L’On. Daniela Santanché ha detto
papale papale che il Presidente della Repubblica Napolitano ha tradito il patto
con Berlusconi. La Santanché
non usa il politically correct e fa bene,
perché – lo dico in italiano – il politicamente corretto altro non è che l’ipocrisia
vasellinata.
Ma di quale patto parla la Santanché ? Della grazia
che Napolitano avrebbe promesso a Berlusconi in cambio di alcune “carinerie”
politiche, per esempio la rielezione alla Presidenza della Repubblica, per
esempio il governo di larghe intese. Com’è sotto gli occhi di tutti, le “carinerie”
di Berlusconi ci sono state, la grazia di Napolitano no. Di qui l’arrabbiatura
e lo sfogo della signora, detta la pitonessa. Il giornale di Antonio Padellaro,
“Il Fatto quotidiano”, per aver ripreso con una certa enfasi le rimostranze
della Santanché si è buscata un’accusa da Napolitano di pubblicare “ridicole panzane”.
Cosa che ha imbestialito Padellaro, che è andato dalla Gruber a farsi le sue
ragioni.
Con tutta la simpatia per la Santanché e il rispetto
per Padellaro, le cose sostenute dall’una e riprese dal giornale dell’altro, sembrano
proprio delle panzane.
E’ perfino inutile dire che non
c’è stato nessun patto, né scritto né orale, se per patto s’intende una cosa che
va fatta almeno in due. Il “patto”, se così di può dire, c’è stato, ma soltanto
a livello di desiderio di una sola delle due parti, quella di Berlusconi. Il
quale avrà fatto questo ragionamento: io ora mi dimostro comprensivo, generoso
e disinteressato con l’unico che in questa mia situazione mi può salvare. Se
gli concedo un po’ di cose, importanti per giunta, lui capirà e si
disobbligherà come si deve, come fanno gli uomini di mondo, ai quali non
occorre nessuna carta scritta e nessun accordo formale. Probabilmente
Berlusconi non ha pensato a nessuna grazia, ma ad un aggiustamento delle cose
in sede giudiziaria; alla grazia non si doveva neppure arrivare. La grazia,
infatti presuppone una domanda e la dichiarazione di pentimento. Berlusconi,
invece, fin dalla sentenza di condanna della Cassazione, ha gridato alla
persecuzione, protestandosi totalmente innocente. Indirettamente Berlusconi,
prodigandosi per il bene del Paese e comportandosi nel modo apprezzato da
Napolitano, ha reso omaggio ad una tipologia politica da lui distante, quella
del politico che mette il Paese prima di tutto e soprattutto.
Niente! I suoi nemici giurati
hanno fatto finta di non capire. Hanno ripetuto come un mantra: le istituzioni,
la Presidenza
della Repubblica, il governo delle larghe intese sono una cosa, le vicende
giudiziarie di Berlusconi un’altra. Dunque pollice in alto al Berlusconi
politico, pollice in basso al Berlusconi condannato.
Capito, Napolitano ha capito, ma ha
fatto finta anche lui di non capire. Era di tutta evidenza, infatti, che da uno
come Berlusconi non c’è da attendersi nulla se non in cambio di qualcosa.
Nessun patto tra l’uno e l’altro; ma sicuramente Napolitano ha capito e ha cavalcato
la cosa.
Ma su che cosa Berlusconi fondava
la sua fiducia in Napolitano? Che cosa avrebbe potuto fare il Presidente della
Repubblica per lui?
Secondo Berlusconi non doveva
essere condannato. Come avrebbe fatto Napolitano ad evitargli la condanna
sarebbero stati affari suoi. In un paese in cui lo Stato fa trattative perfino
con la mafia pur di raggiungere il bene del Paese o di evitargli il peggio, non
è capotico pensare che possa anche aggiustare una sentenza in quella zona
nascosta degli incontri e delle intese tra poteri dello Stato, in nome della
ragion politica. Detto in parole povere il Presidente della Repubblica avrebbe
dovuto convincere i giudici della Cassazione che per il bene del Paese, per non
creare ulteriori motivi di incertezza politica e di crisi in un passaggio
politico molto delicato, occorreva assolvere Berlusconi.
Senza essere ipocriti – non ce lo
consentono le nostre conoscenze storiche e politiche – tanto è possibilissimo.
Il punto è che è mancata la volontà politica. Napolitano non se l’è sentita in
un momento in cui perfino le condizioni atmosferiche in Italia sono condizionate
da Berlusconi.
Ma sarebbe bastata l’assoluzione
di frode fiscale a salvare Berlusconi? Non avrebbe compiuto Napolitano un
gesto, che gli sarebbe rimasto a disonore, del tutto inutile? Berlusconi oggi è
come aggredito da una serie di tumori giudiziari, contro cui non c’è
assolutamente nulla da fare. L’assoluzione gli avrebbe dato un altro po’ di
tempo, ma nulla più. Né questo tempo gli sarebbe servito ad aggiustare le cose
nel Pdl nella prospettiva di un suo ritiro dalla scena politica. Basta
riflettere su quello che dice e quello che fa per farsi l’idea di un uomo che
non vuole uscire, che non intende “mollare”, quasi che la sua età non fosse già
al limite e le sue condizioni giudiziarie non fossero tante e tutte aggressive.
Nessun Napolitano potrebbe fare nulla per Berlusconi oggi. Se ne dovrebbero
fare una ragione tutti, lui e i suoi sostenitori, alfaniani o lealisti che
siano.
Parole chiave: Napolitano Berlusconi Santanché Padellaro governo grazia panzane
Argomento: La grazia a Berlusconi
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