mercoledì 23 ottobre 2013

Ma che Napolitano e Napolitano, qui neppure il Padreterno!


L’On. Daniela Santanché ha detto papale papale che il Presidente della Repubblica Napolitano ha tradito il patto con Berlusconi. La Santanché non usa il politically correct e fa bene, perché – lo dico in italiano – il politicamente corretto altro non è che l’ipocrisia vasellinata.
Ma di quale patto parla la Santanché? Della grazia che Napolitano avrebbe promesso a Berlusconi in cambio di alcune “carinerie” politiche, per esempio la rielezione alla Presidenza della Repubblica, per esempio il governo di larghe intese. Com’è sotto gli occhi di tutti, le “carinerie” di Berlusconi ci sono state, la grazia di Napolitano no. Di qui l’arrabbiatura e lo sfogo della signora, detta la pitonessa. Il giornale di Antonio Padellaro, “Il Fatto quotidiano”, per aver ripreso con una certa enfasi le rimostranze della Santanché si è buscata un’accusa da Napolitano di pubblicare “ridicole panzane”. Cosa che ha imbestialito Padellaro, che è andato dalla Gruber a farsi le sue ragioni.
Con tutta la simpatia per la Santanché e il rispetto per Padellaro, le cose sostenute dall’una e riprese dal giornale dell’altro, sembrano proprio delle panzane.
E’ perfino inutile dire che non c’è stato nessun patto, né scritto né orale, se per patto s’intende una cosa che va fatta almeno in due. Il “patto”, se così di può dire, c’è stato, ma soltanto a livello di desiderio di una sola delle due parti, quella di Berlusconi. Il quale avrà fatto questo ragionamento: io ora mi dimostro comprensivo, generoso e disinteressato con l’unico che in questa mia situazione mi può salvare. Se gli concedo un po’ di cose, importanti per giunta, lui capirà e si disobbligherà come si deve, come fanno gli uomini di mondo, ai quali non occorre nessuna carta scritta e nessun accordo formale. Probabilmente Berlusconi non ha pensato a nessuna grazia, ma ad un aggiustamento delle cose in sede giudiziaria; alla grazia non si doveva neppure arrivare. La grazia, infatti presuppone una domanda e la dichiarazione di pentimento. Berlusconi, invece, fin dalla sentenza di condanna della Cassazione, ha gridato alla persecuzione, protestandosi totalmente innocente. Indirettamente Berlusconi, prodigandosi per il bene del Paese e comportandosi nel modo apprezzato da Napolitano, ha reso omaggio ad una tipologia politica da lui distante, quella del politico che mette il Paese prima di tutto e soprattutto.
Niente! I suoi nemici giurati hanno fatto finta di non capire. Hanno ripetuto come un mantra: le istituzioni, la Presidenza della Repubblica, il governo delle larghe intese sono una cosa, le vicende giudiziarie di Berlusconi un’altra. Dunque pollice in alto al Berlusconi politico, pollice in basso al Berlusconi condannato.
Capito, Napolitano ha capito, ma ha fatto finta anche lui di non capire. Era di tutta evidenza, infatti, che da uno come Berlusconi non c’è da attendersi nulla se non in cambio di qualcosa. Nessun patto tra l’uno e l’altro; ma sicuramente Napolitano ha capito e ha cavalcato la cosa.
Ma su che cosa Berlusconi fondava la sua fiducia in Napolitano? Che cosa avrebbe potuto fare il Presidente della Repubblica per lui?
Secondo Berlusconi non doveva essere condannato. Come avrebbe fatto Napolitano ad evitargli la condanna sarebbero stati affari suoi. In un paese in cui lo Stato fa trattative perfino con la mafia pur di raggiungere il bene del Paese o di evitargli il peggio, non è capotico pensare che possa anche aggiustare una sentenza in quella zona nascosta degli incontri e delle intese tra poteri dello Stato, in nome della ragion politica. Detto in parole povere il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto convincere i giudici della Cassazione che per il bene del Paese, per non creare ulteriori motivi di incertezza politica e di crisi in un passaggio politico molto delicato, occorreva assolvere Berlusconi.
Senza essere ipocriti – non ce lo consentono le nostre conoscenze storiche e politiche – tanto è possibilissimo. Il punto è che è mancata la volontà politica. Napolitano non se l’è sentita in un momento in cui perfino le condizioni atmosferiche in Italia sono condizionate da Berlusconi.

Ma sarebbe bastata l’assoluzione di frode fiscale a salvare Berlusconi? Non avrebbe compiuto Napolitano un gesto, che gli sarebbe rimasto a disonore, del tutto inutile? Berlusconi oggi è come aggredito da una serie di tumori giudiziari, contro cui non c’è assolutamente nulla da fare. L’assoluzione gli avrebbe dato un altro po’ di tempo, ma nulla più. Né questo tempo gli sarebbe servito ad aggiustare le cose nel Pdl nella prospettiva di un suo ritiro dalla scena politica. Basta riflettere su quello che dice e quello che fa per farsi l’idea di un uomo che non vuole uscire, che non intende “mollare”, quasi che la sua età non fosse già al limite e le sue condizioni giudiziarie non fossero tante e tutte aggressive. Nessun Napolitano potrebbe fare nulla per Berlusconi oggi. Se ne dovrebbero fare una ragione tutti, lui e i suoi sostenitori, alfaniani o lealisti che siano.

Parole chiave: Napolitano Berlusconi Santanché Padellaro governo grazia  panzane

Argomento: La grazia a Berlusconi 

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