e giustificato motivo, un momento di riconoscimento nazionale di un popolo, l’occasione per ritrovarsi insieme e guardarsi negli occhi per ricominciare il cammino diventato impervio. Il terremoto era solo la scusa per non fare la parata, che c’è chi vuole abolirla del tutto, e non da ora. Nel 1976 fu sospesa da Arnaldo Forlani ministro della difesa per un altro terremoto, quello in Friuli; e allora Lelio Basso si complimentò col ministro sparando a zero sulla parata militare, che, a suo dire, andava abolita. Ha stupito non poco il comportamento di Monti, che non si è certo speso in difesa della parata militare. Fosse stato per lui, l’avrebbe sospesa. E sarebbe stata l’ennesima sospensione, dopo le Olimpiadi, il campionato di calcio ed ora – per fortuna anche questa scongiurata – la Festa della Repubblica.
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Intanto Monti continua a non occupare più le prime pagine dei giornali, mentre il Senato a colpi di voti di fiducia ha approvato la sua riforma del mercato del lavoro. Che non si parli più di lui coi toni trionfalistici di “arrivano i nostri” dei primi tempi è molto significativo. Pare a tutti ormai, tranne che a Casini, che l’esperimento è fallito, che lo spread sale e scende non in ragione delle scelte del governo ma per “occulte” ragioni di mercato, contro cui né Monti né altri riescono a fare alcunché. La situazione dell’Italia incomincia a diventare insostenibile. La sortita di Berlusconi sull’emissione di euro italiani, al di là se per battuta o per provocazione o per altro, è un segnale di un non saper che dire. Stiamo entrando nella fase forse più angosciosa ed angosciante di questa crisi, quella dell’attesa del peggio, ossia la fine della moneta unica, con tutte le conseguenze che non si riesce nemmeno ad immaginare. “Il silenzio di coloro che hanno combattuto la battaglia europeista è in Italia assordante”. Ha detto Ferruccio De Bortoli, Direttore del “Corriere della Sera” nel suo fondo di domenica, 3 giugno, Moneta di tutti (e di nessuno). E De Bortoli è stato il più convinto montiano fin dal primo momento. Il convincimento che ormai siamo alla fine della moneta unica cresce e si diffonde. Il silenzio di Monti è un silenzio di lutto; va rispettato. Perciò su di lui la stampa tace.

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