Sabato, 4 aprile. La situazione. In Italia: i casi totali sono 119.827, i positivi 85.388, i guariti 19.758, i deceduti 14.681. In Puglia: i positivi 1.949, i guariti 69, i deceduti 164 (+ 20). Sono 78 finora i medici deceduti per motivi di lavoro. In Puglia aumentano i positivi e i deceduti in maniera significativa, vuol dire che la curva si sta impennando.
Mi dà il buon mattino Marco Tarchi, che
suggerisce di leggere due pezzi di Giorgio Agamben, pubblicati su “Quodlibet”: Riflessioni sulla peste, Il contagio; e un terzo, il suo, che
aprirà “Diorama” nr. 353, intitolato Una
società di monadi. Esprimono un pensiero divergente da quello comune in
voga in questa ormai interminabile quarantena dello stare in casa, del non
uscire, dell’indossare la mascherina, del mettersi i guanti, dell’uno alla
volta nei negozi, ecc. ecc.. Tarchi mette le mani avanti e dice: “So che una
(ampia?) parte di coloro a cui giro questi interventi non li condividerà. La
paura fa più che novanta. Ma credo sia importante far circolare qualche
riflessione dissenziente rispetto alla vulgata - e alla retorica - di cui i
media ci inondano”. Ed ha ragione, fanno riflettere su quello che sta accadendo
e in un certo senso tengono sveglio il cervello, che rischia di ammuffirsi.
Le persone sembrano più disciplinate, con le
loro mascherine e i loro guanti, ma tanto tanto meno socievoli, prive di quel
senso di rispetto che fa cordialità. Le banche, gli uffici postali sono
presidiati da uomini della Protezione Civile o di agenzie private, i quali
assumono toni da soldati della Wehrmacht, con fare minaccioso e maleducato. Stamattina,
dal fruttivendolo, c’era dentro il negozio un solo cliente. Sulla porta era
scritto che si poteva entrare due per volta e tenersi alla distanza di un
metro. Sono entrato e mi son tenuto almeno a tre metri, ma quel cliente mi ha
intimato di uscire come si intima ad un cane di allontanarsi. Non potevo
replicargli e dirgli che lui morirà solo quando sarà un coglionavirus ad
infettarlo. Ma questa è la
situazione. Le persone pensano che per non infettarsi sia
sufficiente rispettare le disposizioni decretali, poi magari si soffiano il
naso con la pezza del culo, perché questo non è scritto nel decreto. Come non
dare ragione a Tarchi e ad Agamben e a quanti sono per il rispetto delle regole
ma con juicio?
I giornali mettono in evidenza,
con foto, il fatto che in città come Roma e Napoli, ma anche a Genova, Firenze
e Palermo, la gente esce e riempie strade e piazze. “Troppi fuori casa”
titolano. Forse qualche crepa si sta aprendo nel muro del rispetto dei decreti.
La gente incomincia forse a capire che si sta esagerando. Questo prorogare i
termini dei divieti rende meno credibili le autorità. Già si parla della
prossima proroga fino alla metà di maggio. Ma è di tutta evidenza che questa
situazione non può durare all’infinito. Già i danni provocati all’economia
dalla chiusura e dai divieti è enorme, se qui non si riprende almeno qualcosa è
difficile prevedere quel che accadrà.
Se non è questa una cosa da pazzi
vuol dire che i pazzi non sono mai esistiti. Un medico di base di Calimera ha perso la pazienza con un suo
assistito, che gli si era rivolto in maniera arrogante e minacciosa, e lo ha
pestato di santa ragione, buttandolo a terra e scalciandolo diverse volte. Fin
qui potrebbe pure essere normale, se non che il paziente aveva 85 anni e si
reggeva in piedi con una stampella. Il medico è stato sospeso dall’Asl di
appartenenza. Che sia anche questa una conseguenza dello stress cui sono
sottoposti tutti i medici, compresi quelli di base, nel corso di questa
disgraziatissima emergenza del coronavirus?
Ieri sera, nel corso del Tg 1,
Papa Francesco è apparso al telegiornale. Vogliamoci bene, fate una carezza alle
persone che soffrono e via di questo passo, con la solita retorica giovannea. A
parte il merito del suo messaggio, benedicente, si è notata l’esigenza del Papa
di apparire in pubblico, ad evitare che la gente si dimenticasse della chiesa.
Era prevedibile che siccome le chiese sono chiuse, ai miracoli dei santi non si
crede più, che il Papa entrasse nelle case della gente. Questo è il papa più
secolarizzato della storia, fa in buona sostanza il politico, anche quando
chiede e ottiene spazio pubblico televisivo. In questi ultimi tempi di
coronavirus molto si è parlato dei santi e delle madonne che in precedenti
epidemie hanno compiuto il miracolo di fermarle. Buon ultimo – lo leggevo
l’altro giorno – Sant’Oronzo a Lecce, che nel 1656 fermò la peste. Mi è capitato di
leggere di recente un saggio dello storico Mario Spedicato, il
quale sostiene che non ci fu nessun miracolo e che se il Salento fu risparmiato
dalla peste non fu per merito di Sant’Oronzo, ma perché il Salento in quel
tempo era isolato, non ci veniva nessuno, era tagliato fuori dai traffici, come
non avveniva nel resto della Puglia, dove l’epidemia falcidiò la popolazione. È
bensì vero, però, che a quei tempi i preti e i vescovi sfidavano l’epidemia
chiamando la gente a raccogliersi intorno alla statua del Santo e andare in
processione per il paese invocando la misericordia divina. La fede era più
forte della paura. I tempi di oggi sono diversi. Il Papa non ha nessuna
difficoltà a ribadire che bisogna stare in casa e osservare le disposizioni del
governo, che, a sua volta, segue quelle della commissione tecnico-scientifica,
propabilmente perché non ci sono più santi in paradiso.
La ministra della Pubblica
Istruzione, Lucia Azzolina, vuole salvare l’anno scolastico promuovendo tutti.
C…azzolina! Secondo lei, così salva l’anno scolastico. In Italia è stato
rimandato un referendum; in Giappone sono state rimandate le Olimpiadi;
tantissimi eventi importanti, culturali ed economici, sono stati annullati in
tutto il mondo; e in Italia non si vuole semplicemente annullare un anno
scolastico che è durato la metà del suo corso naturale. Stessa cosa per i
campionati di calcio, che si sta facendo di tutto e di più per “salvarli”,
quando è di tutta evidenza che non si può. Questo sì che è un prenddere a schiaffi
la realtà.
Il Bollettino epidemiologico
della Regione Puglia segnala che a Taurisano ci sono da 6 a 10 casi di positività al
coronavirus. Probabilmente è la stessa famiglia, che alcuni giorni fa ebbe due
ricoverati, mamma e figlia, e altri famigliari in quarantena.
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